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Autore: arsea    30/07/2016    4 recensioni
Post Apocalypse e possibili spoiler!
Charles ed Erik non sono così lontani come è stato in passato, ma l'ennesimo tradimento è troppo vicino per poter essere cancellato. Charles non può permettersi più di perdonare, anche se è certo che il ci sarà presto un'altra occasione per farlo. Non può permettersi di credere alle parole di Erik. Non può più permettersi di credere in Erik e basta.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Charles naturalmente non si limitò semplicemente a raccontare il suo passato distrutto da Erik e ricostruito da un altro, non sarebbe stato abbastanza per lui, doveva invece farglielo provare.
Erik riemerse da quelle memorie con una colorita imprecazione, furiosa e affatto trattenuta, rivolgendo al telepate tutto il gelo che sentiva dentro.
Perché Charles, da bastardo manipolatore quale era, e Erik sapeva che genere di bastardo manipolatore fosse, era troppo codardo per una conversazione, avrebbe dovuto affrontare anche se stesso in essa, spiegare e parlare di cose che probabilmente non affrontava da decenni.
Quindi perché semplicemente non mettergli davanti tutto il dolore, la rabbia, tutta la grande e profonda fossa in cui lo aveva gettato, trasformando quel che restava del suo misero cuore in un ammasso sanguinante di rimpianto, senso di colpa e odio divorante verso se stesso?
Non gli disse nulla.
Prese il suo bicchiere, lo svuotò in una lunga sorsata e si volse verso il finestrino per evitare il suo sguardo << Questo è esattamente il motivo per cui non te ne ho parlato >> lo sentì dire, quella voce gentile smorzata un poco dal sospiro che seguì << Questo non cambia niente >> chiarì invece Erik, anche se ovviamente cambiava tutto, anche se le sue mani fremevano dalla voglia di stringersi sulla gola di Saman e strappargli via la vita.
Sapeva come costringerlo a liberare i poteri rubati, doveva solo trovare il modo di tenere Charles occupato nel frattempo.
Sbuffò, serrò la mascella con rabbia mentre cercava di dare un senso a quello che provava.
Lui geloso. Geloso di quel ridicolo ladro.
Sembrava solo un brutto scherzo << Il fatto che sia successo più di quindici anni fa non ha alcuna importanza? >> << Non ho bisogno delle tue stupide rassicurazioni. So di chiedere molto, ma potresti concedermi cinque minuti di silenzio? >> sibilò sarcastico, strappandogli nell’ordine un sorriso e poi un gesto di resa con le mani.
Non si era certo aspettato che Charles avesse avuto una vita facile, tantomeno nei primi anni dopo Cuba, ma... il suicidio. Sentiva l’amaro sapore della paura ristagnargli in gola al solo pensiero.
Guardò le mani del professore, i piccoli calli sulle dita dovuti alla penna, e poi quelli più spessi, sul palmo, causati dai continui sforzi per ovviare alla mancanza delle gambe.
Come aveva potuto non pensarvi?
Quando lo aveva lasciato su quella spiaggia non aveva realizzato di averlo ferito così tanto, aveva scoperto delle sue gambe solo molto più tardi, prima che Emma fosse catturata e uccisa: un giorno si era svegliata urlando nella stanza dell’albergo in cui risiedevano, in preda al panico più assoluto aveva pianto come non l’aveva vista fare mai, continuando a ripetere ossessivamente che non riusciva a muovere le gambe.
Solo una volta che si fu calmata e il panico allontanato spiegò loro che erano stati i poteri di Charles a interferire con i suoi. Anche a due stati di distanza, la telepatia di lui era riuscita a interagire con quella di lei.
Avrebbe dovuto immaginare già allora le potenzialità della sua mutazione...
Mystica era raggelata nell’ascoltarla, si era portata una mano al volto ed era crollata sul divano a piangere, mentre lui invece era semplicemente scioccato, senza parole, l’unica cosa che continuava a pensare era: devo andare da lui.
