Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Poetessia    25/08/2016    8 recensioni
Luana, neo diciottenne splendente nella sua bellezza giovanile, subisce il fascino del carismatico professore di filosofia: determinata ad ottenere ciò che desidera, attuerà il proprio piano per irretire l'insegnante e avviare una relazione con lui durante la gita scolastica a Barcellona. Funzionerà o sarà soltanto un fuoco di paglia?
------
Partecipante alla sfida dei cliché indetta da Principe Dracula sul gruppo "EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

"Ho una frase, è sopra il muro

quando l'ho scritta non lo so:

'Posso resistere a tutto, ma alle tentazioni no'."


Luana varcò la soglia del locale con discrezione, studiandolo: era piuttosto buio, con un bancone adornato da numerosi sottobicchieri firmati dagli avventori, semplici tavoli in legno, panche e qualche sgabello alto di fronte al bancone; al soffitto erano attaccate alcune bandiere che raffiguravano loghi o nomi che lei non conosceva; in sottofondo tuonava una chitarra distorta, mentre un uomo all'apparenza già alticcio e una ragazzetta sui quindici anni agitavano la testa in maniera convulsa fingendo di suonare il brano.

Luana fu sul punto di voltarsi e andare via, non abituata ad una situazione di quel tipo, ma l'occhio le cadde sulla ragione per cui si trovava lì e ci ripensò, sedendosi al tavolo più vicino all'uscita e osservando l'oggetto delle sue mire di nascosto.

"Fa quasi strano vederlo davanti ad un bancone del bar e non dietro ad una cattedra" si ritrovò a pensare, senza riuscire a distogliere lo sguardo dall'uomo che stava chiacchierando con il barista e reggeva un bicchiere colmo di liquido ambrato "Così come fa strano che io mi sia innamorata di un uomo di trent'anni più vecchio di me e che insegna storia e filosofia."


A differenza di Luana, ritenuta una delle ragazze più belle della scuola, il professor Davide Rodari non era certo una bellezza: di circa cinquant'anni, era piuttosto basso, col corpo tozzo e il viso con una leggera asimmetria, compensati però da un carisma naturale e dall'innata capacità di relazionarsi ai ragazzi; mosso da un amore sincero per il proprio lavoro, gli studenti si affezionavano facilmente a lui e ai suoi modi educativi non convenzionali ma efficaci. Aveva già accompagnato la classe l'anno prima in gita, dando prova di essere un buon responsabile come un valido alleato: si batteva per l'estensione del coprifuoco serale, sosteneva che le visite guidate fossero realizzate in maniera troppo noiosa e, fatto che colpì molto i discenti, non vietava l'utilizzo di alcolici all'interno delle feste improvvisate in albergo.

«È inutile essere ipocriti e far finta che siate dei bambini o che so io» aveva dicharato alla classe di cui si occupava, avendo cura di non essere sentito dai colleghi «Una volta io e i miei compagni per non farci beccare abbiamo nascosto una bottiglia di vodka nella bocca di un leone di marmo, ed ero più giovane di voi. Se qualcuno di voi esagera e sta male preferisco essere avvisato e aiutarvi, va bene?»

«Prof» aveva esordito una ragazza con aria timorosa «Non è che poi tornati in classe ci cazzia tutti?»

In risposta lui aveva assunto uno sguardo solenne:

«Quello che succede in gita rimane in gita.»

Nonostante i ragazzi fossero perplessi da un tale atteggiamento libertino, il professore mantenne la parola data, soccorrendo uno studente ubriaco e non facendone più menzione rientrati a scuola, neppure con i genitori, conquistando in maniera definitiva l'apprezzamento di tutti e il ruolo di accompagnatore per la gita di quinta superiore a Barcellona.

In quel periodo Luana lo trovava un buon professore e nulla più, senza percepire alcun tipo di attrazione verso di lui: gli uomini più grandi non l'attiravano e stava frequentando un compagno di scuola da qualche tempo, vivendo una relazione tranquilla ma soddisfacente.

