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Autore: Carme93    15/08/2016    0 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo quindicesimo

Il Torneo Tremaghi
 
«Ciao, Alexandra» esordì Albus dopo aver raggiunto il tavolo di Serpeverde. La ragazza, che quel giorno sfoggiava una capigliatura blu, lo squadrò per un attimo e poi disse:
«Sei venuto ad accusarmi di qualcos’altro che ha fatto mio nonno venti anni fa? O meglio ancora durante la prima guerra contro Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?».
«No. Sono venuto per scusarmi. Ero spaventato per James quella sera ed ho parlato a vanvera. Scusa anche perché ci ho messo tanto a venire da te, ma è stata una settimana piena» mormorò imbarazzato.
«Se ti ha costretto tuo padre a chiedermi scusa, non è necessario. Puoi dire quello che ti pare e piace sulla mia famiglia. Non mi interessa».
«Le mie scuse sono sincere e te le avrei fatte anche se non me l’avesse consigliato mio padre» replicò Albus.
Alexandra si accigliò per un attimo e poi scrollò le spalle. «Bene, allora scuse accettate. Sai che gli indiani babbani quando fanno la pace fumano il calumet della pace?».
«Io non fumo e poi è severamente vietato farlo a Scuola».
La ragazza ridacchiò e spinse un piatto al centro tra lei ed Albus.
«Crepes alla nutella» disse mettendone una nel piatto. «Dividiamo questa e credo possa essere lo stesso. Ok?».
«Ok» acconsentì Albus, colpito dal suo comportamento. In tre anni non si erano mai calcolati ed adesso si stava rivelando una ragazza davvero sui generis. «Se posso permettermi, come fai a conoscere le usanze babbane? Tu non segui nemmeno babbanologia».
«Certo che non la seguo! Chi li sentirebbe i miei? Sono cresciuta a Londra ed ho sempre vagato da sola appena eludevo la sorveglianza dei miei. Mi è capitato di leggere qualche fumetto o vedere qualche film nei cinema babbani. Buona vero?».
«Sì» replicò Albus sempre più sorpreso.
«Secondo te chi si candiderà per diventare Campione di Hogwarts?» gli chiese Alexandra, ingoiando un boccone e sporcandosi tutte le labbra di nutella.
«Mia cugina Dominique di sicuro e penso anche il suo fidanzato, il Caposcuola di Corvonero. Poi di Grifondoro penso il Prefetto Parker, Allyson Barker e Isabelle Finnigan le amiche di mia cugina, Garrick Olivander e Humbert Ward, quel ragazzo altissimo che litiga spesso con mia cugina Dominique. Per le altre Case non so».
«Per Serpeverde so per certo che si porteranno Steeval e Bastian Anderson, il Prefetto. Forse la nostra Caposcuola. Comunque la maggior parte fa il tifo per Steeval. Tutti pensano che sarà lui il Campione».
«Posso farti una domanda personale?».
Alex lo osservò incuriosita e poi annuì.
«Non ti secchi a cambiare colore ai capelli ogni giorno?».
Alex rise e sotto lo sguardo esterrefatto di Albus il colore dei suoi capelli mutò dal blu al rosso.
«Sei una metamorphomaga?».
«Già. Il professor Lupin mi ha aiutata molto a controllare i miei poteri. Ormai riesco a farlo quasi senza problemi. Anche la Macklin ci aveva provato, naturalmente, ma io non la ascoltavo mai»
«Capito. Ora devo andare a cercare i miei compagni. Abbiamo lezione con i Tassorosso. Grazie della crepes».
«Un ultima cosa, Potter» lo fermò Alexandra. «Perché tu ed i tuoi amici lo sappiate, dillo pure ai Corvonero se vuoi, mi sono autodenunciata alla Preside per lo scherzo alla Shafiq. Hanno scoperto che ha collaborato anche Jonathan solo perché Warrington, Roockwood e Collins hanno fatto la spia. Speravano di mettere nei guai un Corvonero e fargli perdere parecchi punti, ma adesso anche Serpeverde ha perso un bel po’ di smeraldi».