Aveva comunque aspettato che fosse Mystica a chiederlo, ma persino dopo averlo visto su quel letto d’ospedale aveva riconosciuto la solita determinazione negli occhi azzurri, la fiamma che da sempre gli ricordava che percorrevano due strade diametralmente opposte.
Da allora aveva giurato a se stesso di non pensare più a lui, aveva sotterrato Charles sotto la causa, la causa era più importante di qualsiasi altra cosa, e quando i primi di loro erano morti, quando Azazel era infine caduto e Mystica era scappata chissà dove per sfuggire agli umani, lui lo aveva odiato troppo intensamente per volere qualcosa di diverso dal suo male.
Charles li aveva abbandonati del resto, si era rifugiato nel suo castello, nella sua scuola, chiudendo occhi e orecchie ai loro fratelli!
Era partito per Dallas con la ferma intenzione di portare Kennedy a Westcherster una volta salvato dall’attentato di cui aveva sentito mormorare.
Se non credeva a lui avrebbe creduto per certo al Presidente degli Stati Uniti!
Mentre salutava Mystica e saliva sull’aereo aveva immaginato la faccia di Charles una volta che Kennedy in persona gli avesse spiegato i complotti con cui il governo proseguiva le sperimentazioni sui mutanti, gli avrebbe mostrato le prove, gli avrebbe detto perché aveva nascosto tutti i dati di Cuba per proteggerli.
E allora Charles non avrebbe potuto far altro che arrendersi all’evidenza, giusto?
Sarebbe tornato al suo fianco, sarebbero stati di nuovo insieme, invincibili, loro due contro il mondo intero!
Più che la morte di Kennedy, più che aver fallito la missione, persino più che venir catturato... era stata la certezza di veder quel sogno infrangersi a fare più male.
Si era risvegliato in quella stanza bianca senza avere la più pallida idea di dove fosse.
Non c’erano stati interrogatori né processi, come lui si era aspettato del resto, non aveva nemmeno perso tempo ad aspettarli, tuttavia era rimasto stupito del completo silenzio che gli fu riservato.
Non era certo la prima volta che si trovava in una prigione, oltretutto era di gran lunga più pulita e confortevole di quella che Shaw gli aveva assegnato a suo tempo, e nessuno lì veniva a trovarlo ogni poche ore per torturarlo, aprirlo o scoprire come scatenare il suo potere.
Gli umani si erano limitati a dimenticarsi di lui, e anche questo poteva andar bene, se non fosse stato per il dolorosissimo rimpianto che lo colpiva al pensiero di aver visto il suo sogno sfumare ad un solo passo dall’avverarsi.
All’inizio aveva pensato che Mystica sarebbe venuta a salvarlo prima o poi, ma se nemmeno lui sapeva dove si trovava come poteva saperlo lei?
Non percepiva metallo intorno a lui, solo plastica amorfa e asettica che risiedeva in tutto ciò che lo circondava, dalle pareti alle cromature del minuscolo bagno, nessun granello che potesse vibrare sotto la sua volontà.
Se solo avesse avuto allora la conoscenza donatagli da Apocalisse!
I primi tempi li aveva passati odiando gli umani.
Un forte, sordo e pulsante odio che permeava ogni ora del giorno e della notte, un odio divorante che lo teneva insonne e rendeva amaro il cibo, ma ribellarsi non aveva alcuno scopo e lo sapeva bene.
Non lo aveva nascondersi alle telecamere che lo facevano sentire il raro animale di uno zoo, non lo aveva saltare i pasti, non lo aveva prendersela coi muri sfracellandosi i pugni con il solo obiettivo di sporcare quel bianco che riempiva ogni cosa.
Una volta appurata l’inutilità del suo odio aveva trovato un nuovo obiettivo, ve n’era sempre uno per il magma ribollente dentro di lui, e chi meglio di Charles, chi meglio di colui che credeva al sicuro, con il suo sorriso e la sua gentilezza inglese illuminati dal sole che a lui era negato?
Quanto lo aveva odiato!
Se lo avesse avuto tra le sue mani sarebbe stato lui stesso a spezzargli le gambe, ancora, solo per vederlo strisciare ai suoi piedi.
