Minseok aveva pianificato bene
come sarebbe andato il suo compleanno. Sarebbe andato a scuola, e i
suoi amici gli avrebbero augurato buon compleanno, e sarebbe stato come
qualsiasi altro giorno di scuola a parte il fatto che era il suo
compleanno, e questo avrebbe reso tutto migliore. E dopo la scuola, lui
e Luhan sarebbero andati a fare qualcosa di carino e più o
meno romantico, e Minseok avrebbe aspettato il momento giusto, e poi
avrebbe confessato tutto e Luhan avrebbe accettato la sua
dichiarazione, magari si sarebbe dichiarato a sua volta, e ci sarebbero
stati dei baci e sarebbero stati felici e tutto sarebbe andato bene.
Ma invece,
Minseok non dormì affatto quella notte, preoccupato da
morire, e la mattina la madre dovette praticamente costringerlo ad
alzarsi da letto per fare colazione e prendere l'insulina. Le disse che
stava male, e lei lo fece rimanere a casa, purché le
promettesse di chiamarla se fosse peggiorato. Quando gli chiese se
avesse preso un altro virus da Luhan, Minseok si mise quasi a piangere.
Era terribile.
Un'ora dopo,
Jongdae gli mandò un messaggio, chiedendogli dove fossero
tutti. A quanto pare, nemmeno Chanyeol e Baekhyun erano in classe,
così come Luhan.
Jongdumb: Ero seduto tutto solo in mensa, e il Presidente del Consiglio
Studentesco si è venuto a sedere con me, perché
'sembravo solo'. Che cavolo??
Minseok gli
assicurò che non aveva idea di dove fossero Baekhyun o
Chanyeol, e che Luhan stava risolvendo qualche problema, e che lui...
beh, lui non poteva andare a scuola oggi.
Jongdumb: Ma è il tuo compleanno! Ti ho portato un
bigliettino!
Minseok
sospirò. Mi dispiace, rispose. Le
cose sono abbastanza incasinate al momento.
Jongdumb: Hai bisogno che passi da te?
No, scrisse
velocemente Minseok.
Dammi un po' di tempo per gestire le cose.
Jongdumb: Sono qui se hai bisogno di me.
Anche se
Jongdae non avrebbe certo potuto aiutarlo nella situazione attuale,
Minseok apprezzò l'offerta.
Nel
pomeriggio, poco prima che finisse la scuola, qualcuno bussò
alla porta, e Minseok sperò stupidamente che potesse essere lui, ma invece era Baekhyun, che
probabilmente aveva saputo da Jongdae che anche lui non era andato a
scuola. Baekhyun si accucciò sul divano di Minseok e
singhiozzò e gli disse tutto, delle prove del giorno
precedente e della reazione di Chanyeol alla sua dichiarazione, e il
petto di Minseok faceva male per la compassione e il rimorso del
più piccolo. Passò un braccio attorno alle spalle
del ragazzo e finse di non sentirlo tirare su col naso, e voleva dire
qualcosa di incoraggiante o confortante, ma tutto quello a cui
riuscì a pensare fu, “Luhan è
stato deportato.”
Baekhyun si
sedette immediatamente, gli occhi sgranati. “Cosa?”
Minseok
scrollò le spalle impotente, con la gola chiusa.
“Non lo so. Se n'è dovuto andare ieri notte. Non
se lo aspettava nessuno. È tornato in Cina.”
Faceva ancora più male, dirlo a voce alta.
Per il resto
del pomeriggio, Baekhyun e Minseok rimasero seduti in salotto a
dispiacersi per se stessi e per Luhan e Chanyeol, e il compleanno di
Minseok fece davvero, davvero schifo.
Alla fine,
Minseok decise che era giusto dire a Kyungsoo cosa stesse
succedendo, perché era compito di Kyungsoo
consolarlo in questo tipo di situazioni. Cominciava a sentirsi
travolto, e solo Kyungsoo sapeva come rimettere tutto a posto. Baekhyun
andò con lui, mormorando che non se la sentiva di stare
solo, e bussarono insieme alla porta del più piccolo,
probabilmente con un aspetto terribile; Minseok ancora in pigiama alle
tre del pomeriggio e Baekhyun con gli occhi rossi e i capelli
scompigliati. Kyungsoo aprì la porta e lanciò
loro uno sguardo confuso.
“Ragazzi,
cosa ci fate qui? Non dovreste essere ancora a scuola?” I suoi occhi si
spalancarono, e fece un passo indietro. “Siete
malati?”
“No,”
sospirò Minseok. “È solo il peggior
giorno di sempre.”
Disse a
Kyungsoo tutto quello che sapeva, che onestamente non era tanto. Quando
il vicino gli chiese cosa non andasse in Baekhyun, il quale si nascose
contro la spalla di Minseok e che si lamentò quando Minseok
cercò di rimuovere il proprio braccio da dietro la sua
schiena, disse soltanto, “Ha qualche serio
problema di cuore spezzato.”
Kyungsoo non
sembrava nemmeno lontanamente tanto devastato dalla notizia di Minseok
quanto lui, ma immaginò che fosse perché Kyungsoo
sapeva che lo avrebbe solamente fatto sentire peggio. Il più
piccolo rimase in silenzio per un po', poi disse, molto lentamente,
“Non so cosa dirti, hyung.”
