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Autore: JennaHerondale    12/08/2016    1 recensioni
Le istruzioni erano semplici: sedurre e distruggere Harry Styles. Non hanno mai pensato alla possibilità che Louis potesse innamorarsi davvero. Quindi, naturalmente, è esattamente quello che ha fatto.
________
“Sai qualcosa su di lui?” chiede Louis dopo un attimo.
[…]
“È un bravo ragazzo, il nostro Harry Styles. Reputazione pulita. Non vuole frequentare nessuno – è concentrato sui suoi studi e basta.”
Oh, oh, oh. La situazione si fa molto, molto,
molto più interessante.
“Questo è il motivo per cui è migliore di te,” Louis sorride, e il ghigno scivola via dal viso di Liam.
“Rovinalo, Louis,” dice Liam dopo un attimo, e tutta la delicatezza è evaporata dalla stanza. “Distruggilo in qualsiasi modo tu voglia. Ti sto dando carta bianca.”
“Perché?”
“Perché non mi hai mai deluso.”

________
[Louis/Harry] [Zayn/Niall] [201k] [LeRelazioniPericolose!AU] [HighSchool!AU]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo I

 
One More Cup of Coffee -- The White Stripes

 
Louis Tomlinson ha osservato Harry Styles per quattro giorni.
E non è stato particolarmente avvincente. Ha scoperto che L’Usurpatore del Regno di Liam non è lontanamente audace o brillante come Liam l’ha descritto. Piuttosto che “entrare nelle grazie di chiunque” (una diretta e sorprendentemente inaccurata citazione da niente meno che lo stesso Liam), Louis non ha effettivamente visto il ragazzo parlare con un’altra anima per più di cinque minuti a testa. Piuttosto, si limita a camminare in silenzio per la scuola, cuffiette infilate nelle orecchie, la testa morbida sempre piegata verso terra, verso l’erba e verso la strada cementata che scivola sotto le sue Converse, a passo determinato.
E in sostanza è questo. È praticamente tutto quello che fa. Gironzola con una borsa appesa sulle spalle, testa bassa, ascoltando musica. Vagamente, in lontananza, Louis si chiede cosa stia ascoltando, ma la curiosità è quasi istantaneamente soffocata quando giunge alla conclusione che sicuramente si tratta di musica di merda. Nickleback o qualcosa di simile. Merda.
Ad ogni modo, il ragazzo non è ciò che Louis si aspettava.
Questo ‘Harry Styles’ non sembra certamente il tipo che si vanterebbe riguardo l’essere reclutato per una squadra di calcio senza aver neanche bisogno di fare le selezioni (il ragazzo è tutto ossa e inciampa mentre cammina, quindi…) e mentre Louis lo osserva tutto il giorno per cinque giorni, scrutandolo attraverso le spirali di fumo della sua sigaretta mentre tiene il tempo del basso con i piedi sulle note di Aneurysm dei Nirvana, aumenta la sua curiosità su come Liam possa sentirsi così minacciato da questo ragazzo. Non può comunque realmente capire tutto da quella distanza, quindi non perde altro tempo rimuginandoci sopra, ma scaccia via i pensieri assieme alla cenere della sua sigaretta.
Sarà facile, comunque. Il suo obiettivo? Una passeggiata. Probabilmente non ci metterà più di una settimana, anche meno, dato che il ragazzo apparentemente è docile e potenzialmente timido. Chiaramente, non è uno dei tipi aggressivi e repressi che prendono un po’ più di tempo e concentrazione da parte di Louis; quelli che cacciano fuori le loro discutibili sessualità in campo e grugniscono le parole che non possono dire prima di scontrare il loro corpo contro il tuo in una maniera che suggerisce più di una futile violenza.
Nah, questo Harry, con le sue cuffiette e le gambe lunghe e le labbra rilassate, è un po’ più… be’. Il tipo ‘innocente’, sospetta Louis. Uno di quelli ingenui che arrossisce facilmente, che balbetta le frasi e manda sorrisi timidi mentre arriccia il bordo del suo quaderno. È uno di quelli dolci che Louis ha spietatamente abbandonato o ignorato innumerevoli volte prima, sempre su ordine di un annoiato Liam, tutto perché, in fin dei conti, è solo un deplorevole fottuto essere umano del cazzo.
