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Autore: Amanda FroudeBlack    04/08/2016    1 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo XXXII: “Una tempesta nella pancia”
 
Un’ora prima che Sirius uscisse dallo studio sbattendo la porta.
 
ORION
 
Aveva passato una vita intera a tentare di fare la cosa giusta. Si era vestito di abiti intonati alle migliori intenzioni; tuttavia, non era bastato. Il senso di inadeguatezza aveva continuato a perseguitarlo, l’impressione di non riuscire a terminare un respiro, di stare stretto nelle sue stesse vesti. Solo mentre ammirava il lavoro ormai ultimato a casa Froude, si rese conto che non si era mai sentito così bene come in quel momento. Quasi nulla gli aveva dato la meravigliosa emozione che stava provando in quel preciso istante, mentre osservava la nuova casa di Portaleen.
“Dopo i miei figli, è la terza miglior cosa che ho fatto nella mia vita,” ammise Orion. Charlus, accanto a lui, si voltò e sorrise.
“Sono sicuro che te ne stai dimenticando qualcuna,” rispose. “Non so come ringraziarti per tutto quello che hai fatto.”
Distolse lo sguardo da lui e osservò il mare, oltre la finestra dello studio; non gli era mai piaciuto ricevere ringraziamenti o complimenti di alcun tipo, non aveva mai saputo reagirvi adeguatamente.
“Silente dov’è?” domandò, tergiversando.
“Alla ricerca di un nuovo insegnante di Difesa,” rispose. “L’ennesimo.”
Da tempo, ormai, ogni estate era la stessa storia; per qualche motivo, nessun insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure riusciva a mantenere il posto per più di un anno scolastico. Aleggiava persino il sospetto che ci fosse una maledizione, su quell’incarico.
Charlus riprese a parlare, facendolo tornare alla realtà.
“Pensavo di andare a chiamare Amanda e Layla per… fare loro una sorpresa, insomma. Voglio che siano le prime a vedere quello che abbiamo costruito.”
Orion tacque un momento, poi sospirò e annuì.
“È un’ottima idea, strano che non sia venuta in mente a me,” scherzò, celando il dispiacere di dover andarsene. 
“Sicuro di non volerti fare vedere dai ragazzi?” domandò Charlus.
“Sì, è meglio così, credimi,” borbottò. Si abbottonò il mantello; fuori era visibile il vento sferzare contro le onde.
Charlus stette in silenzio qualche secondo, lo vide rovistare nella sua borsa e tirare fuori un vecchio mantello grigio e lucente, ma dall’aria un po’ logorata. Malgrado il figlio glielo restituisse ogni estate, Charlus lo usava davvero di rado.
“Potresti usare questo,” gli disse ad un certo punto, passandoglielo con un gran sorriso incoraggiante stampato sul volto. Orion lo guardò, perplesso.
“Ce l’ho, un mantello,” gli fece notare, sardonico.
“Non questo,” insistette, con una scintilla furba negli occhi.
“Già, il mio è molto più bello, non volevo che ti offendessi,” ammise Orion.
“Prendilo, davvero,” gli propose ancora. “Mettiti nell’angolo e aspetta che ritorni, i ragazzi non ti si accorgeranno che sei qui.”
Orion rimase immobile, osservando il mantello dell’Invisibilità.
“Lo so che vuoi vedere tuo figlio.”
Ebbe ancora un secondo di titubanza; dopodiché, si convinse ad indossarlo e subito vide il suo corpo sparire sotto il tessuto.
 