“Dimmi
che tornerà,”
disse Minseok, mordendosi il labbro e cercando di mantenere il respiro
regolare. “Devono lasciarlo tornare, giusto?”
Kyungsoo non
fece nulla per un lungo momento, poi distolse lo sguardo e scosse la
testa. “Non penso,” disse piano. “Dopo
una cosa del genere... Non penso che lo lasceranno tornare in Corea per
il resto della sua vita.”
“Non
sappiamo nemmeno cosa c'è che non vada,” insistette
Minseok, quasi implorante. “Potrà tornare,
vero?”
Kyungsoo
scrollò semplicemente le spalle e disse, “Non lo
so, hyung.”
A volte,
Kyungsoo era troppo bravo a dire la dura verità.
Quando
Minseok era stato male, il tempo era passato in modo veloce e confuso,
dove giorno e notte sembravano scontrarsi l'uno con l'altro. Era
così anche ora, solo che Minseok aveva Luhan, prima, mentre
adesso non ce l'aveva più. Senza Luhan, il tempo passava
più lentamente, fino a che Minseok non sentì di
volersi strappare i capelli per la frustrazione.
Tornò
a scuola il secondo giorno, e dovette affrontare il banco vuoto di
Luhan accanto al proprio, così come le domande che facevano
tutti circa dove fosse andato il ragazzo cinese (inclusi Sehun, Jongin
e gli insegnanti di Minseok e praticamente tutti quelli che avevano
notato la sua assenza, e che a quanto pare si aspettavano che Minseok
conoscesse la risposta). Disse alla maggior parte delle persone che non
sapeva dove fosse, e disse a Sehun e Jongin e ai suoi amici quello che
aveva detto a Kyungsoo – che Luhan era tornato in Cina, a
tempo indeterminato. Tutti erano rimasti scioccati, ma persino nel suo
stato semi-cosciente, Minseok rimase sorpreso per quanto Sehun
sembrasse turbato dalla cosa.
Jongdae prese
il braccio di Minseok e sussurrò, “Stai
bene?”
Minseok rise,
breve e amaro, e disse, “Tanto bene quanto te quando Junmyeon
si è trovato una ragazza.”
Jongdae si
irrigidì, poi accarezzò gentilmente la schiena
dell'amico. “Mi dispiace.”
Minseok si
voltò, desiderando che tutti smettessero di parlarne.
Quel giorno,
quando Minseok tornò da scuola, esausto oltre ogni limite,
trovò una lettera indirizzata a lui, scritta con un
familiare hangul infantile. Squarciò la busta
così velocemente che quasi strappò anche il suo
contenuto. Le mani gli tremavano mentre apriva il foglio.
Caro
Minseok,
Sono
sulla strada per l'aeroporto al momento. Mi ero dimenticato quanto
fosse lungo il tragitto! Imbucherò questa lettera
all'aeroporto, prima di andarcene, così che ti
arriverà presto. Voglio davvero che sappia cosa sta
succedendo il prima possibile. Anche io sono confuso, lo sono davvero,
ma non voglio che ci siano più segreti. Non potevo dirtelo
prima – giuro che non potevo – ma ora ho bisogno
che tu sappia. Non ha più senso tenerlo nascosto, comunque.
Immagino
tutto abbia avuto inizio in Cina. Eravamo già poveri, te
l'ho detto questo, vero? Mio padre è uno specialista,
è ben istruito, ma non riusciva a trovare un lavoro per le
sue abilità, non dove vivevamo. Aveva un lavoretto in
città, ma non pagava molto. Mia mamma faceva quello che
poteva per supportarci. Ma poi mio padre perse il lavoro, e non
riuscì a trovarne un altro in tempo, e venimmo sfrattati da
casa nostra. Avevamo davvero pochissimo tempo per trovare un altro
posto in cui stare. È stato davvero spaventoso. Mio padre
fece qualche ricerca, e si trovò un lavoro in Corea. Un
lavoro che avrebbe pagato bene, un lavoro per cui aveva le qualifiche.
Era davvero una buona opportunità. Ma avevamo bisogno di
alcuni documenti per poter lavorare in Corea. E ne avevamo bisogno
velocemente. Eravamo... davvero disperati.
Trovammo
qualcuno che poteva aiutarci con i documenti, in fretta. Sapevamo,
mentre lo facevamo, che era sospetto. Ma non avevamo altra scelta. Ci
costò tutto quello che avevamo, ma arrivammo in Corea, e
pensammo che saremmo stati bene. Mio padre avrebbe potuto cominciare a
lavorare, e avremmo potuto ripagare il nostro debito. Ma non
andò così. Quando arrivammo in Corea, scoprimmo
velocemente che tutto quello che avevamo era solo un enorme debito, e
una documentazione incompleta. Mio padre non poté avere quel
lavoro, non avremmo potuto ricevere il resto dei documenti fino a che
non avessimo saldato il debito (questo è quello che avevano
detto), e avevamo a malapena abbastanza denaro per tirare avanti.
Quindi facemmo quel che potevamo. I miei genitori trovarono dei lavori
dove poterono, solo per riuscire ad affittare quel piccolo appartamento
e per mettere un po' di cibo in tavola, e io lavoravo più
che potevo per aiutarli. Durante il giorno, avevo un lavoro normale. La
notte, lavoravo per un 'amico' delle persone che ci avrebbero dovuto
dare la documentazione. Non pagava molto, e gli orari erano terribili,
ma era qualcosa, e il lavoro che facevo toglieva direttamente i soldi
dal nostro debito, quindi feci quello che dovevo fare.
