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Autore: Lory221B    20/08/2016    5 recensioni
Sherlock e John vivono in epoche diverse, in posti diversi, eppure fanno parte di un unico schema, uniti dal destino e divisi dal caso.
Dal diciottesimo secolo, ai ruggenti anni venti, passando per il presente, un futuro prossimo dominato dall'AI, fino a giungere in un futuro post apocalittico molto lontano. Una sola cosa è certa: Sherlock e John si ritrovano sempre.
Liberamente ispirata all'Atlante delle nuvole - Cloud Atlas
(Johnlock)
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note autrice:
Una piccola precisazione, già si viaggia in epoche diverse, volevo evitare di “incasinare” troppo il tutto, modificando anche integralmente i nomi, per cui o il nome o il cognome (o il secondo e terzo nome) l’ho mantenuto, per capire il personaggio che avete davanti. Il concetto di AU, un po’ come in Cloud Atlas, è più inteso come le loro anime che viaggiano in corpi diversi, in epoche diverse. Sono universi alternativi? Forse sì o forse no, forse è un’unica linea temporale, oppure diverse linee. In ogni caso, lascio a voi l’interpretazione che più preferite.

Seconda cosa, per rendere l'idea delle lettere che non vengono spedite, o frasi che poi non vengono effettivamente scritte nella versione definitva della lettera, ho usato il barrato, come se venisse cancellato quello che viene scritto. Spero non renda difficoltosa la lettura. Nel caso ditemelo, vedrò di rendere diversamente.
Un bacio, alla prossima


Le lettere di Hamish e l'esperimento 221/b



Parigi, 10 settembre 1921

Caro William,

E’ passato un mese da quando sono partito e finalmente ho trovato un alloggio.

Parigi è indescrivibile, dovresti vederla per capire, per viverla, per sentire le emozioni che traboccano da ogni via, da ogni angolo più angusto di questa città.

L’atmosfera, gli artisti, le luci dei lampioni, ogni cosa mi sembra magica. Completamente diversa dal grigiore di Londra. Non sento la mancanza di niente, credevo avrei avuto un po’ di nostalgia, invece no. Il Tamigi e la Senna non sono poi così diverse e anche qui il tempo è variabile, piove spesso, ma è quasi romantico.

Anche gli odori mi sembrano più reali, più vivi. E’ tutta un’altra cosa, Mary aveva ragione, sono contento di essere partito. Quando sono arrivato sulle coste francesi, ho sentito che una nuova avventura stava per iniziare.

Sono felice.

Spero tu stia bene, mi spiace non averti salutato prima di partire, ma la tua famiglia mi ha detto che eri impegnato con l’orchestra. Mi dispiace, avevo già comprato il biglietto per salpare, non potevo rinviare la partenza.

Spero suonerete anche qui, so già che mi mancherà il tuo violino.

A presto,
Hamish



Parigi, 30 ottobre 1921

Caro William,

non ho ricevuto risposta alla mia lettera, spero non sia andata persa. Le nostre poste funzionano ancora bene? Spedisco questa lettera a casa tua e da tuo fratello, così confido che ti verrà consegnata almeno una.

Magari, semplicemente, non vuoi  rispondermi. Sarebbe molto, molto da te.

Vorrei comunque sapere che stai bene, anche una riga per dirmi cosa stai facendo, mi farebbe piacere.

Oggi ero in giro per la città, senza una meta e sono finito in un mercatino di roba usata e vecchi libri. Molto ridotto rispetto alla nostra Portobello Road, però c’erano delle cose interessanti. Ho trovato il diario di viaggio un certo Sir William Sherlock Scott Holmes e ho pensato a te.

Non solo perché si chiama William, ma anche perché ha il tuo stesso modo di scrivere. Ho sbirciato solo qualche pagina e l’ho comprato. E’ stato come un impulso.

E’ un po’ strano, in effetti, sbirciare nelle confidenze di uno sconosciuto che di sicuro non pensava che il suo diario sarebbe finito nelle mani di una persona che passeggiando lungo la Senna, si è fermato ad un mercatino. Ci pensi? Ha toccato quelle pagine, ha usato l’inchiostro per aprire tutto se stesso, c’è un pezzetto della sua anima lì dentro. Mi fa un effetto strano, non è come leggere le memorie di qualcuno, stampate e pubblicate, magari revisionate. No, questo è il diario di qualcuno, la sua vita, un uomo che ha vissuto e che adesso non c’è più.