*
 
Si guardò intorno; lo studio era rimasto vuoto e nulla era andato come previsto. Sentì i passi lontani di Amanda e Charlus scendere lentamente le scale, diretti di nuovo verso Inishmòr, ma senza Sirius, corso chissà dove. Percepì il senso di colpa, non avrebbe mai voluto essere la causa del loro litigio e sperò che suo figlio non se la fosse presa tanto quanto gli era parso. In quel momento, non c’era nulla che potesse fare per rimediare; anzi, era piuttosto urgente che sbrigasse un’altra faccenda. Raccolse il mantello di Charlus dal pavimento e lo appoggiò sulla scrivania, si allacciò il suo, e dalla tasca interna tirò fuori la sua Giratempo. Cigolò lievemente mentre la girava quattro volte. Chiuse gli occhi perché il suo stomaco mal tollerava di tornare indietro nel tempo.
Lo studio era ancora vuoto, ma questa volta Orion sapeva che sarebbe stato così ancora per poco; si affrettò ad uscire dal retro della casa per non essere visto dal sé stesso di quel momento mentre arrivava in compagnia di Charlus. Si allontanò di qualche centinaio di metri dalla casa, per essere sicuro che gli incantesimi di protezione non fossero più attivi. Voltatosi indietro, notò che funzionavano: la casa, per quanto bene sapesse che si trovava proprio accanto al mare, in lontananza, non era più visibile. Era di nuovo possibile Smaterializzarsi.
In una manciata di secondi si ritrovò a Grimmauld Place. Guardò l’orologio della piazza, segnava le quattro del pomeriggio; il se stesso del passato era uscito da poco più di mezzora, un tempo più che sufficiente per rendere credibile il pretesto per cui era uscito - fare un salto a Nocturn Alley per gli ingredienti che gli servivano.
Si avvicinò alla porta d’ingresso ed entrò.
Kreacher gli diede il benvenuto con un inchino talmente profondo che il naso gli toccò il pavimento lindo, e Orion comprese perché quel livido sul volto faticava ad andare via.
“Già di ritorno, padron Black?”
Orion si tolse il mantello e glielo porse.
“Sì, le uova di salamandra sono state la cosa più interessante che ho visto nell’ultima mezz’ora,” affermò, avanzando in direzione del salotto. “Mia moglie dov’è?”
“Sono qui,” rispose Walburga, sbucando dalle scale. Gli rivolse un’occhiata penetrante.
“Bene,” borbottò, a disagio. “Se mi cerchi, sono nello studio.”
“Ne dubito,” fece lei, algida. Orion mosse dei passi in direzione delle scale, ma la moglie lo fermò con l’intenzione di continuare la conversazione.
“Cosa devi fare?”
“Scrivere una lettera,” ammise molto candidamente. Di solito, tra loro era un continuo battibecco, con Walburga che tentava di scoprire cosa combinasse e lui, più ermetico di una serratura alla Gringott, che continuava a non rivelarle nulla.
Walburga gli riservò un’occhiata indagatrice.
“A chi?”
“A Bellatrix,” rispose. Strattonò il braccio in modo da essere libero di andarsene; tuttavia, lei lo seguì su per le scale.
“E perché mai?”
“Per far tornare a casa Regulus. È ora, ormai.”
“Mancano ancora due settimane, prima del termine delle vacanze. Perché dovrebbe tornare ora?”
“Non capisco per quale motivo debba stare lì così a lungo. Lo voglio qui a casa.”
Raggiunse la porta dello studio, tuttavia Walburga continuava ad importunarlo.
“Per farci cosa? Rammollirlo? Penso che più ti stia lontano, meglio sia.”
“Tutt’altro. Se deve sostenere gli ideali del Signore Oscuro, voglio che ne sia all'altezza. Me ne occuperò personalmente.”
Entrò nello studio, fortunatamente la moglie rimase sulla soglia.
“Sono sicura che Bellatrix faccia già abbastanza. Sa il fatto suo,” insistette lei.
“Sai meglio di me che sono il migliore, con gli incantesimi. Se bisogna fare qualcosa, mi piace farla nel miglior modo possibile,” terminò, avvicinandosi alla scrivania.
“Oh, sì, lo dicesti anche la prima volta che mi ingravidasti, ma poi i risultati si sono visti,” commentò Walburga, prima di uscire sbattendo la porta.
 
SIRIUS
 
Dovette aspettare di allontanarsi oltre trecento metri dalla casa, prima di riuscire a Smaterializzarsi. James lo inseguì, ma dovette ben presto arrendersi alla sua velocità; per quanto fosse il più agile a prendere un boccino, Sirius sapeva che l’amico non era mai riuscito a superarlo nella corsa.
