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Autore: Nanas    29/07/2016    2 recensioni
“ Ma poi, in momenti come quello, capisce che un vero motivo non c’è.
È Kenma, e nel contempo è lui, e probabilmente sono entrambi. Sono stati i loro primi anni ad Hogwarts, il loro primo scambio di sguardi durante il cambio di studenti fuori Pozioni, i loro incontri casuali in biblioteca. È stato il modo in cui Kenma ha iniziato ad indicare silenziosamente i libri su mensole per lui troppo alte per essere raggiunte, o il modo in cui Kuroo ha guardato perplesso lo scaffale le prime volte prima di intuire la richiesta del minore. Sono stati, probabilmente, persino i sorrisi audaci che Kuroo ha iniziato a lanciare a Kenma di tanto in tanto le prime volta che è riuscito a sorprenderlo a guardare interessato qualcosa, o ancora i pomeriggi passati in silenzio a fare pratica di incantesimi fuori le mura della scuola, sotto alberi dai tronchi troppo larghi per non avere visto almeno i loro trisavoli frequentare l’accademia. ”
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[KuroKen] [HP!AU] [7246 parole]
Genere: Fantasy, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sinceramente, non pensavo sarei mai tornata a scrivere.

E non perché mi manchi il tempo o perché sia troppo vecchia per queste cose, per quanto ciò sia parzialmente vero– Ma perché pensavo non avrei mai più trovato una coppia capace di scaturire così tante emozioni positive nella mia persona. La KuroKen mi ha presa dal primo momento in cui mi sono avvicinata – piuttosto scetticamente, devo ammettere – all’anime di Haikyuu, e da un momento all’altro ho ritrovato in una coppia tutti i motivi per cui amavo tempo fa leggere, disegnare e scrivere su personaggi in 2D. Così dopo quattro anni sono di nuovo qui, tutta sovraeccitata per una coppia che mi ha fatto tornare istantaneamente al mio primo amore per le fanfiction, speranzosa che questa storia possa piacere a qualcuno e che possa trovare tra i lettori qualcuno che ami loro due quanto li ami io. Perché sono bellissimi, lo sono sempre stati, e lo saranno per sempre.

Amen.

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°

 

Il primo anno che Kuroo era entrato da "Wiseacre's: Il Telescopio" a Diagon Alley, una settimana prima dell'inizio del suo primo anno come studente della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, aveva capito subito che qualsiasi fosse stata la materia che necessitava dell'attrezzatura venduta in quel negozio, non sarebbe mai stata fatta per lui.
Lo aveva intuito davvero sul momento, un pensiero istintivo formatosi dal nulla non appena aveva varcato la soglia del locale, lasciandosi dietro quel legno massiccio dipinto di un blu caldo e notturno solo per notare come lo stesso colore dipingesse della medesima scura tonalità anche le pareti interne e il soffitto dell'ambiente in cui era entrato, lo squillante suono di un campanello a confermare nel frattempo la chiusura della porta appena varcata.
Gli occhi dell'adolescente si erano posati velocemente un po' ovunque, dai vetri dell'entrata alle fiancate della stanza che facevano da sfondo a telescopi e lunghi cannocchiali dorati con incisioni sulla bordatura e attorno all'alloggio dell'obiettivo, dalle sfere placcate d'un tradizionale colore dorato alle riproduzioni di astri e pianeti per gran parte al giovane sconosciuti, articoli che si irradiavano come rami dalle pareti o che scendevano come lampadari dal soffitto, librandosi in aria e ruotando pigramente attorno al loro asse sospinti dalle correnti di aria che la folla di persone interne al negozio creavano muovendosi nel locale o uscendo in strada. E poi ancora anelli concentrici che mulinavano ad angolazioni diverse, miniature di sistemi e pianeti che ruotavano liberamente in teche chiuse da vetri finemente resi lucidi da una marcata pulizia quotidiana, o ancora pergamene arrotolate e chiuse da laccetti vellutati, libri foderati di cuoio e di pelle, rune riposte su mensole appena graffiate dal tempo e penne d'oca chiuse in cilindri di abete finemente decorati o libere di muoversi elegantemente nell'aria, affiancate da calamai in legno di acacia a singolo o doppio pozzetto e di un colore tra il vinaccia ed il violaceo.

Decisamente, Kuroo aveva capito subito che non era il luogo per lui. E lo aveva capito soprattutto nel momento stesso in cui gli occhi bruniti si erano andati pigramente a posare sulla mensola delle bilance di bronzo, tutti quei piccoli dosaggi di polveri di diversi colori suddivisi in rigorose file da sei che a lui sembravano sinceramente tutti uguali e tutti a loro volta sospettosamente simili alla polvere che le scope incantate della madre erano solite togliere in casa almeno una volta a settimana. Aveva osservato quelle incomprensibili dosature scetticamente, studiandole un po' a distanza prima di domandarsi, in un lampo di interesse uscito non si sa da quale antro di quella testa corvina, quale effetto avrebbero avuto in un calderone se miscelate in quantità diverse, rischiando quindi di farle cadere malauguratamente a terra proprio nel momento in cui, presa finalmente una boccetta tra le mani per analizzarne sconcertato il contenuto, il principale del locale – Wiseacre? Un possibile parente di Wiseacre? Un proproprofiglio dell'originale Wiseacre? – si era affrettato nella sua direzione con un enigmatico "Attenzione!" che gli aveva quasi fatto perdere la presa su quella che si era poi rivelata essere una fiaschetta di delicatissimi e quanto mai rarissimi frammenti lunari.
Era dunque stata una gita particolarmente lesta, quella da "Wiseacre's: Il Telescopio". Che fosse per la fretta di dover ancora comprare il calderone ed una serie di altri libri, o per il puro e semplice sentore di non appartenere a quell'ambiente, in ogni caso l'allora giovanissimo adolescente Kuroo Tetsurou non ci aveva speso più di dieci minuti in compagnia di tutti quegli articoli in equilibrio per aria, ritagliandosi giusto il tempo di comprare la carta della Luna e la mappa stellare, chiedere la disponibilità di un libro ed ordinare un telescopio da inviare direttamente ad Hogwarts ad inizio lezioni. Era poi uscito velocemente, andandosi a ricongiungere con i genitori in attesa appena fuori dal locale e riponendo gli acquisti appena fatti sopra gli altri già impilati sul carrello, stando ben attento a non far cadere l'astuccio della bacchetta presa poco prima da Olivander – O meglio "che si era fatta prendere", poiché "Come ho già detto a molti studenti prima di lei, è la bacchetta a scegliere il mago, signor Kuroo!" – o a mettere qualcosa involontariamente sopra la gabbia di ottone – in precario equilibrio su tutto il resto – così da inimicarsi da subito il gigantesco gatto nero dal pelo corto seduto pigramente a sfinge all'interno, la coda lunga in leggero movimento, le orecchie ritte sul capo e gli occhi ambrati già puntati sul ragazzo, a studiarlo con pupille assottigliate ed espressione indecifrabile.