Scusa, mi sono dilungato troppo, nemmeno lo conoscessi.

Tornando a me, non ho ancora un vero e proprio lavoro, per il momento mi arrangio, vivo alla giornata. Mi aiuta a non pensare troppo.

Tu come stai? Come procedono le prove? Non so nemmeno quale opera abbiate in programma. Avevo sentito che stavate parlando de “Le nozze di Figaro”; è impegnativo ma è un’ottima scelta. Conoscendoti ti starai già lamentando per qualcosa, mi viene da ridere solo a pensarci.

Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Stavi sgridando la nuova soprano e ci è mancato poco che il suo fidanzato ti picchiasse a sangue. Se non fossi intervenuto io, lo avrebbe fatto. Così mi sono beccato un occhio nero al tuo posto.

Ricordo ancora la tua faccia, un misto tra lo stupito, l’infastidito e l’ammirato. Per essere uno che dice di non provare emozioni, ne manifesti tante con il volto.

Essere assistente di scena mi mancherà, magari mi prendono in qualche teatro di Parigi, non sarebbe meraviglioso?

Non citarmi ancora la storia del Fantasma dell’Opera, per favore. Lo scherzo che mi hai fatto è stato pessimo, mi vergogno ancora di esserci caduto come un bambino. Farmi credere che c’era un killer che si aggirava per il teatro e che occupava il palco numero cinque, è stato crudele. Mi sono sentito davvero stupido.

Spero di sentirti presto.

Resto in attesa,
Hamish



Londra, 15 novembre 1921

Caro Hamish,

mi sono state consegnate entrambe le tue lettere, ma con leggero ritardo. C’è stato un po’ di trambusto qui.

Mi spiace non averti salutato, ma sono ancora perplesso della tua scelta di partire per Parigi. Non avevo capito che Londra ti andasse così stretta.

 Così stretta da mollare il tuo lavoro per vagare per la città, alla ricerca di qualcosa che non sai nemmeno tu.

Non so che dire, se non che spero tu rinsavisca e torni qui a Londra. Non è una grigia città, è La Città, non troverai mai nessun posto come Londra. Parigi è solo molto attraente all’inizio, ma alla lunga ti stuferai.

Saluti,
William



Parigi, 2 gennaio 1922

Caro William,

scusa il ritardo della risposta, ma sono sincero, ho dovuto sbollire un po’ prima di risponderti.

C’è un qualche sottointeso che mi sta sfuggendo, nella tua risposta? Troppo spesso non ti capisco. La tua lettera è corta e stringata e mi infastidisce. Ho scritto tanto, credevo che fosse più facile anche per te aprirti scrivendo.

Invece no, sei il solito. Criptico e misterioso.

E’ tanto difficile capire che sono andato via perché non sopportavo più che fossimo solo amici? Che sono innamorato di te e non posso più stare in disparte? Che vorrei essere uno di quegli snob amici dei tuoi genitori, che vengono invitati alle feste e considerati delle meravigliose persone, quando sono orribili e pieni di sé, mentre io devo restare a guardarti suonare il violino, come un signor nessuno, perché non potrei nemmeno parlarti?

Lo so che per te non è così, non fai distinzione di classe, per te sono un amico. Solo un amico. E non riesco più a sopportarlo, è come fissare intensamente il Sole, non faccio che bruciarmi ma non posso toccarti. Non ti lasci toccare. Sei distante, sei come una statua su un piedistallo, perfetto, troppo perfetto.

Non riesco ad andare avanti così.



Caro William,
è fastidioso che



Caro William,

La vita non gira attorno a Londra, c’è un mondo da vedere, una volta eri più curioso o sbaglio? Mi hai sempre detto che non bisognava accontentarsi mai e ti ho preso in parola.
Soprattutto non gira attorno a te!

Comunque ho sbagliato a paragonarti al William del diario che sto leggendo, lui provava dei sentimenti almeno.



Caro William,

Buon 1922.

Ho buttato tre lettere prima di scriveri questa.

Non volevo farti un torto partendo. Ne avevo bisogno. E’ come quando mi dicevi che dovevi ritirarti nel tuo palazzo mentale. Stessa cosa, come hai detto tu, Londra mi andava stretta.

