Oh
My Doctor
NdA:
Missing moment qualsiasi di un qualsiasi
giorno in cui Will e Nico sono semplicemente tanto carini e felici (e
il mondo
non rischia di implodere da un momento all’altro, anche se
Leo ci sta
lavorando).
In
cui Nico è ammalato e Will è il suo dottore (ma
rischia di essere davvero poco professionale, quando si tratta di lui).
Tanto
fluff, tanto amore, tanti germi.
«Etciù!»
«Salute».
Will
sfila il termometro dalla bocca imbronciata
di Nico con un sorriso intenerito.
«Io
non sono affatto ammalato» ribadisce ancora
una volta il ragazzo, cercando di imprimere nelle sue parole quanta
più
convinzione riesce a racimolare. Peccato che esca qualcosa di molto
simile a
“io non sodo – etciù! - affaddo ammalado”.
«Be’,
il termometro dice il contrario.»
Nico
si alza di scatto dal lettino
dell’infermeria, con l’espressione adorabilmente
confusa. «Cosa? Non è vero!»
Riesce
a dire prima che Will lo rispinga a
sdraiarsi. «Voglio vedere! Non può assolutamente
essere vero!»
«Giù,
stai giù Nico; non le vuoi le pastiglie,
dico bene?»
Nico
ha una sensazione di dejà vu, e per un attimo
è Bianca a tenerlo ancorato alle coperte, ferma e
apprensiva. Poi è Maria di
Angelo. Quando torna a essere quello di Will, il volto che lo guarda
preoccupato, chiude gli occhi con un sospiro.
«Stai
bene?» gli domanda il ragazzo, passandogli
una mano sulla fronte e una sul polso, due carezze che hanno
l’intento di
sincerarsi della sua temperatura e del suo battito.
«Benissimo.
Se controlli il termometro…»
«Sono
piuttosto sicuro che tu non abbia una
temperatura corporea di dodici gradi, ghiacciolino
mio» Nico socchiude gli occhi quando Will gli passa
le mani fra i capelli e
lo fissa attraverso le ciglia. «E so anche che non sai di, uhm, tè al limone?»
Nico
sa che dovrebbe essere imbarazzato, forse
anche schifato, perché Will ha appena posato le labbra dove
prima c’erano le
sue, e anche perché Will conosce il suo sapore meglio di
quello del tè al
limone.
Invece
dice solo: «Attento, potresti prenderti i miei
germi».
Will
gli rivolge un sorriso di quelli che fanno
luce. «Ecco, lo sapevo, lo hai ammesso, sei malato. Come tuo
dottore, prescrivo
una settimana in infermeria sotto il mio vigile sguardo».
Nico
sbuffa, il calore corporeo che sale di un
altro po’ – forse è la febbre, forse
l’imbarazzo, forse solo il sorriso di sole
di Will.
«Come
se cambiasse qualcosa dal solito» borbotta,
ma in realtà è felice e basta – quando
ha la testa che pesa il triplo del
normale può ammetterlo, perlomeno a se stesso.
Will
si sdraia accanto a lui con il sorriso ancora
stampato sulle labbra. Will è bollente – la sua
normale temperatura, come se il
sole gli scorresse nelle vene – ma non come Nico –
che fra l’altro si sente
avvampare, ancora di più, e forse prenderà fuoco.
Il
lettino è troppo piccolo per entrambi, ma non
gli dispiace. In realtà, gli piace da impazzire.
Sbuffa
– qualcosa tipo “dovrei riposare, io”, ma
non ci crede nessuno dei due – e poi Will lo bacia.
«Non
dovresti, davvero, ti passerò qualcosa».
Will
sogghigna malandrino – Nico non lo può
vedere, ma sente le labbra che si curvano contro le sue.
«Sono
il tuo dottore. Lasciami fare».
Una
settimana dopo, Nico è stato dimesso e Will si
trova nella casa numero tredici, a fissare il soffitto di ossidiana,
affondato
fra le coltri color sangue di un letto inquietantemente morbido
– è sicuro che
potrebbe sprofondarci e sparire, ma forse sono solo i pensieri
annebbiati.
«Io
non sono assolutamente malato. Assolutamente.
Devo andare in infermeria, Paolo si è slogato una
caviglia».
«In
realtà entrambe».
«Devo
andare in infermeria».
Nico
lo fissa un paio di secondi, prima di fargli
cenno con la mano verso la porta. «Vai».
Will
si mette in piedi con convinzione, ma la
testa gli gira e in due secondi la sua faccia è nuovamente
affondata nel
cuscino di Nico.
«Okay,
forse sto male».
Nico
gli porge il termometro – quello che è
misteriosamente scomparso dall’infermeria due giorni prima.
«Grazie
al cielo ho gli anticorpi».