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Autore: Taochi    03/08/2016    1 recensioni
Una notte un bambino fu salvato da quello che noi chiameremo Male, e nella stessa un altro bambino fu strappato alla sua famiglia per buttarsi direttamente tra le braccia dell'inferno. Due anime intrecciate si separarono brutalmente ma il destino giocherà tutte le sue carte per farle rincontrare.
Questa storia parla di come l'odio può trasformarsi in amore, e di come il male non viene sempre per nuocere.
Il tutto sullo sfondo di una guerra tra le potenze del Bene e del Male.. che non sono assolutamente come ci hanno insegnato. Non troverete angeli e demoni, nè Dio e Satana. Troverete la verità.
Se vi ho incuriositi correte a leggere il primo capitolo anche se per mancanza dell'html (?) il testo risulterà schiacciato, dal secondo capitolo il problema si risolve. Questa è la prima storia che scrivo e che pubblico, spero siate clementi. ^-^
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'M SHADOW cap. 4- La Festa

Cap. 4 - La Festa

Piano piano arrivammo in casa mia dove mamma, uscita prima dal lavoro, ci stava aspettando con i costumi. Davide più rapido di me si inventò una scusa per il ritardo, sapevamo entrambi che era iperprotettiva nei miei confronti, dopo aver saputo che ero svenuto mi avrebbe tenuto in casa con le buone o con le cattive.

 Andammo in camera mia a vestirci, mia madre ci lasciò anche i suoi trucchi e le mie lenti a contatto rosse.

 Ci cambiammo e io truccai Davide facendo in modo che sembrasse sporco sulla faccia, gli misi anche l’eyeliner. Anch’io lo misi e con il rossetto mi sporcai un angolo della bocca facendo in modo che sembrasse sangue appena colato.

 Vestiti e truccati mamma ci fece una foto ricordo, che io odiavo, mamma se le metteva tutte in un suo album grigio. Non lo avevo mai visto e l’unica volta che mi ci ero avvicinato per sbirciare all’interno mamma me lo aveva tolto.

 Papà era ancora all’ospedale, molte persone erano state ferite gravemente da quella bestia, la polizia scientifica non era ancora risalita a nessun animale a loro noto. Dagli squarci profondi si ipotizzava fossero stati inflitti da artigli affini a quelli di una pantera, ma non ci sono pantere in città e nessun zoo nelle vicinanze ha dichiarato di aver perso un animale. Papà era molto richiesto e spesso si alzava presto e tornava a tarda sera.

 Salutammo mamma e lei ci augurò buon divertimento.

Prendemmo i nostri motorini e corremmo a scuola visto che ormai si erano fatte le sette e mezza.

 Entrando ci accorgemmo che la festa non era ancora iniziata, i professori ci stavano ancora controllando e il DJ teneva a bada i suoi spinti spiriti sul metal rock. Con un dito assaggiai la bevanda ancora analcolica, presto sarebbero arrivati Mino con Eric a risolvere la cosa. Davide mi scrutava con uno sguardo che diceva “Bevi ora il tuo succo analcolico che dopo non te ne farò bere neanche una goccia”.

 Lo ascoltai e mi presi un bicchiere.

Verso le otto i professori se ne erano andati e il DJ aveva iniziato a fare il DJ. Poco dopo arrivarono Mino e Eric con gli alcolici e le ragazze. La festa divenne caotica.

Tutti bevevano il punch alcolico, tutti sudavano e ballavano, tutti si stavano divertendo.

Ballai a ritmo di quella musica che mi pulsava nelle orecchie, mi stava scoppiando il cuore. Ragazzi e ragazze si strusciavano l’uno contro l’altro, e una ragazza lo stava facendo proprio con me, non provavo niente ma era una festa e ci si divertiva quindi non ci pensai due volte a fare lo stesso con lei, che sembrò apprezzare particolarmente quando nel ballare gli accarezzai i fianchi. Lei era bella, occhi azzurri capelli neri, alta e formosa, avrebbe fatto impazzire qualunque ragazzo. La vedevo, si muoveva sempre più sensualmente, sapevo cosa voleva. Ad un certo punto mi prese per il polso e mi trascinò fuori dalla massa di corpi accaldati, capii che eravamo diretti nello stanzino della palestra. Mi impuntai sui piedi, lei girò di scatto la sua chioma corvina ma non sembrava arrabbiata, mi sorrideva e mi sorprese. Le sue labbra toccarono le mie prima gentilmente poi più impazienti. Sapeva di punch, era ubriaca. Mi staccai dal suo bacio umido, ma non sapevo cosa dire, Davide che aveva visto la scena dall’inizio visto che era accanto a me intervenne.