Non ho detto che stare qui a Parigi risolverà ogni cosa, ma per certi versi mi sento già meglio.

Vorrei che tu credessi in me, che mi capissi. Non puoi essere felice per me?

So quanto “ammiri” Londra, ma anche tu hai viaggiato. Viaggi spesso per le tue tournée, hai trovato uno scopo nella vita: suonare, per te è tutto.

Sei talmente preso quando suoni, che non ti accorgi di nient’altro, ti estranei. Sei felice, si vede. Io non ho ancora trovato qualcosa che mi renda così felice avevo qualcuno, per cui una pausa da Londra, è la cosa migliore, la mia scelta migliore.

Tuo Hamish



Londra, 10 gennaio 1922

Caro Hamish,

quando Londra finirà di andarti stretta?

William



Parigi, 30 gennaio 1922


Caro William,

hai sprecato un’intera lettera per scrivere una frase di sei parole? Stai attento a non fare troppa fatica!

Mi adeguo: non lo so ancora (sei parole).

Hamish


Londra, 15 febbraio 1922


Caro Hamish,

forse sono stato un po’ brusco. Pensavo che ormai conoscessi anche questo mio lato. Mi stai dicendo di aspettare, ma che tornerai o non ci vedremo più?

E’ questo che non capisco.

William


Parigi, 28 febbraio 1922


Hai aggiunto un sacco di parole, sono colpito.

Ti sto dicendo che non lo so, che devo capire. Tu sai già tutto? Hai capito tutto? Io no, mi dispiace. Non so ancora cosa voglio da me stesso. Magari mi arruolerò nell’esercito, oppure finirò ad una festa dei Fitzgerald, ancora non lo so. Ma la prospettiva di poterlo fare è già tanto.

Comunque Parigi non è così lontana; se ti manco, salta sulla prima nave.

Con affetto,
Hamish


Londra, 15 marzo 1922


Caro Mycroft,

ho bisogno che tu mi faccia uscire da questo posto.

Non mi interessa cosa dicono i nostri genitori, lo sai anche tu che non sono pazzo, non c’è niente che non vada in me.

E’ ridicolo tutto questo, lo sai anche tu. Tenermi lontano dalla musica, tenermi lontano da Londra, tenermi dalle persone, non ha senso. Non sono malato di mente, i nostri genitori credono che chiunque non ragioni come loro, come la massa di pecore che vive nella società, sia pazzo.

Voglio uscire, Mycroft. Trova il modo. Sono stato bravo, tranquillo, ma la mia pazienza ha un limite. Se non farai qualcosa, ci penserò io, a costo di rischiare davvero la mia salute. Ho sentito le urla di certi pazienti e il giorno dopo li ho visti, erano vegetali. Vuoi che diventi così? I nostri genitori voglio questo?

Inventati qualcosa,
William


Londra, 22 marzo 1922


Caro William,

annunciare che volevi lasciare l’orchestra per scappare a Parigi, con uno della manovalanza del teatro, non è stata la tua idea migliore. Capisco che eri arrabbiato, che sei sbottato così perché ti avevano provocato, che forse hai maturato quella decisione nel momento in cui l’hai espressa, ma è stata comunque una pessima idea.

Come credevi avrebbero reagito?

Passo a trovarti il prima possibile, sperando che questa volta mi lascino entrare.

Resisti fratellino,
Mycroft



***** * *****

« Dottor Watson, stiamo aspettando una relazione in merito agli eventi di ieri » fece un uomo dallo spiccato accento irlandese e dai capelli scuri, che il dottore non aveva mai visto.

« Dottor Watson » insistette l’uomo «C’è stata un’esplosione, l’intero laboratorio è saltato per aria! Ha idea di quanto tempo, energie, risorse, avevamo investito nell’esperimento 221/B? »

Il dottore non parlò, sul volto portava ancora i segni dell’esplosione improvvisa che aveva illuminato il cielo di Londra.

L’uomo batté i pugni sulla scrivania del lussuoso ufficio dove Watson era stato trasportato con la forza, subito dopo l’esplosione. Non disse niente, si guardò attorno, un po’smarrito, cercando di capire dove si trovasse.

Non riusciva a comprendere se si trattava di un ufficio governativo o se i finanziamenti all’esperimento fossero esclusivamente privati e quello potesse essere la sede di qualche multinazionale.