Succedeva raramente che non volesse vedere nemmeno il suo migliore amico, ma quella era una delle volte, aveva bisogno di isolarsi coi suoi pensieri. Il problema era che se n’era andato sbattendo la porta, ma la rabbia era rimasta lì, proprio in quella stanza. La collera e la sensazione di essere stato tradito erano sparite non appena era uscito da Casa Froude. Era esattamente da quello che stava scappando. Perché non era arrabbiato? Perché aveva perdonato Amanda esattamente un secondo dopo averla guardata negli occhi? Dannazione! La sua maledetta storiella era stata talmente assurda che aveva dovuto far appello a tutta la sua forza di volontà per non ridere. Gli scappò un sorriso anche in quel momento, mentre appoggiava lo sguardo sul mare, oltre le scogliere di Moher sulle quali si era appena Materializzato. Riconobbe quella terribile sensazione, era la paura: possibile che la amasse a tal punto da riuscire a perdonarle persino l’essersi accordata con suo padre per nascondergli un’informazione così importate? Era davvero così debole? Quando era accaduto? Amanda aveva il coltello dalla parte del manico e l’aveva appena pugnalato. Era stato doloroso e frustrante. Raccolse un sasso da terra e lo gettò giù per la scogliera con un lancio, ma non percepì alcun rumore della caduta a causa del forte gorgoglio delle onde che s’infrangevano.
“Ah! Trovato!” esclamò una voce soddisfatta alle sue spalle.
Sirius si voltò e, nella penombra della sera che ormai stava scendendo, vide James avanzare verso di lui. Sbuffò e si sedette a terra.
“Vattene,” borbottò, anche se non sembrò affatto convinto.
“Come, scusa? Non ti congratuli nemmeno un po’ con me che ho beccato esattamente dove ti trovassi al primo colpo?” domandò, deluso.
Sirius gli rivolse uno sguardo perplesso e James confessò.
“E va bene, il secondo,” ammise. “Ero indeciso tra questo posto e quella collina piena di pecore che abbiamo incontrato sulla strada per venire qui.”
“Anche io,” sorrise Sirius. Lo guardò mentre si sedeva accanto a lui, le gambe a penzoloni sullo strapiombo.
“Sai, mi hai veramente stupito quando sei corso via,” continuò, con gli occhi fissi verso il tramonto. “Voglio dire, sei stato bravo… nessuna prima donna riuscirebbe a correre così velocemente sui tacchi!”
Sirius gli scoccò un’occhiata malevola.
“Avrei voluto vedere te al mio posto,” rispose, contrariato.
“No, grazie!” esclamò James. “Piuttosto, non sarei voluto essere nei panni – confusi – di Amanda.”
“Tu me l'avresti detto!” esclamò Sirius, convinto.
“Certo che l'avrei fatto,” rispose, ridendo. “Ma noi siamo anche due idioti, Sirius, mentre Amanda sa fare la cosa giusta. Vuoi davvero prendertela per questo?”
Sirius lo guardò, sbigottito.
“Le stai dando ragione?”
“Dal suo punto di vista e da quello di tutti gli altri tranne il tuo? Sì, Sir, ha ragione! Non si trattava di noi, ma di qualcosa di più grande, qualcosa di cui – tra l’altro – vorremmo far parte, a breve. Che credibilità avremmo avuto agli occhi dell’Ordine se lei non avesse mantenuto il segreto? Se ci fossimo intromessi e rischiato di mandare a monte l’intera operazione per un nostro capriccio? A questo punto, fidati, sono grato ad Amanda per averci tenuto all’oscuro di tutto!”
Sirius tacque. Non aveva affatto riflettuto su quell’aspetto della faccenda, non aveva considerato quello che lui riteneva un torto in un’ottica più generale. E James aveva dannatamente ragione. Si sentì anche un po’ ridicolo, con tutta probabilità aveva fatto la figura dell’idiota agli occhi di Charlus e di suo padre.
“Non… non ci avevo pensato,” ammise, sconvolto.
“Come potevi? Con quei tacchi… o corri o pensi!” lo canzonò James.
“Smettila,” borbottò, contrariato. “Ti sto dando ragione, che altro vuoi?”
“Me lo chiedi pure?” fece l’amico, sorpreso. “Perché siamo ancora qui?”
Sirius si alzò e si pulì i pantaloni dalla terra.
“Hai ragione,” sospirò. “Me ne sono andato come un idiota, non so nemmeno dove sia Amanda…”
“È una sensazione meravigliosa, sentirselo dire. Ora capisco le ragazze!” esclamò James, tirandosi su.
“Non dirglielo,” lo ammonì Sirius, preparandosi a Smaterializzarsi. Realizzò di dover trovare al più presto il modo di chiedere scusa alla compagna senza ammettere di aver decisamente sbagliato.
 