– Scusa Monica ma il mio amico è impegnato, vatti a cercare un altro da farti stasera – lei gli rivolse una smorfia di disaccordo ma si allontanò.

 – Grazie amico, non sapevo più cosa dovevo fare – lui mi sorrise.

 – Non ti preoccupare ma la prossima volta che non vuoi questo tipo di situazioni evita di strusciarti come un porco su di loro o ce le fai credere – sapevo di aver fatto una cavolata, ma non capivo il perché. A me non piace no? E allora perché lo stavo facendo.

 Non ci stavo pensando, lo stavo facendo e basta.

Mi guardai incuriosito intorno. La gente si appartava sui divanetti allestiti o si dirigeva fuori dalla palestra, probabilmente nelle classi. Chissà quanti ce n’erano nello stanzino.

 Il rumore era forte e la testa mi girava, troppe voci, troppe grida.

Avvertivo l’odore acre del sudore, mi sedetti su un divanetto e osservai i miei amici divertirsi, Alessandra ballava con un tipo che non avevo mai visto, mentre gli altri ballavano tra loro. Mino si era tolto il mantello e si era slacciato la camicia nera. Sorrisi.

 A volte è bello poter vedere gli altri da fuori, noti come le cose vanno davvero e osservi tutto da un altro piano. In un qualche modo mi divertiva pensare che per quel poco tempo potevo essere un esterno, non mi ero mai sentito davvero parte di quel gruppo di scalmanati ma presto mi ci ero affezionato, erano i miei migliori amici. Eric ci stava letteralmente provando con Giovanna ed era buffo e goffo nei movimenti, lei neanche lo guardava nei suoi sforzi.

 In quel momento mi misi davvero a ragionare su cosa avrei fatto da grande mentre ognuno di loro si costruiva una famiglia, e io invece, sarei invecchiato da solo. Magari avrei trovato una tipa simpatica con cui non mi dispiaceva passare del tempo insieme ma non me ne sarei comunque innamorato e una volta che lei lo avrebbe capito mi avrebbe lasciato da solo di nuovo.

 Odiavo la solitudine, quando ero solo in casa solitamente mettevo la musica a palla per colmare il silenzio di quelle quattro mura.

 Questo mi riportò a riflettere nuovamente sul sogno, a quanto mi sia sentito terribilmente straziato da quel vuoto e silenzioso spazio nero. A quanto abbia pregato per sentire un rumore o uno spicchio di luce. E i suoi occhi erano arrivati.

 Non potevo sognare così tante volte e con particolari accurati il viso di una persona che non avevo mai conosciuto o visto. Nulla aveva senso in questo ultimo periodo.

 Sul tavolinetto difronte a me c’era un bicchiere di punch alcolico, al diavolo Davide, lo presi e lo bevvi tutto di un sorso.

 Alzai lo sguardo sui presenti, sulla fronte di tutti era presente un simbolo. Lussuria.

Mi guardai intorno per capire chi aveva parlato, poi capii che ero stato io stesso.

 Non capivo, perché sapevo il significato di un simbolo mai visto? Mi alzai e andai ad mischiarmi di nuovo nella folla, ma non per ballare ancora. Volevo vedere quei simboli da più vicino. Intravidi la chioma bionda di Davide, così mi avvicinai.

 Lo vidi agitato, stava cercando qualcosa nella folla e da come stringeva i pugni non la stava trovando. Gli posai una mano sul braccio per richiamare la sua attenzione, si girò sorpreso ma deluso allo stesso tempo.