«... Oho?»

Le labbra fini di Kuroo si schiudono appena, abbozzando un sorriso dal taglio provocante più per conformazione stessa delle labbra che per volontà cosciente di renderlo tale, mentre gli occhi bronzei – ancora fissati placidamente sulla scura volta notturna – tornano lentamente a rimettere a fuoco per quanto fisicamente possibile i singoli astri nel cielo, ridando al Serpeverde sia la consapevolezza del presente sia di essere involontariamente finito con lo spaziare lontano nei ricordi nel tentativo di riconoscere almeno una o due costellazioni nel cielo.
Certo è ironico davvero, pensare quanto alcune memorie possano rimanere impresse nei minimi dettagli nella mente di una persona e come altri invece, seppur ben più recenti, possano invece sparire nel dimenticatoio subito dopo l'averli vissuti. Ed è forse ancora più degna di ironia solo la distanza che il Kuroo attuale sente con quel ragazzino entrato da Wiseacre ormai poco più di sei anni prima, quasi come se quei ricordi appartenessero ad un altro sé, se non almeno ad un'altra vita che lo abbia visto protagonista.

È come se ormai, ipotizza, si fosse talmente tanto abituato alla sua vita attuale che il solo pensare d'averne – o averne avuto, per quello che cambia – una lontano da Hogwarts sia pressoché impossibile, un pensiero estraneo l'immaginarsi lontano dalla vista perenne di quella foresta proibitiva o da quelle torri e torrette su cui ha spesso rischiato di spalmarsi durante le prime lezioni di Volo in comune tra la sua casata ed i Tassorosso, spronato ad una sfida insensata da un ragazzino allora poco più alto di lui con improponibili capelli bicromatici grigi e neri.
Koutaro Bokuto era stato uno dei primi studenti al di fuori dei suoi compagni di casata con cui aveva stretto amicizia, era stato semplicemente impossibile evitarlo ed era stato altrettanto impossibile evitare di venire trasportati dal suo perenne entusiasmo, dalla sua emotività esagerata o dal suo difficile rapporto con le scale mobili. E se ci pensava bene non riusciva nemmeno a capacitarsi di come fossero riusciti a scampare all’espulsione almeno una o due volte, a dirla tutta: Tra le notti passate ad aiutare il suo compagno di casata Oikawa ad infiltrarsi nella biblioteca al primo piano ben oltre l’orario di chiusura, o quella volta – prima di molte, c'era da aggiungere in tutta sincerità – in cui avevano rischiato la vita dopo aver avuto la malsana, decisamente pessima idea di convincere – Più o meno pacificamente e senza pressioni espressive di alcun genere, davvero – un giovane primino Grifondoro ad inserire nel baule di Daichi un frisbee zannuto.
Ah, ecco– quello sì che era uno dei ricordi che sarebbe stato meglio far finire nel famoso dimenticatoio. L’espressione di Daichi e l'occhiata che aveva lanciato ad entrambi quando era venuto a sapere della loro colpevolezza riguardo quel piccolo incidente era stata abbastanza per farlo meditare sulla caducità della vita per molti giorni a seguire, sinceramente parlando.
Ma insomma, traumi con il Grifondoro a parte, in generale da quando era entrato ad Hogwarts la sua vita era cambiata drasticamente. Le partite di Quidditch, le nottate a studiare e scrivere pergamene su pergamene di ricerche e riassunti nella sala comune Serpeverde, tra le espressioni inalberate di alcuni e le conversazioni a senso unico tra Oikawa e le penne d’oca costantemente secche dall'altra, e poi ancora la prima gita ad Hogsmeade, avvenuta solo un anno prima, dove lui e Bokuto erano riusciti ad avere praticamente una scorta illimitata di Burrobirra infiltrandosi grazie alla nemmeno troppo velata infatuazione di Madama Rosmelta per Oikawa a “I tre Manici di Scopa”. Il come fossero riusciti a tornare ad Hogwarts era ancora un mistero per entrambi, ma Oikawa affermava di essere dovuto uscire a cercare in lungo e in largo il suo “Grifondoro di fiducia” – Poteva giurare lo avesse chiamato proprio in quel modo, forse un “-chan” in più o in meno a storpiarne irrimediabilmente il nome al momento non sovvenibile a Kuroo – per riportarli con qualche difficoltà al binario 9¾ ed evitando loro di risvegliarsi il giorno seguente nella cantina del locale, circondati da tinozze piene di rum di ribes rosso, acquaviola, sciroppo di ciliegia con soda ed altre cose decisamente poco adatte ad un post-sbronza.

