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Autore: BlackVanilla    28/07/2016    1 recensioni
...l'abilità speciale del Chirurgo della Morte riuscirà a salvare una giovane e bella ragazza da una misteriosa e sconosciuta malattia? A volte le emozioni non possono essere descritte con le parole, per quanto ci impegniamo per farlo, il risultato sarà sempre deludente.
Ma succede che in certi casi, diventi complicato anche solo capire cosa si stia provando esattamente, l’emozione stessa diventa fonte di confusione e sgomento...
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il sole non era ancora sorto ma il cielo era leggermente più chiaro.
Law era sdraiato a terra accanto a Gwennie, la quale dormiva profondamente vestita con la camicia bianca del dottore e coricata su un fianco in una posizione tutta raggomitolata, i capelli sciolti sparsi sull’erba, le gote arrossate e le lunghe gambe nude completamente rilassate: era davvero bella.
Il medico sospirò, tra non molto avrebbero dovuto tornare agli alloggi altrimenti qualcuno avrebbe potuto notare che mancava la loro presenza.
Provò a scrollare leggermente la spalla della ragazza senza alcun risultato apprezzabile, qualche altro inutile tentativo dopo si convinse a fare ciò che gli sembrava più logico in quel momento, radunò gli abiti di lei raccogliendoli in un piccolo fagotto e successivamente la prese in braccio facendole posare la testa nell’incavo della sua spalla.
“Mh….Law!”, lo chiamò la giovane con voce strana, “...ti amo….”.
Il dottore la guardò, stava palesemente parlando nel sonno, non poté trattenere uno dei suoi ormai ben noti sorrisi sinistri mentre le dava un leggero bacio sulla fronte, sarebbe stato molto complicato lasciarla sola nel suo letto poco dopo.
 