Se Charles non lo avesse abbandonato non sarebbe finito in quella prigione, giusto?
Nessun umano lo avrebbe rinchiuso nella sua personale teca di plastica con il solo obiettivo di guardarlo morire nella pazzia che la solitudine necessariamente porta con sé!
Ed era giunta la pazzia, certo.
Quando nessun suono tocca la tua bocca o le tue orecchie da così tanto tempo che tu stesso dimentichi il suono della tua voce e cominci anzi a chiederti se l’hai mai avuta, se una voce risieda ancora in te, quando il silenzio è così opprimente e denso e soffocante che persino i pensieri temono di spezzarlo...
Sì, aveva visto la pazzia dritto negli occhi.
Sollevò lo sguardo per guardare il profilo dell’inglese, la mascella dritta, le labbra così naturalmente e innaturalmente rosse, quegli zigomi che lo rendevano un ragazzino e che forse lo avrebbero reso tale ancora a lungo, quegli occhi... gli occhi che lo avevano dannato sin dal primo istante.
La pazzia aveva posseduto quel volto.
Una mattina aveva aperto gli occhi e Charles era al suo fianco.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, un anno, due o venti, non faceva alcuna differenza, sapeva solo che era passato abbastanza tempo perché il suo odio per lui si sgretolasse sotto il suo stesso peso; l’unica cosa che provò fu gioia.
Non aveva pensato nemmeno per un istante che fosse il vero Charles, sapeva di non valere un simile sforzo da parte sua ai suoi occhi, ma il solo averlo davanti, poterlo guardare, toccare, avere la sua voce nelle orecchie... aveva ceduto a quell’illusione perché nessuna parte di lui poteva sfuggirle.
Non si era curato che gli umani lo vedessero parlare da solo, non gli era importato, si limitava a fingere che non vedessero.
Il suo Charles non era diverso dall’originale. Non lo accontentava con risposte condiscendenti e non lo rassicurava sui suoi intenti, era esattamente la copia del ragazzo che aveva conosciuto e frequentato per poche, indimenticabili, settimane, la stessa espressione corrucciata quando lo vedeva fare flessioni o meditare, le stesse risposte sagaci e intelligenti, la stessa sensazione di trovarsi davanti ad uno specchio che riproduceva il suo esatto riflesso.
Una parte di Erik si chiedeva tutt’ora se in realtà non fosse innamorato di quel Charles più di chiunque altro.
Era stato lui a salvarlo dalla pazzia. Il suo ricordo, la sua risata, il semplice fatto che esistesse ancora su quella terra giustificava qualsiasi dolore.
O almeno era quello che si era ripetuto per dieci maledettissimi anni.
E adesso invece scopriva che non solo il ricordo di lui lo aveva quasi ucciso, non solo il solo pensare a lui fosse stata fonte di sofferenza indicibile, ma a differenza sua Charles aveva cercato con tutto se stesso di dimenticarlo.
Di rimpiazzarlo.
Si era detto che meritava qualsiasi cosa Charles avrebbe pensato di lui, soprattutto dopo il Cairo, ma quest’ultima scoperta era difficile da ingoiare in silenzio.
Cercò di ricordare a se stesso il loro bacio, la veemenza che il telepate aveva usato nel pregarlo di restare, quello del resto era il passato, tuttavia non per questo era meno doloroso << Erik >> lo sentì, ma attese di prendere un altro respiro profondo prima di voltarsi a guardarlo.
Gli occhi azzurri lo scrutarono per un momento, poi una delle mani cercò la sua e la strinse brevemente, come per accertarsi che la sua attenzione fosse focalizzata proprio su di lui << Devo scusarmi per qualcosa? >> domandò, e una ruga di preoccupazione si scavava proprio in mezzo alla sua fronte, contornata da tante minuscole compagne che non c’erano state quando lo aveva conosciuto.
Così giovane, così... puro.