« ... Dovresti andare, Kuroo. »

Ah, assurdo– È quasi imbarazzante, quanto sia incapace di rimanere concentrato almeno un minuto intero ad osservare quel cielo così incomprensibile ai suoi occhi senza che la sua mente inizi a spaziare verso ricordi e pensieri che poco hanno a che fare col motivo per cui si trova al momento lassù, sulla torre più alta di Hogwarts, poco sopra la sala comune della casata a cui appartiene il ragazzo a pochi metri da lui ed al contempo così lontano dall’entrata sotterranea della sua.
Eppure, nonostante sia decisamente oggettiva la difficoltà che Kuroo ha sempre avuto al corso di Astronomia nel capirci qualcosa di stelle e costellazioni, e che è stato ad onore del vero il motivo principale per il quale è finito col chiudere con la stessa con una quanto mai dignitosa D di Desolante ai G.U.F.O. dello scorso anno, persino gli ignavi occhi del Serpeverde ci mettono qualche secondo in più del dovuto a scivolare lontano da quelle incostanti sorgenti di luce che illuminano lo spazio difforme e altrimenti buio sopra di lui, forse semplicemente quanto istintivamente attirato – come spesso gli accade – da ciò che ha difficoltà a capire e che sfugge allo sguardo ed all'interesse di molti. Ma alla fine cede e le pupille perdono presa sulla notte, slittando lentamente alla sua sinistra e dando modo al residuo del suo precedente sorriso felino di posarsi inesorabilmente sul ragazzo seduto a un paio di metri da lui.

Non che riesca a vedere molto del più giovane, sia chiaro. Le già esili spalle del Corvonero sono infatti curvate in avanti, una gamba – la destra, più vicina a lui – alzata ad avvicinarne il ginocchio alla cravatta argentata e blu, il busto piegato appena in avanti verso un treppiedi dorato – abbassato al minimo consentito per ragioni logistiche di utilizzo – che è a sua volta a sostegno di un lungo telescopio dalle decorazioni finemente intagliate e valorizzate dai piccoli punti di luce provenienti dalla volta stellata.

« Mhm–? Hai finito? »

Domanda placidamente, gli occhi felini che cercano accorti una risposta nell’espressione del compagno che sembra però lontano dal volergliela dare, lo sguardo ancorato senza possibilità di considerazione per il maggiore verso il telescopio, in silenzio mentre le dita affusolate – rese ancora più pallide di quanto non siano dal chiarore della luna visibile in cielo – si muovono silenziosamente sull’elegante montatura del telescopio verso il comparto della lente.

Kuroo guarda i lunghi fili biondi scivolare ribelli da dietro l’orecchio appena visibile, andando morbidamente a incorniciargli parte della tenera guancia e a nascondere totalmente l’occhio libero dall’impedimento del telescopio, e rimane a studiarlo per qualche istante, spiandone i movimenti mentre l’altro gira con lentezza ed in maniera calcolata prima in senso orario e poi antiorario il montatore, gli occhi del colore del bronzo che pesano ogni gesto compiuto dal minore. Solo dopo una manciata interminabile di secondi l’altro si allontana finalmente dall’attrezzatura in suo possesso, abbassando lo sguardo verso la pergamena che tiene fra le gambe e cercando a tentoni nella semi oscurità la penna d’oca fiduciosamente rimasta accanto a lui durante tutto il periodo che ha passato a consultare il cielo, seppure senza staccare gli occhi felini dalla carta .

« … Ho ancora il raggio esterno della mappa stellare da fare. »

Ora è Kuroo a rimanere in silenzio per qualche istante, le sopracciglia che si aggrottano impercettibilmente ad assecondare una perplessità quanto mai lampante nel suo sguardo. Ah– questi sono decisamente i momenti in cui rimpiange la presenza di Oikawa: Per quanto non smani dalla voglia di averlo accanto in situazioni come questa, ritagliata appositamente per passare del tempo di qualità da solo con Kenma, e per quanto soprattutto non smani dal desiderio di doversi sorbire per la centesima – duecentesima, millesima, chi lo sa davvero – volta le sue teorie decisamente particolari su stelle, pianeti, forme di vita aliene e via dicendo, deve ammettere che, se ci fosse anche l’altro Serpeverde in cima a quella torre in quel momento, ci sarebbe almeno una persona che saprebbe di cosa l’altro stia parlando.
L’ha per caso già detto che quella materia non è mai stata per lui?

« Oh–? Perché dovrei andare, allora? »

Il più giovane traccia qualche linea sulla pergamena, la penna che si posa leggera sul foglio a tratti in maniera esitante, andandosi leggermente ad alzare dal documento tra una pausa e l’altra mentre il viso si sposta appena in avanti, concedendosi di riguardare per una manciata di secondi l’interno del telescopio e tornando successivamente a compilare il modulo con maggiore sicurezza. Kuroo lo vede fermarsi solo dopo qualche minuto, e dopo un lungo momento di immobilità lo sguardo va impercettibilmente ad alzarsi e a voltarsi nella sua direzione, gli occhi mielati e schivi del minore che incontrano quelli bronzei dei maggiore solo per un istante prima di riabbassarsi velocemente, chiaramente poco propensi a rimanere nel mezzo di quell’incontro di sguardi più dello stretto necessario.

« Sembrava stessi per addormentarti. »

Replica infine, premurandosi nel frattempo di scrivere qualcosa di indecifrabile sulla pergamena, la penna che slitta lasciando un tratto corsivo stretto ed elegante e le spalle che si infossano appena per la concentrazione, oltre che nel probabile ed istintivo tentativo di esporsi il meno possibile alle occhiate che l’altro gli sta altrettanto istintivamente lanciando nel prendersi qualche momento per riflettere sulla risposta da dare al più giovane.

Addormentarsi? Oh beh, a parlarne sinceramente Kuroo sarebbe più portato ad appellarsi all’ibernazione o a qualcosa di più tragicamente patologico per descrivere la sua incapacità di concentrazione in quella serata, soprattutto a giudicare dalla facilità con cui è finito a spaziare verso ricordi non esattamente pertinenti al motivo per cui si trova là sopra al momento. Ma nulla che possa reindirizzare al dormire, di quello può esserne certo.

« Dai Kenma lo sai, sono una creatura della notte! Non potrei mai addormentarmi così presto. »

« … L’ultima volta– »

« Non contando l’ultima volta. »

« … »

Kenma rialza nuovamente lo sguardo dalla pergamena giusto per lanciargli uno sguardo decisamente diffidente, le sopracciglia sottili che si aggrottano impercettibilmente mentre le pupille normalmente allungate si arrotondano, di riflesso all’oscurità che cala drasticamente per qualche istante su entrambi al passaggio di una leggera nuvola mediamente densa davanti all’unica fonte di luce riflessa ed abbastanza intensa della notte.