Una mattina però, dopo essere stata distratta a lungo dal cellulare, aveva alzato per caso gli occhi e aveva incrociato subito quelli di Rodari.

«Bentornata tra noi» l'aveva salutata con gentile derisione «Sapresti dirmi di cosa stiamo parlando?»

«No» aveva ammesso con candore «Ero concentrata su altro.»

Il volto di Rodari si era indurito leggermente: «Copia lo schema che c'è alla lavagna, va'.» aveva minimizzato con tono severo «E veloce.»

«Sì» aveva obbedito, riscrivendo in maniera meccanica le istruzioni sulla lavagna, col cervello ancora focalizzato su quanto accaduto poco prima: non aveva mai prestato attenzione al modo languido di parlare dell'uomo, alla sua voce profonda tanto quanto i suoi occhi scuri. Per lei fu come osservarlo, e non vederlo come sempre, per la prima volta, rimanendone affascinata.

Impiegò un po' di tempo per metabolizzare le sue sensazioni, non capacitandosi di come potesse sentirsi attratta da lui: nonappena ne fu consapevole troncò la sua relazione con trasparenza e decise di mettersi in gioco, ormai determinata ad ottenere ciò che voleva.

Aveva studiato i gusti del professore attraverso i vari profili social, scoprendo che non era raro incontrarlo in giro per locali di motociclisti o dove suonavano gruppi locali e, pazientemente, aveva aspettato di compiere la maggiore età per non rischiare di ricevere un rifiuto legato a un senso di rigore del professore: il caso (anche se lei sosteneva che si trattasse di destino) aveva voluto che la data di partenza per Barcellona cadesse il giorno successivo al suo diciottesimo compleanno, infondendole un senso di spavalderia e sicurezza.

Quella prima giornata, passata soprattutto all'interno del pullman, era stata fiacca e improduttiva: Rodari aveva permesso agli studenti di riposarsi e concesso loro la serata libera dove soggiornavano, nella vicina, giovanile e decisamente economica Lloret De Mar, ammettendo che lui stesso sarebbe uscito fino all'orario del coprifuoco.

Luana si era preparata, rimanendo evasiva con le compagne di stanza che le domandavano dove si sarebbe diretta, l'aveva pedinato con discrezione ed era giunta al Pub Highwayman, iniziando ad avvertire i primi sintomi dell'ansia mentre il professore continuava a bere e a chiacchierare al bancone.


«Sie wünschen?»

Luana alzò lo sguardo, come ridestata, mentre un ragazzo la fissava con aria interrogativa e un blocchetto in mano: a causa della sua pelle diafana e i suoi capelli platino, non era raro che venisse scambiata per nordica.

«Sorry, I'm not German» si giustificò, preferendo non azzardare l'italiano e ordinando un succo di frutta, volendo restare sobria e augurandosi che il professore reggesse poco l'alcol.

«My treat» si intromise l'uomo che prima fingeva di suonare, esibendo un sorriso ubriaco e dipingendo sul volto di Luana una smorfia di orrore, che il cameriere notò subito e che lo spinse a invitare l'uomo a ritirare la propria offerta, senza però ottenere assenso.

I due iniziarono a discutere: i toni si accesero e, da un tono perentorio ma pacato, le voci si alzarono, fino a che non si intromise un altro.

«Stop» annunciò fermo il terzo, alzandosi dal bancone e gettando un'occhiata al tavolo, dissimulando al volo un'espressione di sorpresa «She's with me».

Luana sentì un leggero brivido percorrerle la schiena, riconoscendo subito la voce del suo professore e godendoselo mentre la difendeva: alzò le spalle, si sistemò i capelli con un gesto fluido e, appena il professore le rivolse lo sguardo, gli sorrise.

«Che ci fai qui?» indagò lui stupito «Non fraintendermi, è solo che credevo che non ti piacesse un posto così.»

