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Autore: PriorIncantatio    19/08/2016    2 recensioni
"Un mese dopo la battaglia di hogwarts, il nuovo primo ministro deve ricostruire una comunità. Gli orrori della guerra pesano tutti sulle spalle dei colpevoli o dei presunti tali che sono sottoposti a processo. Fra questi, vi sono i Malfoy, vittime dei pregiudizi della comunità magica e prigionieri degli errori passati. Cosa può fare Hermione Granger per Draco Malfoy? E cosa sarebbe disposta a perdere per Malfoy, una volta messe da parte i propri pregiudizi? Si può risorgere dalle ceneri o, per farlo, bisogna rendere tali tutti i sacrifici del proprio passato?"
-PriorIncantatio
"Bisognava risorgere, dalle ceneri come le fenici, era doveroso e necessario per non dare nuova linfa al male e lasciare loro la possibilità di riprendersi quello per il quale in tanti hanno dato la propria vita: la libertà."
Genere: Fluff, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Un po' tutti | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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CASA

"Ho il culto delle gioie semplici. Esse sono l'ultimo rifugio di uno spirito complesso." - Oscar Wilde
 
«Dovresti andare da lui»
 
Così le aveva suggerito Draco Malfoy dopo che lei gli aveva parlato di Ron, subito dopo la conferenza al Ministero.
Hermione sapeva di doverlo fare, ma aveva paura come non mai. Cercò di percorrere ad ampie falcate le strade londinesi dirigendosi verso la metro. Baker Street distava solo pochi minuti. Tuttavia le strade erano piuttosto trafficate e tantissime persone che tornavano dal lavoro affollavano i marciapiedi.
Quando Hermione arrivò sotto casa, il sole aveva smesso di brillare con tutta la sua forza e numerose nuvole lo offuscavano. Presto sarebbe arrivato un temporale ed Hermione, mai come in quel momento, si immedesimò nella natura circostante.
Quel temporale però arrivò con un inaspettato anticipo e con tutta la sua devastante forza. Ron era in casa, seduto nel piccolo ma ospitale soggiorno, la testa tra la mani, i gomiti tra le ginocchia. Era in una posizione che a Hermione ricordò 
immediatamente quella di un bambino dopo aver subito una cocente delusione. Sembrava sul punto di crollare.
Quando lei chiuse la porta dietro di sé, Ron uscì dal suo guscio invisibile. Si fissarono per un’incalcolabile istante fino a quando lei parlò per prima: «Non ti aspettavo qui…»
Rifletté su ciò che aveva appena detto e si rese conto di essere stata stupida e ingenua. Non Hermione Granger. Cosa significava “non ti aspettavo qui?” Non ti aspettavo a casa mia? In casa della tua ragazza? Non ti aspettavi che il tuo ragazzo potesse presentarsi dopo che tu, da emerita idiota, gli avevi nascosto ciò a cui stavi lavorando da un sacco di tempo?

“Non ti aspettavo qui.”

«Davvero? E dove mi aspettavi?» chiese lui alzandosi e avvicinandosi a lei.
«N-non volevo dire questo, Ron» balbettò insicura, subendo il suo sguardo indagatore.
«Vedo che sono molte le cose che non mi hai detto fino ad ora, Hermione.»
«È complicato. Non potevo parlartene, cerca di comprendere! Avevo… ho le mani legate. Kingsley, il mio diretto superiore Ogden, entrambi mi hanno proibito di parlarne con chiunque. Si tratta di lavoro, nulla di più.»
«Quindi adesso io sono chiunque! Io non posso avere la maledettissima possibilità di sapere cosa tu faccia al Ministero o, a questo punto, a Villa Malfoy?»
«Che cosa vuoi dire, Ronald?» chiese infuriata Hermione innalzando le sue difese.
«Voglio dire che dopo tutto quello che ti ha fatto… ci ha fatto, tu sei lì a difenderlo! Verrai schernita, umiliata e tutto questo per Malfoy!»
«Ron, davvero tu non capisci? La guerra è finita, dobbiamo andare avanti! Draco non può pagare per errori che non ha commesso!» replicò rendendosi conto di aver difeso Draco. No. Non aveva difeso lui, ma il suo lavoro!
«È un Mangiamorte!» sibilò Ron con occhi infuocati dall'odio, stentando a mantere la calma.
«Sai benissimo che non lo è! Anche Harry alla fine ha capito che lui non voleva tutto ciò che è successo!» negò Hermione avvicinando il volto teso con i capelli che ondeggiarono intorno  a lei.
«Ma è successo dannazione! Non ha mai rifiutato, non ha mai alzato la testa, non ha mai ribattuto!»
Ron non si dava per vinto. Non riusciva a capire perché Hermione avesse così a cuore il destino di Draco.
«E tu cosa diavolo avresti fatto Ronald Weasley! L’avresti fatto? Avresti preferito affrontare Voldemort? Sapendo che lui avrebbe potuto uccidere te o i tuoi genitori! Tu l’avresti fatto, Ron?»  ormai presa dalla foga della discussione, Hermione portò questa su un piano di confronto, probabilmente inutile in quel momento. Si stava difendendo da Ron?
Dopo il concitato affronto, Ron si sedette di nuovo. Ora aveva lo sguardo fisso sulla finestra che mostrava la strada affollata. La sua espressione era persa, gli occhi vagavano da un corpo all’altro senza uno scopo preciso.
«Sei tu che non puoi capire, Hermione» sussurrò affranto il giovane, confuso e deluso.
La ragazza aveva notato il cambiamento del suo tono di voce. Si era affievolito, sentiva la sua stanchezza, la sua rabbia. «Aiutami a capire» disse sedendogli accanto e ponendo la sua mano sopra quella di lui.
«Io ho perso un fratello. Tu nessuno» spiegò come se quello fosse il fulcro di ogni cosa.
Ron si alzò istintivamente scansando la mano di Hermione piuttosto irritato, la guardò di nuovo e sembrò che un nuovo fiume di ribollenti parole stesse per uscire dalla sua bocca. Ma così non fu. Si limitò a ripetere con un filo di voce: «Tu non puoi capire.»
 
