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Autore: winterlover97    11/08/2016    2 recensioni
prima fanfiction nel fandom di Sherlock, siate clementi.
Detto sinceramente non tutti appaiono forti come sembrano. Allo stesso modo la stronzaggine non è che una maschera che certe volte si adotta per poter andare avanti. Tutti noi lo facciamo, voglia come meccanismo di difesa o per abitudine.
E' anche quello che fa Edith Willows, pronipote della signora Hudson, oltre ad andare bene a scuola cacciarsi nei guai per la sua lingua troppo lunga. Arrivata a Londra si stabilisce nella stanza libera, costituendo la terza inquilina di Baker Street, insieme a Sherlock Holmes e John Watson. Non farà difficoltà ad adattarsi, sia per il fatto che possiede una spiccata intelligenza, sia per il fatto che vorrebbe ricostruirsi una vita totalmente diversa da quella della vecchia Edith.
Cosa può andare storto, se non omicidi, un consulente investigativo enigmatico, un consulente criminale psicopatico ma tremendamente affascinante e la ricerca di qualcosa di banale e fin troppo scontato come la felicità.
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Cos'è la polvere se niente altro che i ricordi che si accumulano?

La stanza è molto spaziosa in confronto a quella che usavo a casa mia. Aprii le serande in modo da lasciar entrare della luce e notai che non c'era affatto polvere. Tuttavia l'odore di chiuso era come se fosse stato assorbito dalle pareti, quindi aprii anche la finestra. 
Se c'era qualcosa che odiavo con tutto il cuore è l'odore persistente di chiuso. Lo stesso odore che mi suscita la polvere nei solai. Ricordi su ricordi che ti assalgono e fanno venire il magone. Per quanto ami le librerie e i negozi di antiquariato prima di entrare in una stanza chiusa da troppo tempo e polverosa devo farmi violenza mentale e prepararmi psicologicamente, è più forte di me, non riesco a sopportare il peso che i ricordi abbiano. 
Fortunatamente mia zia ci ha pensato, ha spolverato tutto per bene e ora sembra nuova la stanza, l'azzurro delle pareti non sembra vecchio di un paio di anni, anzi, le lenzuola sono bianche, linde e pulite, mentre i mobili, semplici e di legno chiaro, fanno la loro figura.

Abbandonato i bagagli e la custodia con la chitarra elettrica sul pavimento e sul letto, andai al piano di sotto per vedere la cucina. Essa, a quanto avevo notato, era di piccole dimensioni ma questo non mi avrebbe allontanato da cucinare qualcosa di buono e gustoso come il cibo Italiano. Purtroppo ciò che vidi fu il caos. Provette sparse ovunque (però ben catalogate con nomi, codici di riconoscimento), il microscopio di ultima generazione tenuto con cura, fogli, vetrini, strumenti degni del piccolo chimico o che farebbero invidia al laboratorio della scuola che frequentavo. Curiosai attorno: occhi umani nel microonde, vaschette con dubbio contenuto nel frigo, anche se dubito sia commestibile a meno che non si faccia poi una lavanda gastrica. Ebbi ad ogni modo la cura di non fare domande.

"Sei pregata di non toccare nulla. Nessun contenitore o prova deve essere toccata, sono esperimenti."
A parlare fu Sherlock. Chiusi il frigo e ribattei.
"Non sto toccando nulla, se non la maniglia del frigo."
"Però hai toccato alcune delle vaschette che erano in frigo."
Voltai la testa e lo osservai attentamente: era sdraiato placidamente sul divano, mani giunte al di sotto del mento, maniche della camicia azzurra arrotolate fino ai gomiti. Ancora non riuscivo a realizzare come avesse potuto capire che avevo guardato nel frigo, spostato le vaschette per vederne il contenuto, sebbene fosse rimasto stravaccato in modo composto sul divano a riflettere su chissà quale cosa a distanza di tre-quattro metri da me.

"Edith Willows. 19 anni, di fuori Londra, con un rapporto problematico con la famiglia, i compagni di classe a scuola..."
"Ex compagni di classe idioti, non compagni di classe." Precisai
Sogghignò poi riprese a parlare.
"Comunque, come testimonia il livido sull'occhio e i cerotti sulle nocche. Fammi pensare... L'altro era il doppio di te? Corporatura robusta, ma privo di cervello? Dettagli futili. Ottima media a scuola, ma nonostante questo, hai avuto dei problemi con il corpo docente. Avevi un gatto, che stava fuori casa e che immagino stia per venire a farti compagnia qui, come testimoniano i peli sul colletto della camicia."
Non dissi nulla. Lo ammetto, una persona normale non avrebbe potuto dire queste cose su di me con una semplice occhiata, però non mi scomposi, era semplicemente bravo ad osservare a quanto fa vedere, e a dedurre. 
"Tutto corretto, solo, giusto per precisare, l'altro, quello senza cervello che ha avuto la mancanza di buon senso, è di una decina di chili più di me, anche se la sua corporatura dimostra il doppio perché fa molto sport. Tuttavia, Sherlock, cosa dovremmo dire di te?"
Voltò la testa verso di me e si soffermò ad ascoltarmi. 
Mi sedetti sulla poltrona in centro alla stanza poi proseguii "potremmo dire che non sei figlio unico, che hai un vizio con il fumo, ma che stai cercando di combatterlo, che non mangi da, vediamo... Trentasei ore? Però non vieni intaccato nel fisico o nel ragionamento. Sai di essere superiore agli altri, lo vuoi far pesare in modo più che smisurato. Suoni uno strumento, come si può vedere sia dall'arco di violino sul mobile dietro al divano, sia per il pentagramma sul caminetto."
Fece una smorfia strana, poi bofonchiò "notevole, davvero notevole."

Suonò il campanello, poi, udimmo dei passi affrettati per le scale e mia zia fece capolino dalla porta con una gabbietta in mano.
"Edith, cara, è arrivato il tuo gatto, devo dire che è in anticipo, e che si sta arrabbiando e non poco nel trasportino. Vi porto del tea."
Presi la gabbietta e la aprii, il gatto, del peso di tre chili o più, mi si aggrappò alla camicia e miagolò in modo contrariato. Lo accarezzai sotto il muso, poi lo lasciai a terra, libero di sgranchirsi le zampe. 
John nel frattempo era tornato con la spesa. 
"La signora Hudson mi ha già detto del gatto, la lettiera la possiamo mettere nella stesa in disuso di lá. Siete riusciti a non sbranarvi a quanto vedo..."
Disse contento. Nel frattempo, il gatto (Felix), si era appollaiato sul suo grembo e Sherlock aveva assunto una faccia indescrivibile. 
Fece per ribattere, ma lo precedetti
"Per quanto sia strano, che lui odi gli estranei, con te sembra essere a proprio agio, quindi non essere intimorito da un gatto, il massimo che può fare sono delle fusa."
Boccheggiò poi non disse nulla, lasciando me soddisfatta, e John allibito 





 

Angolo autrice...
Buon giorno!
Eccomi qui con il secondo capitolo, so che è corto e poco entusiasmante, però spero che vi piaccia comunque è che vi induca a lasciare una piccola recensione. 
Alla prossima!

 
   
 
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