Anche se ogni tanto si sente una cattiva persona. Segretamente, in silenzio, ma è così.
Non gli pesa conquistare uno dei tipi aggressivi – fotterli nell’ufficio del preside ed essere deliberatamente scoperti o far trapelare foto di merda dai loro iPhone su Facebook, mentre si scambiano pompini. Non gli importa neanche tanto aver distrutto le possibilità (onestamente, piuttosto merdose) di uno stronzo giocatore di calcio che è stato cresciuto a pane e tristezza, come se il mondo non fosse già un posto infelice.
Ma sente una punta di rimorso quando arriva ad infrangere le speranze di ragazzi che hanno un cuore meno… imperfetto. Ha qualche problema a guardarsi allo specchio dopo aver distrutto lo spirito di quelli che non aveva mai avuto intenzione di distruggere.
Ma. Louis è un pezzo di merda, sapete. I fatti sono fatti.
È così e basta. Non tutti sono nati con la ‘bontà’ innata. Il mondo è destinato ad essere riempito di caratteri differenti, sapori differenti, livelli differenti di rispettabilità e quant’altro, e a Louis è semplicemente capitato di trovarsi nel rango più basso. Non è buono, non è coraggioso, e non è destinato a salvare nessuno eccetto se stesso. Tutte le favole hanno i loro cattivi – è una parte della vita. Ed è sempre stato così. Louis è sempre stato un po’ sulle sue. Certamente non vincerà nessun premio come “Filantropo dell’Anno”, questo è certo. E non lo disturba poi così tanto non essere per niente interessato a cose e persone, totalmente lontano dai suoi colleghi e dalle loro vite banali. Perché lui non è come tutti gli altri. È questo il punto. Loro sono tutti fottutamente uguali. Con i loro soldi e i loro atteggiamenti arroganti e la loro stupidità e le loro idee prevenute e le frasi riciclate che spariscono nel momento in cui vengono proferite. Tutti uguali.
È sempre stato un po’ acido, un po’ strano. Probabilmente perché, quando era un ragazzo, spendeva la maggior parte, se non tutto il suo tempo, solo con Jo, sua mamma. Anche se non si ricorda neanche di averla mai chiamata ‘mamma’. Perché chiamare qualcuno con un nome che non è il proprio? Hanno strane fottute abitudini, le persone.
Quando era ancora un bambino, suo padre se ne andò, lasciando soli Jo e Louis, e nessuna traccia o memoria o soldi o attenzioni. Li lasciò semplicemente lì. Erano molto nomadi, durante tutti gli anni dell’infanzia di Louis, in costante movimento, Jo che saltava da un lavoro a un altro, da una città all’altra, perché aveva sempre insegnato a Louis che “casa è dove risiede il cuore” – e il cuore era sempre in movimento, mai costante. Quindi loro viaggiavano; incontravano tonnellate di gente e sperimentavano tonnellate di cose e Louis era solo un piccolo cosino piscione, quindi passava il tempo a divertirsi, in realtà. Cambiava casa ogni paio di mesi e fissava diverse parti del cielo. Babysitter diversi, amici diversi, papà temporanei diversi, odori diversi, fantasie diverse sui tappeti, crepe diverse sui muri di diversi corridoi. Semplice, in realtà.
Guardando indietro… probabilmente il motivo era che, essendo rimasti in due per così tanto tempo, Louis l’aveva sempre considerata più come un’amica che come una figura ‘materna’. Erano più due compagni che una famiglia, in un certo senso. Era strano. Difficile spiegarlo a parole. Ma, il punto è che ha sempre avuto una buona opinione su di lei nonostante la palese mancanza di coccole familiari. Potrebbe averlo lasciato tante volte da solo, potrebbe essere stata un po’ inaffidabile e troppo, troppo giovane per un figlio, ma era gentile e creativa e libera e Louis era come una sua piccola versione maschile. Avevano anche gli stessi occhi – la caratteristica migliore di Louis. Grazie, mami.
