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Autore: Wolf_394    11/08/2016    0 recensioni
A Lucisis, un villaggio su una delle tredici isole sparse per il mondo, è perennemente buio.
L'Uomo Ombra, con le sue Ombre, ha portato l'oscurità totale e, con i suoi Draghi Neri, ha portato il gelo.
Cinque ragazzi verranno scelti per combattere l'Uomo Ombra e riportare la luce a Lucisis.
Questa è la storia di Helen Seclusion, Frost Kemble, Laegwen Teriber, Vivis Christer e Pitcher Christer e del loro viaggio verso una grande guerra, una guerra in cui combatteranno Luce ed Oscurità.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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30 Agosto 1450 A.a.C.
Luna Calante

L'uomo pingue dai capelli corvini e lucenti si piazzò dinanzi a Helen. La fissava sorridente, fiero di lei. 

«Helen» iniziò lui, con la sua voce roca, «sono davvero contento che ti sia unita a noi, finalmente ti sei decisa!» - rise di gusto, dentro di sé esplodeva di gioia.

«L'Uomo Ombra non ha alcuna possibilità contro voi cinque!» - detto questo, il grasso si allontanò, continuando a festeggiare con sé stesso.
La ragazza quasi sorrise ai complimenti di Viktor, poi, con tutte le articolazioni del suo corpo doloranti, si gettò a terra, esausta, facendo sì che i suoi capelli bruni si annodassero, inglobando qualsiasi cosa a terra si trovasse. Il resto del gruppo, accorgendosene, rise, schernendola, in seguito i quattro si avvicinarono a lei e la circondarono, inginocchiandosi per avvicinarsi al suo viso.

«Davvero brava, Helen» esclamò Vivis, sorridendo.

«Sì, a fare la bella statuina» rise il consanguineo, «a quanto pare un Drago l'aveva congelata con i suoi occhi ammalianti» - dopo la squallida battuta i due fratelli esplosero in una sonora risata. Helen sorrise.
Laegwen porse la mano all'amica per farla alzare, e anche lei si complimentò, seguita poi da Frost. Helen si grattò la nuca, imbarazzata, poi sorrise dolcemente. 

Tutti rincasarono, stremati.
La lunga e frenetica serata di Helen terminò con un tuffo fra le morbide, calde coperte di tessuto bianco del comodo letto. 
Helen non ci mise molto a cadere fra le braccia di Morfeo, dopotutto aveva appena affrontato una delle sue più grandi paure, aveva appena superato il suo limite, ed aveva fatto in modo che questo venisse definitivamente distrutto, poiché i limiti non esistono realmente, l'unica cosa che può fermarci è il nostro pensiero e la nostra volontà.

«Non ti lascerò mai, non ti lasceremo mai... oh, bambina mia...»

Dopo qualche ora di riposo la luna bianco latte tramontò e lo scuro sole sorse. 
Helen, ancora profondamente addormentata ed assuefatta nel suo strano sogno, si rigirò più e più volte fra le candide lenzuola, cercando una posizione per non udire il frastuono che proveniva dall'esterno della sua modesta dimora. Alla fine si destò, non riuscendo ad evitare di ascoltare il continuo e martellante vocio degli abitanti di Lucisis, che sembravano estremamente preoccupati e confusi. La ragazza, ancora stordita dall'improvviso risveglio, non riuscì a distinguere parola alcuna dal continuo parlottare delle persone ammucchiate davanti alla sua finestra, così, di mala voglia, decise di alzarsi ed uscire per capire cosa stesse succedendo. Si avvicinò a passi pesanti alla porta e la aprì, venendo colpita da un'algida brezza che la fece rinfrancare.

«Che succede qui...?» farfugliò ella.
La ragazza non ricevette alcuna risposta, così decise d'intrufolarsi nella bolgia per vedere cosa tutti stessero fissando con tanta curiosità e confusione. 
Helen passò tra le persone come un gatto fra le strette grate di un cancello e, agilmente, dopo qualche gomitata data e ricevuta, riuscì a raggiungere il pezzo di strada che tutti circondavano. 
A prima occhiata Helen non notò nulla di strano, poi si accorse di una grande pozza di liquido nero, apparentemente viscido, subito seguita da una scia di gocce e piccole pozzanghere dello stesso.
Lucisisiani continuavano a parlare fra loro, ponendosi svariate domande come, ad esempio:

«Cos'è quella melma?»

«Da dove proviene?»

O persino:

«Sarà commestibile?» 