Quindi
per tutto questo tempo, abbiamo vissuto in Corea illegalmente, senza
una giusta documentazione, il che significava che non potevamo avere
dei lavori decenti o un'assicurazione sanitaria o niente del genere.
Pensavamo che, se qualcuno lo avesse scoperto, avremmo semplicemente
potuto dire, “Sentite! Abbiamo
quasi fatto, staremo qui solo fino a che i nostri documenti non saranno
a posto!” Ma quando qualcuno lo scoprì davvero, a quanto pare
scoprì anche che i nostri documenti – quelli che
avevamo – erano falsi. Ci hanno permesso di fare una
telefonata a testa prima di essere deportati. Mio padre ha chiamato
l'ufficio immigrazioni. Il nome e il numero che ci avevano dato non
esistevano. Fu allora che capimmo di essere in trappola. Mia madre ha
chiamato la famiglia di Yixing, per assicurarsi che potessimo stare da
loro non appena saremmo arrivati in Cina, solo per un po'. Io ho
chiamato te.
Quindi
questa è la mia storia. Mi dispiace davvero non avertelo mai
detto, Seok-ah. Era tutto... così confuso. Così
incasinato. E immagino volessi semplicemente fingere... se non l'avessi
detto a nessuno, allora magari avrei potuto fingere che non era vero. E
non è davvero qualcosa che vorresti raccontare a qualcuno.
Che sei un immigrato clandestino.
Presto
dovrò andare, quindi voglio dirti giusto un paio di cose. Mi
dispiace per averti fatto preoccupare. Andrà tutto bene, te
lo prometto. Staremo con la famiglia di Yixing, almeno per un po'. Ti
chiamerò non appena avremo risolto qualche cosa, okay? Prenditi cura di te,
Seok-ah. Scusa se ti ho rovinato il compleanno. Mi mancherai.
Con
amore,
Luhan
PS.
sai dov'è la chiave di riserva del nostro appartamento,
vero? Potresti andare e prendere alcune delle nostre cose? L'affitto
è fra una settimana – ti prego metti da parte
alcune delle nostre cose prima di allora. Significherebbe tanto!
PPS.
Ti darò il numero di Yixing, in caso di emergenza, okay? Le
chiamate internazionali sono costose, quindi non chiamare a meno che
non sia molto importante!
Minseok prese
un profondo, tremolante respiro e passò un pollice sulle
parole Con
amore sopra
il nome di Luhan. Era una cosa stupida su cui soffermarsi, considerando
tutto quello che aveva appena letto, ma Minseok era un persona stupida.
Sapeva
che
c'erano cose che Luhan non gli aveva detto, certo che lo sapeva, ma
perché non aveva mai chiesto? Non sarebbe stato in grado di
aiutare, certo, ma avrebbe potuto fare qualcosa. Perché non l'aveva
capito? C'erano stati così tanti indizi. Il fatto che la
famiglia di Luhan continuasse ad avere quasi niente, nonostante
lavorassero tanto quanto era umanamente possibile. Il fatto che Luhan
si rifiutasse di dirgli qualcosa circa il suo lavoro notturno a parte
che lavorava per un 'amico' di famiglia. Il suo rifiuto di andare dal
dottore, nonostante avesse dovuto avere la tessera sanitaria. Ora aveva
tutto molto più senso, e Minseok era così stupido.
Il cervello
di Minseok gli diceva di darsi un contegno, di portare la lettera a
Kyungsoo così che il più piccolo potesse dirgli
cosa sarebbe accaduto, ma Minseok sentiva troppo dolore anche solo per
considerare l'idea di fare qualsiasi cosa se non trascinarsi in camera
e crollare sul letto. Rilesse la lettera un bel po' di volte, sebbene
gli facesse ancora più male, e cercò di
concentrarsi sulla parte in cui Luhan gli diceva che sarebbe andato
tutto bene, ma non riusciva a crederci, e dubitava che anche Luhan ci
credesse davvero. Sapeva che non avevano soldi, non avevano un lavoro,
non avevano un posto in cui andare se non la casa del suo amico
generoso (e Minseok sapeva che anche la famiglia di Yixing non era
esattamente benestante).
Erano passati
solo due giorni dall'ultima volta che aveva visto Luhan, e
già gli mancava da impazzire. C'erano state altre volte in
cui erano stati separati prima, ma questa volta, Minseok non aveva idea
di quando sarebbe riuscito a rivederlo. Non sapeva nemmeno se lo
avrebbe mai
rivisto.
Gli faceva
male il cuore. Non era nemmeno riuscito a dire a Luhan che lo amava.
Minseok non
aveva idea di quanto tempo fosse passato quando sentì
qualcuno bussare, e poi la porta si aprì. (Luhan entrava sempre
così, sussurrò il cervello
di Minseok, come se Luhan fosse morto o qualcosa del genere.)
“C'è qualcuno?” chiamò una
voce che Minseok riconobbe subito come quella di Jongdae.
“Hey,”
gracchiò Minseok, senza fare cenno di volersi alzare a
sedere sul letto.
Jongdae
entrò nella stanza, indossava dei vestiti normali
– doveva essere passato a casa a cambiarsi – e
aveva qualcosa in mano. “Sono venuto a controllare come
stai,” disse gentilmente.