“Tu non puoi capire.”
 
 

Kingsley Shackebolt si era rinchiuso per tutto il giorno nel suo ufficio e aveva ordinato alla sua segretaria di cancellare tutte le visite e gli incontri di quel giorno. Voleva restare da solo. Lui e i suoi pensieri. C’era una gran confusione, una folla inaudita. Quella mattinata sembrava essere diventata un macigno nella sua testa. Griselda Marchbanks gli aveva consegnato il verbale delle domande e delle risposte poco dopo la conferenza e, paragonando le sue con quelle di Draco ed Hermione, capì di aver fatto una magra e pessima figura. Lui doveva essere quello che avrebbe dovuto placare gli animi, essere di supporto ad Hermione, togliere dagli impicci Draco, stendere con un sol colpo Rita Skeeter e tutti coloro che volessero attaccare il suo già criticatissimo operato.
Stava fallendo in tutte le direzioni.
Draco ed Hermione a parer suo non stavano facendo entusiasmanti miglioramenti, lui era troppo egoista, lei troppo accademica con il tipo di approccio intrapreso. Hermione era la sua più grande speranza, in lei aveva riposto fiducia, gran parte del suo successo o, nel peggiore dei casi, del suo fallimento. Era ovvio, da lei sarebbero dipese in futuro tante importanti vite.
I processi erano davvero tanti, ma gli avvocati migliori si tiravano indietro per la paura di non riuscire a sancire un giusto verdetto. Affibbiare avvocati di ufficio era rischioso e il Ministero avrebbe fatto una pessima figura. Kingsley doveva trovare un modo efficace per scovare gli indizi che potevano essere determinanti per accusare concretamente tutti i Mangiamorte e spedirli una volta per tutte ad Azkaban. Avere quell’empio simbolo sul braccio non poteva bastare per una sanzione giusta. Inoltre le indagini sul ricercato numero uno, Lucius Malfoy, non stavano dando i risultati sperati. Harry e Percy brancolavano ancora nel buio. Quando Kingsley rinsavì da quel flusso di coscienza si ritrovò davanti agli occhi l’anziana figura di Tiberius Ogden.
«Dimmi pure, vecchio mio» iniziò Kingsley senza dar peso alle parole particolarmente gioiose e inadatte al momento.
«Come sta, Ministro?» chiese Ogden in vesti formali ma realmente preoccupato per quello che stava iniziando a diventare un fidato amico.
«Questa dannata poltrona inizia a diventare scomoda, Tiberius. So che fa parte del gioco, ma non me lo aspettavo così difficile» rispose sincero.
Il Ministro cercò di stendersi più comodamente sulla sua elegante poltrona in pelle marrone e iniziò a guardare il soffitto completamente bianco.  
«Ho bisogno di cambiare le carte in tavola, Tiberius. Mi segui?» iniziò lui sempre guardando all’insù.
«Prosegui» accennò l’altro.
«Ci serve qualcosa che possa migliorare la nostra credibilità, la nostra popolarità. È fondamentale se vogliamo che questi processi procedano come si deve.»
«Cos’hai in mente, Kingsley?» chiese Ogden a quel punto curioso di sapere.
«Abbiamo bisogno di un volto pulito del Ministero. Qualcuno di cui tutti si fidino ciecamente. che tutti conoscono, di cui le persone fuori da questo Ministero possano dire solo cose buone.»
«A che fine?» domandò ancora Tiberius.
«Sarà una sorta di filtro. Lui gestirà le informazione, capirà ciò che manca per un’accusa piena. Lui capirà, in base a quanto abbiamo tra le mani, cosa riusciremo ad ottenere. Capisci dove voglio arrivare? Un figura pubblica di primo piano. Che sappia cosa vuol dire aver combattuto, qualcuno che abbia provato il male sulla pelle, Tiberius.»
«E avresti pensato già a qualcuno?»
«No, purtroppo no. È questo che mi turba, dannazione!» esclamò alla fine sbattendo i pugni sul pregiato legno della sua scrivania.
«Peccato… perché io avrei un nome…» iniziò alludendo Ogden.
«Chi?» chiese subito Kingsley fissando il collega con sguardo penetrante.
«Arthur Weasley.»
Il volto del Ministro rimase impassibile, poi comparve un sorriso rassicurante: «Portalo da me.»
 