«Sono una donna piena di sorprese, prof» spiegò lei, ammorbidendo la voce rispetto al solito «E poi di discoteche è già pieno in Italia, mi andava di provare qualcosa di diverso» si giustificò.

«Ci sono anche alcuni locali alternativi» le fece presente lui.

«Sì, ma mi organizzo sempre con gli amici e non ci andiamo mai» si giustificò «Sono tipi da discoteche, loro.»

Vennero interrotti dal cameriere che posò una coppia di bicchieri sul tavolo, facendo l'occhiolino al professore con aria complice e rimanendo ignorato.

«Scusa» si affrettò lui in imbarazzo «È che vengo qui da tanto tempo, ormai mi conoscono e chissà cos'hanno pensato vedendomi con te, poi sembri più grande...»

«Non si preoccupi, a me la cosa non disturba» ammise lei «Anzi...» azzardò.

«Ah, spero non ti sconvolga il fatto che sto bevendo alcolici» la interruppe lui rapido «L'ho sempre fatto, anche se di solito non vengo beccato dai miei studenti.»

«Non metto in dubbio che fare il professore sia difficile» ne convenne lei «Un bicchiere ogni tanto ci sta.»

«Non fraintendermi, amo il mio lavoro.»

«Si vede, prof» lo rassicurò lei «L'amore sincero lascia segnali chiari, se capisce cosa intendo.»

Nonostante la poca luce notò il professore arrossire. Luana sorrise, sperando di poter affrettare i tempi senza problemi.

«Avanti, prof» azzardò ad allungare piano la mano verso di lui «Non mi dica che non ha ancora capito la verità.»

«Quale verità?»

Era in palese imbarazzo. Luana sorrise ancora di più, mentre una nuova idea le balenava nella testa, dipingendosi rapida e vivida.

«Vado un momento a rinfrescarmi» annunciò alzandosi, senza smettere di sorridergli «Lei rifletta, sono sicura che sa a cosa mi riferisco.»

Lui deglutì rumorosamente mentre Luana si allontanava, ancheggiando leggermente e avviandosi verso il bancone con aria decisa: si voltò di scatto, notando compiaciuta che il professore aveva distolto al volo lo sguardo dal suo fondoschiena e, certa di non essere vista, cercò di prendere parola e venendo anticipata dal barista.

«State insieme?»

«Vorrei» ammise lei, stupita di trovare qualcuno che parlasse italiano «E vorrei un aiuto» si affrettò a dire «Dagli qualcosa di forte.»

«No» la bloccò il barista. Luana assunse un'espressione imbronciata.

«Perché?»

«Non voglio.»

Battibeccarono un poco, ma a spuntarla fu Luana, che si gustò la scena del professore che si scolava un bicchierino colmo di un liquido verde dall'odore intenso.

«Tutto bene, prof?» si ripresentò poi, reprimendo l'impulso di ghignare: il professore era paonazzo, con la fronte imperlata di sudore e gli occhi lucidi.

«Vai via» la voce si era fatta leggermente impastata «Devono avermi dato dell'assenzio, io non mi sento bene e...»

«Prof, prof, quante storie che fa» lo interruppe lei agitando la mano come a voler scacciare quel discorso «Quante volte ci ha detto che è normale stordirsi un po'? E poi non ne farò parola con nessuno: quello che succede in gita resta in gita.» Concluse con aria complice, facendogli l'occhiolino e protendendo ancora di più la mano verso di lui.

«Prof...» lo chiamò «È dall'anno scorso che le mando dei segnali inequivocabili. Non faccia finta di niente.»

Lui si portò le mani al viso, coprendosi.

«Senti» annunciò risoluto «Tu sei bellissima, non posso essere ipocrita. Ma sei una mia alunna.»

«Quindi?»

«Quindi no!» proseguì lui ostinato.

«Tra un mese non lo sarò più» gli ricordò lei, agguantandogli la mano e constatando che non opponeva resistenza «Sono maggiorenne, adulta e consenziente. Dov'è il problema?»