E a lui piaceva il loro stile di vita – il loro disordinato, in continuo cambiamento, stile di vita. Gli piacevano i cambiamenti e gli piacevano le incongruenze, e gli piaceva l’avventura perché lo faceva sentire vivo. Si ricorda di aver letto o sentito una citazione quando era molto piccolo: “Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.” Ed è sempre nella sua testa. È diventata una specie di religione per lui, una frase con cui svegliarsi e andare a letto. E persino giovane com’era al tempo, Louis si ricorda ancora di aver sentito quelle parole nella sua testa ogni volta che capitava di dover nuovamente fare le valigie e partire, ogni volta che piegava le sue cinque camicie e le sue due paia di jeans dentro la sua vecchia borsa viola con la chiazza di inchiostro sul fondo. Perché sembrava che stessero vivendo e non semplicemente esistendo. Stavano accumulando ricordi e persone e appartamenti e, in qualche modo, partire sembrava un po’ più appagante rispetto al costruire le proprie fondamenta del cazzo in una città del cazzo con persone del cazzo il cui accento sembrava sempre lo stesso.
È stato quando Louis aveva otto anni, però, che le cose hanno cominciato a diventare un po’ più… complicate. Confuse, forse.
È stato quando lei ha conosciuto Alan.
Erano a Doncaster al tempo, una città decente e abbastanza a nord con una scuola da cui era abbastanza facile filarsela. Louis aveva trovato dei buoni amici – veri e propri amici che gli passavano le sigarette e lo facevano ridere – e poi, improvvisamente, il suo cuore diventò costante, apparentemente. Perché smisero di muoversi.
Invece, Jo sposò questo tizio robusto che faceva il pompiere, con una grossa risata. Invece di avventure e valigie da preparare e la sua borsa viola con la macchia di inchiostro che conteneva sette capi di vestiario, tutto divenne casa e armadi e recinti e giardini e minimarket. Divenne Jo che sfornò cinque – contatele, cinque – fottute figlie in sorprendentemente veloce successione. Divenne Jo che improvvisamente leggeva storie della buonanotte alle bambine e intrecciava i loro capelli e baciava le loro guance mentre Louis preparava la cena e Louis puliva la casa e Louis faceva da babysitter ogni singolo minuto di ogni fottuto giorno. Divenne Louis che guardava Jo all’improvviso diventare una madre mentre Louis rimase un amico, non un fottuto figlio, anche se lui non aveva bisogno di una madre, perché era piuttosto capace a mantenersi vivo da solo, grazie.
Divenne Alan e Jo e le ragazze. E divenne Louis, sempre menzionato in una frase a parte. Sempre separato da interruzioni e da pause e da un muro che lo costringeva nel più piccolo angolo della più piccola stanza della casa. Come quel cazzo di Harry Potter, ma con l’extra di avere una ‘migliore amica’ che era diciassette anni più grande di lui, e che tra le altre cose, l’aveva dato alla luce.
E poi, come tutte le cose, finì. Perché improvvisamente anche Alan il Pompiere se ne andò a fanculo – Louis ormai non riesce neanche a ricordare perché – ed erano di nuovo Jo e il suo buon amico Louis, alle prese con cinque bambine.
Era Louis che faceva due lavori a quattordici anni. Era Louis incapace di fare i suoi compiti noiosi perché era così fottutamente stanco tutto il tempo. Divenne Louis che cresceva le bambine mentre Jo cercava di non andare a fondo e divenne Louis che guardava le sorelle, sempre, mentre Jo faceva gli straordinari e Jo andava a sempre più appuntamenti e ci provava troppo ma non abbastanza e divenne fottutamente troppo quando Louis aveva sedici anni.
Era semplicemente troppo. Amava le sue sorelle, è vero – non è un robot, insomma. E, onestamente, loro erano la ragione per cui era rimasto con loro per tutto quel tempo. Ma quando all’improvviso cominciò a fallire tutti i suoi corsi e gli dissero che sarebbe stato bocciato di nuovo
Be’.
Divenne troppo.
Quindi Louis se ne andò. Si alzò e se ne andò una notte quando il suo sangue pizzicava di nicotina e la sua giacca in jeans grattava contro la pelle morbida delle sue braccia. Se ne andò dopo aver baciato per l’ultima volta le sorelle addormentate e se ne andò senza una fottuta parola per Jo perché non sentiva il bisogno di dirle niente. Lei lo sapeva. Sapeva che era troppo e non lo cercò mai dopo che se ne andò. Non a causa di una mancanza di affetto, Louis lo sapeva, ma solamente perché lei lo sapeva e non c’era nient’altro da dire.