 
 
Dopo aver discusso animatamente con Ron, Hermione aveva lasciato che il tempo passasse, che il rintocco dell’orologio, come Morfeo, la cullasse. Aveva appena terminato di cenare quando qualcuno bussò con veemenza alla porta. “Di nuovo Ron”, pensò immediatamente. Quel pensiero tuttavia la sfiorò solo per un istante quando una voce a lei molto familiare sbraitò: «Granger! Granger aprì questa dannata porta! Subito!»
Hermione si precipitò ad aprire e Draco Malfoy entrò come un fulmine nella sua abitazione. Era particolarmente agitato. Il suo volto era sconvolto, scuro in viso. I suoi occhi sprigionavano rabbia  e odio. Era da tempo che non lo vedeva conciato in quel modo. Tuttavia il ragazzo non era solo. Davanti all’uscio rimase inerme Andromeda Black. Uno sguardo inespressivo la rendevano agli occhi di Hermione come una paziente malata. Il volto pallido spiccava sul 
blu scuro del suo elegante tubino. I suoi capelli ricordavano alla ragazza quelli della sorella Bellatrix e il volto diafano quello di Narcissa. Stringeva tra i pugni la sua bacchetta come se stesse sulla difensiva o nell’atteggiamento di qualcuno che da poco aveva terminato un duello. Hermione la invitò gentilmente ad entrare.
«Malfoy, cosa è successo?» chiese immediatamente.
«Tu! Mi hai mentito!» le urlò a pochi centimetri da lei.
«I-io? Draco di cosa stai parlando?» rispose Hermione visibilmente spaventata per la sua reazione.
«Non far finta di non sapere nulla! Sei stata in combutta con quella nullità di Shackebolt dal primo momento. Non sei altro che il suo stupido burattino!»
«Sta zitto. Siediti.»
Non era stata Hermione a parlare. La voce di Andromeda era fredda, priva di alcuna emozione. Sia Draco che Hermione la fissarono per una frazione di secondo come per accettarsi se quelle parole fossero state realmente sue. Lei guardò con espressione di sfida suo nipote che, con accondiscendenza, si accomodò sul divano.
«Hermione cara, gradirei una tazza di tè» chiese poi Andromeda cambiando totalmente tono di voce.
La ragazza rimase per qualche istante interdetta, poi sparì silenziosamente in cucina.
«Spiegami, Draco. Perché ogni volta che subisci un’ingiustizia ti inalberi, vuoi distruggere ogni cosa, anche le persone che stanno cercando di aiutarti?» chiese retoricamente sua zia, accomodandosi accanto a lui e addolcendo il registro di voce iniziale.
Draco rimase in silenzio cercando di rielaborare una risposta e, dopo averla trovata, si voltò verso di lei con occhi determinati e la mandibola serrata.
«Credi di ricomparire nella mia vita dopo anni e impartirmi lezioni di vita come se fossi mia madre?»
«Fa’ come vuoi» rispose laconicamente la zia, lisciandosi l'abito.
Draco per l’ennesima volta rimase interdetto per come la donna tendesse a rispondere. Lui era sempre stato bravo a identificare una persona dai suoi comportamenti, dal suo carattere, dalle sue parole, persino dai suoi movimenti, ma lei era stata fino a quel momento indecifrabile. La lontananza dalla sua famiglia per così tanti anni l’aveva cambiata. Forse la sua freddezza era dovuta all’astio serbato dentro di sé. Dopotutto lui, sul quel braccio, aveva ancora quel dannato simbolo nero che aveva tolto a quella donna un marito, una figlia, un genero, un’intera famiglia.
Hermione ritornò con tre tazze di tè fumanti e le pose sul tavolino di fronte al divano, dopodiché si accomodò anche lei di fronte agli ospiti inattesi.
Hermione volle lasciare che uno dei due iniziasse a parlare perché non aveva la ben che minima idea di cosa fosse successo.
«Permettimi di porgerti le mie scuse per le veementi parole di Draco, non era sua intenzione essere così duro. È stata una giornata particolarmente impegnativa per lui e sapere che al ritorno sua madre…» iniziò dicendo Andromeda, per poi essere bruscamente interrotta.
«E sapere che mia madre è stata portata via con la forza da un branco di stupidi imbecilli del Ministero, del tuo Ministero, mi fa andare in bestia!» concluse Draco ancora con l’anima in fibrillazione.
«La verità è questa» sentenziò Andromeda con voce fioca e sconfitta.
Hermione rimase di stucco, senza parole. Si alzò e iniziò a girare senza meta nel piccolo soggiorno, poi si diresse sul balcone per cercare di riflettere più lucidamente senza gli sguardi dei due addosso. Si strofinò nervosamente la mano sulla bocca e il mento. “Cosa diavolo è successo?”, pensò. Era possibile che Kingsley avesse preso una decisione del genere senza averla messa accorrente?
“No, impossibile. Non l’avrebbe mai fatto. Qualcun altro avrà dato l’ordine, forse Ogden. Da lui me lo sarei aspettato.”
Hermione guardò l’orologio e il quadrante segnava le nove passate, era impossibile rintracciare Kinsgley al Ministero, avrebbe dovuto rimandare al giorno dopo.
«Neanche tu ne eri a conoscenza.»
Era la voce di Draco che comparve alle spalle di lei. Sembrava aver ripreso un briciolo di lucidità.
«No, no, no, Draco. Ti prego di credermi, non ne sapevo assolutamente niente» rispose Hermione che iniziava a sentire i propri nervi crollare sotto il peso della conferenza, di quello sguardo di Ron al Ministero, delle parole dette a casa sua, della fiducia tradita da Kingsley e ora si aggiungeva Draco che provava gusto ad incolparla per ogni cosa, a schernirla sempre come “burattino del Ministero”.
Adesso si sentiva esattamente così. Sentiva le sue braccia e le sue gambe muoversi comandate da qualcuno che ne tirava i fili invisibili. Si sentiva come sotto la maledizione Imperius. Si sentiva tradita, umiliata, sola.
«Ti credo, Granger.»
Hermione si voltò istintivamente a quella risposta.
Draco osservò il suo sguardo procedendo oltre le semplici apparenze, la stava studiando: «Granger, stai bene?»