« – Davvero. »

Ah– Kenma non è decisamente convinto. Può vederlo chiaramente, nonostante alla sua parola il più giovane riabbassi semplicemente in maniera apatica lo sguardo verso le scritte sul suo grembo, così chiaramente in effetti che una stessa risposta vocale sarebbe di troppo, rispetto a quella che riesce già inspiegabilmente a palesare col suo modo di porsi. Gli occhi di Kuroo si assottigliano appena nello sforzo di seguire le azioni del Corvonero, le mani di quest’ultimo che nel frattempo vanno a posarsi sulla pergamena stirandola silenziosamente con i piccoli palmi. Lo vede fissarla per qualche istante, sovrappensiero, per andare poi a fermare perplesso le iridi mielate su un punto in particolare della mappa che non tarda ad additare – al fine di mantenere il segno probabilmente – mentre il busto si sposta nuovamente in avanti, una palpebra che va a chiudersi completamente mentre un’altra rimane schiusa e la cornea fedelmente vicina alla lente del telescopio in cerca di risposte ad una domanda sconosciuta al Serpeverde.

Qualsiasi sia il dubbio, in ogni caso, Kenma sembra davvero trovare chiarimenti all’interno di quell’affare, così dopo qualche istante eccolo di nuovo rialzarsi dal macchinario infernale – quanto è stato vicino dal buttare il suo di sotto, la notte dell’esame pratico per il G.U.F.O. in Astronomia –, senza che il viso lasci trasparire alcuna emozione in particolare, certamente, ma tradito dalla velocità con cui si curva a scrivere sulla pergamena qualche riga in aggiunta a lato della pagina, ora tracciata qua e là da piccoli marchi probabilmente riconducibili alla simbologia di costellazioni studiate da Kuroo l’anno precedente con troppa poca attenzione per ricordarne il significato.

Chissà se studiare la materia con la stessa costanza di Kenma od Oikawa avrebbe aiutato le sue capacità in Astronomia a salire di qualche punto, in passato. O almeno a passare l’esame con un punteggio sufficiente, visti i risultati non esattamente incoraggianti con cui ha terminato lo studio della materia e dovuti in gran parte alla seria non complementarità tra lui e la disciplina.

« –Oikawa non la pensa così. »

La voce del Corvonero giunge al Serpeverde quasi ovattata, lontana ed incerta, e nella sua inesperienza nel riprendere conversazioni che sembravano essere terminate Kuroo ci mette un attimo a ricollegare l’argomento a cui suppone Kenma si stia riallacciando, la mano che nel frattempo va a posarsi dietro il collo andando a massaggiare appena alla base, la testa che viene piegata indietro ed avanti nella speranza di scaldare un poco i muscoli intorpiditi dall’aria serale e dall’immobilità che li ha visti partecipi nel mentre è rimasto a fissare le stelle per indefinito tempo fino a pochi minuti prima.

Davvero, Oikawa? Si sta davvero parlando di lui? Ah–, ora sì che si sente incredibilmente soddisfatto dell’idea di non averlo portato con sé. Il suo entusiasmo nel venire propinato come esempio quando presente è solo secondo alla sua pura eccitazione nel sapersi appellato quando assente, e la possibilità che lo venga a sapere è abbastanza da rendere Kuroo sicuro di come la vanità della novità lo renderebbe intrattabile per una lunga, davvero troppa lunga serie di giorni per permettere che ciò accada.

« Dai, Oikawa? A volte nemmeno va a dormire, per lui chiunque va a letto presto. Te l’ho detto, se non fosse per il timore di avere le occhiaie il giorno dopo o di addormentarsi in aula durante le lezioni, nemmeno si preoccuperebbe di prenotare il letto quando viene ad Hogwarts probabilmente. »

Oho oho? E quello sguardo, adesso? Ha per caso visto il naso arricciarsi impercettibilmente in dissenso, o l’oscurità della notte sta iniziando a fargli scambiare ombre con altro? Ma no, ma no. Nonostante le apparenze piuttosto indolenti di Kenma possano dare a pensare che la sua persona non sia più di tanto incline alla espressività, Kuroo ormai conosce abbastanza bene il minore per essere certo quella che ha visto sia decisamente una espressione di dissenso degna di lui. Non ha modo di vederla molto spesso per sua fortuna, ma per capire la rarità del suddetto gesto basterebbe notare come da quando lo ha approcciato la prima volta – Stava frequentando quale anno, il secondo? Il terzo? – a quando gli abbia visto fare per la prima volta un’espressione simile sia passato minimo un anno scolastico intero. Insomma, a suo modo è come se fosse un traguardo anche questo, il riuscire a conoscere abbastanza bene una persona come Kenma da stimolare in lui, e riconoscere nei suoi gesti piuttosto minimali, anche variabili espressive socialmente rilevanti.

Ma insomma, dicevamo. Il naso è leggermente arricciato, le labbra sono appena strette e le sopracciglia aggrottate attraverso una appena visibile contrazione della fronte. Nel totale, probabilmente l’espressione più deliziosamente contrita che Kuroo abbia mai visto fare da un mago.

« Ah– Non guardarmi così! Lo sai com’è fatto, tra studio e laboratori sembra si stia già preparando ai M.A.G.O., tanto si impegna in tutte le materie che ha scelto. Dovresti vedere le notti che passa in bianco dietro Pozioni, l’altro giorno mi ha svegliato alle tre perché non ricordava se l’asfodelo doveva essere messo nel calderone con tutto il gambo o solo i petali, non so se mi spiego– »

L’aneddoto è servito al suo scopo, poiché dall’espressione si direbbe che almeno adesso sia decisamente meno imbronciato– Il ché è quasi un peccato, da un punto di vista puramente estetico. Il Serpeverde si concede quindi quell’istante che gli è concesso per fissare nella mente l’immagine di quel piccolo broncio che si è andato appena ad appianare, la dignità che lo sprona vergognosamente a distogliere l’attenzione come è solita fare da quando Kuroo si è reso conto di quanto gli risulti impossibile evitare di annotare nella mente ogni minima azione del giovane Corvonero seduto lì davanti. Ma insomma, sa benissimo che non è l’ora giusta per fare certi ragionamenti, né nella compagnia giusta per quelle elucubrazioni mentali. Da soli, da soli è la compagnia giusta, o con Bokuto, o con Oikawa magari– ma non con Daichi in ogni caso, contando che lui ha già abbastanza problemi a capire quegli stessi sentimenti che lo legano al Serpeverde dai capelli argentei che Kuroo ha visto più volte nella sala comune e con il quale il Grifondoro va in biblioteca appena ne ha l’occasione.