*

Non era in corso nessuna gara di potere nella loro relazione, nessun coltello, e non c’era stata alcuna pugnalata. La sorpresa che aveva provato nello scoprirsi all’oscuro di quella situazione e la successiva rabbia lo avevano reso completamente cieco al dolore che probabilmente stava causando ad Amanda.
Si Materializzarono proprio fuori dalla casa a Inishmòr, sicuri di trovarla ormai lì. Si era fatto buio, nel frattempo, le luci nella casa erano accese e si distinguevano bene le teste di Layla ed Evan, affacciati alla finestra accanto all’ingresso, probabilmente attirati dal sonoro crac che la smaterializzazione aveva causato.
Abbassò lo sguardo sulle scale del portico e vide Amanda accucciata su uno scalino, le ginocchia strette al petto e gli occhi gonfi. Lo guardava con un’espressione terrorizzata; le si avvicinò e fu distratto dalla porta d’ingresso della casa, che si spalancò improvvisamente. Layla uscì come una furia, i capelli biondi disegnarono una macchia mossa aggrovigliata nel buio di quella serata. Lo raggiunse e si frappose tra lei e Amanda; Sirius indietreggiò per evitare una spinta. Evan, corso dietro di lei, la trattenne per un braccio.
“Sei impazzito? È facile prendersela e scappare senza affrontare una discussione, vero?” sbraitò, furiosa.
“Layla!” esclamò James, sorpreso. “Adesso è qui, lascia che-”
“È qui perché ce l’hai portato tu!” sbottò lei, senza risparmiare a Sirius l’ennesima occhiata sprezzante. “Lui ha pensato di scappare e fare l’offeso perché è convinto che qualsiasi cosa lo riguardi! Quanto avevi pensato di stare via, Black? Ore… giorni? E poi? Saresti tornato quanto prima ti aggradava?”
“Smettila!” esclamò Sirius, indignato. “Stai esagerando. Sarei tornato subito, anche se non fosse arrivato James!”
Layla si avvicinò ancora, minacciosa, e gli puntò un dito contro.
“Mia sorella non ha bisogno di qualcuno che entra ed esce dalla sua vita a piacimento. Se vuoi esserci, devi restare. Altrimenti, sparisci e non farti più vedere. Non ci servono i codardi.”
Lay!” sbottò all’improvviso Amanda, con la voce rotta. Si alzò dallo scalino su cui era seduta affiancò la sorella.
“Chiedigli subito scusa!” esclamò, sconvolta.
“Perché dovrei? Non si è comportato da codardo, scappando via?” domandò. Sirius si morse la lingua e ricacciò indietro qualche risposta troppo impulsiva che avrebbe solo peggiorato la situazione.
“Non spetta a te dirlo!” rispose la sorella.
“Non sono d’accordo,” tentò Layla, ma fu interrotta da un gesto spazientito di Amanda.
“Va’ dentro, è una cosa che riguarda me e Sirius,” terminò, perentoria.
Evan la prese delicatamente per un braccio; Layla sostenne lo sguardo della sorella con sfida per qualche momento e oppose una leggera resistenza, ma poi si convinse a indietreggiare verso casa, senza tuttavia risparmiare un’ultima occhiataccia a Sirius.
“Ehm… James?” chiamò Evan, facendogli cenno. James parve destarsi solo in quel momento.
“Cosa? Ah, sì, certo… vi lascio soli,” borbottò. Si schiarì la voce. “Devo proprio?” domandò, seccato.
“Sì!” esclamò Sirius, e si accorse di aver parlato nello stesso momento di Amanda.
James entrò nella casa un po’ svogliatamente. Nonostante la finestra chiusa e la tenda tirata,
le ombre di ben tre teste erano visibili nel tentativo di spiarli.
Sirius tornò a guardare Amanda, stretta nelle spalle; indossava una larga felpa blu non sua, dentro cui sembrava ancora più piccola.
“Sei… sei venuto a prendere le tue cose?” domandò lei improvvisamente, con un filo di voce.
“Amanda, io-” tentò, ma la compagna lo interruppe parlando velocemente, intervallando qualche singhiozzo nel tentativo di trattenere le lacrime.
“Non tenterò di convincerti delle mie ragioni, se per te quello che ho fatto è qualcosa sopra cui non puoi passare, non c’è nulla che io possa dirti per migliorare la mia posizione. N-non posso neanche dirti che sono pentita, perché lo rifarei, sono ancora convinta che fosse la scelta migliore, Sirius, anche se ne costerebbe la nostra relazione.”
“Calmati, Amanda!” esclamò, tenendola per le spalle. “Sono qui per restare. Davvero.”
La compagna tacque e lo investì con un abbraccio quando realizzò quello che aveva detto. Sirius la strinse a sé e le accarezzò i capelli, baciandole delicatamente il capo.
“Mi dispiace… non ho realizzato subito la portata di un segreto del genere, ho pensato che riguardasse solo me, poi ho capito -  cioè, James mi ha fatto capire - che non avremmo avuto credibilità agli occhi dei membri dell’Ordine, se tu avessi tradito la promessa data,” le confessò.
Amanda sciolse l’abbraccio per guardarlo.
“Era proprio quello che volevo dirti,” intervenne Amanda, “ma poi me ne sono uscita con quella storia ridicola… non do esattamente il meglio di me sotto pressione, lo sai!”
“La storia era molto divertente,” commentò Sirius, abbozzando un sorriso. “Il Disordine dei Fringuelli? Era geniale, dovrei congratularmi.”
“Mi è venuto un colpo quando ho visto tuo padre,” continuò, parlando velocemente. “Insomma, non mi aspettavo fosse implicato proprio in quel progetto… e non sapevo nemmeno che esistesse quel progetto. Mi sento in colpa ad essergli così grata per quello che ha fatto, mentre tu continui a odiarlo. Non ti sei chiesto perché tuo padre fosse sotto quel mantello? Avrebbe potuto andarsene prima del nostro arrivo, Sirius… è rimasto perché voleva vedere te.”
“Forse aveva bisogno di sentirsi osannare per la sua rischiosa impresa, a costo di farci litigare!” esclamò, e sentì la rabbia ricominciare a montargli nella pancia.
Amanda scosse il capo, convinta.
“No, lui approva la nostra relazione, non avrebbe mai voluto metterci l’una contro l’altro, era per questo che non voleva rimanere… lo ha convinto Charlus a nascondersi sotto il Mantello e restare.”
Sirius non rispose, sopraffatto da una situazione che non era pronto a gestire. C’era sempre stata la sua famiglia da una parte e lui dall’altra. Era stato facile allontanarsene, tagliare ogni possibilità di comunicazione, grazie alla netta separazione di colori: lui bianco, loro neri, o viceversa. Non aveva mai dovuto fare i conti con delle sfumature come in quel momento; cosa doveva aspettarsi, ora che aveva scoperto che suo padre aiutava l’Ordine? Che magari anche Regulus facesse il doppio gioco? Perché la sua dannata famiglia non parlava chiaro?
“Sai cosa mi fa imbestialire?” domandò. “Che a sentir lui, mio padre è sempre stato diverso dal resto della famiglia, esattamente come me, ma non me l'ha mai mostrato. Mi ha sempre fatto sentire solo, quando in realtà non lo ero. Non dovrebbe farti sentire all'opposto, un buon padre?”
Amanda sospirò.
“Certo che dovrebbe,” rispose. “Mi... mi dispiace Sirius. Pensavo che, una volta che lo fossi venuto a sapere, vi sareste davvero riavvicinati.”
“A me spiace deluderti, invece, perché non accadrà mai,” affermò, secco. “Togliti dalla testa l’immagine di me e mio padre che corriamo verso il tramonto, okay?”
Una scintilla minacciosa illuminò lo sguardo della compagna.
“Sarebbe fantastico!” esclamò lei, trasognata.
“No, sul serio-”
“Ci penso io, non preoccuparti!” concluse Amanda, cominciando a saltellare eccitata.
Sirius alzò gli occhi al cielo e sperò che non dicesse sul serio. Senza che si dicessero nulla, le diede le spalle in modo che lei si potesse arrampicare sulla sua schiena. Amanda gli circondò il collo con le braccia, così Sirius la sollevò. Pensò che non aveva mai preso in braccio qualcuno tanto spesso se non da quando stava con Amanda, e quel modo in particolare era diventato un po’ la firma della loro relazione. Lo faceva sentire come se stesse andando tutto alla grande.
Sta andando tutto alla grande, pensò, mentre entravano finalmente in casa.
 