Minseok
tirò su col naso. “Sto bene,” disse, ma
non sembrava convincente nemmeno a se stesso.
“Lo
so,”
disse comunque Jongdae, sedendosi sul bordo del suo letto e
accarezzandogli la schiena confortante. “Qualche
notizia?”
Minseok
annuì debolmente, porgendo la lettera all'amico.
“Luhan mi ha mandato questa.”
Jongdae
rimase in silenzio per un po', studiando il foglio. Poi disse
semplicemente, “Wow. Questo è – non ne
avevo idea. Spero stia bene.”
Minseok
scrollò le spalle e nascose il viso nel cuscino.
“Hey,” disse piano
Jongdae. “Tu
starai
bene? È mio compito assicurarmi che stia bene, sai.
È mio dovere come migliore amico. Hai bisogno che faccia
qualcosa?”
Minseok
sospirò, scuotendo la testa. Non è che Jongdae
potesse fare qualcosa per aiutare, comunque. Nessuno poteva.
“Mi sento una merda,” mormorò.
“Sono solo preoccupato, e – vorrei soltanto
– vorrei che fosse qui.”
“Lo
so,”
disse gentilmente Jongdae. “Hey, guarda, ti ho portato una
cosa.”
Minseok
rotolò per vedere cosa avesse in mano l'amico. Era una
scatola di cioccolatini assortiti, probabilmente ancora dal giorno di San Valentino, e
grugnì. “Jongdae, lo sai che non posso
mangiarli.”
“Hey,” disse
severamente Jongdae. “Solo perché tua madre
è una maniaca della salute non significa che debba esserlo anche tu. Sei depresso, e il
cioccolato è il miglior rimedio. Non lo dirò a
nessuno.”
Minseok si
passò una mano sul viso, frustrato. Tutto questo era troppo.
Era troppo e Minseok non poteva gestirlo e voleva semplicemente
smettere di pensare, per cinque secondi. Voleva smettere di pensare a
come sarebbe stato aggiustare la propria vita senza Luhan, e
preoccuparsi se sarebbe stato bene, oltre che a preoccuparsi se Minseok stesso stesse bene. Voleva essere un
adolescente normale, per una volta, e mangiare i propri problemi e non
interessarsi a niente se non a quanto fosse triste. Voleva soffrire
come soffrivano le persone normali, e vivere come vivevano le persone
normali, e solo. Voleva semplicemente smettere di avere tutti questi
problemi tutto il tempo. Era chiedere troppo?
“D'accordo,” disse, l'amarezza
e il risentimento crebbero nel suo stomaco prima di collassare in
qualcosa di molto più semplice, e molto più
terrificante se ci pensava un secondo. Ma Minseok aveva smesso di
pensare. “Lasciali.”
“Questo
è il mio ragazzo,” rise Jongdae,
scompigliandogli i capelli prima di alzarsi. “Comunque,
hyung, vado a dare questa lettera a Kyungsoo. Prenditi cura di te,
ok?”
Minseok
deglutì e annuì. Nel momento in cui Jongdae se ne
andò, però, aprì la scatola e si
infilò due cioccolatini in bocca, per poi gettare la scatola
sotto il letto. Il sapore di cioccolato sulla lingua era
stucchevolmente dolce, quasi sconosciuto a questo punto, e sapeva di
peccato e ribellione e rimorso e liberazione, tutto allo stesso tempo.
Nessuno
doveva sapere.
Sin da quando
era bambino, Sehun aveva imparato i vantaggi di saper nascondere le
proprie emozioni. Rifiutarsi di mostrare un sentimento era equivalente
a rifiutarsi di mostrare una debolezza, perché lasciare che
un'emozione ti controllasse era una debolezza. Paura, rabbia,
delusione, dolore, persino felicità – erano tutte
debolezze, e il piccolo Sehun conosceva le conseguenze del mostrarle.
Le persone che le conoscevano potevano ferirti con molta più
facilità, e molto più in profondità.
Rimanendo impassibile e imperturbabile nonostante le circostanze, Sehun
era riuscito a proteggersi.
Ma Jongin
aveva tirato fuori diverse cose dal passato di Sehun, dal
più piccolo dei sorrisi ad un completo scioglimento, e forse
Sehun aveva anche imparato i vantaggi di lasciarsi andare, di tanto in
tanto. Non significava che l'avrebbe fatto senza lottare,
però.
“Sehun…” la
voce di Jongin era debole ed esitante, come se non fosse sicuro di
dover continuare. “Stai bene?”
Sehun non
avrebbe mentito, quindi non disse nulla, fissando il muro accanto a
sé invece del ragazzo che aveva davanti. Erano nella sala
prove, anche se Jongin non aveva lezione oggi; Sehun aveva detto che
gli sarebbe piaciuto andare in un posto silenzioso, e questo era il
miglior posto che Jongin conoscesse. C'erano solo loro due, ma Jongin
era in piedi da un lato, mentre Sehun era seduto in un angolo, con le
ginocchia tirate al petto, e si rifiutava di guardarlo.
“Sehun, che c'è che
non va?” chiese il ragazzo, sembrando così triste
e preoccupato, e Sehun non riusciva a guardarlo, non sapeva cosa fare,
non sapeva come gestire queste situazioni. “È per
Luhan-hyung?”