“Ti credo, Granger.” “Granger, stai bene?”

Chi le stava parlando in quel momento? Hermione per un istante non credeva di avere davanti agli occhi Draco Malfoy. Non comprendeva se quelle fossero gentilezze o frasi di circostanza. Sicuramente tra i due a saper mentire era di certo più esperto Malfoy. Questo dato non la rincuorò.
«S-sì sto bene, Malfoy» tentò di tagliar corto lei.
«Imparerai mai a mentire? Almeno davanti al Wizengamot, intendo?» la corresse lui.
«Era una battuta?» chiese lei, ammiccando un piccolo sorriso.
«Assolutamente no» rispose divertito il ragazzo.
«Sto bene, Malfoy. Adesso è meglio se rientriamo, altrimenti tua zia inizierà a preoccuparsi.»
«Potrebbe pensare che ti ho buttata giù dal balcone» scherzò ancora Draco.
 
Rientrati nel salone entrambi si risedettero silenziosamente, fu poi Hermione a parlare prima di tutti.
«Andromeda… ho avuto modo di spiegare anche a Draco che non ero affatto a conoscenza di quanto accaduto stamane a Narcissa. Non avrei mai dato il mio consenso a un’azione simile, soprattutto tenendo conto della collaborazione data proprio da tua sorella che, fino ad ora, si è dimostrata fedele ai patti. Domani mattina andrò dal Ministro in persona per discutere di cosa è successo e hai la mia parola che farò tutto ciò che è in mio potere affinché ritorni a casa.»
Il fiume di parole era stato molto esaustivo dato che Andromeda, con un cenno del capo, fece segno di asserire. Poi la stessa prese la parola: «Ora sei più tranquillo, Draco?» chiese con grazia.
Draco, come un bambino a cui è stato promesso un gioco, annuì con il capo.
Hermione vedeva davanti ai suoi occhi i cambiamenti del ragazzo quando era in contatto con sua zia.
Nonostante gli screzi tra la famiglia Black e Malfoy, Draco aveva grande rispetto verso sua zia e forse la loro lontananza stava diminuendo.
«Bene, allora è meglio che togliamo il disturbo. Abbiamo già dato troppo fastidio, Hermione. Ci dispiace tanto» disse la Black alzandosi.
«Ma figuratevi, avevate tutto il diritto di sapere se io ero o no a conoscenza dei fatti di oggi.»
Draco ed Hermione si scambiarono uno sfuggevole sguardo, poi lui scomparve dietro la porta, Andromeda invece si trattenne all’uscio.
«Hermione. Non lasciarlo, non tradirlo» le supplicò lei.
«Andromeda, ho preso un impegno e lo porterò a termine» rispose decisa lei.
«Lo so che è difficile, che è complicato convivere con lui solo un paio di ore al giorno, ma aiutalo, non ha nessuno,  ha solo te…» concluse lei con le lacrime agli occhi.
«So cosa ha dovuto affrontare Draco e tutti i suoi problemi sono stati determinanti affinché io accettassi di aiutarlo. Si fidi di me e speriamo che lui faccia altrettanto.»
«Hermione» iniziò lei, accarezzandole la guancia teneramente «Harry è stato fortunato ad averti al suo fianco per tutti questi anni. Sei una ragazza forte e sono sicura che riuscirai a fare un lavoro straordinario.»
La donna stava per andarsene quando si voltò velocemente: «A proposito di Harry… lo hai sentito recentemente? Sono piuttosto preoccupata…»
«No, Andromeda. È piuttosto strano, ma so che sta svolgendo un incarico delicato per il Ministero, quindi credo sia normale che lui sia irrintracciabile al momento, sono sicura che al più presto si farà vivo… abbiamo tante cosi di cui parlare» concluse allusiva lei.
«Immagino di sì» sorrise la donna salutando cordialmente Hermione.
 
 
 
Nonostante il Primo Ministro fosse un suo caro amico non si sarebbe mai aspettato un invito speciale nel suo ufficio. Arthur Weasley lavorava al Ministero da oltre trent’anni e lo aveva fatto sempre con grande dedizione, ottenendo importanti risultati all’Ufficio per Usi Impropri dei Manufatti Babbani. Tuttavia nella sua carriera aveva avuto modo anche di indagare direttamente su numerosi Mangiamorte tra cui, ovviamente, Lucius Malfoy, suo eterno rivale al Ministero.
Ad Arthur erano stati offerti numerosi posti all’interno del Ministero migliori del suo attuale, persino una carica nel Wizengamot, ma li aveva sempre rifiutati affermando di “divertirsi” tra le cianfrusaglie babbane.
Arthur prese l’ascensore principale nell’atrio del Ministero, l’unico che portava direttamente all’ufficio di Kingsley. Era riconoscibile da due aspetti: era l’unico che non veniva atteso da una fila chilometrica e per la sua disarmante bellezza. Le porte dell’ascensore erano in legno di noce con finissime intarsiature che ritraevano l’effige ministeriale. Al centro delle porte vi era raffigurata una bilancia in oro e una scritta, anch’essa dorata: “Ignorantia iuris neminem excusat” – “L’ignoranza della legge non scusa nessuno.”
Arthur cercò di fissare nella sua mente quella frase che ormai aveva imparato a memoria dal primo giorno in cui aveva messo piede nel Ministero. Poi entrò nell’ascensore.
«Arthur, finalmente! Temevo ti fossi perso!» esclamò Tiberius Ogden schioccando una pacca sulla sua spalla.
«Lavoro, Tiberius! Sempre indaffarato nel lavoro!» rispose con il solito tono allegro, ma un po’ imbarazzato dal brio inaspettato del collega.
«A chi lo dici Arthur. Sono giorni convulsi qui ultimamente e oggi più che mai…»
«Parli del giovane Malfoy?» chiese innocentemente Weasley.
«Potrei parlare di tante cose. Kingsley deve darsi una sbrigata altrimenti verrà sopraffatto dal lavoro, dai giornalisti, dai processi e, soprattutto, dai malcontenti.»
«Sapeva a cosa andava incontro quando ha accettato l’incarico. Fidati di me, non deluderà» concluse Arthur che non sapeva se credere o meno a quanto detto.
 