– Chi stai cercando? – era ancora confuso ma aveva smesso di guardarsi intorno e ora fissava me. Corrucciò le sopracciglia e mi toccò la fronte.  

 Mi ricordai della mezzaluna viola tatuata sulla fronte di tutti i presenti, lui non l’aveva.

Tolsi la sua mano dalla mia fronte e lo guardai, cosa succedeva?

 – Davide cos’hai? – era bianco come un cencio.

Scosse la testa più volte ma non rispose. Improvvisamente mi mise da parte dietro la sua spalla e con il braccio mi tenne fermo dietro lui.

 Cercai di capire cosa stava accadendo e mi sporsi. In mezzo alla massa di corpi accalcati che ormai non si limitava solo a ballare, lo vidi.

 Un ragazzo scuro di pelle vestito completamente di nero, occhi vitrei, denti appuntiti e sporgenti, dalla bocca colava della bava. Era munito di artigli e la sua pelle stava diventando mano a mano più pelosa.

 I miei occhi andarono sul suo polso, niente orologio. Ero sicuro che fosse lui, dall’aura che emanava e l’effetto che aveva su di me.

 I suoi occhi su di me ed io immobile, quasi impietrito mi accorsi di ciò che era diventato.

Alto come un cavallo, nero come la notte. La testa di un lupo e il corpo equino, la coda da scorpione, cosa diavolo era!?

 Possibile che la gente intorno a me non si accorgeva di nulla?

Indietreggiai di qualche passo, ma delle mani mi sorressero, la testa iniziò a formicolare, i miei respiri si fecero irregolari, stavo per svenire ancora.

 Cosa mi succedeva, perché mi sentivo di nuovo così frustrato, forse avrei dovuto dar retta a Davide, non dovevo bere.

 Non ero svenuto ma le mie gambe mi avevano abbandonato, sentii il “lupo” sibilare sinistro – Vogliamo l’umano che è con te figlio di Abraham – Davide emise un ringhio.

 – Mai! – continuò – Come siete tornati? –. La risata demoniaca della bestia mi gelò il sangue nelle vene, capii di essermi ripreso. Mi voltai per capire chi mi aveva sorretto.

 Non feci in tempo, intorno a me le persone iniziarono a gridare come anime in pena.

 – Lussuria, mi chiamano – il mostro aveva una nota di puro divertimento nella voce.       

Lussuria, pensai, era uno dei sette vizi capitali.

– E non è importante per te saperlo adesso, sono qui solo per riportare a casa chi deve – stava guardando me e il suo sguardo non faceva altro che tentarmi.

 Le mani che mi sorreggevano si strinsero intorno alle mie spalle. Di nuovo quella sensazione. Non era quel mostro quindi che mi faceva sentire in quel modo ma la persona dietro me. Sentii chiaramente la risata di quest’ultimo, era maligna ma io pensai solo di aver sentito il suono più bello della mia vita.

 Il mio sguardo scattò sul suo polso. Il mio cuore perse un battito, era lui.

Le persone gridarono più forte, ma quegli urli non erano causati dalla paura come avevo sperato pensando che finalmente si erano accorti del mostro, erano solo di intenso piacere.

Davide strinse di più i pugni sbiancando le nocche e lo fissò con rabbia, poi ringhiò.     

– Basta, finiscila demone! Lui è solo un comune mortale cosa te ne vuoi fare!? – la bestia rise, non aveva niente di divertente.                                                                                        

– Ne sei proprio sicuro? – con una zampata sbatté Davide a quattro metri di distanza, contro un muro che si incrinò per la forza d’urto possente del demone.

 Emisi un grido non molto virile mentre vedevo Davide afflosciarsi a terra con il sangue che scorreva veloce dalla sua testa.

– Infondo sei solo un Novizio, figlio di Abraham – i suoi occhi emettevano scintille.

Come schegge si fermarono su di me che non mi ero accorto di piangere, le lacrime cadevano da sole dai miei occhi fino a toccare il pavimento, ormai sfocato alla mia vista. Avevo il continuo presentimento di stare svenendo ma non volevo.

 Cercai di liberarmi dalla morsa della persona dietro me ma era troppo forte.

– Sei diventato così debole? – era stato il “lupo” a parlare?