 
*
 
Layla non gli parlò per almeno due giorni. E si arrabbiò persino con Amanda, quando seppe che si erano riappacificati più repentinamente del solito. A quanto pare, Layla gli era affezionata più di quanto pensasse, e scoprirlo lo sorprese non poco. Amanda invece non sembrò tanto stupita.
“Ti vuole bene,” gli aveva detto la mattina dopo a colazione, passandogli i biscotti. “Più di quanto pensi, ci vede insieme continuamente e ti considera la sua famiglia. È solo delusa, nulla che non si possa sistemare. Prova a parlarle… o a portarle un libro! Di solito funziona.”
Esterrefatto da quella notizia, Sirius si presentò con tutte le buone intenzioni – ed il primo libro trovato in soffitta, per andare sul sicuro – davanti alla porta della camera di Layla, il pomeriggio successivo.
“Che vuoi,” borbottò lei a braccia conserte, sulla soglia.
Sirius si schiarì la voce e le porse il libro, ma lei non lo prese.
“Vengo in pace,” tentò con un mezzo sorriso.
Layla lo guardò male ancora per qualche secondo, prima di prestare attenzione al libro. Aprì la porta lasciandolo entrare; tuttavia, non diede alcuna attenzione all’omaggio che le aveva portato. Pensò che doveva essere davvero furiosa. Entrò, ma rimase in piedi, guardandosi intorno. Appoggiò il libro sul letto.
“Mi sono accorto che hai ancora qualche problema a salutarmi e… beh, in generale a considerare la mia esistenza,” affermò, ironico.
“Meno male che non sei quello furbo del gruppo,” disse fra i denti, lasciandosi cadere sul letto. In quello era identica a sua sorella.
Sirius sospirò, seccato.
“Vuoi una lettera di scuse?” sbottò. “Una dichiarazione formale in cui mi impegno a non andarmene? Mi sono scusato, Lay, ti ho detto che mi dispiace e che non me ne andrò più! Francamente, penso che tu stia esagerando!”
Lei gli rivolse uno sguardo tagliente.
“Pensi di sapere tutto, vero?” gli domandò all’improvviso, alzandosi e raggiungendolo. “Di come funziona il mondo, di come si trattano le persone? Eppure, commetti sempre lo stesso errore, perché credi che siano sempre gli altri ad esagerare e a sbagliare! Non mi sarei dovuta stupire quando sei scappato da mia sorella, in fondo l’avevi già fatto con tuo fratello-”
“Non – osare!” proruppe, arrabbiato, ma Layla lo scavalcò ancora.
TU – NON – OSARE!” urlò. “Sei convinto che esista solo il tuo, di coraggio, quello di affrontare le cose di petto o fregarsene e scappare, ma non è così. C’è anche chi ha il coraggio di restare, ed è molto più difficile di quanto tu possa immaginare!”
Sirius non seppe dove trovò l’autocontrollo per zittirsi e non inveire contro Layla.
“All’improvviso ricominci a parlare di mio fratello come se nulla fosse,” commentò piano, sospettoso. “E parli di coraggio come se ne sapessi qualcosa.”
“Puoi dirlo forte,” rispose, sostenendo il suo sguardo.
“Già,” rispose, “detto da chi ha riposto malamente la fiducia in mio fratello, è un po’ ridicolo.”
Si pentì immediatamente di averlo detto. Nemmeno lo pensava, in realtà, era solo arrabbiato a causa di tutto il veleno che lei gli aveva sputato addosso. Gli occhi di Layla si assottigliarono, ma non reagì con la furia che si aspettava.
“Ti avviso che se eri venuto qui per sistemare le cose, non stai facendo un buon lavoro.”
“Per me, questa situazione è assurda, Lay,” ammise.
“Per me no, Sirius. Perché per me eri un fratello, e i fratelli non se ne vanno, tutto qua.”
“Lo sono ancora, Layla, puoi fidarti,” rispose, convinto. Lei tacque, interessata di più al libro che le aveva portato, ancora sul letto. Iniziò a sfogliarlo e si immobilizzò.
“Dove l’hai preso?” chiese, con lo sguardo sconvolto.
Sirius aggrottò la fronte.
“In soffitta,” rispose, perplesso. “Era in uno scatolone insieme a tanti altri libri… perché?”
Layla si alzò in uno scatto repentino e gli mostrò alcune pagine. Non era un libro, ma un diario.
“Questo è il diario di mia madre, Sir!” esclamò, eccitata. Si diresse verso la porta e la spalancò, chiamando a gran voce sua sorella. Non ci fu alcun bisogno di cercarla, tuttavia, poiché sulla soglia della camera la trovarono ad origliare insieme a James e Jaded.