“Ufficio del Primo Ministro della Magia” – annunciò la voce femminile dai microfoni dell’ascensore.
Tiberius e Arthur si diressero insieme verso l’ufficio percorrendo il lungo ed ampio corridoio che precedeva il luogo dove Kingsley passava la maggior parte delle sue ore. Superarono decine di quadri e arazzi dai vividi colori che raffiguravano storie e famose personalità politiche.
«Trent’anni che lavoro al Ministero e non ho mai messo un solo piede qui» disse Arthur guardandosi intorno meravigliato.
«Sei tu che non hai mai voluto un ufficio nei piani alti, amico mio!»
«E continuerò a non volerlo» rispose ridendo rumorosamente Weasley.
Giunti alla segreteria, il signor Weasley mostrò a una donna la lettera fattagli recapitare dal Ministro in persona, cosicché lei lo fece entrare seguito da Ogden.
«Arthur, benvenuto!» disse Kingsley che si trovava già al centro dell’ufficio e avvicinandoglisi calorosamente, «stavo giusto versandomi un bicchiere di Acqua Viola, ne gradisci un bicchiere?»
«Già che ci sei lo accetto generosamente» rispose il signor Weasley in maniera affabile.
«Tiberius a te non lo chiedo neanche» scherzò il Primo Ministro sapendo che odiava gli alcolici.
Kinsgley attese che i due ospiti si accomodassero di fronte a lui per poi sedersi e rilassarsi sulla sua poltrona.
«Allora Arthur come ti sembra il “piano alto”?» chiese il Primo Ministro dopo il primo sorso.
«Più pulito di quelli “bassi”» replicò laconicamente l'interrogato con un lieve sorriso.
Vi fu un momento di puro silenzio, poi tutti i presenti scoppiarono in una fragorosa risata.
«Mi ci voleva una bella risata oggi, grazie Arthur» sogghignò Kingsley tornando alla fine serioso.
«Non mi hai invitato di certo per avere un mio parere sul mobilio e sugli arazzi dell’atrio dell’ufficio del Primo Ministro, vero?»
«Ovviamente no. Ho la fortuna di avere un valido amico e collega che mi ha suggerito il tuo nome per svolgere un lavoro molto delicato e indubbiamente difficile.»
Arthur non rispose, si limitò a corrugare la fronte per concentrarsi sulle future parole del Primo Ministro, ma fu Ogden a continuare il discorso: «Come ti accennavo pochi istanti fa, il Ministero stamane è stato messo ancora di più sotto la lente di ingrandimento. Sono sorti numerosi problemi che dobbiamo affrontare e il più velocemente possibile. Kingsley ha capito che per fronteggiare questa emergenza sia imprescindibile la decisione di suddividere i compiti e di affidarli a persone che sappiano cosa sia il duro lavoro, la giustizia e la fedeltà al Ministero. Inoltre, abbiamo necessità di un uomo che sappia cosa vuol dire aver combattuto contro il Signore Oscuro, che abbia avuto… una perdita tremenda… insomma un uomo in cui ogni cittadino possa immedesimarsi, possa nutrire rispetto e fiducia.»