Sebbene Sehun
non volesse mostrare niente, non riuscì a contenere il
piccolo suono che sfuggì dalle sue labbra, e c'era troppo
silenzio nella sala perché Jongin non lo sentisse.
“Hey,” disse
gentilmente, avvicinandosi a Sehun e accovacciandosi accanto a lui.
Sehun si ostinò a fissare il muro.
“Andrà tutto bene. Lui starà bene. Non
sappiamo nemmeno perché è stato deportato,
giusto? Potrebbe tornare presto.”
Sehun voleva
spingere via Jongin, dirgli di smetterla di mentire, dirgli che Luhan sarebbe potuto
essere bandito dal Paese per sempre, ma invece strinse i denti e tenne
la bocca chiusa.
“Sehun, ti prego,”
disse Jongin, sembrando leggermente disperato mentre posava una mano
sul ginocchio del ragazzo. “Ti prego, parla con me. Se non
dici mai niente, come posso aiutarti?”
Sehun spinse
via la mano, e sapeva che c'era qualcosa di seriamente sbagliato in lui
quando volle immediatamente che Jongin provasse ancora, come un gioco
malato di Toccami Non Toccarmi. Jongin non lo fece, però,
indietreggiò leggermente, e Sehun ruggì e
sbatté la testa al muro abbastanza forte da farlo
sussultare, perché voleva sempre che Jongin sapesse quello
che Sehun voleva e che facesse sempre quello di cui aveva bisogno, ma
non sapeva come dirglielo. La metà delle volte, nemmeno Sehun sapeva che cavolo voleva.
Prese un
profondo respiro e disse, con esitazione, “È solo
che – non se ne sarebbe dovuto andare.”
“Chi? Luhan?” chiese
Jongin.
Sehun
deglutì e annuì.
“Non
se ne voleva
andare, Sehun,” disse piano
Jongin. “Non se ne sarebbe andato se non fosse stato
costretto, lo sai questo.”
“Lo
so,” sputò
Sehun, e non era arrabbiato con Jongin, era arrabbiato con se stesso, ma Jongin questo non lo sapeva
e si allontanò da lui, sembrando ferito. Sehun si odiava.
“Ma ho solo due persone, Jongin,” disse, prendendo
un respiro e sentendosi terribilmente vicino ad un altro crollo.
“Ho solo te e Luhan. Ed entrambi avete promesso che non ve ne
sareste andati e ora Luhan non c'è più e io
– non so – non me l'ha nemmeno detto.”
“Ha fatto quel che poteva,
Sehun,” gli disse velocemente Jongin, e Sehun lo sapeva questo, ma non cambiava nulla.
“Ha detto a Minseok quello che poteva dirgli, e Minseok lo ha
detto a te. Non voleva andarsene.”
“Ma
lo ha fatto, Jongin,” disse
Sehun. “Anche se non voleva, lo ha fatto, e come faccio a sapere che
anche tu non te ne andrai?” Si morse immediatamente la
lingua, sentendosi nauseato. Aveva detto troppo.
Ci fu un
lungo, pesante silenzio, e Sehun deglutì a fatica,
aspettando. Ma Jongin non disse niente, e invece si alzò e
si allontanò, e Sehun si sentì tremare
leggermente. Jongin prese quattro o cinque passi di distanza e
fissò il soffitto passandosi una mano tra i capelli
sembrando perso, poi si voltò e offrì una mano a
Sehun.
“Alzati.”
Sehun
sbatté le palpebre, ancora tremante.
“Cosa?”
Jongin fece
qualche passo verso di lui. “Alzati.”
Con
esitazione, Sehun prese la mano offerta dal ragazzo, il quale lo
aiutò ad alzarsi e lo guidò al centro della
stanza. Con le mani sulle spalle, Jongin lo fece voltare verso uno dei
muri coperto di specchi e lo rispinse giù. Confuso e
titubante, Sehun si sedette, gli occhi sulla figura di Jongin nello
specchio mentre si sedeva direttamente dietro di lui, il petto contro
la sua schiena.
“Così va bene?” chiese Jongin. Sehun
annuì lentamente, e Jongin fece scivolare le braccia attorno
ai suoi fianchi. “Così?” Sehun
annuì ancora. Jongin posò il mento sulla spalla
di Sehun. “Così?”
“Sì,”
sussurrò Sehun. Jongin non sorrise, invece rimase seduto
lì, avvinghiato attorno a lui a fissare le loro figure nello
specchio.
“Non
posso prometterti che non mi accadrà qualcosa come
è accaduto a Luhan,” disse alla fine
Jongin, e Sehun trattenne il fiato. “Sarebbe una promessa
stupida da fare, perché a volte non puoi controllare queste
cose.”
“Lo
so,”
disse piano Sehun.
Jongin rimase
in silenzio per un momento, e poi girò la testa per premere
un bacio sul collo del ragazzo, e Sehun era imbarazzato per come le sue
guance arrossirono. “Lo sai che ci tengo a te,
vero?”
Sehun
esitò, deglutendo prima di mormorare,
“Sì.”
Jongin
sorrise allo specchio. “Bene. E sai che anche Luhan-hyung
tiene a te, vero?”
Sehun si
fermò un attimo a pensare a tutte le volte che Luhan lo
aveva raggiunto al suo tavolo, alle volte in cui gli aveva parlato
nonostante lui non volesse parlare, a quando lo aveva presentato ad
altre persone, a quando gli aveva sorriso, lo aveva abbracciato.