Albus annuì non sapendo che altro dire: di sicuro aveva sbagliato a giudicarla.

*

«WEASLEY!».
 Hugo si fermò e si voltò verso una McGranitt particolarmente arrabbiata: gli occhi erano ridotti a fessure e le labbra sottilissime. Era dall’inizio delle lezioni che tentava di finire seriamente nei guai, spesso appoggiato dagli altri Malandrini; ma questa era una battaglia tutta sua, quindi altrettanto spesso agiva da solo. In realtà in quell’istante si rese conto che aveva sempre avuto paura di mettersi in guai seri davvero; ma era chiaro che questa volta non se la sarebbe cavata con un sgridata di zio Neville. La Preside lo prese per un orecchio e lo trascinò nello suo studio. Hugo riprese fiato lievemente solo quando la donna lo mollò e si sedette dietro la sua scrivania, fissandolo torva.
«Per favore» prese finalmente la parola rivolgendosi ad un quadro in alto vicino alla finestra, «Hermes, dì alla Ministra che ho necessità di parlare con lei ed il marito. Si tratta del figlio Hugo».
Il mago annuì e sparì dalla cornice. La Preside si rivolse al ragazzino. «Siedi» ordinò.
Hugo, che era rimasto impalato dove l’aveva lasciato la professoressa, si affrettò ad obbedire.
«Fino ad ora ho avuto pazienza, Weasley. Non credere, però, che non sappia che il tuo comportamento quest’anno è notevolmente peggiorato e soprattutto sono a conoscenza del grave calo del tuo profitto. Non fai che rispondere male a tutti i professori ed ora ti ho beccato mentre riempivi di caccabombe e petardi le armature del terzo piano! All’inizio dell’anno scorso mi sono illusa che tu a differenza di tua sorella avessi un carattere molto simile a quello di tua madre. Invece ti fai trascinare da tua cugina e dalla signorina Paciock. Tu come anche il signor Nott. Sono molto delusa».
Hugo deglutì, aveva già abbassato lo sguardo incapace di sostenere quello della Preside. Rimase in silenzio.
«Preside, la Ministra sarà da lei tra pochi minuti».
Il ragazzino sollevò la testa di scatto e fissò sorpreso l’uomo del ritratto. Si aspettava che la madre avrebbe risposto che era troppo occupata ed il padre si sarebbe defilato con qualche scusa: mai e poi mai Ron Weasley avrebbe affrontato da solo l’ira di Minerva McGranitt.
«Grazie, Hermes».
Trascorsero ancora qualche minuto nel silenzio totale, Hugo si sentiva trapassato dallo sguardò della professoressa.
«Si può sapere che cosa ti passa per la testa? Perché assecondi sempre tua cugina?» sospirò.
Hugo non rispose: quelle parole l’avevano colpito più di quanto avrebbe potuto ammettere in quell’istante e comunque aveva un desiderio pazzesco di scappare da quel posto. Comunque quando trascorsero altri cinque minuti mormorò: «Tanto non verrà». La Preside non ebbe il tempo di chiedergli spiegazioni, che una luce verde nel camino precedette l’arrivo di Hermione Weasley.
Hugo sgranò gli occhi, voltandosi di scatto. Sua madre era in piedi dietro di lui: era perfetta come sempre quando andava a lavoro, anzi di più. Non l’aveva mai vista da quando era stata nominata Ministro della Magia. Era magnifica nel suo tailleur blu notte ed i capelli lisci erano raccolti sulla nuca. Aveva un’aria terribilmente importante. Nonostante cercasse di avercela con lei, non poté fare a meno di provare un pizzico di orgoglio e trattenere un sorriso. Dopotutto forse James aveva ragione e Rose torto: sua mamma li voleva ancora bene, in fondo era lì per lui, lui solo. In un altro momento sarebbe stato profondamente terrorizzato dalla sola idea che la madre fosse stata convocata dalla Preside, ma adesso avrebbe voluto solo abbracciarla stretta.
«Buongiorno, professoressa McGranitt» disse Hermione, stringendo la mano della Preside.
«Buongiorno, Hermione».