Avrebbe dovuto prevedere che il suo tradimento lo avrebbe distrutto << Se potessi tornare indietro lo farei >> si ritrovò a dire, vedendolo sollevare un sopracciglio prima di scoppiare a ridere << E credi che questo cambierebbe qualcosa? Ti conosco fin troppo bene, amico mio! Niente e nessuno ti avrebbe impedito di uccidere Shaw, solo che a quel tempo ero troppo... mmm... ingenuo per capirlo >> << Non ti lascerei dietro di me. Non ti abbandonerei, Charles. E non devierei quella pallottola. Sarei felice di prenderla al posto tuo >> << Queste sono solo sciocchezze di cui non dovresti curarti. Ti ho mostrato il passato perché me lo hai chiesto, non volevo certo che creasse altre inutili... >> << Non voglio incolparti perché hai cercato di essere felice. Non vorrei almeno, ma il mio è un cuore malato e meschino, lo sai >> il professore sospirò, abbozzò un sorriso, poi sollevò lo sguardo su Saman ancora disteso sul divano e diede in un lungo sospiro << La sua è una mente molto forte >> mormorò << Ti ho parlato una volta di quanto reputassi sorprendente la tua mente >> << Hai detto che sembrò un archivio ben ordinato >> Erik si arrese al cambio d’argomento, tornando ad appoggiarsi allo schienale fingendo come l’altro che nulla fosse successo.
Non che potesse fare diversamente del resto << Esatto. Pulito, funzionale e del tutto privo di calore. I tuoi sentimenti sono molto forti, estremamente impetuosi, ma sai controllarti con un’autodisciplina che ha dell’incredibile: nessuno è come te in questo, devo ammetterlo. Saman però ti somiglia molto anche per quanto riguarda l’ordine e la chiarezza, per quanto la sua mente somigli più ad una biblioteca confortevole che ad un freddo schedario. Le sue emozioni sono lievi e poco rumorose, non conosce la tua passione, tuttavia la sua forma mentale gli conferisce un’intelligenza insidiosa >> << Mi somiglia anche, eh? >> gli fece eco, vedendolo sospirare di nuovo << Ti prego Erik... le cose sono già difficili >> << Naturalmente >> lo assecondò ancora, usando la sua decantata autodisciplina per ingoiare il fiotto di bile che gli inondò la lingua << Perché mi stai dicendo tutto questo? >> << Serve a spiegarti che se volesse nasconderci delle informazioni sarebbe capace di farlo grazie alla sua struttura mentale >> << L’ordine non dovrebbe facilitarti? >> << Tu come hai costruito il tuo archivio? >> Erik corrugò la fronte perplesso, senza capire il motivo della domanda, ma rispose comunque << Non è stato voluto. Rafforzare la mia mente è stato l’unico modo per non cedere alla pazzia quando ero ancora tra le mani di Shaw >> << Saman è stato meno autodidatta, più concentrato su meditazione e visualizzazione, pratiche che so anche tu hai approfondito, e il risultato è questo: mura e dedali mentali che solo chi conosce può percorrere o superare. Il mio potere può spazzarli via, ma molte risposte potrebbero perdersi in questo modo, senza contare che i danni potrebbero compromettere le capacità che ha rubato >> << E lui immagino abbia previsto tutto questo >> << Tu non lo avresti fatto? >> Erik trattenne un’imprecazione e strinse a pugno la mano che poco prima Charles aveva tenuto tra le sue << Cosa hai intenzione di fare? >> domandò infine, una volta riacquistata una parvenza di calma << Non lo so >> ammise il telepate, svuotando il suo bicchiere << Dice che può trasferire la mia telepatia a qualcun altro, ma chi potrebbe sopportarla? >> << Sei a conoscenza di altri con il tuo potere o con qualcosa di simile? >> Charles sospirò, scuotendo il capo << Non posso trovare altri telepati con Cerebro. Se sanno come usare la loro mutazione lo fanno per schermarsi. Non avrei trovato nemmeno Jean se lei non avesse trovato me >> si passò le dita sulle palpebre, massaggiandosi gli occhi, quindi appoggiò il capo ad una mano puntellata sul bracciolo della poltrona << Lei ha trovato te? >> fece Erik scettico, vedendolo ridacchiare << È indicibilmente potente, Erik, molto più di quanto appaia. In tutta sincerità nemmeno io so quantificare il suo potere. Solo recentemente ho cominciato a isolarmi efficacemente contro la sua telepatia >> << Forza i tuoi scudi? >> Charles fece un gesto noncurante con la mano << Non sa controllarsi, è normale. È già difficile per lei farlo quando è sveglia... a volte è successo nel sonno riuscisse a penetrare le mie barriere. Fortunatamente non ha trovato niente che potesse ferirla per il momento. Quando i suoi genitori l’hanno portata alla scuola erano terrorizzati da lei, e non è mai bello quando le persone che ti hanno fatto nascere pensano che tu sia un mostro, ma poterlo addirittura vedere nelle loro menti... non è stato semplice per lei >> << Umani >> si lasciò sfuggire il signore dei metalli in un sibilo sprezzante, ricevendo un’occhiata di sbieco, ma nessuno dei due aggiunse altro, finché la voce di Hank non annunciò loro che erano vicini all’atterraggio.