«Tu, Arthur Weasley sei la persona giusta» sentenziò infine Kingsley.
 Arthur bevve avidamente l’intero liquido violaceo nel proprio bicchiere di cristallo e lo posò delicatamente sulla scrivania. Chiuse meccanicamente gli occhi e fece un profondo respiro: «Sono davvero lusingato dalle vostre parole. Grazie Tiberius per aver fatto il mio nome e grazie Kingsley per aver avallato l'idea ma…» poi Arthur si bloccò.
«C’è sempre un “ma”, Weasley. Sempre. Non aver paura di esternare i tuoi dubbi perché io e Kingsley siamo qui per eliminarteli tutti» spiegò Ogden.
«Ma c’è una cosa che mi frena al momento. Dimmi Kingsley», cominciò dicendo e avvicinandosi con i gomiti verso l’uomo seduto di fronte a sé «avresti mai accettato la mia candidatura se Fred non fosse morto?»
Quella domanda, che aveva il tono di un'affermazione, colpì il Primo Ministro che restò con il calice alle labbra ma, quando realizzò quanto detto da Arthur consumò anch’egli l’Acqua Viola e parlò: «Arthur, durante la battaglia di Hogwarts tutti noi abbiamo perso qualcuno a noi caro. Io ho perso il mio migliore amico e la mia migliore amica e so benissimo che il dolore per la morte di un figlio non è neanche lontanamente paragonabile. Ma qui non stiamo facendo una gara a chi ha sofferto di più. Io ti sto chiedendo di aiutarmi perché so che posso fidarmi di te nello stesso modo in cui l’ho fatto quando abbiamo lavorato spalla a spalla nell’Ordine della Fenice. È vero. È assolutamente vero che ti sto chiedendo tanto, forse troppo, ma è di te che ho bisogno, Arthur.»
«Se è così, perdonami per averlo pensato, Kinsgsley» rispose l’uomo seriamente dispiaciuto.
«Potrai essere perdonato quando finalmente accetterai la proposta» rispose il Ministro accennando un timido sorriso d'incoraggiamento.
Il signor Weasley sospirò rumorosamente e intensamente «Sarà pericoloso?»
Fu di nuovo il turno di Ogden che si voltò verso di lui: «Abbiamo un ultimo Mangiamorte in fuga di cui abbiamo davvero poche notizie. Finché lui sarà a piede libero, chiunque lavori attivamente e da vicino per spedire ad Azkaban i suoi complici, sarà in pericolo. Sono franco, Arthur… non posso mentirti…» ma prima di concludere fu spiazzato da Shackebolt.
«È di Lucius Malfoy che stiamo parlando e tuo figlio Percy con Potter si stanno occupando di rintracciarlo» rivelò con espressione seria il Ministro.
Arthur rimase privo di parole e seriamente scioccato. «Si tratta di informazioni segrete, di cui soltanto io, Ogden e Griselda siamo a conoscenza all’interno del Ministero… ed ora tu.»
«E-e-e e perché hai voluto condividerlo con me?»
«Perché accetterai quella dannatissima offerta e perché da questo momento in poi tu sarai i miei occhi, le mie orecchie e le mie braccia.»
 