La ragazza si avvicinò alla sostanza e, dubbiosa, la fissava, notandone la lucentezza, difatti, il liquido corvino rifletteva la fiammella delle candele e delle lanterne che gli abitanti tenevano per illuminare il pezzo di strada dove tutti si trovavano. In quel momento, Viktor s'introdusse bruscamente nella confusa conversazione. 

«NESSUNO LO TOCCHI!» tuonò con voce altisonante, «nessuno lo tocchi...»
Helen sussultò al suo arrivo, allontanandosi dalla melma color pece. Si alzò scattante in piedi e si mise sull'attenti.
La folla si divise in due, di modo che si creasse uno spazio nel quale Viktor potesse passare; solo Helen non si mosse, si girò e volse lo sguardo all'uomo corpulento, chiedendosi cosa volesse. 
Viktor si spostava lentamente ed in modo molto goffo, poiché la strada che gli abitanti avevano creato scansandosi non era larga abbastanza per permettergli il passaggio.

«Oh Dio mio, ma tu sei proprio ovunque! - esclamò lei, infastidita - cosa c'è ora?»
Viktor raggiunse Helen e si mise di fronte a lei, la guardò con occhi truci e lei ricambiò lo sguardo. 

«Questo che avete davanti e che osservate con tanta curiosità è sangue di Ombra!» annunciò egli. 
Il silenzio venne rotto bruscamente dal forte vociare degli abitanti, straniti.

«Qualcuno è riuscito a ferire un'Ombra! Ma come?» si domandavano tutti, perplessi.

«E tu come fai a saperlo, di grazia?» gli chiese ella con un sorriso scettico, «E perché non dovremmo toccarlo? È sangue, mica magma!» continuò poi. 

«Perché ti trasformeresti in un mostro...» le rispose egli con tono smorzato.
Tutti fissavano il capo villaggio, incuriositi, altri, invece, abbassarono lo sguardo, come se già sapessero di cosa lui stesse parlando.
Helen non ebbe il coraggio di chiedere, ma Viktor intuì dalle sue sopracciglia corrucciate che la ragazza era molto curiosa, come tutti gli altri d'altronde.

«Anni fa, quando avevo circa quindici anni, persi un mio caro amico. A quei tempi il sole splendeva ancora, non v'era l'Oscurità, né si conosceva qualcosa riguardo Ombre o Draghi Neri. Mi stavo tranquillamente facendo i fatti miei, passeggiando per le strade del villaggio, quando qualcosa d'invisibile mi colpì, gettandomi a terra. Non capii cosa fosse e non riuscii a difendermi, tant'è che quest'essere mi procurò gravi lesioni. Sanguinavo copiosamente, probabilmente sarei morto in poco tempo, se non fosse accorso un coraggioso ragazzo della mia età, che mi salvò la vita. Col senno di poi realizzai che quello che mi attaccò con tanta brutalità era un'Ombra. Lo intuii soprattutto da un fatto molto curioso: quando mi rialzai dolorante, a terra notai della melma corvina e lucente, identica a quella che tutti voi osservate con tanti dubbi. Be', io persi sangue, giusto? E, dato che l'Ombra attaccò la mia ombra, anche quest'ultima, ovviamente, ne perdette.
Il coraggioso ragazzo, dopo avermi salvato fermando l'attacco, svanì, così sopraggiunse un mio caro amico ad aiutarmi. Ebbene, entrambi notammo lo strano liquido; io gli ripetei più e più volte di non toccarlo, ma lui, testardo com'era, non mi diede ascolto: con la punta d'un dito a malapena sfiorò il sangue, e quella minima quantità bastò per dare inizio all'orrenda, misteriosa trasformazione. 
Non ci volle più di qualche attimo: sulla sua pallida pelle si allargò a vista d'occhio una macchia nera come la notte; gli coprì le mani, le braccia, il volto, sino a che non ne fu ricoperto del tutto, sino a che anche nei suoi occhi, per un secondo vitrei, dalla pupilla non si espanse un nero pece, fino a foderare del tutto anche la sclera. 
Tentai di parlargli, tentai di capire se colui che era il mio migliore amico era ancora lì dentro, sotto a quella nera corazza, ma come risposta ricevetti solo una forte spinta che mi catapultò al suolo.
Con la vista offuscata, stordito dalla caduta, vidi la nera figura alzarsi in volo, infine svenni per le ferite riportate.
Il nome di quell'essere? Oh, vorrei conoscerlo anch'io, per ora il suo appellativo è "Thèmet"»
Helen guardò Viktor negli occhi, nei suoi piccoli occhi grigi, e non ci volle molto a farle notare lo sguardo abbattuto dell'uomo.
A poco a poco, la quantità delle persone in strada scemò, tutti rincasarono, compreso Viktor. 
Helen rimase lì, al buio, da sola, a riflettere su quanto potesse essere struggente vedere il proprio migliore amico scomparire, tramutandosi in una macchia nera volante. 