Era ormai sera quando raggiunsero la villa, il sole arrossava il parco e i ragazzi erano già riuniti intorno al tavolo della cena, quindi Hank riuscì a trasportare Saman dentro senza che nessuno di loro lo vedesse, dirigendosi direttamente al piano interrato mentre il Professore invece proseguiva verso la sala da pranzo.
Il tavolo era ricoperto di scatoloni di pizza, da ottima guardiana quale era Mystica aveva comprato la tranquillità dei loro giovani protetti, e Erik si chiese se sotto il duro e impassibile guscio che la ricopriva vi fosse ancora la ragazza sbarazzina e solare che era cresciuta di fianco a Charles.
Non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a se stesso, ammirava la forza che lei possedeva e la considerava per quella un’eccellente guerriera, ma non avrebbe biasimato il telepate se lo avesse odiato per il resto dei suoi giorni per aver cancellato il sorriso da sua sorella.
Eppure non lo odiava.
Davvero non riusciva a capirlo a volte << Professore! >> esclamò Pietro per primo, raramente a quel ragazzo sfuggiva qualcosa, e ben presto l’uomo era circondato dai suoi studenti in un cerchio chiassoso e compatto, che non lo abbandonò un istante nemmeno mentre si spostavano verso il salone.
Sembrava che ciascuno di loro non desiderasse altro che il suo sguardo, adoranti e ammirati, ansiosi di raccontare la loro giornata e allo stesso tempo ascoltare la sua << È sempre così >> disse Mystica sollevandosi dalla sedia con quella sua grazia peculiare, come se fosse dotata di muscoli supplementari, un’agilità che la rendeva temibile in battaglia e allo stesso tempo incredibilmente elegante << Sono dei maledetti mostri insopportabili, ma appena arriva mamma chioccia diventano degli agnellini >> lo fece sorridere quella similitudine, ancor più nel vedere il piccolo corteo seguire la sedia a rotelle, e lei lo imitò mentre prendeva un pezzo di pizza solitario da una delle confezioni << Come è andata? >> << Non vuoi sentire il resoconto di Charles? >> lei sbuffò ironica, andando quindi al frigo per prendere una bottiglia di cola.
Ne porse una anche a lui, che la prese di riflesso << Charles ha il brutto vizio di “rivedere e correggere” ogni cosa. Sarà una distorsione professionale... Preferisco la versione peggiore >> la seguì quando uscì dalla stanza e poi anche fuori, fino a sedersi sulle poltrone di vimini della terrazza est, quella che probabilmente era stata creata per prendere il tè del mattino ma che aveva visto sfruttare a quel modo solo da Charles visto che per il resto era più che altro abbandonata << Sapevi che ha avuto un uomo? >> lei accennò un sorriso bevendo un sorso dalla bottiglia << Interessante che questa sia la prima cosa che hai da dirmi >> << Non sei sorpresa >> la donna scoppiò a ridere distintamente adesso, raccogliendo poi le gambe flessuose sotto di sé, come un felino che si accoccola sulla sua poltrona preferita.