“Seriamente, ragazzi, quando vi farete una vita?” domandò Sirius, seccato.
“Mandy, guarda!” disse Layla, passandole il diario.
“È la scrittura di mamma,” mormorò Amanda, stupefatta.
Sirius si sentì tutti gli sguardi addosso.
“Ho aperto il primo scatolone che ho trovato in soffitta,” si giustificò lui, facendo spallucce. “Non sono stato a guardare nemmeno il titolo, era sopra tutti gli atri libri e l’ho preso!”
“C’è una soffitta?” domandò Jaded. “Io adoro le soffitte!”
“Altri libri? Caspita, pensavamo di aver perso tutti i ricordi!” esclamò Amanda, felice.
“Quindi c’è altra roba?” domandò James, curioso.
Sirius fece loro strada in una soffitta buia e piena di polvere. Accesero la luce e li portò nel punto esatto in cui si trovava lo scatolone da cui aveva preso il diario. Ora che lo esaminava meglio, vide scritto in un angolo della scatola ‘Mary Anne, Hogwarts’.
Amanda e Layla si abbassarono per aprirlo con foga, e si trovarono davanti ogni tipo di materiale scolastico degli anni scolastici della loro madre, dalle piume alle pergamene, dai diari scolastici ad appunti, da libri a saggi scritti fittamente… e poi album pieni di fotografie, gli oggetti più disparati, tutti riposti in modo meticoloso e ordinato.
“Perché la mamma non aveva questi ricordi nella nostra casa?” domandò Amanda, perplessa, mentre annusava degli appunti scritti su fogli di pergamena.
“Forse perché papà poteva essere infastidito da queste,” rispose prontamente Layla, mostrando ad Amanda delle foto.
Sirius si avvicinò e scorse in quelle foto sbiadite e in bianco e nero dei volti sorridenti. Erano per lo più foto di gruppo, probabilmente di classi e gruppi scolastici, ma in parecchie di queste, Orion e Mary Anne erano uno accanto all’altra e sorridevano, piuttosto complici.
“Cavolo, Sir, hanno ragione a dire che siete identici,” affermò Jaded, con una foto tra le mani.
“Sembra una di quelle scatole in cui metti tutte le cose che ti ricordano il tuo ex, avete presente?” continuò Jaded, sfogliando degli appunti. James sbirciò.
“Questi non credo siano di vostra madre, la scrittura è diversa. ‘Per Scheggia, guai a te se non me li restituisci’,” lesse James.
Sirius li prese tra le mani e riconobbe subito la calligrafia.
“Sono di mio padre,” mormorò.
“Lo so che non dovrei, ma li vedevo così bene insieme!” esclamò Jaded. “Dai, guardate che coppia meravigliosa!” aggiunse, mostrando una foto a supporto della sua opinione.
“Jade!” esclamò Layla, imbarazzata.
“Non rimproverare me, sono sicura che anche tua sorella la pensi come me!” si difese, mentre Amanda arrossiva piuttosto vistosamente.
“Hey, Sir, guarda!” esclamò Amanda, cambiando argomento. Tirò fuori dalla scatola un portachiavi in cuoio rosso scuro. “Potresti usarlo per le chiavi della moto, è anche del tuo colore preferito!”
“Il rosso non è il mio colore preferito,” puntualizzò Sirius.
“Sì che lo è, lo indossi spesso,” insistette la compagna.
“Questo è vero, ma perché sono un Grifondoro.”
“Il suo colore preferito è il blu,” s’intromise Jaded. La tecnica di depistaggio aveva funzionato. “Ma non usa nulla di quel colore perché non vuole stancarsene.”
“Cosa? Non è vero!” esclamò Amanda. Sirius, tuttavia, tacque. “E non ha nemmeno senso!”
“Tu sei l'ultima che può giudicare cosa abbia senso o no,” borbottò lui. “E no, Jade, il mio colore preferito non è nemmeno il blu.”
“Che cosa?” fece lei, sconvolta. “E allora quella maglietta che t- che James ti ha regalato per il tuo compleanno due anni fa? Dicesti 'È il mio colore preferito, ma non la metterò mai per paura che mi stanchi'!”
“Non ricordo nessuna maglietta,” borbottò James, sospettoso, ma Jaded lo interruppe, infervorata. “Mi stai dicendo che era una bugia?”
“Beh, sì, non volevo che ci rimanessi - cioè, che James ci rimanesse male!”
“Sei stato molto carino a farti questi problemi, mi sento in colpa a non ricordarmene,” continuò l’amico, pensieroso.
“Non ho un colore preferito… Nemmeno li distinguo, sono un uomo,” concluse lui, esasperato. Senza dire altro si intascò il portachiavi, evitando di domandarsi a chi fosse appartenuto.
 