Non aveva importanza, era indifferente a tutto in quel momento.

L’uomo esibì un ghigno, si sedette alla scrivania, continuando a scuotere il capo « Ero sempre stato contrario alla sua assunzione » commentò, iniziando a digitare qualcosa sulla tastiera del portatile, probabilmente la password e il proprio ID.

Fissò lo schermo con sguardo furente, spostando il cursore da una cartella all’altra, finché non trovò quello che stava cercando.

« Ecco qui il suo file » fece duro, senza staccare gli occhi dallo schermo.

NOME: Martin Watson
NATO A: Londra il 16/04/2100
TITOLO DI STUDIO: Phd in ingegneria medica
DATA ASSUNZIONE: 31/10/2136
- Relazione 31/10/2136 -
Oggi ho avuto il primo contatto con l’esperimento 221/B. L’equipe è guidata dal dott. Lestrade, esperto in ingegneria elettronica, coadiuvato dalla dott.ssa Hooper, ingegnera genetica. Il mio compito è controllare la parte medica, anche se sembra che tutti gli esperimenti precedenti non siano andati a buon fine. Probabilmente credono che l’ausilio di qualcuno che capisca le funzionalità del corpo umano, possano risolvere tutti i problemi riscontrati con i modelli precedenti.
Onestamente, non capisco la ragione di rendere più umani gli androidi. Sono robot, senza anima, la cui unica funzione è l’utilità che gli esseri umani possono trarne. Che vengano usati per la guerra o per complesse operazioni mediche o anche solo per lavorare nelle miniere, l’aspetto umano non ha alcuna utilità.
In ogni caso, userò tutte le mie conoscenze per il successo dell’esperimento.

« Non credeva nella possibilità di realizzare androidi organici, dott. Watson? » chiese l’uomo, a bruciapelo.

« No, ed è per questo che sono stato assunto » commentò, con tono piatto.

« Già, volevano qualcuno che mantenesse un certo distacco » rispose, senza tradire alcuna emozione. Restò a fissare il dottore, prima di riprendere a leggere un’altra relazione.

- Relazione 05/11/2137 -
Abbiamo lavorato incessantemente, giorno e notte, per più di un anno e finalmente abbiamo ottenuto i risultati voluti.
L’esperimento 221/b oggi ha aperto gli occhi. Non ha idea di essere nient’altro che un giocattolo delle industrie Moriarty, un androide organico. Gli sono stati impiantati dei ricordi, in modo che sia convinto di avere un passato. Quando si è svegliato, gli abbiamo detto che ha avuto un incidente, che è stato investito e deve fare riabilitazione motoria e psicologica.
E’ sembrato perplesso all’inizio, tant’è che temevano di aver buttato un anno di lavoro. Invece, poi, ha ricordato l’incidente, il ricordo che gli è stato impiantato correttamente, per la felicità dell’intera équipe.
Non ha una vasta gamma di emozioni; la psicologa del gruppo, la dottoressa Adler, non ne è molto felice. Credeva sarebbe stato meno “freddo”.
“E’ soltanto un robot”, continuo a ripetere a tutti, ma nessuno mi ascolta.
L’androide mi fissa in maniera curiosa, gli ho detto che mi occuperò io della sua riabilitazione motoria e che non deve preoccuparsi se fa difficoltà con i movimenti più normali. Sembra infastidito dalla noia di stare a letto, ma è solo una mia sensazione, non credo possa provare fastidio.
Gli abbiamo dato un nome proprio, lo chiamiamo semplicemente Scott. Un nome banale, in modo che possa sentirsi una persona come tante.

- Relazione 07/11/2138 -

L’androide sta leggendo un libro che gli ho prestato. Sembra interessato ad apprendere quanto più possibile.
Crede di non avere parenti e ha ricordi dell’infanzia ridotti. Gli è stato impiantato in memoria che aveva un cucciolo di nome Barbarossa, di aver avuto un migliore amico di nome Victor Trevor, scomparso nella terza guerra mondiale.
Mi fa un sacco di domande, ma non è ancora  bravo con le reazioni spontanee. Non ne ha di appropriate, però è molto interessato a capire le emozioni. M chiede perché rido, perché sembro triste quando gli altri non mi vedono.
Non devo fingere che tutto vada bene con lui, è soltanto un robot.
Spero non sia un problema, questa sua curiosità sulle emozioni. Se pensasse di essere umano, non si porrebbe queste questioni. La Adler dice che è normale, che fa parte della sua educazione psicologica. Quando sarà pronto, non si ricorderà di aver appreso le emozioni soltanto adesso.
Sono scettico, una macchina può simulare le emozioni ma a quale scopo? Non mi è ancora chiaro l’utilizzo di questo androide.