«Mi dispiace averla fatta attendere, ma ho mandato a chiamare mio marito ed ho scoperto che è di ronda stamattina. Non è un problema, vero?».
«No, mia cara. Accomodati. Mi dispiace molto averti disturbato. So che vi sono molti problemi al Ministero per ora, ma l’ho ritenuto necessario. Hugo ha superato ogni limite. Fin ad oggi ho permesso che se ne occupasse Neville, in qualità di Direttore della Casa di Grifondoro. Mi ha assicurato di averti informato più volte della situazione. Purtroppo il pessimo atteggiamento di Hugo non è venuto meno, per cui ho ritenuto di doverti chiamare. Vedi, Neville è convinto che Hugo abbia qualche problema e si sfoghi nel modo sbagliato».
«Sì, in effetti Neville ha scritto a me e Ron diverse volte. Ho scritto ai ragazzi, ma loro hanno ignorato le mie lettere. Rispondono solo a quelle scritte da Ron e mio marito sente la tensione che si è creata. Il problema di Hugo è che non ha accettato la mia nomina a Ministro. Lui e Rose pensano che il mio affetto e la mia presenza possano mutarsi in relazione a tale carica» replicò Hermione, lanciando un’occhiata stanca al figlio.
La Preside per conto suo aveva compreso le parole pronunciate da Hugo prima che la madre arrivasse. «Capisco, allora vi lascio soli in modo che possiate chiarire una volta per tutte. Mi aspetto, signorino Weasley, che tu ripulisca e lucidi tutte le armature del terzo piano. Senza magia naturalmente. Entro stasera. Avviserò il signor Sawyer di metterti a disposizione gli strumenti necessari. E trenta punti verranno tolti a Grifondoro».
Appena rimasero soli Hermione allargò le braccia ed Hugo senza indugi si fiondò ad abbracciarla. Non si era mai sentito così stupido in vita sua. A tradimento alcune lacrime decisero di uscirgli dagli occhi e ringraziò Merlino che né Lily né Alice potessero vederlo in quel momento.
«Ti voglio bene» sussurrò Hugo.
Hermione gli scoccò un bacio sulla testa. «Anche io Hugo e non smetterò di farlo per nessuna ragione al mondo, figuriamoci per la carica di Ministro».
«Sono stato uno stupido a pensare il contrario».
Il ragazzino si lasciò cullare tra le braccia della madre per un po’, quando finalmente si fu calmato si raddrizzò.
«Che hai combinato oggi?» chiese a bruciapelo la madre.
Hugo le raccontò come aveva riempito le armature e di come aveva progettato di farle saltare in aria. Hermione prese un bel respiro, forse per non urlargli contro.
«Questi sono i geni di tuo padre. Non so come ti saltino in mente certe cose!» sbottò contrariata.
«Scusa» mormorò Hugo, consapevole che in certi casi era sempre meglio non contraddire la madre.
«Sei perdonato, ma guai a te se vengo a sapere che hai preso un’altra insufficienza o sei finito di nuovo in punizione. E verrò a saperlo» disse indicando il ritratto con cui la Preside l’aveva chiamata. «Come vedi, ora la comunicazione tra me e la Preside è molto più rapida».
«Chiarissimo» replicò rapidamente Hugo.
«Lo spero bene» sospirò Hermione, abbracciandolo di nuovo.

*

«Di che cosa sei travestita?» chiese Albus a Benedetta, che indossava un lungo vestito bianco, la sua pelle era azzurrina, il braccio sinistro era rivestito di una stoffa nera con sopra disegnate le ossa del braccio, in testa aveva un velo bianco con una piccola coroncina di fiori in cima.
«La sposa fantasma. L’ho vista in un film babbano».
«Stai benissimo» disse James con un largo sorriso, spostando di lato il fratello. «Levati dai piedi, Al».
Albus sbuffò e andò a cercare i suoi amici per scendere con loro in Sala Grande.
«Certo che tua cugina non aveva che fare? Una festa in maschera… che palle, non bastano gli stranieri?» esclamò Robert, mentre Demetra Norris tentava di truccarli un occhio di nero.