Anche se… Louis probabilmente avrebbe dovuto trovare qualche parola. Solo un paio, forse.
Non le aveva mai detto neanche una volta quanto si sentisse soffocare. Era una consapevolezza che gli fece venire la nausea nel momento in cui uscì dalla porta di casa, ma non era abbastanza forte da farlo tornare sui suoi passi. Perché lui era il bambino, no? Non avrebbe dovuto essere lui a iniziare quella conversazione perché lei era la madre. Sarebbe dovuto essere il suo fottuto compito rimettere a posto i pezzi, no?
Quindi lasciò la scuola e si trasferì da qualsiasi amico avesse al tempo. E, da quel momento, cominciò a saltare di appartamento in appartamento, mantenendo un eccitante lavoro come aiuto cameriere che delle volte si ritrovava a servire liquori forti a vecchi ubriaconi con la mano morta al pub lungo il fiume. Era stato fortunato ad aver trovato questo lavoro – si era licenziato da altri due posti dopo essere scappato di casa, per una qualche ridicola forma di protesta che non ha dimostrato assolutamente niente a nessuno. Ma uno dei suoi amici lavorava in quel pub e le sue belle parole mormorate tra i denti diedero una buona opportunità a Louis e le mance che ricevette furono quasi immediatamente abbastanza per continuare per quella strada e per nutrirlo e per comprare i suoi vizi, quindi. Fu una situazione vantaggiosa per tutti.
Anche se la questione è che… Louis viveva in un bel quartiere, anche se risiedeva dall’altra parte, la zona di merda. Ma nel complesso era bello. Pieno di gente ricca e prati curati. Animali con diamanti sui collari – quel tipo di quartiere. Quindi, per quanto miracolose fossero le sue mance di merda al tempo, non poteva ancora neanche permettersi un appartamento in affitto.
La soluzione sembrava abbastanza… semplice, in realtà.
È stato intorno ai sedici anni che Louis ha cominciato a realizzare di poter usare il suo aspetto fisico a suo vantaggio. È stato a sedici anni che Louis ha cominciato a frequentare la parte ricca della città, ha cominciato a flirtare con i ragazzi grossi, sportivi e dotati-di-carte-di-credito con un’attrazione per le ciglia di Louis e per labbra delicate e rovinate, tanto da farsi corrompere per un pompino decente in cambio.
Ed era solo divertente, in realtà. A Louis piaceva, piaceva il potere che manteneva su quel gruppo di stronzi presuntuosi che non riuscivano mai a distogliere gli occhi da lui. Provenendo dalla parte “sporca” della città, i ragazzi ricchi lo trovavano affascinante e pericoloso e, d’altra parte, lui trovava loro finanziariamente vantaggiosi, ricoperto di eccellenti liquori, pasti di alta qualità in ristoranti lussuosi, e una vasta gamma di regali che improvvisamente resero la sua vita più divertente.  Quindi cominciò a farsela con i bei capitani di calcio e fu in qualche modo ‘adottato’ nel circolo delle rinomate feste e buone droghe e sesso libero.
Be’. Quasi sempre libero.
Non è un segreto che Louis avesse i suoi preferiti. Giovani, dolci ragazzi con grandi occhi che crollavano forse un po’ troppo dopo l’orgasmo; giocatori di polo sessualmente repressi che bramavano le sue attenzioni un po’ troppo per i suoi gusti; cattivi ragazzi che scrivevano orribili canzoni pop-punk con chitarre economiche perché volevano Louis tutto per loro, volevano intrappolare un cuore che non era lì, volevano conquistare il mondo con un complice che, alla fine, li avrebbe solo pugnalati alle spalle.
Davvero, era solo divertente perché a Louis non piaceva condividere i suoi risultati e di certo non voleva dei legami. Grazie, ma no grazie.