« … Tutti passano notti in bianco dietro Pozioni– »

Ah, ecco quindi qual è il problema. Il sentirsi feriti nell’orgoglio di persona che fa a sua volta nottata nello studiare una materia o dedicarsi a qualche genere di passatempo che richieda ore di sonno drasticamente basse.

Le labbra di Kuroo si aprono in un sorriso perspicace ed intenerito, i denti che biancheggiano nella notte e gli occhi che vanno a fissarsi sul compagno, sorridendo maggiormente nel vederlo abbassare istintivamente i suoi.

« Io non le faccio. »

Non per Pozioni almeno, visto e considerato pare sia una materia per cui sia veramente portato. Bokuto e Oikawa lo hanno preso in giro per anni, mettendo foto della sua faccia su tutti gli articoli dei più famosi pozionisti ed alchimisti del mondo, e dopo la E di Eccezionale presa ai G.U.F.O. alla fine dello scorso anno e la sua effettiva scelta di seguire Alchimia come materia facoltativa all’inizio del sesto, decisamente la situazione sembra essere sfuggita di mano.

« … Tu non ne hai bisogno– »

« –Ma faccio comunque percentuale. »

Oh, non ha preso decisamente bene la risposta. Mio Dio, se solo potesse catturare quell’espressione per sempre; Kuroo a volte semplicemente non riesce a capire come si possa pensare di rimanere impassibili davanti ad espressioni simili.

« … Ah–, dammi tregua, non posso farcela così.»

E non può davvero farcela, lo sguardo che si ritira molto poco coraggiosamente mentre il volto del Serpeverde fugge verso l'alto, il palmo della mano destra che va a posarsi poco sotto la fronte a coprire a quegli occhi corvini la vista del cielo, o forse di Kenma, o forse di entrambi, anche perché non sa sinceramente dove guardare in questo momento, la testa ora più che mai resa incredibilmente pesante da pensieri tanto imbarazzanti quanto decisamente non necessari.
Il maggiore sente lo sguardo del Corvonero su di sé, immagina gli occhi dorati come galeoni fissi a studiare ogni suo movimento non senza tracce di tangibile perplessità, e non c'è bisogno di scomodare quel palmo per ricambiare lo sguardo e riscoprire come fosse la prima volta l'ambra che si cela tra quelle file di lunghe ciglia, gli occhi imperscrutabili ma attenti che il leggero chiarore delle stelle riesce a tingere di un miele caldo.

No, in effetti forse è meglio tornare a fissarsi proprio sulla volta stellata, piuttosto che perseverare in questi pensieri masochisti. La mano viene allora riabbassata e lo sguardo torna a fissare il cielo, mentre a pochi passi da lui sente il fruscio della penna d’oca nuovamente impugnata da Kenma scivolare leggera sulla pergamena, segno che il Corvonero nel frattempo è arrivato alla conclusione sia più utile tornare sulle sue fidate carte, piuttosto che chiedergli silenziosamente risposte che Kuroo non sa nemmeno se avrà mai il coraggio di dargli.

« … »

C’è da dire che il silenzio con Kenma non lo ha mai disturbato, in ogni caso. Non crede che sia un fatto di preferire o meno un certo tipo rapporto, quanto semplicemente il trovare ugualmente piacevole sia parlare con il Corvonero, quanto ritagliarsi momenti simili in cui possano entrambi semplicemente godere dell’atmosfera distensiva e familiare che si viene a creare.

« … Ehi– »

Kuroo aspetta a continuare, gli occhi che guardano attenti un punto in particolare dello spazio sopra di loro nell’attesa di sentire dopo qualche istante la mano di Kenma fermarsi dallo scrivere sulla carta ingiallita, probabilmente immobilizzandosi a palesare il fatto che lo stia ascoltando.

« … Quella è la stella ‘Rigel’? »

Kenma alza lo sguardo, cercando di andarsi ad accordare nella direzione che gli occhi di Kuroo stanno ipoteticamente creando, e le iridi mielate si fermano dopo qualche istante sullo stesso arco di cielo studiato dal maggiore, rimanendo a fissare passivamente quella che il Serpeverde a questo punto spera davvero sia almeno una stella, contando come l’imperturbabilità dello sguardo dell’altro non gli dia garanzie nemmeno sulla natura di ciò che ha visto. Ma dovrebbe essere una stella, davvero, almeno a giudicare dalla incostanza della luce che emana, al contrario di quella fissa dei pianeti e dei satelliti.

« Sì– »

Ah, menomale. Kuroo sorride, e gli occhi vanno ad assottigliarsi impercettibilmente mentre un accenno di orgoglio si spande su tutto il viso contrito in una smorfia di autocompiacimento.

« Oho oho? Allora quella è la costellazione di ‘Orione’, giusto? Ricordo di aver letto il mito in biblioteca qualche tempo fa– Se non sbaglio è di origine greca, si divertivano molto a traumatizzare gente e lanciarla nel cielo, ai tempi. »

« … Non credo funzionasse così– »

« Mhm? Sicuro? Io ricordo una cosa simile in molti miti. »
Kenma rimane in silenzio per qualche istante, come se stesse effettivamente pensando all’eventualità di essersi sbagliato o meno riguardo il commento appena fatto, prima di scuotere leggermente il capo, le lunghe ciocche che si muovono armonicamente accanto al collo seguendo i suoi movimenti verso destra e sinistra.