«Tanto per fare qualcosa di diverso. Ma di che sei vestito?» replicò James ridacchiando.
«Di nulla. Lo sto facendo tanto per… Almeno posso indossare abiti babbani» disse Robert. Il ragazzo indossava camicia e pantaloni di jeans entrambi strappati in varie parti ed degli scarponi scuri. «E tu che saresti con quelle lame alle dita?».
«Sono finte» precisò James. «Comunque Edward Mani di Forbici, il protagonista di un altro film babbano. Me l’ha suggerito Benedetta».
«Visto che ti diverti tanto, spero che vinciate quella stupida gara per il costume più bello, che tua cugina ha insistito per fare».
«Un po’ più di entusiasmo, no?» gli disse Demetra in tono di rimprovero. «A quando a quando facciamo qualcosa di diverso! È solo una festa. Nessuno ti avrebbe detto nulla se fossi sceso alla festa vestito normalmente. Anche con una maglietta ed un paio di pantaloni babbani».
«A parte Dominique. Mi ha tiranneggiato per tutto il giorno. Come se non fossi stato dimesso ieri!» borbottò James visibilmente stanco.
«Sei troppo buono, Jamie» sospirò Benedetta, mentre si dirigevano verso il buco del ritratto.
«Sì, infatti. Avresti dovuto dirle di no» rincarò Robert.
«Ti giuro che c’ho provato, non ha voluto sentire ragioni».
«Saresti dovuto andare da Paciock. È da stamattina che te lo dico» sbuffò Benedetta. Quella mattina avevano discusso per quel motivo.
«Non faccio queste cose, lo sai» replicò James serio.
«Dominique se lo sarebbe meritato. Non può comandare tutti a bacchetta» commentò Robert.
James non replicò e così si diressero in Sala Grande senza dire più nulla.
«Cavoli, ma è fantastico» disse Robert, colpito entrando nella Sala irriconoscibile. Il soffitto era nero e tutta l’area era in penombra. Le uniche luci provenivano da alcune candele poste all’interno di zucche levitanti all’altezza del soffitto.
«Odio il buio» disse Benedetta.
«Hai collaborato, sapevi sarebbe stato così» le fece notare Demetra.
«Sì, ma è stata oscurata solo alla fine da Fergusson e Moritz».
I quattro tavoli erano stati sostituiti da tavolini a forma di acromantula ed ai lati della Sala erano stati posti dei lunghi tavoli di colore scuro per il buffet.
«Ah, a proposito. Se non volete brutte sorprese non toccate il ponce nel contenitore blu» disse James.
«Perché?».
«È stato corretto con dell’alcool».
Robert rise. «Tutto sotto gli occhi di mia zia? Beh Dominique è stata davvero brava! Sul serio il Cappello avrebbe dovuto smistarla a Serpeverde».
«L’ho già detto ad Albus, ma ho paura di dirlo a Lily».
«Pensi che lei lo berrebbe?» chiese Benedetta.
«Oh, sì. A maggior ragione se dovessi dirle di non farlo».
«Lily non ti parla» gli ricordò Robert. «Chiedi ad Albus di avvertirla. Se non vi ascolta, voi avete comunque fatto il vostro dovere di fratelli maggiori» gli consigliò Robert.
James annuì. Dopo aver trovato Albus, vestito da zombie, decisero di dedicarsi totalmente alla festa. La Preside aveva dato il via al buffet augurando a tutti una buona serata. Dopo aver mangiato a sazietà si misero a ballare. Ancora una volta i Magic Wizards avevano accettato di esibirsi dal vivo per la gioia di tutti gli studenti. Gli studenti di Durmstrang si erano rifiutati di mascherarsi ed indossavano, rigidi come la sera prima, le loro divise; quelli di Beauxbatons, con a capo Apolline, invece, avevano tentato di far concorrenza ai loro ospiti nello sfoggiare vestiti il più possibile realistici e soprattutto terrificanti. Apolline stava riscuotendo un grande successo tra i ragazzi presenti. Dominique, però, non se la prese più di tanto: lei aveva Matthew e la cugina non avrebbe mai avuto la possibilità di realizzare una festa del genere visto che quell’anno si sarebbe diplomata. Ciò la rendeva terribilmente soddisfatta.
