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Autore: _Tenshi89_    29/04/2009    2 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















Bella sussultò. «Elian, scusami, non lo sapevo», disse sinceramente dispiaciuta, «mi dispiace tanto».
Le sorrisi, scuotendo la testa. «Non scusarti, Bella. Non potevi saperlo, e poi non è un problema. Parlare di lui mi fa sembrare reale il fatto che sia vissuto, mi ricorda che non è stato solo un sogno».
I sogni. Fa male parlarne, quando si sono infranti. Eppure, nonostante il dolore che rievocano, i ricordi aiutano ad andare avanti, quando si ha un’intera eternità da passare in un incubo.
«Come è successo?»
Feci un profondo sospiro. Quella era senza ombra di dubbio la parte più difficile. «Bella, mi hai chiesto perché io ce l’ho tanto con i Volturi». Non riuscii a reprimere una smorfia di disgusto, pronunciando il loro nome.
«Hanno l’arroganza di definirsi dei tutori della nostra legge, per la nostra segretezza, solo perché le leggi che vogliono far rispettare le hanno create loro, secondo la loro giustizia, per essere liberi di fare quello che vogliono indisturbati, per esaudire ogni minimo capriccio.
Loro vanno dove vedono qualcosa che a loro manca, e cercano di impossessarsene; quando si rendono conto che non riusciranno ad averla, la distruggono. La felicità, la pace, il semplice fatto di vivere in maniera diversa da loro», dissi, quasi ringhiando, «rappresentano per loro una minaccia. Loro dettano una legge forgiata sul loro modo di vivere, per proteggere loro stessi. Guarda cosa hanno tentato di fare a te e Edward. Pensa a cosa hanno fatto per cercare di avere Edward e Alice nelle loro file».
Bella rimase in silenzio, ascoltando, con una ruga in mezzo agli occhi. Non capiva dove volessi arrivare.
«Bella voi non siete stati i primi, e sicuramente non sarete gli ultimi, a cui i Volturi hanno dato fastidio. Non so quante persone abbiano avuto la stessa buona sorte di te e Edward, perchè solitamente, quando loro hanno un obiettivo, trovano il modo di raggiungerlo. A qualunque costo».
«E’ solo per questo che ce l’hai con loro? Perché sono dei buffoni prepotenti, arroganti e in più anche esibizionisti?», disse, accennando un timido sorriso.
Mi scappò una debole risata. «Magari Bella, magari fosse solo per quello». Sospirai. «Io faccio parte della schiera delle persone meno fortunate.
Ti ho detto cosa mi disse Vincent prima di dirmi che era un vampiro; mi disse che quello che mi avrebbe rivelato mi avrebbe anche condannata a morte.
Io all’inizio non gli diedi peso, era troppo importante quello che mi aveva detto per pensare a quello che per me era un dettaglio, ero stata vicina alla morte talmente tanto spesso negli ultimi mesi che non mi fece molto effetto la prospettiva di rischiare la vita ancora, soprattutto se era per lui.
Quando finì di dirmi tutto quello che volevo sapere (e ci mise davvero un sacco di tempo a placare la mia stratosferica curiosità, soprattutto dopo avermi nominato l’immortalità e la forza disumana), si buttò a sedere sul letto accanto a me. Si mordeva il labbro, con la testa tra le mani. Sembrava davvero preoccupato.
Pensavo che non si fidasse di quello che gli avevo promesso, che non avrei mai rivelato a nessuno chi era. Lui mi disse che non era di quello che si preoccupava, che si fidava di me.
Mi disse che lui non avrebbe dovuto dirmi cos’era, e che ora che lo aveva fatto questo avrebbe avuto delle conseguenze. Io non riuscivo a capire. Che conseguenze potevano esserci se lui mi aveva detto cos’era? Non mi aveva fatto del male.
Poi mi spiegò, e mi disse che quelli della sua specie dovevano sottostare a delle regole precise; nessun umano doveva mai venire a sapere la loro vera natura, nessun vampiro avrebbe mai dovuto rivelare la propria vera natura in presenza di umani. Quella fu la prima volta che sentii parlare dei Volturi».
«Un momento», mi disse Bella, interdetta. «I Volturi puniscono chi tradisce l’obbligo della segretezza, ma tu sei diventata una vampira, quindi perché avrebbero dovuto fare del male a te o a lui?».
Annuii. «Lo so. Quello fu il mio primo pensiero. Non volevo metterlo in pericolo, e in quel momento realizzai che avrei fatto qualsiasi cosa per rimanere con lui».
Deglutii a fatica. Sentivo un nodo alla gola, benchè sapessi perfettamente che non avrei mai potuto piangere. Eppure, quel riflesso umano al dolore non mi aveva mai abbandonata.
Cercai di riempire i polmoni di aria, per calmarmi, e ripresi a parlare con più fermezza. «Vincent non si dava pace; si sentiva in colpa per avermi messa in pericolo, per aver permesso che io corressi un rischio del genere. Bella, quando lui mi aveva mandata via, io non avevo minimamente capito che l’aveva fatto per proteggermi. Certo, era un modo tutto suo di farmelo capire, ma lui sapeva che la sua vicinanza avrebbe portato a questo rischio. Non avevo minimamente capito che l’aveva fatto perché era innamorato di me». Come io lo ero di lui.
Come lo ero tutt’ora.
Mi si ruppe la voce in gola, quando pronunciai quelle parole. Vedevo ancora nella mia mente quella scena, lui accanto a me, che mi guardava con quei meravigliosi occhi d’oro, ardenti come fuoco vivo, pieni di tristezza, di rimorso, di colpa, e allo stesso tempo colmi di desiderio. Ricordavo la voglia di avvicinarmi a lui, la paura che si allontanasse da me, la paura di perderlo.
Era un pugnale affondato nel petto quello che avevo al posto del cuore, adesso, che si contorceva ogni volta che ci ripensavo.
Era dolore puro.
Chiusi gli occhi per un istante. Se dovevo farmi del male, l’avrei almeno fatto come si deve.
Rivedevo quella piccola stanza di pietra, e lui adesso era davanti a me.
Fui invasa da uno strano calore.
Benché fossero tutti ricordi umani, avevo ripensato a quei momenti talmente tanto che era come se lo stessi rivivendo ancora una volta.
Potevo ricordare perfettamente quello che provai come mi avvicinai a lui, come toccai il suo viso, gelido e bellissimo; volevo eliminare quello sguardo dai suoi occhi, mi faceva male vederlo così.
Lui che prendeva la mia mano nella sua, e la stringeva piano.
I suoi occhi incatenati ai miei, pieni di un desiderio così disperato che straziava il cuore.
Il mio desiderio di placare il suo tormento. Volevo che sapesse, volevo che fosse consapevole del fatto che lui era la cosa più importante della mia vita.
Non doveva stare male per colpa mia. Non potevo sopportarlo.
Ricordavo come mi avvicinai piano a lui, portandogli una mano sul petto. Riuscivo ad avvertire solo il movimento del suo petto per respirare, poi nulla.
La sua mano che accarezzava la mia, le sue dita gelide che sfioravano le mie, bollenti.
Ricordavo vividamente come mi avvicinai al suo viso, e come mi sorpresi quando lui non mi respinse.
Il suo profumo che, poi, mi diede alla testa, il suo respiro freddo che mi solleticava le labbra, le sue braccia che mi avvolgevano, stringendomi al suo petto.
Le sue labbra morbide e dolci.
Poi, una sola, piccola consapevolezza.
Da quel momento, appartenevo a lui.
Qualunque cosa fosse successa.



***



  
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