Il lumacofono suonava da qualche secondo quando la mano impacciata del capitano Leroy lo afferrò facendolo quasi cadere.
A quell’ora del mattino l’uomo stava dormendo sodo, soprattutto dopo aver trascorso gran parte della notte a fare ricerche sul VDM-03.
“Pronto?”, la voce ancora impastata.
“Leroy sono io, Coniglio Bianco. Hai carta e penna? Ho un paio di notizie che ti saranno certamente d’aiuto nelle tue ricerche…”, l’informatore usava da sempre quel nome in codice.
Il marine afferrò il blocco che aveva sulla scrivania e la prima penna che trovò, si mise a scrivere febbrilmente tutto ciò che udiva tramite l’apparecchio, man mano che Coniglio bianco parlava, l’espressione sulla faccia di Leory mutava diventando sempre più preoccupata.
“Sono in debito con te. Funziona l’orologio?”.
“Non preoccuparti, continua a fare tic tac. Alla prossima.”, quello era il loro modo di chiedersi a vicenda se stavano bene.
Il capitano ripose il ricevitore, si alzò dal letto e, afferrando la borsa da bagno, si diresse verso la toilette per radersi.
Mentre passava la densa schiuma da barba sul viso, ripensava alle informazioni appena ricevute: a quanto sembrava il VDM-03 era un potente virus creato artificialmente in laboratorio al fine di essere usato come arma batteriologica, tuttavia qualcosa non era andata per il verso giusto e l’utilizzo dell’agente patogeno era stato sospeso.
Risciacquando il rasoio sotto all’acqua, il marine fece subito il ragionamento che gli parve più logico: King aveva rubato la fiala del campione impedendo così che venisse utilizzato, ma perché?
Per salvare la vita a centinaia di persone o invece per sfruttarne lui stesso le potenzialità?
Arthur King però era morto, quindi se non lui almeno la figlia avrebbe potuto vendere il virus al migliore offerente ancora diversi anni addietro, non c’era stato alcun motivo logico per aspettare così tanto….
Oppure…
Oppure i King non erano terroristi ma vittime, il dottore poteva anche aver sottratto la fiala per impedirne l’uso ma, essendo stato bloccato prima di poter lasciare l’isola dove era situato il laboratorio, aveva affidato il campione alla figlia con la promessa di non lasciarlo cadere in mani sbagliate.
Passandosi la salvietta sul viso, Leroy sbuffò….mancava qualcosa nel suo ragionamento….un piccolo pezzetto del puzzle non voleva incastrarsi nel posto giusto.
In quel momento squillò nuovamente il lumacofono.
“Leroy ho trovato le cartelle che mi hai chiesto. Non è stato semplice ma te le sto inviando ora…hai l’apparecchio acceso?”, la stampante collegata al lumacofono iniziò a stampare dei documenti, sembravano referti medici.
“Come vedi non ci sono dubbi, la signora King è morta per una malattia incurabile nonostante i diversi tentativi di salvarla non ce l’ha fatta. A quel tempo il dottore non faceva il ricercatore ma esercitava semplicemente la professione presso un regno piuttosto importante…non abitavano a Janvier”.
L’uomo afferrò i fogli leggendoli rapidamente, fece a bruciapelo al suo informatore una domanda precisa.
“Diavolo, Leroy e come faccio a scoprirlo? Dammi un paio di ore…ci risentiamo”.
Il capitano riagganciò il ricevitore, la moglie di Arthur King era morta anni addietro dopo essere stata contagiata da un morbo misterioso senza possibili cure lasciandolo così solo con una bimba di pochi anni, effettivamente il desiderio di vendetta per la perdita subita avrebbe potuto anche fargli compiere dei passi verso l’oscurità. 
Leroy afferrò la foto sbiadita che aveva di Gwennie King: non gli sembrava affatto una terrorista, tuttavia non poteva lasciarsi guidare delle sue emozioni, nel suo lavoro ciò che contavano erano i fatti.
Infilando la camicia pulita ed iniziando ad abbottonarla non poté fare a meno di ripensare al gesto dell’ammiraglio Issho che si era inginocchiato davanti al re di Dressrosa chiedendogli perdono a nome della Marina, la quale, per tutti gli anni di tirannia di Doflamingo, non aveva mosso un dito per fermare quella sofferenza immane.
La stampante aveva continuato per tutto quel tempo a stampare documenti vari inerenti al ricercatore, c’erano articoli di giornale che lo riguardavano con diverse fotografie, una di esse lo ritraeva mentre firmava un attestato che gli era stato consegnato in riconoscimento ad una cospicua donazione di denaro che aveva fatto ad un ente benefico.
Il marine osservò il viso dell’uomo: era stato un individua decisamente affascinante, i capelli neri un poco spettinati e gli occhi di un verde intenso, ma soprattutto il sorriso si una persona che non sembrava affatto mossa da cattive intenzioni.
Un particolare colpì Leroy come un fulmine, doveva assolutamente verificare una cosa: scartabellò in fretta nella cartellina relativa al caso King che aveva avuto dalla divisione che si era occupata a suo tempo del caso, trovando il rapporto dove veniva descritta l’uccisone dell’uomo.
 
Il soggetto Arthur King aveva dimostrato intenzioni violente estraendo una pistola e puntandola contro le guardie che si erano da poco qualificate presso la sua abitazione.
Dopo avergli intimato inutilmente di abbandonare l’arma gettandola a terra, le suddette guardie sono state costrette a fare fuoco, uccidendo il soggetto.
In allegato le foto del luogo della sparatoria.
 
C’erano diverse foto del corpo riverso a terra del dottore, in un paio di queste era ben visibile la pistola che teneva ancora serrata tra le dita della mano.
Il capitano prese in mano l’immagine esaminandola da vicino, successivamente afferrò una delle foto che gli aveva appena inviato il suo informatore e le confrontò: la discrepanza era evidente, dove era ritratto mentre firmava King usava la mano sinistra mentre, durante la sparatoria avrebbe usato la mano destra per brandire l’arma.
Evidentemente qualcosa non quadrava, prima di parlarne con il commodoro però, era necessario effettuare ulteriori analisi e verifiche.
 