« –Non lo conosco »

Ora tocca a Kuroo rimanere in silenzio, la mente che saggia lentamente la dichiarazione dell’altro.

« … Il mito? Non lo avete fatto a lezione? »

« No– »

Ah, dunque quest’anno hanno tagliato miti diversi da quelli che hanno eliminato dal suo programma dell’anno prima. Ora si spiega anche perché Kenma abbia studiato quello della Fornace, che lui sinceramente non credeva nemmeno esistesse fin quando il più giovane non gliene ha parlato, qualche giorno prima.

« –Vuoi sentirla? »

Si volta verso Kenma e attende che questo annuisca brevemente, gli occhi ancora rivolti verso la stella.

« Bene allora– »

Un momento di silenzio, le gambe che vengono mosse sino a porsi leggermente divaricate e piegate in avanti, le braccia che invece si tendono dietro a dare appoggio per il busto posto più arretrato rispetto al bacino.

« Da quanto ricordo, Orione era figlio di Poseidone, il Dio dei mari. Era molto bello e audace, anche se aveva avuto una prima giovinezza piuttosto traumatica. Si era sposato presto e più volte, la prima volta con una certa Salda mi pare– no forse Sade, e poi con Merope credo, con cui però aveva avuto problemi vari a causa del suocero, che dopo un paio di bicchieri lo aveva accecato– non guardare me, non ho fatto io il mito! »

Kenma gli lancia uno sguardo appena sdegnato prima di tornare a guardare la stella, l’ombra di un interesse appena superiore alla sua media che sprona Kuroo ad andare avanti.

« Successivamente se non sbaglio persino Aurora si era invaghita di lui. Ma lui non aveva ricambiato il suo sentimento, preferendo invece dedicare il suo tempo alla caccia, da grande maschio alpha che era– Alla fine era diventato compagno di Diana, ma passando il tempo in sua compagnia persino la Dea aveva iniziato ad ammirare la forza ed il coraggio dell’uomo, ed aveva finito per innamorarsi di lui come le altre– il ché è strano se ci pensi, contando che per molti è anche la divinità protettrice della verginità– »

« … »

« – Dicevo. Una mattina come tante altre, Diana stava camminando per i boschi attendendo l’arrivo di Orione, quando venne raggiunta dal fratello Apollo. Si misero a parlare di cose da divinità, sai no, cose che non possiamo capire, finché non arrivarono davanti ad un fiume. In lontananza c’era una macchia scura che si muoveva nell’acqua, e Apollo chiese a Diana se fosse capace di trafiggerla al primo colpo con una freccia. Il ché non vorrei dirlo, ma è abbastanza palese contando che Diana è anche la divinità del tiro con l’arco. »

« … Kuroo– »

« – Insomma. Diana aveva già incoccato la freccia e teso l’arco, e in un istante la freccia saettò via sibilando dritta contro bersaglio, contro il quale s’infisse. La Dea fece un piccolo grido di trionfo, inorgoglita, ma il tempo di girarsi a farsi bella con Apollo, ch’egli era già sparito. Il ché può farti facilmente capire come finirà la cosa– »

Altro istante di silenzio da parte di Kenma, stavolta nemmeno assistito da uno sguardo.

« –Insomma, intanto la carcassa di ciò che aveva colpito si avvicinava, e puoi immaginare la faccia che fece Diana quando le onde sospinsero alla riva Orione inerte, una freccia d’argento a trapassargli le tempie e i riccioli corvini. La Dea scoppiò in lacrime, mentre il cane di Orione ululava verso l’alto, entrambi gonfi di tristezza. Allora Giove ebbe pietà di quel dolore e accolse Orione e il suo cane in cielo tra le costellazioni – anche se sinceramente spero che il cane lo abbia mandato in cielo una volta morto, altrimenti sarebbe abbastanza inquietante – e da allora, nelle notti come queste, Diana si allieta guardando Orione che, armato di una spada d’oro e cinto della sua corazza, va per il cielo in traccia di animali, con il cane a seguirlo fedelmente tra i campi. E questo è quanto–! »

Termina infine, girandosi a guardare Kenma al fine di scovarne nel viso ancora leggermente nascosto al suo sguardo una traccia di reazione alla storia appena raccontata. Il silenzio cala fra loro, ma nonostante ciò non sente il bisogno di riempirlo, essendo molto caratteristico di Kenma e decisamente caratteristico del loro rapporto, in qualche modo.

« … È triste – »

Ah, non si aspettava una risposta così veloce, sinceramente.

« Mhm? »

« – Vedere la persona che ami così vicina ma impossibile da raggiungere. Vedere ogni giorno in cielo com’era, ma non poterla toccare. Averla lì per te, ma non con te, intendo– »

La voce è leggera e pacata, eppure le parole sono impastate di qualche tipo di emotività che Kuroo riesce appena a scorgere e che bastano a fargli perdere un battito, forse due mentre le sinapsi smettono per qualche istante di funzionare, l’interno della sua testa un attimo di vacanza.

« … Ah– »

Non sa davvero come commentarla una cosa del genere sinceramente. Cosa si può dire davanti ad una frase che ha praticamente esposto la tua situazione attuale, soprattutto se il motivo di quella situazione è da ritrovarsi nella persona che ne sta riassumendo i concetti fondamentali?

«Questa – credo sia la frase più lunga ti abbia sentito dire fino ad oggi, sai– »

Prova a riderci su, ma tutto quello che esce è una risata strozzata che ben poco ha di ironico, graffiante come un gatto sulla difensiva e fin troppo nervosa per il commento appena fatto.

« … »

Kenma lo guarda in silenzio, studiandolo attento mentre quegli occhi felini sembrano scavare solchi su ogni muro di facciata che Kuroo ha costruito per evitare di far notare il senso di consapevolezza che sta salendo prepotentemente nella sua persona.

« … Posso capire quello che intendi, comunque– »

Ah, può capirlo, può capirlo davvero. I suoi stessi sentimenti verso Kenma a volte sono come un mare in tempesta, impossibili da controllare soprattutto quando lo vede lì, davanti a sé, così vicino ma – come ha detto, lui? – impossibile da raggiungere.

