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Autore: Leonhard    28/07/2016    7 recensioni
"Wilde, hai una zampa rotta". "Dimmi qualcosa che non so, Savage". La volpe era in ginocchio nella polvere, con le zampe rivolte verso il cielo; impressa negli occhi ancora la sagoma di Alopex e l'espressione sul muso di Judy. Terrore. "Per esempio da che parte stai: quanto ti paga Bellwether per ammazzarci tutti?".
il tanto atteso (spero) seguito di THE WILDE CASE
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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2. I quattro cavalli

Correva. Stava correndo, vero? Davanti ai suoi occhi, c’era solo verde e marrone, verde e marrone. Si lappò il naso, inumidendolo. Sì, stava correndo. E si sentiva bene, si sentiva libero. Libero come non si era mai sentito prima d’ora. La zampa non gli faceva male e l’aria odorava di fresco e di libertà e di selvatico.

Ma c’era un altro odore nell’aria. Da qualche parte nella sua mente, una vocina gli disse di conoscerlo, ma non seppe dare un dato concreto e credibile, come un nome: lo conosceva e basta. Deviò sapientemente nella direzione di quell’odore, verso la sorgente di quell’odore che lo stava facendo impazzire di ansia e voglia e fame.

…fame?

La foresta si spalancò davanti ai suoi occhi e si ritrovò a saettare in uno spiazzo erboso, con il sole in faccia e l’aria improvvisamente più fresca. In lontananza, una figura che sentiva di conoscere bene: strinse le palpebre per quei secondi a lui necessari per riconoscerla. Sì, non c’erano dubbi. Era senza ombra di dubbio

(Judy Hopps)

un coniglio; una preda. E lui aveva fame, una fame pungente, una fame che, in un altro dove e quando, avrebbe definito anarchica. Il coniglio si volse nella sua direzione, troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Vide i suoi occhi viola posarsi su di lui, poi saltò verso il suo collo e ci affondò i denti.




Quello che lo strappò dal sonno fu uno scatto decisamente troppo repentino per una volpe con due costole incrinate. Fissò il muro davanti al letto e prese due bei respiri, prima di guaire per il dolore delle ossa danneggiate. Si abbandonò nuovamente sul cuscino, pensando che quel dolore in fondo se lo meritava.

Portò distrattamente una zampa al muso mentre percorse con la punta della lingua i denti: se chiudeva gli occhi e si concentrava, poteva ancora sentirlo. Deglutì al ricordo del sapore ramato sulla lingua e dietro le palpebre abbassate vide distintamente che quel sapore aveva un lugubre, denso colore rosso.

Perché non aveva detto nulla a Vixen? Perché aveva dissimulato? Perché aveva utilizzato il suo miglior muso da poker per celare il disgusto di quei ricordi in cui lui era a quattro zampe, con la mente a senso unico? Erano domande che avevano cominciato a perseguitarlo già dentro la camera d’ospedale e lui, in quei rari momenti di intimità, quando era solo e quindi poteva abbassare la maschera del Nick convalescente e con una leggera amnesia. Poteva far vedere la luce al Nick convalescenze senza una leggera amnesia.

Perché non hai detto nulla a Vixen?

E ricordava, ricordava tutto: la decisione e la sensazione dei peli umidi sul collo, il blackout non più lungo di un secondo e poi gli istinti, che nulla avevano di logico o di razionale. Ricordava come un sogno Vixen allontanarsi da lui ed estrarre la pistola, in un momento in cui la sua mente era completamente concentrata su Clawhauser, il cui nome in quel momento era così lontano da lui.

Perché hai dissimulato?

Ricordava la lotta, gli artigli e le zanne che scattavano e rilucevano, cercandolo e cacciandolo, ma lui era troppo piccolo, troppo veloce e guizzava lungo il suo corpo. Ricordava gli squittii del ghepardo, ma veramente i ghepardi fanno un verso così? Ricordava le provette ed i mobili cadere ed infrangersi, come componenti di un’instabile ring solo per loro due.

Perché hai usato il muso da poker?

E ricordava l’attimo della vittoria condito da quella zampa, ora in fondo al suo corpo ingessata ed inutile, che non faceva che aumentargli l’adrenalina, fargli battere il cuore più velocemente, fargli guizzare i muscoli e sentire meno dolore. Ricordava quel sapore che in quello stesso momento, complice il suo cervello impegnato a scacciare la noia, sentiva sulla lingua e contro i denti. Ricordava il sangue.

Perché?

Perché? Beh, la risposta era arrivata celermente ma solo in quel momento ebbe il coraggio di confessarla a sé stesso.

Perché gli era piaciuto.

Si era sentito libero, lui solo in grado di fronteggiare il mondo intero, cacciare e riprodursi senza pensare alle conseguenze. Gli era piaciuto possedere anche solo per qualche minuto un cervello fuori controllo ma libero dalle convenzioni sociali, dalle regole e dalle leggi, una volpe come sarebbe dovuta essere. Si alzò e si vestì, riconoscendo che non avrebbe più preso sonno per quella notte. Zoppicò per tutta la notte tra piazze deserte e strade che si popolarono lentamente all’avvicinarsi dell’ora di punta.

Solo con i suoi pensieri. Solo con il mondo intero.



Il giorno dopo, bastò una rapida occhiata per capire il clima in cui lui avrebbe lavorato. Entrò per ultimo, sorreggendosi sulla stampella e sorseggiando il caffè della macchinetta; sapeva leggermente meno di gomma bruciata e quello sarebbe dovuto essere il preludio per una giornata perfetta.