 
Gwennie si era svegliata gradualmente, la luce fioca del sole che penetrava dalla tendine leggere l’aiutò a realizzare che doveva trovarsi nella sua camera e non nella radura erbosa dove si era addormentata.
Mentre rotolava pigra tra le lenzuola fu assalita da un dubbio: e se si fosse sognata tutto?
Se la splendida notte che aveva vissuto fosse stata in realtà solo il frutto della sua fervida immaginazione nonché del suo desiderio più profondo?
Allarmata si mise a sedere sul letto rischiando di cadere rovinosamente a terra, il suo fondoschiena era infatti quasi completamente fuori dal materasso mentre il cuscino dove aveva appoggiato fino a poco prima la testa era finito in mezzo al morbido giaciglio.
Aggrappandosi all’estremità opposta del letto riuscì a rimanere in equilibrio e, non senza sforzo, si rimise nella posizione più consona gettando le lenzuola verso i piedi del materasso.
Stirandosi si accorse di indossare solamente una camicia bianca sotto alla quale erano presenti le mutandine nere e nient’altro.
Arrossendo violentemente e portandosi le mani al viso capì che il meraviglioso ricordo che le era tornato in mente subito dopo essersi svegliata non era solamente stato di un sogno ma invece apparteneva ad una fantastica realtà.
Sospirando decise di prepararsi per la colazione, se qualcuno fosse venuto a svegliarla trovandola così abbigliata avrebbe certamente nutrito sospetti che per il momento era meglio non lasciar nascere.
Mezz’ora dopo aveva fatto la doccia e si era cambiata d’abito, indossava sempre gli shorts neri ma aveva scelto una maglia bianca con le maniche stile pipistrello che le arrivavano fino a metà avambraccio, sul davanti uno smile grigio, nero e argento fatto di piccole piastrine bianche rotonde faceva bella mostra di sé.
Sotto al maglioncino la giovane aveva indossato biancheria nera e una canotta dello stesso colore, in vita spiccava la cintura di pelle che reggeva il fedele chakra, mentre ai piedi indossava le sue snicker sempre di colore nero, nel complesso si sentiva soddisfatta del suo aspetto.
Davanti allo specchio per acconciare i capelli un po’ aggrovigliati, non poté fare a meno di notare il leggero rossore sulle sue gote: ripensò nuovamente alla notte precedente e il colorito aumentò notevolmente, era felice non poteva negarlo e si sentiva tanto bene da non ricordare quel fosse stata l’ultima volta che era stata così.
La chioma castana cedette ai leggeri colpi di spazzola tornando a cadere sulle spalle della giovane come tanti sottili fili di seta morbidi, con mani esperte lei afferrò due ciocche ai lati del viso e li unì dietro alla nuca trattenendole con un piccolo elastico.
Compiendo questi piccoli gesti la giovane ripercorse mentalmente quella che era stata una delle più splendide feste a cui aveva partecipato: piatti prelibati e succulenti erano stati serviti dai visoni che si erano dimostrati ancora una volta ospiti perfetti, la lunga tavola era stata adornata dai più piccoli con fiori colorati e foglie di un intenso verde brillante mentre, ai rami più bassi degli alberi che fungevano anche da tetto, erano stati appesi dei cordoncini colorati dai quali dondolavano animaletti di paglia intrecciati grossolanamente dai visoni più anziani.
Tra gli enormi piatti di portata splendevano delicate candele profumate, Wanda aveva spiegato che le facevano artigianalmente e le usavano solo in occasione di qualche ricorrenza speciale, Gwennie si era sentita davvero lusingata da tanto onore osservando con quale cura erano state fatte: in un contenitore di vetro erano stati messi sul fondo diversi sassolini colorati, la cera era stata fatta cadere sopra ed infine una cordicella era stata fatta passare intorno al bordo e fissata, il risultato era davvero magnifico.
Sospirò ricordando le risate fragorose di suoi amici mentre Chopper, ormai divenuto uno dei massimi esperti, aveva provato ad insegnare a diversi visoni nonché a qualche pirata Heart, l’arte di infilarsi le bacchette nel naso: alcuni, come lei stessa, avevano rischiato di infilzarsi un occhio o di impalarsi una narice.
Rufy aveva riso a crepapelle, il pancione gonfio stracolmo di cibo e dei piccoli visoni che lo abbracciavano incuriositi da tanta elasticità, i bambini erano stati più volte richiamati ma il divertimento era troppo ed avevano diplomaticamente ignorato le parole dei loro genitori continuando a saltare letteralmente addosso al capitano per vedere a che distanza sarebbero rimbalzati quella volta.