Sempre che il felino fosse una pantera blu dagli occhi gialli << Per Charles non fa molta differenza che tu sia maschio o femmina, questo l’ho sempre sospettato, quindi non mi stupisco. E non è mai stato nemmeno questo grande esempio di pudica virtù a dire il vero, quindi non so davvero da dove provenga il tuo stupore >> << Pudica virtù? >> le fece eco scettico, vedendola sollevare un sopracciglio ramato, come se fosse lei quella perplessa << Ti prendi gioco di me? >> chiese ancora, e Mystica sgranò gli occhi davanti alla velata rabbia << Ha avuto una ragazza diversa ogni finesettimana per quasi tutto il college! >> esclamò divertita << Come pensi che sfogasse la frustrazione di quel cervello che si ritrova? Era ad Oxford! Andiamo... non puoi certo essere così ingenuo! >> ridacchiò ancora per un momento, scuotendo il capo, posando poi la cola sul ripiano di marmo del tavolino << Nessuna relazione seria, certo, non è mai stato il tipo, ma Charles Xavier non ha mai avuto problemi con la compagnia del sabato sera. Forse al liceo, sì... era ancora parecchio insicuro coi suoi poteri, lo ricordo. Si sentiva una specie di gigantesco elefante in mezzo ad un negozio di cristalli, ma già verso la fine del primo anno di college ha iniziato a capire come sopravvivere senza dispiacersi per ogni minimo malumore altrui. Da lì a ricercare qualche avventura notturna non deve essere stato un gran salto... >> beh, non che Erik non lo avesse pensato.
Lo stupiva sentirlo con le sue orecchie, ma non poteva biasimare che se stesso se aveva visto nel telepate qualcosa che non c’era << Pensavo che con Moira sarebbe stato diverso >> continuò lei, lo sguardo perso nel vuoto adesso << A dire il vero pensavo che lei sarebbe riuscita a fargli dimenticare... noi. Invece l’ha semplicemente allontanata, come ha fatto con tutti gli altri >> << Quell’umana non poteva aiutarlo in alcun modo e Charles lo sapeva >> << Charles non ha voluto che diventasse un altro bersaglio di Erik Lehnsherr >> lo corresse lei con una punta di biasimo e un’occhiata eloquente cui lui rispose indignato << Non avrei perseguitato quella donna solo perché si è innamorata di lui >> si difese, vedendola alzare gli occhi al cielo << Certo, certo... >> gli diede corda, preferendo cambiare argomento con un sospiro, o almeno deviare un po’ da dove erano giunti << Ma immagino che non sia ciò a cui ti riferivi tu >> continuò, invitandolo così a proseguire.
Erik esitò ancora per un momento, non era del tutto sicuro di essere in vantaggio in quella conversazione, ma raramente si aveva modo di esserlo con lei << Hai mai sentito parlare di Saman Devine? >> << È un professore di Storia. Mutante. Ho visto il suo nome sugli elenchi di Charles >> poi, come realizzando: << Ecco perché non voleva contattarlo! >> esclamò, e lui assentì lentamente << Gli ha già scritto in passato, quando ha aperto la scuola la prima volta, e... beh, sembra che abbia accolto la proposta di Charles con parecchio entusiasmo >> << Un professore, eh? Era Harvard? >> << Yale >> lei assentì pensosa << Sembra proprio il suo tipo. Continua >> lui la accontentò, raccontò quello che riuscì del passato che aveva condiviso con il telepate, vedendola ascoltare in silenzio, lo sguardo sempre più oscuro man mano che le memorie proseguivano, ed era giunto alla fine quando sentirono distintamente l’ovattato e inconfondibile suono delle ruote.
Erik si interruppe, si rese facilmente conto che probabilmente l’inglese si trovava nel salotto alle loro spalle da più tempo di quanto credessero, perciò lasciò che si avvicinasse a loro e posizionasse la sedia vicino a Raven.
Le prese una mano e se la portò alle labbra per un bacio affettuoso visto che non aveva avuto modo di salutarla prima, e quel semplice gesto fu tanto pieno di calore e amore che Erik sentì una stretta al petto all’idea di averne privato entrambi per venti lunghissimi anni.