 
 
Era quasi mezzanotte quando Kingsley Shackebolt lasciò il proprio ufficio. Il tempo era stranamente tranquillo e decise pertanto di arrivare a casa a piedi, cosa che faceva volentieri quando aveva bisogno di scaricare l’adrenalina e di rielaborare i pensieri.
La temperatura era bassa, cosicché l’uomo indossò il lungo impermeabile petrolio e alzò il bavero per ripararsi da alcune deboli raffiche di vento gelido. Il suo passo era costante, trafiggeva il silenzio soltanto il ticchettare del bastone da passeggio con il marciapiede e la voce di alcuni ragazzi in lontananza. Il resto era quiete. Kingsley stava passando in rassegna nella propria mente tutti gli eventi della giornata, iniziata male ma conclusasi leggermente meglio. Infatti, dopo la magra figura offerta durante la conferenza e il pasticcio fatto con la Black di cui doveva ancora pagarne il prezzo, Arthur Weasley aveva deciso di accettare l’offerta. Dal giorno seguente si sarebbe messo a lavoro e gli avrebbe fornito una quotidiana analisi delle situazioni più critiche. Forse, soltanto da quel momento, Kingsley avrebbe potuto affermare “adesso arriva il bello”.
Quanti erano ancora i processi da fare? – pensava Kingsley. Dolores Umbridge, Pius Thicknesse, la stessa Bellatrix Lestrange aveva bisogno di una nuova udienza per infliggerle nuove sanzioni in corrispondenza dei relativi capi d’accusa; poi Blaise Zabini e Gregory Goyle che potevano essere determinanti per l’udienza di Draco nel bene e nel male, Fenrir Greyback; Narcissa, Draco e, ovviamente, Lucius Malfoy.
Quest’ultimo andava trovato e in fretta. Kingsley avrebbe voluto mettersi in contatto con Percy e Harry, ma farlo avrebbe significato far saltare la loro copertura allarmando il paese. Mentre rifletteva su tutto ciò arrivò a casa. Salutò velocemente i due Auror di scorta all’entrata, chiuse la porta dietro di sé e lasciò che un accogliente calore lo avvolgesse.
Sapeva di doversi dirigere direttamente nell’ampio salone e così fece.
Trovò Narcissa Black davanti al camino che mostrava un fuoco particolarmente vivo. Stringeva tre le dita un calice di vino. Il volto era torvo, gli occhi sbarrati dalla rabbia. Tuttavia non pronunciò una sola parola quando lui entrò. La donna si limitò a seguire i passi dell’uomo spostando da una parte all’altra il volto, non perdendosi nemmeno una mossa. Kingsley cercò di sfruttare il momento di quiete prima della tempesta per versarsi da bere. Whiskey incendiario. Riempì il bicchiere intero.
Shackebolt in segno di sfida si posizionò proprio di fronte a lei, sistemò la sua bacchetta su un tavolino lì accanto e sorbì il primo lungo sorso dal suo bicchiere.
Sembravano i protagonisti della scena finale di un film western anche se mancava l’ambientazione texana, le revolver e la polvere. Era fino a quel momento un gioco di sguardi, uno più incolpante dell’altro. A voler sparare la prima pallottola fu Narcissa.
«Hai vinto.»
«Mi hai costretto.»
«Ti ho costretto?»
«Sì.»
«Sono stata io quella ad essere portata qui con la forza. Lo chiamerei abuso di potere, Shackebolt.»
«Non potevo lasciarti andare lì» ripose a tono il Primo Ministro.
«Per quale maledettissimo motivo, Kingsley?»
«Non potevi andare lì a destabilizzare Draco! Lui non ha tutte le tue colpe e non potevo permettermi di mettere fine alla sua speranza di essere scagionato prima ancora che tutto fosse iniziato. Tu hai delle pesanti colpe con cui dovrai fare ammenda davanti al Wizengamot, ma lascia fuori Draco.»
«Oh, allora l’hai fatto per me?» domandò retoricamente Narcissa per schernirlo e sorridendo ironicamente.
«No. L’ho fatto per tuo figlio.»
Il sorriso beffardo di Narcissa le si congelò in volto. La donna gli si avvicinò a lenti passi e puntò l’indice verso di lui: «Non avevi il diritto di trattarmi come una prigioniera, un’evasa!»
«Vorrei capire quando la smetterai di piangerti addosso, Narcissa! Non è possibile che ad ogni ostacolo tu debba criticarmi!» l'aggredì il Ministro stringendo il bicchiere.
«Sono venuti in casa mia! Hanno usato la magia! Mi hanno colpita e hanno colpito tutto ciò che era a loro tiro. Sei stato tu a dare quegli ordini!» urlò Narcissa rossa in volto dalla rabbia.
«Non era mia, loro… intenzione ferirti Narcissa. Mi dispiace per questo.»
«No! Non me ne faccio nulla delle tue scuse. L’hai persa, Kingsley, hai perso la mia fiducia!» urlò la donna. Si girò in un’istante e lanciò il proprio calice verso la parete che si frantumò in mille pezzi.
Come sfinita da quella mossa estrema, la donna tentò di oltrepassare Kingsley, quando questi la bloccò mettendole una mano sulla spalla e stringendola quanto bastava per fermarla.
«Lasciami» imperò istintivamente la donna.
«Narcissa devi capirmi, devi comprendere che la mia situazione è tra le più delicate e che non posso patteggiare pubblicamente per voi. Se solo lo facessi manderei all’aria la protezione di Draco, il lavoro della signorina Granger, il tuo status e i processi per i Mangiamorte, seppure questi procedano lenti. Ho bisogno di preservare quanto c’è di più prezioso. Ho dovuto scegliere, Narcissa. O te o Draco.»
Narcissa non rispose, non lo aveva degnato di uno sguardo da quando l’aveva bloccata e, silenziosamente, se ne andò divincolandosi con stizza.
 