Durante la festa a Gwennie era molto mancato Sanji, le sembrava di immaginarselo intento a chiedere ricette a destra e a manca, ad assaggiare piatti nuovi e studiarli per poterli cucinare con le proprie mani a bordo della loro Sunny.
Ma a distrarla erano intervenuti Franky, Usopp e un paio di visoni alticci che non desideravano altro che divertirsi per dimenticare la furia distruttiva di Jack che aveva raso al suolo le loro abitazioni: il primo si faceva premere il naso a turno da alcuni bambini in modo da cambiare pettinatura una decina di volte in pochi minuti, mentre Usopp raccontava le gesta che lo avevano portato ad essere soprannominato dio, condendole con diverse sue aggiunte particolarmente divertenti.
La ragazza, insieme a Robin e Nami, aveva passato diverso tempo a chiacchierare amabilmente della festa, del clima e di un sacco di altre futili cose, tutti volevano svuotare la propria mente da ogni pensiero negativo o minaccioso, come lo era la furia dell’imperatore Kaido.
Ogni tanto però non poteva fare a mano di lanciare un’occhiata furtiva verso un certo dottore che, dopo aver mangiato e bevuto quanto gli bastava, se ne stava seduto in mezzo ai suoi nakama ascoltando distrattamente le loro parole.
Un paio di volte i loro sguardi si erano incrociati e a Gwennie era scappato un sorriso.
Brook aveva suonato a più non posso, i visoni erano ottimi musicisti ed insieme avevano creato delle melodie fantastiche, canzoni davvero adatte ad una festa come quella, i più arditi ti erano gettati in pista ancheggiando al ritmo della musica, scompigliandosi i capelli e alzando le braccia al cielo.
Le note della musica si erano diffuse anche nelle viscere della foresta, richiamando dei curiosi animaletti che erano stati attratti anche dalle luci colorate delle magiche candele profumate, guardavano la massa di corpi danzanti con occhietti scuri e liquidi, reclinando la testolina di lato quando percepivano un suono decisamente nuovo per le loro orecchie selvagge.
Tornando con un sorriso al presente, tornò a concentrare l’attenzione sull’immagine che lo specchio stava riflettendo: alle orecchie mantenne i piccoli brillantini neri che già portava, si spruzzò un pochino di profumo alla vaniglia e si accinse ad uscire per fare colazione insieme agli altri, quando incontrò Law che stava arrivando con la dose giornaliera del farmaco.
Si era cambiato e indossava dei jeans con le immancabili macchiette nere e una maglia blu con il jolly roger della sua ciurma disegnato in giallo, affascinante come non mai.
“Buongiorno”, lo abbracciò forte dandogli un rapido bacio sulle labbra.
Lui ricambiò.
Quante minuto dopo il medico stava strofinando il cotoncino imbevuto di disinfettante sul braccio della ragazza, i fori delle iniezioni precedenti non erano né arrossati né gonfi, l’organismo aveva reagito molto bene alla somministrazione del medicinale.
La salute di Gwenie stava rapidamente migliorando, l’appetito era tornato dandole la possibilità di mettere su quei tre chiletti che le sarebbero serviti per rinforzarsi e anche la ferita interna dovuta ai punti di sutura che erano stati completamente strappati durante lo scontro con la Aubert era quasi del tutto rimarginata.
“Andiamo, gli altri ci aspettano. Ci sarà una piccola riunione per decidere come procedere con le cose”, il dottore rimise a posto la siringa cedendo il passo alla giovane.
 
Un saluto affettuoso a tutti i miei lettori! ^.^
Ormai ci siamo, le vacanze sono alle porte…e ci voleva, almeno per me!!!
Ultimamente sono leggermentissimamente fusa! -.-“
Poi ci si mette pure Oda che mi nasconde Torao per così tanto tempo…chissà quando lo rivedrò! D:
Bando alle ciance e torniamo a noi: la settimana scorsa mi è stato giustamente fatto notare da Silver Sayan che non ho dedicato molto tempo alla descrizione della festa, ciò è perfettamente vero e quindi ho deciso di tentare di rimediare in questo capitolo! :D
Fatemi sapere che ne pensate…
Vi saluto carissimi miei, vi auguro splendide vacanze e tanto divertimentoooooo!!!
Mi raccomando, festoni alla Rufy eh!
Bacchette nel naso a gogo!!!
Ahahahahah!!!! :D
Sono pazza lo so…ihihihihihihihhihih!!! *.*
Vostra
BlackVanilla
 
 
   
 
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