“Sì.”
“Bene,
perché è così. Ora chiudi gli occhi.”
“Cosa?”
“Chiudi gli occhi,”
ripeté Jongin, guardandolo severamente dallo specchio.
Mordendosi il
labbro, Sehun fece quello che gli era stato detto. “E ora?”
Jongin fece
un suono vago e lo strinse ancora più forte.
“Riesci ancora a sentire che tengo a te”
Sehun
aggrottò le sopracciglia confuso, ma non aprì gli
occhi. “…Sì?”
“E
quando torno a casa e non puoi sentirmi o toccarmi? Potrai ancora
percepirlo?”
“Io—sì,
penso di sì.”
“E
se andassi in Cina? Crederesti ancora che abbia tenuto a te se dovessi
andare in Cina?”
chiese piano Jongin.
Sehun prese
un profondo respiro e si lasciò andare contro il petto caldo
di Jongin. “Non lo so.”
Altri baci
contro il suo collo e lungo suo profilo. “La risposta esatta
è sì,” gli disse gentilmente Jongin.
“Perché sarebbe così, terrei a te tanto
quanto qui e ora. Proprio come Luhan.”
Sehun
sospirò e piegò la testa per esporre di
più il collo, perché non sapeva come dire a
Jongin che gli piaceva quando lo baciava lì. Il ragazzo
sembrò capire, comunque, allo stesso modo in cui
sembrò capire quando Sehun disse, “È
solo che – non so perché sia così
difficile per me.”
Jongin
annuì contro la sua pelle. “Nemmeno io,”
confessò. “Ma ci stiamo lavorando.”
“Sì?” chiese Sehun, con
voce piccola.
“Sì,”
sussurrò Jongin. “Lentamente.”
“Baekhyun, possiamo andare a
casa per favore?”
“No.” Baekhyun si
accigliò e si alzò in piedi. “Non
abbiamo finito nemmeno l'Atto I ancora.”
“Forse
perché nessuno dei nostri protagonisti sa le battute,” disse il direttore
di scena, alzando gli occhi al cielo. “Andiamo, Baek, siamo
qui da ore, tutti cominciano ad andare fuori di testa. Forse dovremmo
semplicemente tornare lunedì, quando voi due avrete avuto
tempo di riguardare meglio le battute.”
Baekhyun
trattenne il fiato e si premette le mani sugli occhi. Gli bruciavano
ferocemente sotto le palpebre. “Finiamo – finiamo
solo il primo atto e poi possiamo andare a casa,” disse.
“Riuscirai
a mettere insieme un costume in tempo per lo spettacolo?” chiese
scetticamente il pianista. “Ci sono voluti mesi per creare
quello di Chanyeol—”
“Non—” lo
interruppe velocemente Baekhyun, prendendo un profondo respiro.
“Non... parlarne. Mi inventerò qualcosa.
Riproviamo questa scena.”
Jung Eunji
gli lanciò un'occhiata stanca dal centro del palco.
“Sei sicuro che sia una buona idea?” chiese.
“Perché non trovi semplicemente un nuovo
protagonista maschile, e tu tieni il tuo ruolo? Almeno
così qualcosa sarebbe decente.”
Baekhyun
rifiutò immediatamente la proposta, facendo una smorfia.
“No. Non - non voglio nemmeno essere l'eroina. Possiamo solo
– possiamo solo finire di provare per oggi? Vi
prego?”
Ci fu un
mormorio scontento di assenso, e tutti tornarono lentamente ai propri
posti. Baekhyun prese il copione e lo fissò, fingendo di non
sentire quando qualcuno mormorò, “Byun Baekhyun,
ridotto ad implorare senza Chanyeol intorno.”
Il suono del
suo nome gli faceva ancora venire voglia di vomitare.
Erano passati
quattro giorni dalla dichiarazione di Baekhyun. Quattro terribili
giorni spaccacuore da quando Chanyeol era uscito dall'auditorium
lasciandolo solo. Il primo giorno, Baekhyun era rimasto a casa, troppo
distrutto per andare a scuola, ma il secondo giorno era tornato,
spaventato ma anche un pizzico speranzoso.
Non avrebbe
dovuto esserlo. La prima cosa che notò fu un bigliettino nel
suo armadietto, coperto dalla calligrafia familiare di Chanyeol. Il
cuore di Baekhyun si era gonfiato, in quel modo pericoloso proprio
prima che qualcosa potesse riempirlo o distruggerlo. Stupidamente
– Baekhyun era così stupido – aveva
sperato che il biglietto iniziasse con un “Mi dispiace” e si concludesse con un
“Ti
amo anche io.”
In effetti,
era iniziato con delle scuse, ma la sua fantasia finì
lì.
Baekhyun,
Mi
dispiace davvero, davvero tanto per quello che sta succedendo al
momento. So che probabilmente non vorrai sentirlo, ma è
così, e voglio che lo sappia. Sono solo... sono
così... dispiaciuto. Non so cos'altro dire. Per prima cosa,
immagino, mi dispiace per averti lasciato in quel modo. Sapevo di non
doverlo fare, anche mentre lo stavo facendo. Ma non sapevo davvero cosa
fare. Ero così confuso e perso e spaventato e sono stato un
codardo, sono scappato invece di gestire la cosa, e mi dispiace.