 
REGULUS
 
Non aveva idea del motivo per cui suo padre volesse andare a Diagon Alley con così tanto anticipo. In fondo, mancavano ancora dieci giorni prima del ritorno ad Hogwarts. Tuttavia, ne era contento; con tutta probabilità, gli studenti novelli si sarebbero accalcati tutti nell’ultima settimana, e andarci con quell’anticipo e fare gli acquisti scolastici di cui necessitava prima dell’inizio del nuovo anno sarebbe stato molto meno stressante e affollato. Aveva supposto che suo padre avesse fatto lo stesso ragionamento; tuttavia, notando il clima nervoso in casa da quella mattina, comprese che l’unico motivo era togliersi da Grimmauld Place e dalle occhiate gelide di Walburga Black.
Era tornato a casa solo da qualche giorno, e malgrado avesse passato gran parte dell’estate a casa di Bellatrix imparando qualsiasi tipo di incantesimo oscuro, non riusciva affatto ad adattarsi al clima di tensione di casa sua.
Regulus scese le scale e raggiunse il corridoio a ridosso dell’entrata, dove suo padre lo attendeva.
“Sei pronto?” gli chiese, allacciandosi il mantello.
Regulus annuì. Sentì dei passi alle sue spalle, e si voltò, scorgendo sua madre che si avvicinava. Le labbra erano strette, gli angoli della bocca andavano verso il basso, indicando un certo disappunto di fondo in qualsiasi espressione facesse, un po’ come un atteggiamento nei confronti di quella vita, in generale.
“L’ho capito che te ne stai andando solamente per non avermi intorno,” disse Walburga, indispettita.
Orion la guardò, perplesso.
“Se così non fosse stato, mi ero assicurato che Kreacher te lo dicesse,” la rassicurò Orion, aprendo la porta.
 
*
 
A quanto pare, parecchi studenti che si apprestavano a frequentare il primo anno ad Hogwarts avevano avuto l’idea di mettersi avanti con gli acquisti. Madama McClan era gremita di undicenni scalpitanti, e il chiasso era udibile persino da fuori il negozio.
Regulus e suo padre fissarono l’interno del negozio per un tempo indefinito, attraverso i vetri.
“Non me la sento di entrare,” borbottò Regulus.
Orion annuì.
“Te ne sono grato,” rispose il padre. “Guarda che fila, dovrebbe essere illegale! Comprerai il mantello che ti serve ad Hogsmeade.”
Si voltarono verso la strada, suo padre gli sorrise. Nell’ultimo periodo, nonostante il clima di tensione alle stelle in casa, notava che sorrideva molto di più. Inoltre, la lettera che aveva ricevuto da lui lo aveva stupito; aveva insistito affinché tornasse a casa, e una volta che vi aveva messo piede dentro, lo aveva reso complice di un grandissimo segreto. Evidentemente, suo padre lo conosceva più di quanto fosse disposto ad ammettere e aveva capito che la strada da lui intrapresa qualche mese fa non rispecchiava la sua devozione al Signore Oscuro. Non l’aveva giudicato, bensì aiutato: gli aveva proposto di insegnargli a controllare i propri pensieri e a schermare la mente da qualsiasi intrusione. Regulus non sapeva dell’esistenza di questa branca della magia, chiamata Occlumanzia, ma capì di averne estremamente bisogno, così aveva accettato. A sua madre, avevano raccontato di lavorare per potenziare gli incantesimi oscuri che aveva appreso da Bellatrix, e condividere questo segreto li aveva avvicinati ulteriormente.
Mentre si perdeva in questi pensieri, l’insegna di Wiseacre’s lo fece tornare alla realtà. Amava quel negozio, e gli piaceva soprattutto il fatto che, inspiegabilmente, non a tutti interessava l’Astronomia, e che quindi spesso il negozio contasse pochissimi clienti. Si fermò davanti alla vetrina, ammirando gli ultimi telescopi magici, dotati addirittura di mappe astrali che disegnavano perfettamente tutto ciò che vedevi attraverso le lenti.
“Vuoi entrare?” chiese suo padre, occupato a guardare l’interno del negozio.
Regulus fece una smorfia, tentando invano di celare un certo interesse.
“Vai pure, quest’anno hai bisogno di un buon telescopio, se vuoi fare Astronomia Avanzata,” insistette. “Io ti aspetterò facendo un giro nel negozio accanto, ho bisogno di alcune beute.”
Senza farselo ripetere due volte, entrò nel negozio e si diresse nella parte di negozio in cui sapeva che avrebbe trovato ciò che gli serviva. Superò gli scaffali con i libri e raggiunse la zona dei telescopi. Erano appoggiati su un grande tavolo, ordinati per grandezza e modello. Perse qualche minuto ad ispezionarli accuratamente, allontanando anche il proprietario, un anziano petulante che intendeva consigliarlo nella scelta.
“So di cosa ho bisogno, non c’è bisogno che me ne parli come se fossi una…”
La voce dietro di lui si arrestò, giusto in tempo per gelargli il sangue nelle vene. Regulus si voltò e a pochi passi da lui vide Layla.
“…novellina,” terminò, senza togliergli gli occhi di dosso.
Regulus guardò il proprietario, che sembrava infastidito di non essere d’aiuto, quel pomeriggio.
“Bene,” borbottò il vecchio. Guardò a occhi stretti entrambi. “Quando avete scelto, io sono alla cassa,” terminò. Diede le spalle ad entrambi e sparì dietro uno scaffale.
Regulus e Layla rimasero a fissarsi per secondi interminabili. Il sangue era tornato della giusta temperatura nelle proprie vene, ma, in compenso, il cuore aveva preso a battere in un modo che non riusciva a controllare. Gli faceva quasi male.
Che senso aveva avuto evitarla per tutta l’estate, se rivederla così, all’improvviso, gli dava quell’effetto? Aveva lavorato tanto, per non pensarci, si era sforzato di dimenticarsi il suo volto, il modo in cui gesticolava, il colore dei suoi capelli, la sua voce… il modo buffo in cui pronunciava alcune parole… gli tornò in mente tutto improvvisamente mentre la guardava.
“Ciao,” lo salutò Layla, con un filo di voce.
Senza volere, Regulus sorrise. Per tutta l’estate aveva temuto che lo odiasse, e invece lo aveva salutato. Lei ricambiò il sorriso timidamente, lo stomaco di Regulus fece qualche capriola.
“Ciao,” rispose, mentre mille domande cominciavano ad affollargli la mente. “Come stai? Come è andata l’estate?”
Layla si avvicinò ad un telescopio, proprio accanto a lui, e si guardò intorno per essere sicura che nessuno li stesse guardando. In effetti, essere visti in quel momento era difficile, siccome il negozio era praticamente vuoto e la vetrina non era visibile da quel punto. A Regulus tornò in mente suo padre: possibile che avesse insistito a farlo entrare perché aveva già notato la presenza di Layla?
“Bene, tutto sommato…” rispose, evasiva. “La tua?”
“Pessima,” rispose prontamente. “Ma non è una novità. Sono venuto qui sperando di fare acquisti veloci, per non trovare confusione gli ultimi giorni, ma-”
“Caspita, anche io!” lo interruppe lei, esasperata. “E hai visto che folla? Da dove saltano fuori tutte queste persone? Io odio le persone!”
Regulus notò che aveva iniziato a gesticolare e parlare velocemente, e, come ogni volta che era nervosa, si contorceva le dita. Rise.
“Lo so, Lay.”
“Loro… sono maleducate e toccano qualsiasi cosa,” continuò Layla.
“Non hanno rispetto per i libri,” aggiunse Regulus.
“E nemmeno per le file!” esclamò Layla.
“Sono rumorose.”
“Insopportabili.”
Si guardarono per qualche secondo, Regulus si accorse che si erano avvicinati ancora di più. Si voltò verso il telescopio.
“S-sei qui per uno di questi?” borbottò. Indicò quello che stava provando. “Credo che questo sia il migliore.”
“Credo anch’io,” mormorò Layla. “Posso?”
Regulus annuì e si fece da parte. Layla si avvicinò al telescopio e lo osservò per qualche momento, poi si girò verso di lui.
“Ti servirà per il corso di Astronomia Avanzata?” gli chiese. Regulus annuì.
“Immagino che i G.U.F.O. siano andati benissimo, allora,” suppose.
“Già,” rispose, con un mezzo sorriso.
“Non avevo dubbi,” sorrise lei.
“Davvero?”
Layla annuì, convinta.
“Se c’è qualcuno che non crede in te, o è un idiota, o sei tu.”
Regulus tacque, mentre si sentiva spogliare da quello sguardo. Non disse nulla nemmeno quando sentì le proprie dita, fuori controllo, entrare in contatto con quelle di Layla e sfiorarsi. Tacque persino quando, con l’altra mano, le sfiorò il viso.
“C-come va con Loraine?” sussurrò Layla, il cui respiro pareva essersi fermato.
“Chi?” fece Regulus, completamente stordito dal suo odore, ormai troppo vicino.
Le loro labbra si unirono finalmente, con impazienza. E fu come una tempesta nella pancia, una scossa lungo tutta la spina dorsale, come la terra sotto i piedi che si sgretola.
 


