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Autore: _Sunspear_    21/08/2016    2 recensioni
||Storia interattiva|| ||Nuove iscrizioni aperte capitolo 5||
Dopotutto, lei era diventata fredda e malinconica come l’inverno, ma non sapeva che da qualche altra parte, qualcun altro, la pensava alla stessa maniera. Solo che quel qualcuno aveva molto più potere e sangue freddo della ragazza spezzata.
Genere: Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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«Davvero, Morgs, non so come ringraziarti…»
Seduta a gambe incrociate su una delle brandine della solitaria cabina di Ecate, Cat osservava con vago interesse la figura di Morgana Winchester, china su di un fornello da campeggio intenta a destreggiarsi tra foglie, spezie e pentolini.
«Oh Cat, non c’è bisogno di ringraziarmi. Siamo amiche, noi.» Morgs le dava le spalle, e Cat poteva seguire i movimenti ipnotici dei lunghi capelli rossi della figlia di Ecate. Le aveva sempre invidiato quel colore di capelli. Il rosso era un colore così particolare; ricordava vagamente il fuoco. A Bear piaceva il rosso. Sosteneva fosse un colore mascolino, da uomo. Quando ancora non lo conosceva bene, Cat credeva che dietro quella preferenza vi fosse altro, ma a volte tendeva a sopravvalutare Bear. Semplicemente, gli piaceva il colore del sangue.
Il pensiero del suo amico scomparso non fece che rattristarla, e fu felice che Morgana fosse troppo impegnata ai fornelli per notarlo. La figlia di Ecate non aveva mai approvato Bear, forse per via del suo fare da bullo. Cat ci aveva provato a farli andare d’accordo, in fondo erano entrambi suoi cari amici, ma non c’era stato verso. Morgana non sopportava la personalità egocentrica e boriosa del figlio di Ares, mentre Bear reputava la rossa troppo sfigata, falsa ed infantile. Tuttavia, Cat sapeva di dover spezzare una lancia a favore di Morgana; alle volte Bear era insopportabilmente arrogante e gradasso, ma questi suoi tratti non infastidivano più di tanto Cat. Il semidio sapeva anche essere dolce e protettivo, e il fatto che scegliesse di mostrare questo suo lato migliore solo a pochi… be’, non faceva che renderlo ancora più speciale agli occhi di Cat. E soprattutto, non faceva che rendere lei più speciale, essendo una dei prescelti.
«Ancora un po’ e la tisana sarà pronta», annunciò Morgana, rivolgendo un sorriso a Cat. Tisana salutare, calmante e antistress, con questo non dico che tu sia esaurita, ma potrebbe esserti di aiuto, le aveva detto Morgana qualche giorno prima. In pratica, le aveva fatto notare in maniera non proprio velata quanto apparisse malata e stressata esteriormente. Così da quel giorno, ogni mattina ed ogni sera, Cat passava dai dieci ai venti minuti nella cabina di Ecate per prendere tisane e scambiare quattro chiacchiere con l’amica.
«Ecco fatto!», esclamò Morgana, girandosi di scatto e rischiando di far cadere il piatto con la tazza. «Questa mattina ti ho preparato una bella tisanina a base di biancospino, menta, lavanda, melissa ed iperico. Et voilà!», disse poi, passandole la tazza e sedendosi di fianco a lei. Cat ringraziò e afferrò la tazza con entrambe le mani, beandosi dell’aroma e del calore che emanava. Uno dei motivi per cui veniva chiamata Cat, Gatta, era la sua costante ricerca di calore, umano e non. Per via della sua discendenza divina Cat non soffriva il freddo, non aveva bisogno di giacche, cappelli o piumoni, non rischiava di prendersi raffreddori o bronchiti. Guardava gli altri semidei andare in giro per il Campo con sciarpe e giubbini, mentre lei poteva benissimo farne a meno. La sua pelle era sempre fredda e questo la faceva sentire aliena, innaturale. Perciò aveva sviluppato una sorta di attrazione per il calore. Le piaceva sentirsi, anche solo per qualche attimo, normale, umana.
Si riscosse dal tepore del vapore, lanciò un’occhiata alla rossa e sogghignò, avvicinando le labbra al bordo della tazza. Vide Morgana agitarsi, mentre gli occhi azzurri le brillavano di impazienza. Cat bevve un sorso della tisana al contempo calda e fresca per via della menta. Rivolse uno sguardo all’amica e rise, non riuscendo più a trattenersi. «10 punti a Tassorosso!»
Morgana emise un gridolino gioioso e agitò un pugno in aria in segno di vittoria. Proprio in quel momento, uno dei suoi due gatti neri – Merlino, quello simpatico – le saltò in grembo, facendo le fusa. «Oh, menomale. Ero molto indecisa sulla menta», ammise la rossa, grattando la testolina del gatto, che sembrava apprezzare le attenzioni della padrona.
Cat assunse un tono falsamente professionale «Una tisana osé. Sono sorpresa, Morgs», bevve un altro sorso della sua tisana a luci rosse.
La figlia di Ecate ridacchiò, e nel mentre una folata di vento fece spalancare le finestre. Cat percepì una lieve sensazione di frescura, ma probabilmente doveva essere un vento gelido, visto che Morgana si alzò e si diresse verso la finestra semiaperta, battendo i denti. «D-dovrò accendere il c-camino.» balbettò infreddolita, nonostante i due maglioni e il jeans imbottito che indossava «così quando rientro dopo pranzo t-trovo l’Antro stregato b-bello caldo»
Cat rise all’epiteto. «Grazie per la tisana, Morgs, ti lascio alle tue cose. Sicura che non vuoi che lavi la tazza?» Ogni tanto Cat ancora ci provava a non usufruire troppo della gentilezza dell’amica, ma senza successo. Quando la figlia di Ecate si metteva a disposizione, lo faceva con tutta sé stessa.
«Ma per che razza di padrona di casa mi hai preso, screanzata?», ribatté infatti Morgana, indignata.
Cat rise di nuovo, sentendosi più leggera. Abbracciò forte l’amica, ringraziandola di nuovo per tutto. Poi si sistemò la sciarpa di Bear al collo e uscì all’aria aperta.