Quindi ha probabilmente danneggiato la sua capacità di sentire qualsiasi cosa. Non probabilmente, sicuramente. Ha eliminato senza sforzo troppi messaggi strappalacrime dalla segreteria e sms senza risposta con troppi punti interrogativi. È rimasto a fissare con indifferenza così tanti occhi disperati che è giunto alla conclusione di non essere una bella persona. Semplicemente non lo è. Non è nato con abbastanza compassione o interesse o pazienza; al contrario, è stato caricato con minuscole, distanti, a malapena decifrabili consapevolezze che pesavano su di lui, e lo rendevano sempre più arrabbiato.
In tutto questo, ha abbracciato una vita senza scopo, fregandosene del futuro e cazzo, persino del presente. Perché, alla fine dei conti, Louis è solo un cazzo di casino di frustrazione e inutilità, che tira avanti giorno dopo giorno senza mai pensare a quello che succederà. Quindi, cosa fa quando riesce a racimolare un po’ di soldi in più al pub? Quando ha dei risparmi rimasti? Li spende in colazioni elaborate il giorno dopo, magari con una bottiglia di champagne per buttare giù il tutto, sprecando i suoi soldi velocemente ogni volta che gli arrivano, perché se è destinato a bruciare, brucerà luminoso.
Una volta, per un intero mese, ha vissuto in un garage abbandonato vicino a una discarica perché, al posto di spendere i suoi soldi in, magari, un vero appartamento, ha scelto di comprare sigarette, vodka, prodotti per capelli, o ingenti quantità di erba. E quell’affare a malapena aveva un tetto, un pezzo di latta pieno di buchi al posto della porta per facilitare l’ingresso di gocce fredde di pioggia e piccoli intrusi. Dormiva in un materasso macchiato di merda che era troppo piatto, storto e scomodo, con un paio di molle rotte che fuoriuscivano dal tessuto marcio. Di solito lo pungevano sul coccige fino a graffiarlo, dandogli lievi fitte di dolore in tutto il corpo durante il giorno. Ma è quello che lui aveva scelto, aveva scelto di stare in una fottuta topaia, dormendo faccia a faccia con un tossicodipendente che aveva incontrato al pub. Il suo nome era Buzz e Louis lo prendeva pesantemente per il culo per questo (per ovvie ragioni, cazzo), e lui giurava sempre alla luna che filtrava dal loro tetto marcio, una chitarra rubata in legno poggiata in grembo, che sarebbe diventato un “grande” della musica. Voleva cambiare il mondo con la sua brillante poetica e le interminabili melodie e qualche volta Louis gli credeva, fumando una sigaretta mentre fissava le stelle sopra di lui. Si sdraiava nel loro freddo pavimento di merda, mezzo in cemento e mezzo in terriccio, e sollevava lo sguardo attraverso spirali infinite di fumo e una foschia che sembrava costantemente soffocarlo, e ascoltava i sogni di Buzz, chiedendosi vagamente se lui ne avesse mai avuto.
La risposta era no. Louis può essere un sacco di cose, può avere tante idee, ma non ha sogni. Non è neanche sicuro di cosa possano essere, di cosa possano significare… non è sicuro. È una specie di stupido e idealistico pensiero del cazzo, no?
Già. Solo un po’.
Ma ha continuato a vivere, sentendosi incessantemente frustrato e pieno di rabbia e costantemente irritato e non esisteva una singola cazzo di persona in questa città di merda che sia riuscita a fare colpo su di lui o suscitare veramente il suo interesse – neanche Buzz che, un giorno, decise di attuare un “risveglio spirituale” e si mise in viaggio per il Paese vendendo tutti i suoi averi. Louis fu un po’ triste di vederlo andar via, ad essere onesti.
Quindi, invece di una topaia con un tossico, cominciò a saltare dal letto di un amico al divano di un altro amico e così di nuovo, con poco e niente a parte i pochi vestiti addosso, grazie tante. Aveva solo la sua musica e i lamenti frustrati di Kurt Cobain e playlist intitolate “Fottiti” e stava sempre a fissare la stessa citazione che aveva inciso sui tavoli scheggiati di legno al pub, e spruzzata sui muri degli sporchi vicoli con la bomboletta – “Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.” Si addormentava in troppi posti diversi ascoltando le stesse canzoni e le stesse parole nella sua testa.