A metà della festa gli spettri di Hogwarts si esibirono come di consuetudine; oltre al loro quest’anno era stata chiamata anche la Compagnia degli scheletri magici, la cui esibizione fu agghiacciante anche se non ebbe sugli stranieri lo stesso effetto sorpresa dell’entrata improvvisa dei fantasmi e soprattutto di Nick-Quasi-Senza-Testa che mostrò a tutti il motivo del suo soprannome. Pezzo forte furono sicuramente i Cacciatori Senza Testa.
L’unico momento in cui la certezza di Dominique di aver organizzato una festa, che a lungo sarebbe stata ricordata, vacillò fu quando Pix mostrò il suo disappunto per non essere stato invitato lanciando ragnetti sulla testa dei presenti. Ciò comportò una crisi di nervi da parte di Alice Paciock, che era aracnofobica; così i Malandrini si dileguarono probabilmente per continuare a festeggiare per conto loro laddove l’amica non avrebbe rischiato attacchi del genere.
Il resto della serata trascorse comunque tranquillamente e la Preside stessa non poté pentirsi di aver concesso loro il permesso di organizzare una festa in maschera. Unica nota negativa per Dominique fu che a vincere il titolo di Miglior Costume fu Apolline con un suo compagno, un certo Eugene Martin. La ragazza indossava un vestito da sirena: un top dorato e una specie di gonna che si apriva a forma di pinne anch’essa dorata; Eugene era vestito da principe e stregò quasi tutte le ragazze presenti.
Il travestimento che gli studenti di Hogwarts trovarono più divertente fu senz’altro quello di Scorpius e Rose. Il primo aveva scommesso imprudentemente con la ragazza perdendo ed era stato costretto a vestirsi da angioletto: l’aureola e la veste bianca e la sua carnagione diafana lo rendevano perfetto. L’intera Scuola l’aveva trovato divertente. Rose invece era vestita da diavoletta. Nulla di più perfetto, a detta anche degli insegnanti.

«Bene, signori. È quasi mezzanotte, direi che è il momento di conoscere i nomi dei tre Campioni. Che verrà scelto dovrà dirigersi oltre quella porta» esordì la Preside ottenendo immediatamente l’attenzione di tutti i presenti, mentre indicava una porta accanto al tavolo dei professori. Il signor Sawyer trasportò il Calice di Fuoco, precedentemente spostato nella Sala d’Ingresso, al centro della Sala Grande. I ragazzi non erano più ordinati per Scuole, ma mescolati in quanto la festa aveva permesso loro di iniziare a fare amicizia. Si misero a cerchio intorno al Calice. La Preside si avvicinò ad esso in attesa e quando le fiamme divennero azzurre molti trattennero il fiato o vi furono dei Wow sommessi.
«La campionessa di Beauxbatons» annunciò la professoressa McGranitt raccogliendo il foglietto bruciacchiato risputato dal Calice, «è Apolline Flamel».
Uno sonoro scroscio di applausi si accese nella Sala Grande: Apolline si era fatta conoscere da tutti quella sera. Solo alcuni dei suoi compagni sembrarono delusi dalla scelta; comunque nessuno avrebbe potuto competere con Dominique, che stava stritolando il braccio al povero Matthew. Se non fosse stata scelta, la cugina avrebbe rovinato anche quella serata.