« Non so se qualcuno glielo ha detto, dott. Watson. Noi ogni giorno scaricavamo anche l’hard disk interno dell’esperimento 221/B, abbiamo i suoi processi in memoria » fece l’uomo, senza mai distogliere lo sguardo dallo schermo del pc. Il dottore stava cominciando a chiedersi se anche quel tipo fosse un androide, vista la freddezza e la non curanza con cui si stava rapportando a lui.

« Scott » rispose il dottor Watson.

« Come dice? »

« Si chiamava Scott »

L’uomo sorrise in maniera amara, guardandolo finalmente in faccia.

« Qualcosa è andato perduto con l’esplosione, ma avevamo scaricato nel server centrale le sue iterazioni con gli esseri umani, alcune sono particolarmente interessanti, vuole che gliele legga? »

« Immagino lo farà in ogni caso »

Percorso C:\221b\15112137
Dimensioni: 10,5 KB
« Dottor Watson, quando potrò uscire da qui? »
Ho notato che il dottore mi guarda in maniera diversa, rispetto ai primi giorni. Sembra che abbia più voglia di interagire.
« Non lo so, Scott. Ci sono altri medici che decideranno quando sarai pronto »
Sta mentendo, ma non so perché.
E’ particolare il dott. Watson, zoppica leggermente ma deve essere un problema psicosomatico. Quando gliel’ho chiesto è mi sembrato che non avesse apprezzato la domanda e non mi ha risposto.
Non si comporta come gli altri medici.
« Ho letto sul giornale di oggi che il prossimo week-end andrà in scena “Le Nozze di Figaro”. Vorrei andare all’Opera, riesco a camminare, non capisco quale sia il problema »
Il dottor Watson mi guarda leggermente perplesso « Cosa ne sai di musica classica? » mi chiede e per un attimo sembra pentito della domanda.
« E’ l’unica musica che ascolto » Gli rispondo.
Mi si avvicina, scrutandomi meglio, come se si accorgesse di me solo in quel momento. Poi si ritrae e torna a compilare la sua cartella medica « Cammini a malapena, devi sforzarti di più con gli esercizi »
« Mi annoio » commento e di nuovo mi guarda in quella maniera strana. E’ divertente il dottor Watson, c’è un qualcosa in lui che non riesco a decifrare.
« Scott, vorresti fare una partita a scacchi? » mi chiede improvvisamente.
Annuisco, gli scacchi potrebbero essere una buona distrazione dalla noia.
« Il dottor Lestrade e la dottoressa Hooper vanno a letto assieme » gli comunico, mentre lui sta disponendo i pezzi sulla scacchiera.
« Cosa? » mi chiede perplesso.
« Non lo hai notato? Avevano lo stesso deodorante da uomo ieri, addosso »
John ha la bocca aperta e continua a fissarmi « Come hai imparato  a fare le deduzioni? »
« Sono intelligente » rispondo semplicemente « E tu hai un segreto »
Watson lascia cadere uno dei pedoni che stava posizionando, ci avevo visto giusto « Non ti piace il tuo lavoro, è evidente. Ma nascondi qualcosa »
C:\221b\15112137

L'uomo smise di leggere il file e si rivolse a Watson, che ascoltava attento ogni parola che gli era stata letta.

« Cosa nascondeva, dott. Watson? » fece duro, l’uomo che lo stava interrogando.

« Niente, quell’androide era difettoso »

« Quindi, lei non fa parte di un gruppo di ribelli che vogliono distruggere le macchine, non è stato lei a far esplodere il nostro laboratorio? »

« No, non sono stato io. Se sono qui per questo, sta perdendo il suo tempo »


***** *****

Angolo autrice:
Grazie a chi sta leggendo e alle tre moschettiere che hanno prontamente recensito Balblia87, Chappy_, CreepyDoll :-*

   
 
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