In tarda mattinata e nel pomeriggio, Helen, Frost Laegwen, Vivis e Pitcher si allenarono nello spiazzo nel bosco per ore ed ore, combattendo fra loro, ovviamente però, cercando di non farsi del male. 
Laegwen prese bene la mira con il suo arco, scoccò e, con una precisione estrema, centrò l'esatto punto centrale del bersaglio di legno e cuoio; prese fiato, poi, con uno scatto, afferrò una seconda freccia dalla sua faretra e si ritrovò subito a mirare.
Scoccò e quest'ultimo dardo divise perfettamente in due l'asta di legno chiaro del primo; 
Pitcher e Frost combattevano fra loro con la spada;
entrambi erano molto abili, ma Frost riuscì a disarmare più volte l'avversario, a differenza di Pitcher, più bravo a tirar fendenti e tondi.
Le due spade s'incontravano spesso, producendo assiduamente il suono dei due metalli che sfregavano fra loro.
Frost tirò uno sgualembro dopo una finta, cogliendo di sorpresa Pitcher, ma lui già da prima meditava uno scherzo, come soleva fare. 

«Oh Dio! Mi hai tagliato una mano!» esclamò il castano, ritraendo nella manica l'arto che stringeva con forza la spada. 
La sua lama cadde a terra ed il fogliame attutì la caduta, facendo sì che si udisse solo un rumore sordo. 
Frost s'inginocchiò, mettendosi le mani fra i capelli.

«Mi dispiace, amico! Mi dispiace!» urlò egli, implorando perdono.

Poi però, volgendo lo sguardo a terra, si accorse della mancanza di sangue e, soprattutto, della mano tagliata.
Il bruno capì subito, si alzò e diede un forte spintone all'amico, gridando:

«Non è divertente, idiota! Mi hai fatto venire un colpo al cuore!» - Pitcher esplose in una fragorosa risata.

«Ti saresti dovuto vedere!» gridò lui, «Eri così disperato, neanche m'avessi ucciso!»
Persino Helen e Vivis, che si stavano allenando anche loro con la spada, alla vista dei due, si fecero sfuggire una risata - ottenendo così un'occhiata fulminea da parte di Frost - a differenza di Laegwen, che continuava a scoccare frecce su frecce, senza perdere la concentrazione; 

Dopo un paio d'ore, forse tre, l'allenamento terminò.
I cinque erano sfiniti; appoggiarono le armi a terra e, accanto ad esse, si sdraiarono, sospirando sollevati.
Il morbido fogliame umido sul quale erano distesi li fece rinfrancare in poco tempo, restituendogli le forze. 
Non mancava molto all'arrivo dei Draghi, i cinque ragazzi avevano ancora poche ore per rilassarsi dopo il duro allenamento. 

«Ragazzi, se andassimo alla Grotta delle Lucciole Azzurre? È da quando eravamo bambini che non ci andiamo» propose Pitcher. 

«Bah, io con te non parlo...» gli rispose Frost, ancora seccato per il brutto scherzo del castano. 
Pitcher, sorrise, ripensando alla burla, poi guardò le ragazze, in cerca di approvazione alla proposta fatta pochi attimi prima.

«Secondo me una passeggiata ci farebbe bene, poi la Grotta delle Lucciole Azzurre è così bella...» annunciò Laegwen con tono assorto.
Helen e Vivis annuirono, sorridenti. Il castano, sua sorella, Laegwen e Helen si alzarono, impazienti di mettersi in cammino verso la tanto agognata Grotta, poi guardarono Frost, ancora disteso a terra, attendendo che questo si alzasse. 
Il bruno sbuffò, poi, di malavoglia, si sollevò.
Una volta in piedi si scrollò le foglie secche dagli abiti, guardò gli altri, prese la sua spada e s'incamminò in direzione della caverna; 
Il resto del gruppo sorrise, poi prese le proprie armi e seguì Frost nella fitta selva.