«Il Campione di Durmstrang è Vasilij Dumbcenka» continuò la Preside. Questa volta l’applauso fu più contenuto: nessuno dei suoi compagni sembrava felice per lui e gli altri ragazzi applaudivano solo per educazione. Il Preside Vulchanova sembrava molto soddisfatto, diede una pacca sulla spalla a Vasilij, mentre questo si dirigeva verso la stanza indicata precedentemente. L’eccitazione comunque stava crescendo nella Sala Grande: ora toccava al Campione di Hogwarts. Le fiamme divennero di nuovo azzurre e la professoressa McGranitt allungò la mano per prendere il foglietto. Seguirono diversi minuti di silenzio, durante i quali gli studenti più vicini in futuro avrebbero potuto raccontare di aver visto la Preside vacillare e perdere il suo autocontrollo. La smorfia di paura mista a stanchezza James non l’avrebbe mai dimenticata.  La donna si mise una mano sul cuore e si voltò verso gli altri insegnanti, Neville si avvicinò subito ed ella gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Sembrava stanca. Neville impallidì visibilmente, ma prese il foglietto che la Preside gli porse. Il brusio in Sala Grande divenne sempre più forte. Il professore si schiarì la gola ed annunciò con tono grave:
«Il Campione di Hogwarts è James Sirius Potter».
Cadde un silenzio carico di tensione, che sembrò dilatarsi all’infinito. James era rimasto paralizzato al suo posto e percepiva gli occhi degli amici su di sé ed a mano a mano quelli dei presenti che lo cercavano nella folla. Poi scoppiò il caos.
«Non gli ha diciassette anni!».
«È un imbroglione!».
«Raccomandato!».
I Direttori tentarono di calmarli senza grande successo. Gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang erano confusi e perplessi da quella reazione.
«JAMES! PER FAVORE, VIENI QUI!» gridò Neville per sovrastare il rumore della folla.
James per conto suo pensò che la scelta migliore potesse essere quella di scappare dalla Sala e sparire per un bel po’. Tipo per il resto dell’anno. Robert, però, lo trattenne e lo spinse avanti.
«Paciock, ti sta chiamando. Vai, prima che a mia zia venga davvero un collasso».
Meccanicamente raggiunse lo zio Neville, che gli strinse forte la spalla con una mano e lo guidò, senza proferir parola, verso la stanza dove erano già spariti gli altri due Campioni. Non gli sollevò il morale nemmeno la voce amplificata per magia della professoressa Shafiq che minacciava tutti i Serpeverde o quella del professor Mcmillan che spediva tutti a letto.
La stanza era piccola. Era la stessa che gli aveva descritto suo padre. Un fuocherello vivace scoppiettava nel caminetto, incurante della sua disperazione. Le pareti erano tappezzate di ritratti di streghe e maghi. Sentiva di doversi difendere in qualche modo, ma faticava a parlare. Tutti avevano gli occhi puntanti su di lui. Il signor Mullet aveva uno sguardo distaccato e disinteressato, mentre il signor Malfoy sembrava quasi un fantasma per quanto era pallido. Apolline lo osservava apparentemente divertita, mentre Vasilij Dumbcenka aveva un’espressione poco rassicurante.
«Ho un déjà-vu» sospirò Madame Maxime.
«Potter, hai chiesto ad uno studente più grande di mettere il tuo nome nel Calice?» proruppe il signor Malfoy.
«Malfoy, per chi ci hai preso?» sbottò irritato Neville. «Dopo quello che è accaduto l’ultima volta, abbiamo messo i Caposcuola a controllare il Calice e la notte abbiamo fatto i turni noi insegnanti».
«Beh allora qualcuno ha messo il nome del ragazzo nel Calice» sbuffò Malfoy, altrettanto incavolato.
«Ora che si fa?» chiese la professoressa McGranitt.
«Lo sa benissimo, professoressa. Il Calice di Fuoco è un contratto magico vincolante. Potter è il Campione di Hogwarts. Non si può tornare indietro. Mi chiedo solo che maledizione hanno i Potter con questo Torneo» sibilò Malfoy.
Dopo qualche minuto di silenzio funeralesco, James decise di parlare: «Io non sono ancora morto». Non capì perché lo disse, se per tranquillizzare la McGranitt e zio Neville o nel tentativo di autoconvincersene lui stesso.
«Il solito stupido coraggio Grifondoro, eh Potter? Proprio come tuo padre. Comunque la prima prova sarà la mattina del 30 novembre. Non vi sarà detto in che cosa consisterà perché deve mettere alla prova la vostra audacia di fronte all’ignoto. Buona fortuna a tutti» sibilò laconico Draco Malfoy.
James sentì un macigno depositarsi sul cuore.
   
 
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