« E presumo tu abbia ragione, è piuttosto triste– »

Tragico, quasi. E non quello che prova naturalmente, quanto piuttosto la sua incapacità di provare a fare qualcosa per cambiare la natura della loro relazione. Tragico il suo provare certe emozioni alla più breve frase ed al più impercettibile movimento del minore, di base. Ma questo lo ha capito da tempo, e sempre con il tempo ha imparato a conviverci, lasciando che le sue emozioni implodano nel più silenzioso dei collassi interiori ogni qual volta si fermi a pensarci.

 

Eppure, ci sono momenti in cui persino quella lunga e conquistata esperienza non può nulla contro la sconfortante capacità del Corvonero di rendersi inconsapevolmente adorabile. Una parola, un leggero arricciamento di naso davanti a determinati alimenti, un aggrottare le sopracciglia ad esporre un piccolo broncio poco accennato ma impossibile da ignorare quando vengono ricordati al ragazzo i suoi doveri sociali come le feste della scuola o la più che richiesta partecipazione al Ballo del Ceppo, in quanto studente appartenente ad anno scolastico maggiore del quarto.
Feste che ad esempio Kuroo, al contrario, ama. La musica, i suoi compagni di corso che riempiono le brocche di pozioni non ben classificate non appena il Preside e i professori voltino lo sguardo, complice l’affollamento attorno al lungo tavolo rialzato su cui vengono servite le bevande e cibarie di vario genere. E poi ancora le risate con Bokuto o le ironiche litigate tra Oikawa ed il suo ormai famoso Grifondoro di fiducia, che in passato sono state solite iniziare quando il vanitoso Serpeverde – dopo aver passato mezza serata contornato da stuoli di studentesse di ogni anno scolastico – è rimasto oltremodo offeso da quelle due o tre ragazze che sono finite timidamente a chiedere all’amico di invitarle per un ballo in pista, il tutto mentre Daichi ed il suo compagno di biblioteca parlavano seduti ai grandi tavoli ovali in tutta tranquillità, sorridendosi a vicenda e di tanto in tanto lanciando saluti ad altri loro amici. Da quando era stato possibile anche a Kenma ed altri del suo anno di aggiungersi al Ballo, poi, le cose erano diventate ancora più– particolari. Tra Bokuto e i suoi tentativi sempre più palesi di farsi notare dal compagno di stanza di Kenma, Akaashi se aveva capito bene il nome, o il modo piuttosto sospetto con cui il ragazzo con i capelli biondi era solito scomparire per più tempo del necessario non appena si aprivano le danze, per poi rispuntare magicamente accanto al tavolo dei dolci avvicinandosi silenziosamente agli spicchi interi di torte di mele sparse per tutto il bancone.

Ma insomma, in generale Kuroo e Kenma sono davvero due opposti, soprattutto se si contano i loro passatempi o le compagnie di cui si contornano – o di cui non si contornano, nel caso di Kenma.

Eppure, a volte ipotizza il segreto del loro rapporto sia proprio lì, nella loro differenza. Altre volte, invece, pensa risieda nella capacità di capirsi senza parlare esplicitamente di un argomento. O forse è semplicemente l'ambra di quegli occhi attenti e felini e il modo in cui paiono riflettersi nei gemelli dorati e taglienti di Kuroo, fissandosi sulla retina e nella mente del Serpeverde ad ogni più piccolo sguardo ed ad ogni breve incontro.


Ma poi, in momenti come quello, capisce che un vero motivo non c’è. È Kenma, e nel contempo è lui, e probabilmente sono entrambi. Sono stati i loro primi anni ad Hogwarts, il loro primo scambio di sguardi durante il cambio di studenti fuori Pozioni, i loro incontri casuali in biblioteca. È stato il modo in cui Kenma ha iniziato ad indicare silenziosamente i libri su mensole per lui troppo alte per essere raggiunte, o il modo in cui Kuroo ha guardato perplesso lo scaffale le prime volte prima di intuire la richiesta del minore. Sono stati, probabilmente, persino i sorrisi audaci che Kuroo ha iniziato a lanciare a Kenma di tanto in tanto le prime volta che è riuscito a sorprenderlo a guardare interessato qualcosa, o ancora i pomeriggi passati in silenzio a fare pratica di incantesimi fuori le mura della scuola, sotto alberi dai tronchi troppo larghi per non avere visto almeno i loro trisavoli frequentare l’accademia.

Il loro è nato come un rapporto come tanti altri, ovviamente. Non c’è stato nessun motivo nascosto per cui Kuroo abbia deciso di voler stringere amicizia con Kenma, nulla se non la semplice curiosità verso quel ragazzo così silenzioso, schivo e dannatamente pigro che ritrovava in giro per il castello nei momenti più improbabili, in compagnia del Corvonero con il quale Bokuto aveva con così tanta enfasi voluto attaccare bottone.

E non che in questi cinque anni passati ad Hogwarts Kuroo non abbia avuto esperienze sentimentali con sue compagne di corso o di altre casate, naturalmente. Ne aveva persino parlato con Kenma i primi tempi, la sua palpabile eccitazione che si era scontrata con l’apatia del volto del più giovane che nonostante tutto non lo aveva fermato, permettendogli così di esporre quegli infantili soliloqui sui primi amori che avevano occupato le giornate di entrambi per molto tempo.

Sono state tre le relazioni che Kuroo ha avuto prima di capire che qualcosa non quadrava più e che i sentimenti che iniziava a sentire in compagnia di Kenma stavano cambiando, impercettibilmente ma con costanza, verso qualcosa di ben diverso dal semplice affetto. E se questo non è stato sufficiente, probabilmente lo è stato il modo con cui ha iniziato a spaziare con la mente in compagnia della sua ex ragazza, a disdire appuntamenti con la stessa per fare compagnia al minore e ad investire del tempo a costruire attività da fare con il Corvonero.