Mystica non era più Raven forse, non lo sarebbe più stata almeno, ma non sfuggiva a quelle premure, come se sapesse che erano ciò di cui Charles aveva bisogno e fosse anche intimamente a conoscenza di quanto ne avesse bisogno lei stessa, per quanto non volesse dimostrarlo << Cosa è successo dopo? >> chiese lei, la voce più bassa adesso che il sole era tramontato e l’unica luce proveniva dal giardino, lasciando tutti e tre in una morbida penombra.
Il telepate si strinse nelle spalle, diede in un respiro profondo, quindi si appoggiò allo schienale della sua sedia a rotelle << Fu bellissimo per quasi quattro mesi. Davvero. Quella perfezione che sperimentano solo gli stupidi e i folli, oppure coloro che scelgono di essere entrambi. Mi sentivo così bene! È vero Erik: non pensai ai mutanti, non mi preoccupai di niente del nostro mondo, ma... non poteva essere diversamente in quel momento. Avevo bisogno di ricostruire me stesso e Saman me lo permise. Non so... credo che ad un certo punto fossi convinto che mi amasse. Per quanto riguarda me invece, non sono mai stato abbastanza bravo nell’autosuggestione >> << Non lo amavi? >> chiese Mystica nel modo più gentile che ci fosse e Erik la invidiò per come riuscisse a farlo.
Avrebbe strappato a Charles solo una smorfia o una risatina se lo avesse chiesto lui, e invece lei non suscito che una scossa di capo esasperata << No. Nonostante tutti i miei sforzi. Ma andava bene, riesci a comprenderlo? Lui non mi chiedeva mai più di quanto fossi disposto a concedergli, e questo per me... >> la sua voce si spense, lo sguardo si perse tra le sagome degli alberi del parco, come se cercasse qualcosa tra quelle ombre.
Per un po’ non disse niente, e quando tornò a parlare il suo tono era basso e tremante, le mani strette sui braccioli grigi della sedia a rotelle << Un giorno saltai la mia dose di siero >> sussurrò << Non fu voluto. Eravamo stati ad un convegno a Seattle, due giornate molto impegnative che mi avevano assorbito completamente, contavo di iniettarmelo non appena tornato qui, e invece me ne dimenticai >> forse percepì quanto sarebbe seguito, forse reagì soltanto al dolore che sentì in lui, ma Mystica si allungò e gli strinse il braccio, riportandolo con dolcezza al presente.
Le sorrise, rivelando occhi lucidi e sofferenti, ma sembrò rincuorato di quella presenza confortante, come se con lei al suo fianco qualsiasi cosa divenisse improvvisamente più facile.
Dio, come aveva potuto separarli?
Non aveva capito niente, assolutamente niente << Lui voleva usarmi >> rivelò << Non era innamorato di me. Ciò che amava era solo il mio potere. Ne era affascinato, proprio come è stato per mio padre e poi anche per il mio patrigno. Voleva solo... >> si schiarì la gola, raddrizzando le spalle per ostentare una sicurezza che non provava prima di proseguire << Le sue idee di allora non sono molto diverse da quelle di adesso. A quel tempo non capii perché seguitasse con quella recita, non capii che stava prendendo tempo per trovare il potere giusto per controllarmi, ma fu abbastanza perché ogni cosa andasse in fumo. Urlai, gridai la mia frustrazione e lo insultai in ogni modo, ma lui non si scompose mai. Disse quel che mi ha ripetuto anche nel suo studio oggi: sono una risorsa troppo preziosa per non tentare di appropriarsene >> << Dovevi ucciderlo >> disse Erik, e ne era ancora convintissimo, ma Charles ovviamente non rispose che con una risata << Naturalmente >> commentò ironico << Deve essere tutto così semplice ai tuoi occhi, amico mio >> avrebbe facilmente trovato il modo di fargli notare che risparmiarlo aveva creato il problema adesso, ma non era il momento giusto << Non riuscii ad alzare nemmeno un dito. L'unica cosa che volevo era non sentire… più niente. Mi sforzai con tutto me stesso di dimenticarmene, non ho pensato a lui nemmeno una volta in questi anni, come se quei mesi non fossero mai esistiti. Scoprire che lui invece ha perfezionato la sua ricerca… adesso scopro persino che vuole e può derubarmi del mio potere. Non mi sembra di essere migliorato granché in tutto questo tempo >> << Charles... >> mormorò Mystica alzandosi infine per raggiungerlo, e lo cinse tra le braccia quando vide le sue spalle tremare, nascondendolo ad Erik con il suo corpo e allo stesso tempo rivolgendo a quest'ultimo un'occhiata assassina, ricacciando indietro qualsiasi cosa stesse per dire << Sembra che un sacco di persone siano convinte che io non faccia altro che sprecare le mie capacità. Persino io stesso lo penso! Magari hanno ragione. Ma non posso permetterlo, lo capisci vero Raven? >> << Certo. Certo che capisco... >> lo rassicurò << Non sei costretto a perdonare sempre tutti >> mormorò ancora, vedendolo assentire ripetutamente, ad occhi chiusi, come se cercasse prima di tutto di convincere se stesso.