«Ti scongiuro Annie! Dormi…» piagnucolò.
Jackie Harmon non sapeva più che pesci pigliare. Le aveva provate tutte: latte caldo, massaggini, ninna nanne. Aveva persino preso in considerazione l’idea di ignorare sua figlia, nella speranza che si addormentasse per noia, ma i suoi cattivi propositi erano andati in fumo non appena aveva adagiato la bambina nella culletta. Annie aveva iniziato a piangere, distruggendo l’ultimo briciolo di sanità mentale che rimaneva a Jackie. Aveva cominciato a piangere anche lei, solo che a differenza della figlia i suoi lamenti erano conditi con una buona dose di bestemmie rivolte all’intero Pantheon.
E così si ritrovava alle otto del mattino con i nervi a pezzi, un fagottino urlante fra le braccia e una gran voglia di defenestrare il suddetto fagottino. «Che cos’hai, per l’amor degli dei, Annie, che cos’hai?!» quasi gridò digrignando i denti, riuscendo solo a far aumentare le urla della bambina «Hai di nuovo le coliche? Sei sporca? Che cosa devo fare, Annie?», chiedeva Jackie esasperata.
A volte le veniva voglia di abbandonare tutto e lasciare la bambina in adozione. Non lo faceva per cattiveria, anzi. Jackie amava più di ogni altra cosa sua figlia, ma era una pessima madre, ed Annie meritava di meglio. Era stata un’egoista a tenerla con sé, però era sua figlia. Sua, sua e basta. Aveva rinunciato a tutto per quella bambina nata per sbaglio.
Sentì un lieve bussare alla porta, ed istintivamente Jackie strinse più forte a sé la bambina. No, non era pronta per mandarla via.
Si schiarì la voce, tentando di darsi un contegno «Chi è?», chiese, avvicinandosi alla porta grigia. La cabina di Imeneo era estremamente anonima. C’erano letti a baldacchino, mobilio semplice e modesto. L’unica nota vagamente interessante era la parte di stanza dedicata ad Annie, completa di fasciatoio, culla e tutto quel che poteva servire ad una neonata.
Una voce melodiosa e inconfondibile rispose: «Jackie, tesoro, sono Chloe»
Chloe.
Jackie si affrettò ad aprire la porta. «Chloe, grazie al cielo!» Chloe era l’unica figlia di Ilizia presente al Campo Mezzosangue. E, per intenderci, Ilizia è la dea dei parti. Era stata molto d’aiuto a Jackie. Quando Annie aveva un problema, la figlia di Imeneo era solita rivolgersi a lei o a qualche figlia di Apollo.
La bionda figlia di Ilizia tese le braccia ancora prima di entrare. Per un attimo, Jackie pensò che volesse abbracciarla, ma poi capì e le passò la bambina. Entrò nella casa completamente a suo agio, prendendosi cura della figlia di Jackie come se fosse sua. La ragazza arrossì a quel pensiero. Chloe cantò qualche nenia in greco antico, mantenendo il tono di voce basso e carezzevole. Jackie sentì l’esasperazione e lo stress scivolarle via dalle viscere. È questo il suo potere, pensò Jackie, risiede tutto nelle corde vocali.
«Tesoro», esordì la bionda una volta che Annie si fu calmata, «scusami per l’irruzione. Pensavo avessi bisogno di aiuto. Non ti ho nemmeno chiesto come stai…»