A metà del quarto anno, era stato ormai chiaro che quello che sperava di avere con Kenma fosse più della semplice amicizia. Non che lo avesse accettato subito, chiaramente– ed infondo, il suo tentennamento ai tempi era anche stato piuttosto comprensibile. Perché era nato un interesse simile? Perché il rapporto che aveva con il Corvonero non poteva bastargli? Questo lo rendeva forse– non eterosessuale? Oh Dio, non lo aveva davvero pensato, giusto– giusto? Cosa avrebbero pensato i suoi amici, poi?

E così, alla fine, non ne aveva parlato con nessuno. Timore di non piacere, o di piacere di meno, o di venire visto diversamente, erano stati motivi sufficienti per nascondere per lungo tempo il tipo di emozioni che la compagnia di Kenma gli scaturivano o i pensieri che si articolavano confusamente nella sua mente quando il più giovane finiva per addormentarsi con la testa sulle sue gambe nel mentre seguivano i tentativi di Bokuto e Iwaizumi – ecco il nome di quel fantomatico Grifondoro – di battere Akaashi agli Scacchi dei Maghi, Oikawa troppo indaffarato a studiare materie a Kuroo sconosciute a lato del lungo tavolo in Sala Grande.

Quanto sia durato quel periodo di effettiva copertura, non ne ha idea. Ma quella che non dimenticherà mai, per il resto della sua vita, è l’espressione di Oikawa il giorno prima di tornare a casa per le vacanze invernali del quinto anno, entrambi spalmati sul divano della sala comune dei Serpeverde, gli occhi del compagno fissi su di lui e solo una domanda, lasciata lì a librarsi in aria quasi con indolenza.

" Quando hai intenzione di dichiararti a Kenma? "

Lì, aveva capito che ai suoi amici non sarebbe cambiato nulla. E sempre lì, aveva capito che passare il resto della sua permanenza ad Hogwarts senza far sapere al giovane Corvonero i suoi sentimenti non sarebbe mai stato sopportabile alla sua persona. Oikawa era davvero un buon amico.

… Nonostante le apparenze.

 

« Kenma– »

« …? »

« Verrai a vedere la partita di Quidditch, questo sabato? »

‘Verrai a vedermi’, vorrebbe piuttosto chiedergli. Gli occhi del Serpeverde ruotano verso l’altro, e il più grande sorride morbidamente nel notare le iridi del più giovane – già puntate su di lui – scivolare istintivamente lontano da quell’incontro di sguardi, quasi fosse un gatto domestico che si renda improvvisamente conto di essere stato puntato da un gigantesco felino incontrato casualmente sulla torre più alta della scuola di stregoneria più famosa dell’Inghilterra.

« … Sabato– »

Ci pensa? Non ci pensa? Kuroo si rende conto di star trattenendo il fiato e si obbliga con una certa celerità a respirare, o almeno a tentare di farlo, sentendosi nel frattempo immensamente stupido nello star avendo un quasi attacco di panico per una banalissima presenza ad una banalissima partita che vede tutti sopra dei banalissimi manici di scopa.

« –Pensavi non sarei venuto? »

… Ah–. Ora sì che si sente un po’ ottuso. Kenma lo guarda di sottecchi, le sopracciglia appena aggrottate e una timida espressione leggermente tinta di perplessità a inquadrarne il piccolo viso dai tratti morbidi ed eleganti. Ma certo, ma certo. Naturalmente– il volto di Kuroo si piega verso il basso, un sorriso caldo ed imbarazzato che tira gli angoli della bocca fine e un soffio di una risata che scivola via dalle labbra rosate, la testa inorgoglita da un numero indefinito di ciocche pece che cadono davanti l’occhio a nasconderne quasi interamente la parte destra del viso, le altre che rimangono sparate in aria sfidando la legge di gravità solo grazie a quelle vertigini perenni che lo fanno rassomigliare ad una sua versione mattutina appena uscita fuori dal letto.

« Io– Ah, lascia perdere, tu– lascia perdere, ok? »

Oh, Kenma è decisamente, senza alcun dubbio perplesso. E Kuroo non riesce ad evitare di domandarsi distrattamente cosa stia pensando, mentre dopo un accenno di risata appena soffocata decide di alzarsi in piedi, stirandosi con le mani le pieghe dei pantaloni scuri e sistemando il lungo mantello nero e verde come meglio può. Qualche passo verso il Corvonero, e solo quando è abbastanza vicino al compagno si abbassa leggermente col busto, posando una mano sulla chioma bicromatica del minore e sfregando appena le ciocche con le dita, lo sguardo immancabilmente inchiostrato da un affetto difficile da celare.

« Ci conto, allora. »

Sussurra semplicemente, prima di osare un sorriso ardito e rialzarsi con il busto, incamminandosi verso la porta di legno in fondo alla torre. Il tessuto della lunga cappa sfrega contro il maglione verde petrolio e i pantaloni scuri che cela al suo interno, ed in pochi istanti Kuroo si trova davanti il pesante uscio in massello dalle irregolari venature, la mano posata sul manico in ferro.

« Ti aspetto dentro, tanto hai quasi finito giusto? »

Si volta giusto in tempo per notare Kenma annuire un paio di volte, velocemente, e potrebbe dire qualcosa riguardo quel leggero rossore che si è espanso appena sulle gote del più giovane ma sarebbe davvero troppo, troppo difficile trovare parole adatte per avere qualsiasi tipo di conversazione al momento.

Annuisce anche lui allora, abbastanza stupidamente deve dire vista la non necessità dell’azione, e prima di rendersi più imbarazzante del necessario apre la porta, rientrando nella vecchia torre di pietra e chiudendosi il freddo ed umido uscio alle spalle, rimanendo poi qualche istante in silenzio, immobile, la mano ancora posata sulla maniglia metallica.

Ah– Ah, accidenti.

E non può fare altro se non accucciarsi per terra, il viso, il collo e le orecchie completamente a fuoco mentre la mano destra scivola tra le ciocche della lunga frangia che tenta di riportare indietro, seppure la forza di gravità palesi praticamente subito l’inutilità della sua azione.

 

‘Quando hai intenzione di dichiararti a Kenma?’

– Sabato potrebbe essere un buon giorno per farlo.

  
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