La musica in sottofondo si era fatta più lenta rispetto ai brani precedenti, come a voler coronare il momento, mentre il volto del professore sembrava mutare.

«Allora, prof?»

«Chiamami Davide» cedette lui all'improvviso «Del resto tra poco non sarai più una mia alunna, giusto?»

«Giusto» confermò lei, alzandosi e avvicinandosi a lui.

«"Sets me on fire, she sets me on fire"...» prese a cantare lui, seguendo il brano in filodiffusione, accarezzando i capelli della ragazza e avvicinandosi sempre più a lei, che sorrise un'ultima volta prima di baciarlo: sentì il basso ventre animarsi, assaporando le labbra grandi dell'uomo, il gusto di alcol, saggiando con la mano la ruvidezza della barba...

«Però» si allontanò lui, incatenando gli occhi ai suoi «Non facciamoci sgamare.»

«Non si preoccupi, prof» lo rasserenò lei «Sarò una tomba.»


I giorni della gita scivolarono rapidi, tra gite a musei, chiese e ore libere trascorse tra negozi di souvenir e locali: nonostante tentasse di mantenere il massimo riserbo a riguardo, Luana aveva cambiato atteggiamento in maniera palese e non era raro che lanciasse frecciate verso il professore o gli ammiccasse. Il più delle volte lui sembrava non coglierli, ma Luana non si perdeva d'animo, certa che celasse le sue reali intenzioni per non alimentare voci: la sera, infatti, lei trovava sempre una scusa per non uscire in attesa di un SMS che arrivava con regolarità, per recarsi nella stanza del docente fino all'arrivo degli altri ragazzi.

Il tempo a disposizione era poco, e i due tentavano di sfruttarlo al meglio secondo il loro gusto: non era raro che si accendessero delle brevi discussioni dovute a una divergenza di vedute, ma il più delle volte si concludevano con Luana che cedeva, desiderosa di non farsi rovinare quelle poche ore o di mettere a rischio quanto stava costruendo.

Passavano il tempo a parlare: Luana aveva bandito gli argomenti di studio, ma la vocazione pedagogica di Davide (che aveva ceduto al far decadere la forma di cortesia da parte della ragazza) emergeva in maniera ciclica, colma di domande sul futuro, i desideri e le aspirazioni di Luana. Benché lei fosse abituata a relazioni ben diverse si era scoperta affascinata da quella maniera per lei adulta di concepire un rapporto, nonostante reprimesse un forte desiderio di consumare quell'unione; Davide aveva però chiesto di non affrettare i tempi, concedendole solo qualche bacio furtivo e abbracci quasi paterni, fatto che Luana non trovava problematico giustificare.

«Quando torneremo in Italia che facciamo?» gli domandò l'ultima sera, intrecciando con aria distratta le dita intorno ai riccioli brizzolati.

«Innanzitutto dovrai smettere di darmi del tu» le fece presente lui con aria autoritaria.

«Sì, be', lo davo per scontato» lo zittì lei secca «Ma ci vedremo comunque, no?»

«Mi pare ovvio» sorrise lui.

«Anche d'estate, vero?»

Gli scivolò un piccolo sbuffo: «Ne parleremo quando saremo tornati, dai» tagliò corto «L'importante è sempre mantenere discrezione, d'accordo? Anzi, ora è meglio che tu vada, sta per scattare il coprifuoco e io devo scendere a controllare che arrivino i tuoi compagni. Finiremo di parlare appena possibile, ok?»

«Domani in pullman?»

«Meglio di no, vedendoci troppo spesso insieme chissà che idea si fanno gli altri.»

Luana alzò gli occhi: «Mi sembra di stare con una spia sotto copertura, con tutti questi segreti.»

Davide le sorrise, cingendola con dolcezza.