E poi incontrò Liam.
È una storia divertente da raccontare. Liam è il classico Golden Boy della città, vedete. È uno di quelli con i capelli sempre a posto, con i denti troppo bianchi e con i genitori che governano la città con pugni saldi e ipocriti, e ha un sacco di soldi e i voti più alti e gli addominali più scolpiti e, se non è amato, è temuto.
Eppure Louis non sapeva un cazzo di lui quando entrò nel pub per la prima volta. Louis non andava più a scuola, quindi il nome ‘Liam Payne’ praticamente non significava niente. Potrebbe averlo sentito in precedenza, ma Liam non era spesso un argomento di conversazione mentre Louis si scopava la bocca di ragazzi senza nome nelle loro case con piscina.
Quindi, una notte come tante, Liam capitò nel pub di merda lungo il fiume dove lavorava Louis. Ora, i ragazzi ricchi solitamente non vanno lì, quindi la sua presenza e quella dei suoi amici non era passata inosservata. Era una cosa da fare. Pensavano di essere fighi e cattivi, avventurandosi dall’altra parte della città, quella di merda. E Louis rise tra sé e sé mentre strofinava il bancone, alzando gli occhi al cielo e facendo spallucce, indifferente.
Ma gli occhi di Liam gli si attaccarono addosso e non passò inosservato. Stette al bancone, tracannando whiskey scadente e dando pugni con le mani muscolose al legno scheggiato e consumato, mentre i suoi amici esplodevano in risate e farfugliavano alla televisione appesa nell’angolo sotto il soffitto spoglio e scrostato. Liam osservò Louis lucidare i bicchieri da pinta con uno straccio grigio e Liam osservò Louis alzarsi sulle punte dei piedi per raggiungere la vodka nella mensola più alta.
Per tutta la notte, Liam osservò Louis.
“Che cazzo hai da guardare?” Louis aveva ringhiato bruscamente, raddrizzandosi da dove si era chinato, frugando sotto il bar per cercare i fazzoletti di riserva per i cocktail. Lo disse aspramente, la gola secca ad incrinare le parole, ma le sue labbra allenate erano piegate in un sorrisetto, e si divertì ad osservare lo sfarfallio di emozioni che attraversarono gli occhi di Liam. Occhi di un castano molto scuro. Louis non capiva dove iniziassero e dove finissero. O se finissero.
Liam posò il suo bicchiere, il ghiaccio che tintinnava contro il vetro, senza smettere di fissarlo. Un sorrisetto gli si formò rapido sul viso.
“Te,” disse, senza un momento di esitazione.
Fu abbastanza per catturare l’interesse di Louis, e fu abbastanza per fargli mandare un largo sorriso in direzione di Liam prima di allontanarsi, il chiaro svolazzare delle banconote a solleticargli le orecchie. Un’altra notte, un altro ragazzo.
Ma, poco dopo, Liam era sparito in un turbinio di chiasso e grida e giacche sportive, circondato dai suoi compagni. Louis si scoraggiò solo per un momento, prima di fare spallucce e continuare a strofinare il resto del bancone. Non una grande perdita – solo un altro ragazzo ricco. Niente di speciale, no?
È stato solo dopo che Louis chiuse il pub, tremando nella sua giacca sporca di birra, che notò un’ombra ad attenderlo fuori.
“Pensavo te ne fossi andato,” soffiò, sfilando una sigaretta dal pacchetto con mano esperta. Il cielo era luminoso, la luna piena, e Louis usò la luce a suo vantaggio, aspirando con le guance incavate, incontrando lo sguardo del ragazzo da sotto le ciglia.
E fece la magia. Funzionava sempre.
Liam non aveva detto quasi niente. Aveva solo piegato il viso in un sorrisetto nel trascinare Louis contro il muro, attaccando immediatamente la bocca affamata sul suo collo. Louis ricorda che fosse fottutamente incredibile. Era incredibile perché non c’era nessun segno di affetto – solo quello – ed era incredibile perché odorava di vecchi soldi e odorava di corruzione ed era ogni cazzo di singola cosa di cui Louis avesse bisogno nei suoi polmoni. Quindi lo afferrò, spingendolo e lasciandosi cadere sulle ginocchia per quel fottuto Liam Payne, nel vicolo buio dietro il suo pub.