Una risata scosse ancora l’incappucciato dietro me, capii che la voce apparteneva a lui e che si trattava di un ragazzo.

 Cercai di voltarmi per guardarlo in faccia ma lui tirandomi forte i capelli mi rigirò la testa dall’altra parte, a guardare il mostro che era tornato ragazzo. Un angolo della sua bocca era arricciato verso su in un ghigno arrogante.

 Dentro di me non facevo altro che pregare, volevo che tutto fosse solo un sogno.

Il ragazzo si avvicinò rapido, si inginocchiò per arrivare alla mia altezza e per guardarmi dritto negli occhi.

 I suoi occhi non avevano vita, erano neri, troppo neri, non si distingueva la pupilla.

– Com’è che stai fratello? – Fratello, io non avevo fratelli.

 Dietro me la persona si irrigidì e mi strinse più forte, non vedevo la sua espressione ma quest’ultima fece arrabbiare la bestia.

– Mi sbaglio o ne abbiamo già parlato!? Non sopporto le tue reazioni del cavolo verso questo ragazzo, tu fai solo quello che ti dico, hai capito? – dietro me il ragazzo emise un borbottio di scuse e allentò la presa su di me.

 Stavo tremando come una foglia dalla cattiveria del suo sguardo. Il mostro se ne accorse.

– Come ti chiami ora? – la domanda poteva risultare gentile ma detta da lui mi faceva solo temere di più. Sporse una mano a toccarmi i capelli, si rivelò essere una tirata di capelli lancinante, urlai dal dolore e vidi le stelle. A confronto quella che avevo ricevuto dal ragazzo non era niente, si poteva paragonare ad una carezza.

 – Mirko – sussurrai in preda al dolore.

 – Bene hai capito chi comanda, ora Mirko, che ne dic… – il mostro volò in aria per schiantarsi dall’altra parte della sala, sfondando il muro.

 I miei occhi corsero al punto dove si trovava Davide ma lui era sparito.

Il ragazzo che mi teneva mi trascinò di lato, schivando una freccia d’argento scintillante.

 Da dove veniva? Mi guardai intorno ma non vidi nessuno.

Presi il momento di debolezza del ragazzo per voltarmi a guardarlo.

Gli occhi completamente neri come la pece, così pallido, la fronte ampia dove alcune ciocche corvine ricadevano sui suoi occhi, i lineamenti erano delicati come quelli di una ragazza e mi chiesi se magari dalla sua voce avevo capito male e fosse sul serio una femmina. Improvvisamente l’immagine del bambino che continuava a tormentarmi le notti insonni mi si ripropose nella mia testa. Il ragazzo davanti a me aveva quell’aria spaventata ma al tempo stessa malinconica mentre ricambiava il mio sguardo. Non aveva nulla di cattivo, sul suo viso era espresso solo il tormento.

 Sentii un altro schianto e la bestia che ululava furiosa. Il ragazzo si riprese ed assunse un’aria impassibile e calcolatrice. Rapido mi riguardò, stavolta ghignava, mi mise una mano sulla guancia, quel solo lieve tocco bastò a mandarmi in fiamme il punto sfiorato, il cuore accelerò, provai ripulsione per quel gesto che tanto bramavo, sentii calore all’altezza della pancia, le vene pulsavano, la testa andò in confusione. Tutto all’improvviso si calmò e sentii arrivare quel freddo che avevo già sperimentato.

 Svenni nuovamente.

Ero bloccato in un limbo senza immagini.



 Molto lentamente aprii un occhio, poi l’altro, c’era troppa luce, troppo bianco, la stanza era troppo bianca, un odore di erbe e candeggina mi investì.

 Quando capii dove mi trovavo, un blocco si formò nel mio stomaco e la mia mente tornò indietro nel tempo.

 Mi stavo guardando intorno, la maggior parte del mio piccolo corpo era fasciato, la benda che circondava la mia testa era troppo stretta, dalle finestre entrava troppa luce, volevo chiuderle, ma due braccia che non riconoscevo mi abbracciarono da dietro.