Mentre camminava, Helen si ricordò com'era bella la Grotta quel giorno che ci andò per la prima volta: era davvero molto ampia ed, all'interno, l'aria era fresca; 
la Grotta non era buia, bensì era illuminata da piccole lucciole azzurre, dalle quali la caverna derivava il nome, e da enormi quarzi che splendevano d'un celeste acceso. Era davvero meravigliosa.

Il tragitto percorso dallo spiazzo alla Grotta delle Lucciole Azzurre non fu molto lungo né stancante.
Quando i cinque arrivarono erano impazienti di entrare e godersi quel meraviglioso spettacolo di luci dalle sfumature bluastre, ma quando entrarono...

Nulla. Il buio più totale. Una volta entrati i cinque rabbrividirono, venendo colpiti da un'improvvisa brezza algida. 
Si guardarono intorno, sconcertati, ed invece di vedere piccole e meravigliose luci azzurre svolazzare qua e là, mimetizzandosi con la luce azzurra degli enormi quarzi, videro solo il nero più scuro che si sia mai visto. 
Mentre camminavano, i ragazzi sentivano sotto i piedi i piccoli frammenti dei quarzi spezzati distruggersi sotto ai loro piedi, producendo un suono simile a quello del vetro frantumato.

«Ma... cos'è successo qui? Era così bella questa caverna... ed ora...» si chiese Laegwen, malinconica. 

«Be', mi sembra piuttosto ovvio quello che è successo: l'Uomo Ombra ha distrutto un'altra nostra fonte di luce» le rispose Frost, freddamente, «è stato un viaggio a vuoto. Torniamo al villaggio, fra poco arriveranno i Draghi» disse poi.
Laegwen abbassò lo sguardo, sconsolata.
Pitcher le avvolse un braccio dietro le spalle, poi i cinque tornarono al villaggio, stanchi per l'allenamento, per il viaggio compiuto invano e delusi per un'altra parte della loro infanzia perduta per sempre.

Non passò molto tempo dal ritorno dei cinque al villaggio che i Draghi Neri sopraggiunsero.
I ruggiti di quest'ultimi riecheggiavano per tutta l'isola.
Viktor brandiva la sua fidatissima lancia e la sua adorata ascia bipenne; Helen e Frost stringevano in pugno la loro argentea, lucente ed affilata spada; Pitcher e Vivis, invece, brandivano rispettivamente un semplice pugnale ed una rete, facendo presupporre che, anche quella notte, avrebbero lavorato in coppia, mentre Laegwen, ovviamente, brandiva il suo arco in mogano. Era infuriata. In un attimo quest'ultima sfilò una freccia dalla sua faretra di cuoio e si mise in posizione, pronta ad uccidere il primo Drago Nero che le fosse apparso dinanzi agli occhi.
Aghen ed il suo branco arrivarono appena sentirono i forti ruggiti dei Draghi, posizionandosi dietro alla bruna, ringhianti come non mai
Con dei forti tonfi, i Draghi atterrarono.
Questa volta sembrava che il loro comandante fosse un Drago snello, alto e sicuramente molto agile: aveva dei grandi occhi giallo ocra ed essi inquietavano alquanto.
Laegwen non perse un attimo che subito scoccò, colpendo in pieno il Drago in questione.
Le grida degli abitanti del piccolo villaggio si mescolarono ai forti ringhi dei Draghi ed agli abbai dei canidi di Helen.
In pochissimo tempo a terra già giacevano corpi esanimi di Lucisisiani e di Draghi. Già molto ghiaccio era sparso per le strade.
Viktor si lanciò prontamente verso un tozzo Drago dagli occhi color vescovo, colpendolo più volte con la punta della sua lancia, come a stuzzicarlo, e lanciando roversi e rovesci, ma, ad un certo punto, il Drago, con una zampata, spezzò la sottile lancia di legno, e, con un'altra, disarmò il capo villaggio e lo scaraventò a terra.
Viktor tentò di spostarsi e riprendere la sua Labrys, ma fu tutto inutile: in pochi attimi l'enorme lucertola nera gli congelò le gambe, impedendogli la fuga.
Spiegò le ali che, dal nero, sfumavano ad un rosso sangue, e ruggì con potenza, e questo attirò l'attenzione di Helen.
Il muso del Drago quasi sfiorava il naso adunco di Viktor; gli occhi grigiastri di quest'ultimo si chiusero. Era pronto ad accogliere la Morte a braccia aperte. 
L'enorme rettile era pronto a congelare l'uomo e ad ucciderlo.

   
 
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