“Quindi il tuo partner ti ha insegnato a giocare a scacchi?” stava chiedendo una voce a lui ben nota e sospirò da sopra il bicchiere di carta, riconoscendola. Chiuse la porta ed otto occhi saettarono nella sua direzione.

“Scusate l’attesa” borbottò, gettando nel cestino il bicchiere vuoto. “Ma l’eroe arriva sempre per ultimo”.

“Buongiorno Nick” salutò allegra Judy, rivolgendogli un sorrisone. La volpe squadrò l’individuo appoggiato al muro. Era un coniglio bianco con striature scure sul muso e sulle punte delle orecchie. Vestiva con un abito scuro ed una cravatta nera sopra una camicia bianchissima. I suoi occhi, color ghiaccio, saettarono verso di lui e lo squadrarono sterili per qualche secondo.

“Wilde” disse, con voce bassa e ferma. “Agente Wilde”. Masticò leggermente l’ultima parola, come se fosse particolarmente amara da ingoiare.

“Savage…” replicò lui, dardeggiandolo con gli occhi.

“Wilde?!” esclamò l’altra voce. “Nicolas Wilde? O mamma mia!”. Immediatamente dopo una volpe artica entrò nella sua visuale.

“Salve Alopex” salutò lui facendo comparire un sorriso. La volpe bianca lo squadrò per qualche secondo con un’espressione concentrata negli occhi color nocciola, prima di esplodere in un sorriso.

“Ah, ti abbraccerei volentieri” disse. “Peccato per quelle due costole…”.

“E…?” continuò Nick, mantenendo il sorriso.

“…e la zampa” concluse lei. Si abbassò a guardare il gesso e tastò le dita per qualche attimo. “Ah, una contusione. Ti sei azzuffato con qualcuno? Direi un predatore, media statura…”.

“Un ghepardo” borbottò Bogo dalla sua scrivania. Alopex si rialzò e si sedette nuovamente sulla sua sedia, cinguettando allegramente.

“Stavo facendo la conoscenza con la tua collega” disse. “Una coniglietta molto interessante sai?”.

“Lo so” annuì lui, passando una zampa tra le orecchie di Judy. “Buongiorno Carotina”. Vide con la coda dell’occhio Jack tendersi, pronto a scattare. Ascoltò le risatine nervose della poliziotta prima di voltarsi verso di lui. L’aria si fece elettrica, mentre i due ci misero qualche secondo prima di parlare.

“Allora” borbottò infine il coniglio. “Sembra che faremo squadra”.

“A quanto pare” annuì lui.

“Di tutti gli animali che potevano lavorare con un coniglio poliziotto” borbottò. “Non mi sarebbe mai venuta in mente una volpe”.

“Benvenuto a Zootropolis” fu la risposta, condita da un sorrisetto sfrontato dei suoi.

“Allora signori” borbottò Bogo, richiamando l’attenzione di tutti. “Dieci giorni fa l’agente Wilde ha brillantemente risolto un caso riguardante la produzione illegale di una pericolosa arma chimica. Il laboratorio scientifico dell’FBI sta mettendo a punto un vaccino che contrasti l’effetto di tale arma, ma il sindaco non ha ancora ricevuto notizie ufficiali.

“Durante quell’operazione è stata necessaria la scarcerazione di un pericoloso criminale che sospettiamo voglia manomettere la produzione del vaccino o il vaccino stesso: il compito di questa squadra è acciuffare il criminale prima che possa mettere in atto il suo piano”.

“Dawn Bellwether” borbottò Alopex con un sorriso sobrio. “Sembra divertente”.

“Ma come…?” sussurrò Judy a Nick, che scosse una zampa.

“Lascia stare” rispose. “C’è un motivo se la chiamano la Duecento”.

“Il modo migliore per farlo è supervisionare la produzione del siero” constatò Jack, staccandosi dal muro. Bogo annuì.

“Esattamente” disse. “Savage è l’agente con più competenza ed esperienza, quindi dirigerà lui la squadra. Cercate di acciuffarla, ragazzi”.

“Allora, io mi prendo Nick” saltò su Alopex, afferrando la zampa della volpe e stringendola a sé. Notò l’espressione perplessa di Judy e sorrise. “Su, non fare quel musetto agente Hopps. Te l’ho già detto, stai tranquilla”. Nick si volse verso la coniglietta con occhi interrogativi, ma lei nascose il muso dietro le orecchie.

“Bene” disse Jack dietro di lei, con un piccolo sorriso accomodante. “Sembra che lavoreremo in coppia”.

“Ah, ehm…” balbettò lei, emozionata, lisciandosi convulsamente il pelo delle orecchie. “A quanto pare si, signor Savage”.

“Jack andrà benissimo” sorrise lui. “Bene, vogliamo andare?”.



La porta dell’ufficio si chiuse e Bogo rimase solo con i suoi pensieri, le sue scartoffie ed il suo sollievo nell’essersi sbrigato anche quella seccatura. Sospirò, cacciando dalla tasca il cellulare: ancora l’ultima seccatura, poi sarebbe potuto tornare alle sue scartoffie.

Nick Wilde, Judy Hopps, Jack Savage, Alopex la Duecento.
Ore 08.12. Sono partiti


Il messaggio era breve, telegrafico, ma chiaro e preciso esattamente come gli era stato chiesto. Fu tuttavia con una leggera riluttanza ed un pizzico di vergogna che lo inviò. Dall’altra parte della città, un telefono trillò la ricezione di un messaggio.

“Beeene…” belò la proprietaria del telefono. “I quattro cavalli sono partiti”.
   
 
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