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Autore: sabdoesntcare    02/08/2016    0 recensioni
"Caro John". Sherlock inizia il suo post con queste due parole. E le ripete, quasi bloccandosi su di esse, perché forse racchiudono tutto quello che ha provato da quando ha conosciuto quel piccolo, fragile, fortissimo medico militare. Cerca di andare avanti, di tirare fuori ciò che quelle parole significano, ma è come cercare di togliere una spina dal cuore: è per il tuo bene, ma ti senti morire ogni volta che ci provi.
La storia inizia da qualche giorno dopo il matrimonio di John e Mary, tuttavia lei non è incinta.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Il mio sguardo si dirige istintivamente verso Mary, che mi guarda a sua volta con il viso rassegnato di chi ne sa quanto me.
“Le ferite?”
“Sì, stanno guarendo. Mary è un’ottima infermiera del resto.” John accenna un sorriso forzato, che sparisce dopo pochi istanti.
“Vado a prepararti un thè, Sherlock?”
“Sì, per favore.”
Per quanto quella donna non mi sopporti, a volte è incredibilmente collaborativa.
“John,” dico a bassa voce, abbassandomi per parlargli all’orecchio “se c’è qualcosa che devi dirmi, parla adesso. Mary non ti sentirà e io non ne farò parola, promesso.”
John mi lancia un’occhiata quasi d’odio, misto ad infinita stanchezza.
“Non c’è bisogno di parlare in segreto come delle ragazzine, Sherlock. Non c’è niente di cui parlare, sto bene e basta.”
Crede davvero di poter prendere in giro qualcuno, di poter prendere in giro me?
Tento la terapia d’urto, afferrandolo per le spalle e iniziando ad urlare.

“Stai male e sei così codardo da nasconderlo anche! Allora, qual è il problema? Sei depresso? Bevi di nuovo? Ti droghi, o forse sei troppo codardo anche per questo? Parla, dannazione!”
Lo sguardo di prima si trasforma in odio puro ed il dottore mi afferra per la sciarpa, tirandola a sé.
“Sherlock Holmes potrei spezzarti con una sola ma-“
Quando pochi centimetri separano i nostri volti, la sua espressione cambia del tutto e la presa si allenta.
“Sherlock…”
“Non mi avresti colpito, lo so. Non ora che sto cercando di aiutarti.” Sorrido vittorioso.
Gli occhi del dottore diventano improvvisamente lucidi, la sua mano si stacca definitivamente dalla mia sciarpa e vedo la sua testolina abbassarsi a fissare il pavimento.
“Vattene.”
“Cosa?”
“Ho detto vattene.”


Guardo Mary completamente smarrito, la quale era accorsa non appena aveva sentito le urla.
“Mary, io-“
“Ti prego, Sherlock. Fai come ti dice.”
In pochi secondi sono di nuovo fuori dalla dimora dei Watson e la pioggia inizia a scendere piano, bagnando la sigaretta che tento di fumare per calmarmi.
Ripercorro con la mente tutto ciò che è accaduto più e più volte, senza ottenere una spiegazione plausibile o comunque che possa minimamente convincermi e – non senza una buona dose di dolore – tutto ciò che riesco a sentire nella testa è quel vattene. Sherlock, vattene. Ma perché?
Guardo il cellulare: quattro chiamate perse, tutte da Lestrade. Decido di richiamare.
“Sherlock?”
“Al diavolo, ridammi il caso.”
“Sei impazzito?”
“No, solo annoiato.” Sì, annoiato come un cane abbandonato in autostrada.
“Ma tu avevi detto…”
“Non ti servo?”
“Sì, sì! Solo che…” Lestrade sbuffa, rassegnato. “Non ti capirò mai, non è così?”
“No… probabilmente no.”
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Un’intera notte di interrogatorio al marito idiota e tutto ciò ho potuto dedurre è che ha probabilmente fatto uso di droghe, saranno le analisi a dirci quali. Non ha mai confessato di averla uccisa da quando sono arrivato, eppure Anderson ha registrato l’interrogatorio di Lestrade in cui confessava di aver commesso il crimine ed effettivamente nessuno ha distorto o interpretato le sue parole, è una dichiarazione chiara e concisa. Teoricamente potrebbero già arrestarlo, ma vogliono la mia conferma.
Mentre Molly procede con le analisi continuo ad ascoltare la registrazione in loop, convinto di trovare la chiave all’interno di quelle parole così diverse da quelle rivolte al sottoscritto.
A volte mi distraggo, perdendomi nei miei dubbi riguardanti John Watson. Lui che è sempre stato un libro aperto per me, lui che c’è sempre stato, lui che…
Qualcosa nella registrazione fa scattare un campanello nella mia testa, bloccando il flusso di pensieri. Sento qualcosa ma non riesco a capirla, devo riascoltarla più e più volte.
La registrazione parte: Lestrade chiede se ha ucciso la donna, l’uomo ride e piange al contempo, facendo strani singhiozzi e suoni abbastanza incomprensibili dati dal delirio. Risponde: “L’ho uccisa io” per poi fare un altro suono incomprensibile ridacchiando e poi scoppiando a piangere di nuovo.
Aspetta, non è incomprensibile. Ha detto altro.
Ha detto “L’ho uccisa due volte”.

Beh… come immaginavo. Tutto ciò che dice non ha un senso, è evidentemente impazzito per via del tradimento subito e ora si rifiuta di credere di aver ucciso la moglie in quanto comunque innamorato di lei.
Un omicidio stupido per una storia d’amore stupida: bisogna essere degli idioti per lasciare che l’amore ti offuschi la mente.

“Cosa, Sherlock?” Molly è appena tornata.
“Mh?”
“Parlavi da solo. Cosa c’entra John con tutto questo?”
“Non ho mai parlato di John”
“…lo stavi facendo. In ogni caso dalle analisi non è risultato nulla.”
“Non cambia molto, alla fine l’analisi era una semplice prassi: drogato o no, delirava. Dovrò dire a Lestrade di arrestarlo immagino.” Gioco con una pallina da tennis, sbuffando. Mi sento così stupido, come ho fatto a sbagliarmi sugli stupefacenti?
In un certo senso speravo di trovare qualcosa che rendesse il caso interessante, qualcosa che tenesse quell’uomo fuori dalla lista dei condannati e me fuori dalla questione John ancora per un po’ di tempo. Mi sono illuso, che dire.
“Non così in fretta.” Dice lei, incerta.
“Sherlock… sono stata chiamata da Lestrade, ha detto di avvertirti riguardo un nuovo omicidio a 8 kilometri dal primo. È identico.”

Aggrotto le sopracciglia, non mi aspettavo una novità del genere – soprattutto, non in così poco tempo.
   
 
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