 
 
Note:
Arrivo in punta di piedi perché rischio il linciaggio per vari motivi:
  • Ritardissimissimo
  • QUESTA FINE DI CAPITOLO
Per il primo motivo vi chiedo immensamente scusa, ho avuto una sessione esami super impegnativa (e andata mooolto bene, tutto secondo i programmi), in più c’è da dire che tra lavoro e università ero talmente impegnata che persino quando mi sono liberata del fattore università ero talmente provata da non avere nemmeno la forza di scrivere. Ho avuto un piccolo blocco, durato un po’ di tempo, è stato terribile ma spero sia passato. Il problema è che ho tentato di scrivere anche col blocco in corso, quindi penso che in alcuni passaggi (nel pov di Sirius) si noti anche!
La parte di Regulus è stata molto più scorrevole (l’ho fatta tra ieri e oggi, per dire XD), quindi boh, forse è davvero solo un momento!
BTW, alcune considerazioni:
  • Amanda/Sirius: dai, volevate farli stare così divisi per tanto? Non ce la possono fare, ciccettini <3
  • Layla si è arrabbiata tantissimo e sì, forse ha un po’ esagerato, ma lei teme l’abbandono in generale, visto ciò che le è successo, quindi è giustificabile;
  • Regulus/Layla: non mi esprimo, al momento ho gli occhi a cuoricino!
Io vi lascio perché fare una nota lunga non fa che posticipare il momento della pubblicazione e invece io voglio postare il capitolo oraaaaaa!
Besos <3
 
Amanda
 
   
 
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