 Mi voltai di scatto, una donna con le lacrime agli occhi mi stava guardando addolorata ma incredibilmente felice. Dietro lei un uomo poco più grande mi guardava con gli occhi spalancanti, una lacrima solitaria rigava la sua guancia. Non li conoscevo, non sapevo chi erano ma vederli così mi procurava un’immensa tristezza.

 Gli chiesi chi fossero e le loro braccia mi strinsero più forte. Dopo molti minuti si calmarono, mi dissero di essere i miei genitori e che non dovevo affaticarmi nel ricordare.

 Stavano per mettersi nuovamente a piangere quando entrò una signora sulla sessantina, il suo sorriso nel vedermi era luminoso, non pianse, non lei, lei rimase immobile sulla soglia mentre mi guardava felice, era pura gioia quella dipinta sul suo volto. Non ne ricordavo la forma, solo il sorriso.

 I miei presunti genitori invece erano a tratti attraversati da puro dolore, i loro sorrisi erano causati dal mio risveglio ma presto mi accorsi che il loro pianto era la conseguenza di qual cos’altro. La donna sulla porta si avvicinò e con una mano mi accarezzò i capelli, la manica le si alzò per il movimento, aveva una piccola cicatrice sul polso, quasi invisibile, ma cosa… cosa aveva intorno al polso.

 Il ricordo sbiadì lasciandomi dell’amaro in bocca. Quella donna aveva lo stesso orologio del ragazzo che mi ha portato la lettera anonima e che l’altra sera mi teneva immobile al cospetto di quel mostro. I ricordi della sera precedente mi sommersero, finalmente avevo capito che qualcosa in quel ragazzo risvegliava una parte di me ancora sconosciuta, ma quest’ultima mi creava iperattività, maggiori pulsazioni del cuore e respiro affannoso, subito dopo seguiva la stanchezza e lo svenimento. Tutto questo in pochi secondi.

 Notai qualcosa che si muoveva con la coda dell’occhio. Mamma.

Era seduta su una sedia, stava dormendo. Non era sveglia e attenta per il mio risveglio, pronta ad abbracciarmi. No, era stanca, aveva le occhiaie nere sotto gli occhi e le guance scavate. Piano cercai di svegliarla, lei aprì lentamente gli occhi e mi sorrise.

 I suoi occhi erano arrossati, aveva pianto. Mi abbracciò.

– Mirko, mi hai fatto preoccupare, così tanto… – scossi la testa e gli sorrisi anch’io per fargli capire che andava tutto bene.

– Cosa è successo? Perché sono svenuto…? – stavo per dirle che ero già svenuto, meno male che mi ero fermato in tempo.

La vidi andare nel panico, capivo che non si era preparata una risposta. Ricordavo bene quello che era successo ma decisi di non renderle le cose difficili. Odiavo vederla in quello stato. 

– Non mi ricordo molto, ricordo la festa, ricordo che ballavo e poi il nero – cercai di essere il più credibile possibile.  

– Davide ci ha detto che avevi bevuto tanto e un ragazzo, ancora più ubriaco di te, per sbaglio ti ha rotto un bicchiere sulla testa, lui ti ha portato all’ospedale sulle spalle – al nome di Davide mi irrigidii.

 Il ricordo di lui lanciato verso la parete, il sangue che gli colava copioso dalla testa, si affacciò nella mia mente. Ma ricordavo anche che quando mi ero voltato di nuovo nella sua direzione, lui non c’era più. Mamma aveva detto che era stato lui a portarmi all’ospedale, quindi significava che stava bene, ma Mia stava fingendo quando mi ha raccontato preoccupata del ragazzo ubriaco, io ricordavo bene la scorsa notte, cosa gli impediva di mentire anche sulla salute di Davide.



ANGOLO AUTORE

Buon salve a tutti lettori,vi prego di commentare e di essere oggettivi, questa storia può funzionare? Ho ancora qualche capitolo da pubblicare BUT non so se ne vale la pena. Se la storia vi interessa e volete sapere come vada a finire vi prego di aiutarmi, per capire sopratutto come favorire la lettura. Grazie a tutti quelli che la stanno leggendo. Notte notte!  :3
   
 
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