Non
ho mai saputo, giuro sulla mia vita, non ho mai immaginato che provassi
quelle cose, nemmeno per un secondo. Forse sono uno stupido per non
averlo saputo, non lo so, ma ero così scioccato. Lo sono
ancora.
Prima
di tutto, voglio che sappia che non ti odio. Non sono disgustato e non
penso tu faccia schifo e davvero non ti odio, non potrei mai e mai lo
farò. È solo che... non posso. Non posso,
Baekhyun. Lo capisci, vero? Sei il mio migliore amico, lo sei stato per
più di quanto io ricordi, e mi conosci più di
chiunque altro. Quindi capisci perché non posso, vero? E non
posso semplicemente dimenticare, o fingere che non cambi nulla. Vorrei
che non cambiasse nulla, ma non è così, e potrei
essere un bravo attore, ma recitare non è credere, o sentire.
Non
so nemmeno più cosa sto dicendo. Sono solo dispiaciuto per
così tante cose. Mi dispiace per non averlo notato, per
averti reso le cose difficili, per averlo reso strano per te, per non
essere in grado di gestirlo. Ho solo... bisogno di un po' di spazio. Ho
bisogno di capire un po' di cose. E voglio che tu sappia che questo non
significa che non tenga più a te, okay? Perché ci
tengo, questo non è cambiato. Penso che la colpa sia mia
qui, e mi dispiace davvero, davvero tanto.
-Chanyeol
Baekhyun
aveva pianto ancora, la prima volta che aveva letto la lettera. Era
arrivato tardi in classe, perché era stato impegnato a
nascondersi in bagno e a strofinarsi gli occhi per farli smettere di
lacrimare. La seconda volta che l'aveva letta, aveva usato una penna
rossa per cerchiare tutte le volte che Chanyeol aveva detto scusa. Sette volte. Baekhyun non
riusciva a decidere se fossero troppe o troppo poche.
Le lezioni
erano state un incubo. Chanyeol si era seduto davanti invece che al
solito posto accanto a Baekhyun, dicendo all'insegnante che gli si
erano rotti gli occhiali e aveva perso le lenti a contatto e non
riusciva a vedere (era già successo prima, ma Baekhyun
dubitava che questa fosse una coincidenza). Non era andato a parlare con
Baekhyun durante la pausa, non si era fatto vedere al loro triste
tavolo solitario a pranzo – sapeva almeno che Luhan se n'era
andato? Jongdae gli aveva chiesto se avessero litigato, e Baekhyun
aveva risposto semplicemente, “Qualcosa del
genere.” E dopo la scuola, quando Baekhyun aveva fatto
l'appello per le prove dello spettacolo, Chanyeol non si era
presentato. Avevano fatto ciò che potevano senza di lui, e
Baekhyun aveva accettato di parlare con il loro principe assente. Non
lo aveva contattato.
Chanyeol non
si presentò neanche alle prove del venerdì.
Sabato, Baekhyun aveva chiamato Jung Eunji del coro per chiederle se
avesse voluto prendere il ruolo dell'eroina, così che lui
potesse riempire il vuoto che Chanyeol aveva lasciato nel cast. Non
voleva essere l'eroina se Chanyeol non era il protagonista, comunque.
Imparare
un'intera parte nuova – un'enorme parte nuova –
avrebbe portato via a Baekhyun un sacco di tempo per poterla recitare
perfettamente dopo un mese. Ma a Baekhyun non dispiaceva. Avrebbe fatto
di tutto per tenersi occupato, davvero. Avrebbe fatto di tutto pur di
non pensare a Chanyeol, che era stato un presenza quasi costante nella
sua vita per i precedenti tredici anni, solo per andarsene
completamente per una stupida cosa che aveva detto Baekhyun. Penso che la colpa sia mia qui, aveva scritto Chanyeol.
Ma era stato
Baekhyun ad innamorarsi di lui. Stupido, stupido Baekhyun.
Jongdae
conosceva Minseok meglio di chiunque altro al mondo. Conosceva tutte le
sue piccole strane abitudini, tutte le sue stranezze, i suoi difetti e
i suoi punti di forza. Sapeva cosa piaceva a Minseok, e le cose che
fingeva gli piacessero ma che in realtà odiava. Conosceva Minseok.
Quindi sapeva
quando c'era qualcosa che non andava nel migliore amico.
All'inizio,
quando Minseok era rimasto a casa il giorno del suo compleanno, Jongdae aveva pensato che fosse
davvero malato. Ma poi si era scoperto che era solo l'effetto di tutta
la situazione di Luhan, che era spaventosa e dolorosa per tutti, ma
specialmente per Minseok. Jongdae sapeva che Minseok non reagiva bene
ai cambiamenti. Non gli piaceva quando le cose si incasinavano, ed era
per questo che all'inizio era stato così restio all'arrivo
di Luhan. (Divertente, come fosse andata a finire.) E Jongdae non era
stupido. Sapeva che Minseok era più che leggermente
affezionato a Luhan. Quindi capì perché avesse
avuto un impatto così grande sul migliore amico, quando
Luhan se ne fu dovuto andare, forse per sempre. Lo capiva.