Jackie si sedette di fianco all’altra semidea, osservando la sua piccola Annie sbadigliare pigramente. «Annie non dorme, Chloe… sono una pessima mamma. Vorrei che fossi tu a prenderti cura di lei. Sembri nata per fare questo»
La mezzosangue le sorrise dolcemente, passandole la bambina assopita. Jackie la fissò come incantata. «Io sono nata per fare questo, Jackie» il suo nome aveva un suono così dolce pronunciato da Chloe «tu non lo sei. Hai bisogno di imparare, ma è normale. Sei molto giovane, non eri pronta per questo. Solo il fatto di aver tenuto Annie quando c’erano altre possibilità… be’, questo fa di te una madre meravigliosa.»
L’altra scosse la testa. «Tu non capisci. Sono solo un’egoista. A volte penso di amare Annie solo perché, be’, è un’estensione di me stessa. Lei mi appartiene, capisci?»
Chloe annuì, e Jackie non poté fare a meno di notare che, come la figlia di Ilizia, anche Annie aveva i capelli biondi. Purtroppo li aveva ereditati dal padre.
«Io credo», esordì la semidea con tono deciso ma pacato, «che tu abbia bisogno di pensarci su. Ti dico solo che in parte sbagli. Lei ti appartiene, è vero. È tua figlia. La ami perché è parte di te, aye, ma…»
«Chloe, basta. Non cercare di giustificarmi. Tu non sai quante sono le volte in cui penso di aver fatto un errore a tenerla con me. Una vera mamma non penserebbe mai a queste cose. Io non la merito...»
Lo sguardo verde di Chloe indugiò qualche secondo sul viso di Annie. Si prese qualche istante prima di rispondere. «Tu credi di non meritarla, Jackie. Ti sbagli. Col tempo capirai» lo disse in un tono strano. C’era forse una punta di rammarico, in quel tono? Delusione? Rassegnazione? Era così difficile stabilirlo. Chloe Murray era sempre così pacata e tranquilla. Raramente la sua voce assumeva sfumature differenti dalla calma. Alle volte era snervante, perché questo suo distaccarsi dal mondo la rendeva distante, quasi estranea, e indecifrabile. E Jackie avrebbe dato di tutto pur di riuscire a scoprire cosa frullava nella testa della figlia di Ilizia.
«Parli come una nonna, Chloe», sdrammatizzò, poiché sapeva di non essere pronta ad affrontare quell’argomento. E prima che la bionda potesse aggiungere altro, la figlia di Imeneo prese nuovamente parola: «Ho intenzione di portare Annie fuori» Dio. Perché non riusciva a parlare d’altro se non di sua figlia?
Chloe finse di non notare il repentino cambio d’umore della ragazza, ma modellò sul suo bel viso un’espressione preoccupata.
«Temo che faccia troppo freddo. Annie ha solo tredici mesi…»
Nonostante fosse la madre, Jackie dovette farsi due calcoli.
Mia figlia non è una forma di parmigiano, pensò, ha un anno, cavolo. Cosa ti costa dire un anno?
«In lei scorre sangue semidivino, Chloe. È più forte degli altri bambini. Da quando è nata non si è mai raffreddata, soffre solo di coliche.» Solo. Però quelle parole la rendevano orgogliosa. Annie era sua figlia, dopotutto. Imeneo non era un dio forte e rispettato come Zeus o Poseidone, ma era comunque un dio. Rabbrividì, come sempre, al pensiero.
«Be’, allora infagottala bene», sorrise Chloe accondiscendente.