Si prese ancora un momento, un respiro tra le labbra sanguigne, poi un sorriso dei suoi mentre tornava a guardarli.
Mystica attese che assentisse con il capo una volta, quindi tornò a sedersi al suo posto, anche se non lasciò la sua mano << Non possiamo ucciderlo >> chiarì dopo essersi schiarito la gola << Puoi suggestionarlo perché dimentichi i suoi intenti? >> chiese Erik, vedendo il telepate scuotere il capo quasi divertito << Potrei con una mente più debole, non con una che ha passato gli ultimi dieci anni a pianificare >> << Non mi sembra questo grande piano a dire il vero >> ribattè Mystica, rivelando ciò che pensavano tutti e suscitando un altro sospiro nel fratello << Nasconde qualcosa. Non so cosa. Non sappiamo chi sia il mutante in cui vuole trasferire il mio potere, non sappiamo nemmeno esattamente cosa se ne vuole fare. Se ho capito la sua mutazione può appropriarsi delle capacità altrui per un solo, unico, utilizzo >> << E se invece volesse impedire a te di usare il tuo potere? >> domandò la ragazza, apportando un nuovo punto di vista.
I due si guardarono, assentendo poi lentamente << Quale potrebbe essere lo scopo? >> non appena fece questa domanda comunque il telepate raggelò, divenendo rigido come una statua.
Erik non lo perdeva di vista un attimo, nonostante la poca illuminazione comprese che qualcosa non andava << Che succede? >> chiese, e la prima cosa a cui pensò fu schierare le sue sfere metalliche intorno a loro.
Charles lo ignorò, si portò le dita alla tempia con lo sguardo fisso nel vuoto << Charles, dicci cosa dobbiamo fare >> fece Mystica alzandosi in piedi anche lei percependo la tensione, ma prima che potesse risponder loro nella stanza alle loro spalle si catapultò Hank, il fiato affannato e di corsa << Charles! >> il professore non attese ulteriori spiegazioni, si mosse velocemente verso lo scienziato, e poi all'ascensore, fino ad una stanza ben conosciuta.
Dentro, una voce femminile gridava come in preda al tormento << Jean! >> esclamò Scott alle loro spalle, ma Erik lo trattenne prima che il telepate glielo chiedesse << Accertati che Saman sia incosciente >> gli disse soltanto, entrando nella stanza subito dopo.





NA: Ciao a tutti!!!
Chiedo umilmente perdono per il ritardo nella pubblicazione, ma sono stata davvero molto occupata in questo periodo -_-''
Detto questo, dichiaro ufficialmente finite le pippe mentali!!! No, vabbè, ce ne saranno ancora un po' in giro, ma adesso entriamo nel vivo della storia, con tanto di presentazione del cattivone etc... bah, speriamo di divertirci insieme!
Come sempre spero che vorrete lasciarmi i vostri commenti e le vostre impressioni, sempre ben accentti, e soprattutto le vostre critiche! <3 <3

 

   
 
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