«Dai, cerca di capire, è abbastanza normale. Ora vai, sennò son problemi. Sai com'è, per me quello che succede in gita rimane in gita, ma con voi ragazzi non si sa mai...» si giustificò, stampando un bacio schioccante sulla fronte di Luana.

«Dammi un bacio vero» si lamentò lei con aria infantile.

«Lo sai che non mi piace quando fai così» le ricordò lui, senza durezza ma fermo «Vai, che viene tardi.»

«Così come?» insistette lei.

«Che hai da ridire, da lamentarti, da fare i capricci. Dici tu stessa di essere un'adulta, ma ciononostante non ti comporti come tale. Non sai ancora cosa farai dopo il liceo, non hai ancora idee precise sul tuo futuro...»

«Cosa c'entra, neanche tu le hai sul nostro futuro, scusa» lo interruppe lei.

«Ne parleremo, dai, adesso vai che è tardi» concluse Davide aprendo la porta della stanza e, dopo aver controllato che il corridoio fosse deserto, dandole comunque un furtivo bacio a fior di labbra.

«Alla fine la spunto sempre» annunciò Luana vittoriosa uscendo dalla camera «Buonanotte prof!»

Corse in camera senza riuscire a smettere di sorridere, infilandosi a letto in fretta e pregustando il futuro: un mese sarebbe passato di corsa e magari Davide avrebbe potuto aiutarla a preparare l'esame di maturità dandole ripetizioni a casa, in modo da familiarizzare con l'ambiente e con la sua famiglia senza una cattedra di mezzo e colloqui.

"Forse ha ragione lui" pensò tra sé, ritrovandosi presto insonnolita "Non è il caso di correre, abbiamo tutto il tempo del mondo."

Si addormentò in fretta, con il cuore colmo di aspettative.


«Bene, avete due settimane, quindi cercate di prepararvi decentemente» intimò Rodari «Già abbiamo dovuto spostare la gita a maggio e non l'abbiamo fatta a ottobre come le quinte normali, quindi è meglio recuperare. Siamo tornati da tre giorni e voglio disciplina, va bene?»

«Prof» lo interruppe Luana, più per il desiderio di parlargli che per interesse «Non può dirci almeno quali saranno gli argomenti sicuri?» chiese con aria compassionevole. Il professore sospirò.

«No» disse «Focalizzatevi su tutto il programma del secondo quadrimestre di entrambe le materie, in modo da avere una preparazione il più completa possibile. Voglio che facciate bella figura alla maturità.»

La campanella interruppe il discorso, facendo scattare in piedi la maggior parte della classe e rendendo presto l'aula quasi deserta. Luana si avvicinò alla cattedra a grandi passi decisi.

«Prof, avrei bisogno di chiarimenti...» annunciò, sperando che recepisse le sue intenzioni.

«Ecco, brava, seguimi un attimo.»

Si alzò senza aspettarla, correndo verso la saletta che ospitava i cassetti degli insegnanti e chiudendosi la porta alle spalle: a quel punto Luana si avventò su di lui, che la scansò con un gesto secco, lasciandola spiazzata.

«Ehi! Non sei mai stato così...»

«Adesso ascoltami» la bloccò con tono aggressivo, ricomponendosi però in fretta «È stato divertente quello che c'è stato in Spagna, ma ora è meglio riprendere i nostri ruoli.»

Luana sbiancò.

«Davide, ma...»

«Professor Rodari» specificò calmo, senza dare segni di fastidio o di cedimento «Confido nella tua maturità e sono abbastanza sicuro che tu capisca le mie motivazioni.»

«Ma...» balbettò lei, confusa «Allora perché...»

«So già dove vuoi arrivare: la prima sera, non so per quale dannata ragione, mi hanno portato quella che credevo fosse vodka alla menta e mi hanno convinto a berla in un sorso, e solo allora ho scoperto che si trattava di assenzio. Non ero in me e ne hai approfittato. Non ho intenzione di colpevolizzarti» specificò, mettendo letteralmente le mani avanti «Ma non mi stupirei se dietro quel bicchiere improvviso ci fossi tu.»