“A partire dai primi anni del Settecento possiamo trovare numerosi dati di prime stazioni amatoriali, diventate col tempo ufficiali, proprio in concomitanza di quello che, secondo gli studiosi, è considerato in Europa l'Inverno in assoluto più freddo di tutta l'epoca moderna e contemporanea, quello in cui probabilmente si raggiunsero i picchi più bassi in parecchie zone del continente e quello che severamente colpì in particolar modo l'Europa Centrale, la Francia e l'Italia, il 1708-1709.

Ad onor del vero, gran parte del gelo eccezionale si concentrò nel solo mese di gennaio, e nemmeno per tutto il mese, ma fu talmente forte ed esteso da condizionare la media climatica di tutto il trimestre (che non fu comunque mite, anzi)

Il gelo fu più che eccezionale: iniziò la notte dell'Epifania, gelarono in poche ore tutti i fiumi, laghi, pozzi (gelata completa del lago di Garda, unica volta nella sua storia), in una situazione barica probabilmente che vedeva un anticiclone termico russo estesissimo fin verso la Francia e Spagna, con i nuclei gelidi più intensi in discesa proprio verso la Germania e l'Italia: la cronaca di quei giorni parla di gelo eccezionale a Parigi, col termometro sceso fino a -23,1 °C, tutti i grandi fiumi dell'Europa Centro-Occidentale riuscirono a gelare, addirittura riuscì a gelare la foce del fiume Tago a Lisbona; gelarono tutti i grandi porti come Barcellona, Marsiglia, Genova, Venezia, addirittura il mare riuscì a gelare fino a Livorno, si seccarono tutte le piante di ulivo, tutti i vigneti e gli agrumi andarono persi.”*