Ma dopo un
paio di giorni in cui vedette di più Minseok, Jongdae
cominciò a pensare che quello non fosse l'unico problema. Minseok si stava
semplicemente... comportando in modo strano. Faceva cose che non aveva mai
fatto. Tipo spazzare via il pranzo di Jongdae, chiedendogli se poteva
mangiare alcuni dei suoi snack. Scambiava le sue mele e le barrette ai
cereali con biscotti e altri cibi poco salutari. Jongdae glielo
lasciava fare, perché sapeva che non aveva quel tipo di cose
a casa e forse sarebbe stato un bene per Minseok lasciarsi un po'
andare, ma dopo un po' cominciò a farlo preoccupare.
Cominciò anche a non seguire più la sua routine.
A pranzo arrivava sempre in mensa prima di Jongdae, il che significava
che non andava in bagno, e questo non era un grande problema o niente
del genere, ma era comunque strano. E poi mandava giù
litri d'acqua, come se la sua vita dipendesse da quello. Rendeva
Jongdae un po' nervoso, perché Minseok non si comportava
normalmente ed era difficile non notarlo.
Non si
preoccupò seriamente fino a sabato, però, quando
Minseok cancellò la propria festa di compleanno –
non che fosse una grande cosa comunque – e invece chiese a
Jongdae di aiutarlo a pulire la casa di Luhan. Non appena
arrivò a casa di Minseok, notò quanto sembrasse
stanco e letargico l'amico, anche se si comportava come se stesse
perfettamente bene davanti alla madre. Subito dopo essere usciti,
però, le sue spalle si abbassarono e il suo sguardo si
spense immediatamente.
“Ti
senti bene?”
chiese con cautela Jongdae. “Sembri un po'... sotto
tono.”
Minseok
scosse la testa stancamente. “Sto bene,” rispose.
“Solo stanco.”
“Sembri
un po' malaticcio,”
Jongdae misurò le parole.
Minseok si
accigliò. “Potrei starmi ammalando un
pochino,” disse. “Non dirlo a Kyungsoo, uscirebbe
di testa.”
Jongdae
allungò una mano per sentirgli la fronte, e Minseok si
scansò al contatto, poi sbatté le palpebre e fece
una smorfia. Sorpreso, Jongdae gli sentì ancora la fronte, e
Minseok gli lasciò fare, ma non sembrava avesse la febbre.
Decise di lasciar perdere.
Jongdae non
era mai stato a casa di Luhan prima – non aveva mai avuto un
motivo per farlo – ma dopo la lettera del ragazzo, si
aspettava che fosse un po' malmessa. Non rimase deluso. Sentiva che
avrebbe avuto una reazione più grande, però, se
il loro arrivo non fosse stato interrotto da Minseok che insisteva di
dover fare la pipì, spingendolo via per dirigersi nel bagno
di Luhan. E anche quello non sarebbe stato strano, se Minseok non
avesse fatto la stessa identica cosa prima di uscire da casa sua. Forse
se avesse smesso di bere così tanta acqua—
Non c'era
tanto da mettere da parte nell'appartamento di Luhan. Era ovvio che se
ne fossero andati di fretta, afferrando poche cose ciascuno prima di
essere costretti a uscire. Minseok nominò alcune cose che
aveva notato mancassero – il barattolo dei risparmi di Luhan,
il suo zaino, qualche libro e alcuni dei suoi vestiti. I suoi vestiti
invernali erano ancora lì, però, il suo giubbotto
rosso e i guanti, e Minseok li raccolse e li fissò a lungo
prima di infilarli in una grande busta nera della spazzatura che
avrebbe riportato a casa.
Non sapevano
davvero cosa prendere e cosa lasciare, quindi passarono la maggior
parte del tempo ad aprire cassetti e guardare dentro gli armadi per poi
allontanarsi senza toccare niente. Jongdae passò molto tempo
a recupare libri cinesi dalla camera dei genitori di Luhan, poi
tornò in camera del ragazzo trovando Minseok seduto sul
pavimento, staccando con attenzione le foto dal muro e guardandole per
poi metterle sulla pila accanto a sé. Jongdae rimase
sull'uscio e guardò in silenzio per un momento mentre il
migliore amico staccava una foto di sé e Luhan con i visi
piuttosto vicini, guancia a guancia, seduti su una panchina da qualche
parte.
Minseok la fissò per venti secondi buoni, poi
sospirò all'improvviso e si buttò sul materasso
di Luhan, coprendosi il viso e grugnendo piano. Jongdae se ne
andò velocemente, pensando di lasciare un po' di spazio
all'amico.
Nelle due ore
che Minseok e Jongdae usarono per raccogliere tutto ciò che
potevano dal piccolo appartamento, il maggiore andò in bagno
tre volte, e fu allora che il cervello di Jongdae registrò
qualcosa.
“Hyung,” disse mentre trasportavano le loro buste
verso la fermata della metro più vicina. “Non ti
stai ammalando come l'anno scorso, vero?”
La testa di
Minseok scattò su e lo guardò con occhi ardenti. “No,” disse con decisione.
“Non è così. Sto bene.”
Jongdae lo
guardò a lungo, poi disse semplicemente, “Se lo
dici tu.”
Minseok era
un ragazzo grande. Poteva prendersi cura di se stesso. Vero?
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Nuovo capitolo! Come previsto sono riuscita a trovare un passaggio, quindi rimarrò a casa per uno o due giorni... prevedo già ore e ore passate al pc per recuperare il tempo perduto senza internet ahahah Il capitolo successivo verrà postato questo fine settimana, spero ;___; Alla prossima ♡