Doveva essere stato bravo, perché poi Liam gli chiese il suo nome.
“Tommo,” disse Louis attraverso spirali di fumo, labbra ancora rosse, ancora umide, ancora sorridenti.
Il sorriso di Liam si illuminò nell’allungare la mano, stringendo forte quella di Louis. “Liam,” rispose, e si segnò il suo numero. “Ci terremo in contatto,” disse, cominciando ad allontanarsi, lasciando Louis con la bocca arrossata e un sopracciglio inarcato. “Mi annoio facilmente.” Liam lanciò un ultimo sguardo dietro le spalle, il largo sorriso scaltro e crudo. “E penso che tu possa essere la soluzione.”
Non disse nient’altro, e Louis scoppiò a ridere finendo la sua sigaretta.
Fu solo tre giorni dopo che ebbe nuovamente notizie da Liam. E da quel momento, diventarono… ‘complici’, se così si può dire. Niente di sessuale avvenne tra di loro, non dopo quella prima notte. Certo, non era un segreto che Louis volesse riprovarci, ma Liam semplicemente sorrideva ogni volta che Louis faceva la sua mossa, alzava una mano ferrea e manteneva quella stessa scintilla negli occhi. “Non oggi,” mormorava, prima di prendere la mano di Louis e trascinarlo con sé. “C’è un gioco che voglio fare,” diceva, ed è così che tutto è cominciato.
 Liam era annoiato? Mandava Louis da un’anima ignara. Liam era arrabbiato? Mandava Louis a vendicarlo. Semplice, semplice, semplice. E se esisteva un sottile spiraglio di effettiva amicizia tra loro sotto l’opaco e squallido gioco, allora era quella formata da insoddisfazione, noia e una sorta di solitudine che nessuno dei due avrebbe mai confessato. Due cattive persone che avevano trovato conforto l’una nel destino dell’altra ed era così che andava il mondo.
Ed è così che il mondo va tutt’ora. 
E ora Liam l’ha ingaggiato in questa nuova missione – Missione Harry Styles – e Louis l’ha osservato per quattro giorni.
È rimasto ad osservare il silenzioso ragazzo con soffici ricci castani e occhi calmi e pelle che quasi riflette la luce del sole. È rimasto ad osservare la curva delle sue spalle e il modo in cui il suo maglione ricade sui suoi polsi e il modo in cui il suo sguardo raramente si alza dal pavimento ad ogni passo. Ha osservato il suo luminoso sorriso quando saluta i passanti che lo salutano per primi – un sorriso che sembra utilizzare più per istinto che per altro, quasi come se sorridesse ancor prima di realizzarlo, o pensasse di farlo.
Sta osservando Harry Styles anche in questo momento mentre cammina, passo dopo passo, sguardo a terra, verso la libreria e Louis è quasi sicuro che sia uno di quelli che semplicemente esiste.
Noioso. È un tipo veramente noioso. Non dovrebbe essere un problema. Nuovo in città o meno.
Forse questa per lui sarà la conquista più rapida finora – ancor più rapida del ragazzo che si era tatuato il nome di Louis sul polso dopo una settimana di sussurri rubati al parco. Come si chiamava? Brent? Qualcosa di vagamente simile.
Sì, dovrebbe essere facile come bere un bicchier d’acqua.
Quindi con questo pensiero, Louis getta il mozzicone a terra e si avvia verso la biblioteca, cercando il ragazzo che semplicemente esiste e desiderando, dentro di sé, di sentirsi più vivo.







Sì, lo so.
Scusatemi.
Louis Tomlinson è la pesantezza fatta persona, e sto ancora cercando di capire come sia sopravvissuta ad un capitolo completamente introspettivo!
Il prossimo è più leggero, giuro.
Forse. Harry Styles is here!
Grazie per aver letto i miei strafalcioni di traduzione, se trovate qualche errore non esitate a segnalarmelo! E se lasciate una recensioncina mi fate felice <3
Come al solito, grazie a Giadina, che nonostante non sia in ottima forma, trova sempre il tempo per betarmi!
All the love.

Giulia
  
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