«Davvero curioso», mormorò Alexander Townsend osservando nuovamente gli appunti sul suo quadernetto, scrupolosamente ricopiati da Wikipedia. Sotto il testo vi erano dei piccoli schemi, tracciati in un momento di ispirazione. Erano giorni che Alex, buttando all’aria ogni stralcio di vita sociale, era chino su libri e schemi, cercando di trovare una spiegazione quantomeno plausibile alla luce dei fatti recentemente accaduti; l’innaturale ed improvviso gelo, le correnti d’aria sballate, l’indebolimento della barriera del Campo Mezzosangue. Alex faticava a trovare risposte, ma aveva alcune teorie più che sensate. Era consapevole di non dover badare solo al lato logico della faccenda, ma anche a quello divino. Sapeva inoltre di avere una marcia in più rispetto ai numerosi studiosi mortali che, sfortunatamente, ignoravano l’esistenza di un altro mondo, il suo mondo. Un mondo paranormale. Ma Alex non era stato l’unico semidio a pensarla in quel modo. Molti altri mezzosangue – in particolare figli di Atena – si davano da fare per riuscire a trovare una soluzione. Ma, di nuovo, la maggior parte dei semidei presenti al campo in quel periodo – quindi molto pochi – sembrava non curarsene. Era quasi riuscito a sciogliere quell’intrigo di nodi, era solo questione di tempo.
Quel giorno, circa un ora prima dall’inizio delle attività mattutine, Alex aveva deciso che era arrivato il momento di approfondire le sue ricerche. Si era recato negli archivi del Campo, sicuro che ad una così buon’ora nessuno lo avrebbe disturbato. E nemmeno quella volta si sbagliò. Spulciò parecchi testi e diari di mezzosangue prima di poter ritenersi soddisfatto. Suo padre sarebbe stato d’accordo con lui. Forse lo chiamerò dopo via Skype, rifletté pensando al vecchio computer nella Cala Grande, per poi scuotere la testa. «No, ho già rischiato molto con Internet»
Il suo sguardo si perse tra gli innumerevoli scaffali ricolmi di sapere: Thomas Townsend, suo padre, gli mancava terribilmente. Ma nell’ultimo periodo non poteva proprio sperare di vederlo. Con gli attacchi da parte di mostri triplicati e le strade ghiacciate, era praticamente impossibile muoversi di casa. Sarebbe potuto tornare verso novembre, quando la situazione generale era ancora gestibile, ma aveva scelto di rimanere. Forse un po’ se ne pentiva, ma lo faceva anche per il bene del genitore.
Scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli ricci, cercando di dargli un garbo. Ma quelli si rifiutavano di stare in ordine, come dei bambini capricciosi. Sbuffò contrariato. Odiava i suoi capelli. Con calma richiuse il quadernino, prendendosi tutto il tempo necessario per mettere in ordine fogli strapieni di inchiostro e cancelleria, riponendoli con cura sulla scrivania. Poi raccolse dal tavolo alcuni tomi su cui aveva studiato e sparì dietro agli scaffali.
Quando riemerse, una figura dai lunghi capelli scuri era seduta di spalle sulla sua postazione, china sui suoi appunti. Non gli ci volle molto per capire chi fosse. Cercando di essere il più silenzioso possibile, in punta di piedi, le si avvicinò.
«Alexander», chiamò Cat, poco prima che Alex la toccasse. Sbuffò, passandosi nuovamente una mano tra i ricci.
«Immagino non si possa fare un agguato ad un gatto», disse con fare imbronciato.
Lei si girò, tutta sorridente. «No, non si può», poi lo abbracciò, gettandogli le gelide mani al collo. La prima volta che l’aveva fatto, ad Alex erano sembrate mani morte. Ricambiò la stretta, cercando di scaldare il più possibile il corpo dell’amica. Non era ancora soddisfatto quando Cat si staccò e gli sorrise di nuovo. Alex non la conosceva bene, ma era bravo a capire le persone. E non gli ci era voluto molto per rendersi conto di quanto in realtà la ragazza stesse soffrendo, che dietro tutti quei sorrisi allegri si celava una maschera di malinconia e tristezza. Glielo si leggeva nello sguardo cerchiato di nero.
«Hai scoperto qualcosa?», gli chiese, ferma in piedi di fronte a lui. Alexander annuì in silenzio. Si erano conosciuti circa una settimana prima, qualche giorno dopo la sparizione di Bear. Chi per un motivo, chi per un altro, si erano ritrovati a fare insieme ricerche negli Archivi. Cat gli era sembrata così disperata che non ci aveva pensato due volte ad elargire uno dei suoi famosi abbracci ed il suo aiuto. Anche se, a dire il vero, Alex già conosceva la figlia di Chione per via di alcune amicizie in comune, ma a quel tempo non potevano considerarsi amici. Tutt’altro.
«Quel che hai letto», rispose il figlio di Clio, roteando gli occhi e tornando a sedersi al suo posto.
Cat rimase in piedi all’altro capo della scrivania. Si piegò sul tavolo e rigirò il quadernino, lanciandogli una veloce occhiata «Be’, sii obbiettivo, non è molto»
Il semidio la guardò con fare compiaciuto. «Credimi, Kitty, è molto più di quanto osassi sperare. Rifletti.», lo disse in tono stimolante, quasi enigmatico. Ad Alex piacevano le espressioni contrite che assumevano le persone quando riflettevano, e soprattutto gli piaceva esserne la causa.
Fu più che compiaciuto quando la ragazza inclinò il capo come un cucciolo di cane curioso, storcendo le labbra con fare pensieroso.
«Oh, insomma» farfugliò indispettita Cat dopo qualche secondo, «se stai cercando di dirmi che la causa di questo gelo è divina, be’, grazie tante, c’ero già arrivata. Non sono così stupida.» si ritrasse, quasi sulla difensiva.
Alex si passò una mano tra i capelli, a disagio «Non l’avrei mai e poi mai pensato.» era serio, ma Cat lo guardò circospetta.
«Questa cosa che hai scoperto può aiutarmi a ritrovare Bear?», domandò dopo un po’, la voce atona. Ogni volta che Cat nominava il figlio di Ares, la stima che Alexander provava nei suoi confronti scendeva di un po’. Bear Evans era una presenza talmente negativa, e lei sembrava sinceramente non accorgersene. Le farò aprire gli occhi, pensò.
«Molto probabilmente» rispose con un sorriso mesto.