Kingsley bevve l’intero bicchiere di whiskey e si sedette a terra facendo attenzione alle piccole schegge di vetro di fianco al camino marmoreo. Iniziò a ricordare di quando era bambino e si stendeva con i gomiti per terra davanti a quella  luminosa alcova camino della casa dei suoi genitori. Amava ascoltare lo scoppiettio della legna sul fuoco, fissare intensamente le fiamme dorate. Cercò di ricordare tutti quegli istanti di vita semplici, a volte banali, ma felici. Adesso aveva il potere, la fama, anche degli amici, ma era tremendamente solo. Sembrava il capitano di un vascello in balia della tempesta, sembrava che tutti intorno a lui si stessero mettendo in salvo, chi gettandosi nel mare in tumulto, chi su delle scialuppe. Solo lui, il povero capitano, restava al timone. Non l’avrebbe abbandonata.
 
Avrebbe superato anche quella bufera.

 
 
 NOTE DELL'AUTORE
Dopo secoli sono tornato e ho aggiornato con il 25esimo capitolo. Pochissime cose da dirvi in particolare. Il titolo allude ad una casa, un rifugio che può essere inteso sia in maniera allegorica o meno. Narcissa auspica un suo ritorno a casa, Hermione si sente distrutta e alle spalle proprio nella sua dimora, Arthur Weasley ottiene un'impiego al Ministero dove lavora da oltre trent'anni, appunto, una sua seconda casa e infine quella di Kingsley dove quest'ultimo ricorda i momenti salienti della sua infanzia quando era realmente felice. Su questa via va inoltre intesa la citazione di Oscar Wilde. In questo capitolo avete avuto modo di conoscere molto più da vicino Arthur Weasley. La sua è stata quasi una scelta obbligata perché è un personaggio che ha tantissimo da dire secondo il mio personale punto di vista e spero vivamente di poterlo caratterizzare nel miglior modo possibile. Ho deciso di lasciarlo, prima della "promozione", all'Ufficio per gli oggetti babbani, nonostante sappiamo che nel 1996 egli ricevette una promozione a Direttore dell'Ufficio Intercettazioni e Confisca di Incantesimi Difensivi e Oggetti Protettivi Contraffatti.
Avrete modo di conoscerlo ancora meglio e, forse, un po' tutta la famiglia Weasley. Hermione e Ron sembrano avere sempre più problemi e nessuno dei due sembra fare un passo in avanti verso l'altro. Tuttavia ci saranno, fidatevi. Andromeda la vediamo un po' più sotto la lente di ingrandimento e risulta essere un personaggio ambiguo, un po' come le due sorelle. Null'altro da segnalare. Ah si! Recensite!!!

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