Quella mattina Morgana non aveva fame. Spiluccava svogliatamente i biscotti presenti nel piatto, sorseggiando di tanto in tanto il suo tea nero. Si sentiva spossata e vagamente nauseata, ma d’altronde non c’era da stupirsene. Da quando la barriera del Campo si era indebolita, parte delle sue energie le erano venuto meno. Aveva attribuito la colpa all’ansia.
«Morgs? Va tutto bene?», le chiese Ethalyn Harper, seduta di fianco a lei.
Morgana si limitò a sorriderle ed annuire, per poi tornare a concentrarsi sulla sua magra colazione. Aveva un brutto presentimento, e non riusciva a scrollarsi di dosso l’idea che qualcosa di terribile stesse per accadere. Lanciò un’occhiata nervosa alla panca di fronte alla sua, dove solitamente sedeva Cat. Si sarà di nuovo chiusa in cabina, pensò costernata. Bevve un altro sorso del tea, ripromettendosi di fare un salto da lei dopo le lezioni di tiro con l’arco. Avrebbe potuto prepararle un’altra tisana, o magari una cioccolata calda, tanto per cambiare. Doveva rivolgersi ai figli di Ermes e Demetra per gli ingredienti, ma non rappresentava un problema. Aveva tanti amici sia tra i primi che tra gli altri.
Stava pensando a chi poter chiedere lo zucchero quando un urlo disperato dilaniò la quiete del mattino. Una panca si rovesciò. Si udì il tonfo del legno, seguito dal rumore di vetri infranti. Morgana si alzò di scatto facendo saettare d’istinto la sua mano destra al fianco sinistro, alla ricerca della sua spada di bronzo celeste. L’aveva dimenticata in cabina. Udì varie urla terrorizzata e la voce profonda di Chirone: «Lasciate passare! Per la miseria, state calmi
Intanto Ethalyn era sparita. Morgana la ritrovò quando le acque si furono calmate. La figlia di Apollo era accovacciata sui talloni. Il suo corpo nascondeva il volto della ragazza in preda alle convulsioni. Morgana si fece spazio tra la calca di semidei, riuscendo finalmente a scorgere il viso della vittima. Gli occhi di Makayla Hill erano chiusi, ma il resto del viso era talmente contratto da fare impressione. Le vene sul suo collo sembravano in procinto di esplodere, e Morgana si sentì mancare.
Scorse per un attimo lo sguardo sconvolto di Chirone, e solo allora capì che aveva avuto ragione. Il suo istinto non sbagliava mai.


 

Angolo Autrice

 

Ehm ehm… salve c:

Sono in ritardo, lo so. Vipregononuccidetemiiovivogliobene

Sono un pochino in ansia per questo capitolo. Rileggendolo mi viene da dire solo… meh.

Non so, ho come l’impressione che potrei fare di meglio. Spero di riuscirci.

In questo primo capitolo abbiamo visto la nostra Cat sotto due differenti punti di vista. Fatemi sapere cosa ne pensate di lei, sono curiosa ^^^

Poi abbiamo Morgana *^* Mi sono innamorata di questo personaggio <3 Perciò, Morgs, non sei al sicuro <3 <3 <3 *masochismomodeon*  

And then abbiamo Jackie ed Annie Harmon + Chloe. Sì, Annie è la figlia di Jackie. E no, non vi dirò chi è il padre. Non ancora :3

E poi (x2) c’è Alexander *^* spero di averlo reso bene (mi dispiace aver storpiato il suo quadernino delle ispirazioni con stupide informazioni vitali T.T)

Sono curiosa di sapere cosa ne pensate dell’ultima parte. Cosa è successo a Makayla?

Mi raccomando, fatemi sapere se sto facendo un buon lavoro :3

Alla prossima!

Xoxo

 

 


   
 
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