«Sì, però...»

La ignorò.

«Ho sbagliato anch'io» spiegò ancora, mostrando una parte fragile sotto la scorza autorevole «Avrei dovuto bloccarti sul nascere, fingere di non ricordare nulla, ma ho voluto assecondarti. Il che è eticamente sbagliato, ne convengo...»

«In culo l'etica!» urlò Luana in risposta, esasperata «Ti sembra etico lasciarmi allora?»

«Abbassa la voce e lasciami parlare. Ho sbagliato. Sono rimasto spiazzato, come ti ho già detto tu sei davvero bellissima e ricevere tutte queste attenzioni da una diciottenne mi lusinga molto.»

«Ah, ecco» continuò lei, senza abbassare i toni «Mi hai usata per...»

«Dammi del lei» continuava ad essere calmo «E abbassa la voce. Avrai notato tu stessa che cercavo di mantenere una relazione tra spirito e spirito. È stato interessante conoscerti meglio, è stato carino condividere del tempo, ma adesso è necessario essere realisti. Quello che succede in gita rimane in gita.» Concluse solenne, mentre il trillo di una campanella insistente irrompeva.

«Ti conviene andare, so che avete una verifica e ti conviene ripassare.»

Nella gola di Luana si formò un nodo serrato.

«Ma prof...» cedette con voce sottile, iniziando a piangere contro la propria volontà.

«Vai» le consigliò di nuovo con aria affettuosa «Capirai presto le mie motivazioni.»

La porta della sala insegnanti si spalancò di soprassalto, rivelando il professore di italiano della classe di Luana.

«Bordoni, come mai non sei in classe? E perché stai piangendo?»

Rodari fu pronto.

«Tranquillo, è solo lo stress pre maturità che gioca brutti scherzi, stava andando via.»

Colta alla sprovvista dalla situazione, Luana si asciugò celere il viso, ringraziò il professore con cortesia e si chiuse la porta alle spalle, ripassando a mezza voce gli argomenti del compito che l'aspettava per distrarsi.



Epilogo: tre anni dopo.


"Ma chiamerai il mio nome, lo so che lo farai

non c'è nessun altro al mondo così vicino a te

e così uguale a me.

E un'altra possibilità, be', io la voglio."



«¡Adelante amigo!»

Luana tentò di sporgersi per vedere con chi parlasse Adrian, curiosa: negli ultimi tre mesi aveva imparato a conoscere i clienti fissi del locale, ancora poco frequentato essendo autunno, e sperava che fosse qualcuno che tollerava il suo spagnolo ancora incerto. Infilò la maglietta della divisa, legando i capelli in una coda di cavallo disordinata e uscendo dal retro del locale, pronta ad iniziare il proprio turno.

«Oh, bene» la accolse Adrian con un sorriso, tentando di mascherare l'ovvia inflessione spagnola nel suo italiano «Pulisci il bancone e servi il mio amico. Poi parliamo di Halloween.»

Luana sorrise e ripulì un paio di culaccini con un colpo di spugna, si lavò le mani e volse lo sguardo verso l'unico tavolo occupato, sentendo le viscere contorcersi per un momento quando riconobbe il professor Davide Rodari.

"È ovvio" si disse "È periodo di gite di quinta."

Si morse il labbro, mentre nella sua mente si susseguivano rapidi frammenti della sua gita di quinta superiore, la serata passata in quello stesso pub dove era iniziato tutto e la successiva rottura: sebbene fosse distrutta a livello emotivo, da allora Luana aveva studiato sodo le materie insegnate da lui, immaginando di dargli uno smacco morale e capendo solo dopo di avergli, probabilmente, dato solo soddisfazione. Perlomeno, però, quel suo modo di ribellarsi le aveva giovato, scacciando dalla sua mente i momenti passati insieme e facendole conquistare un buon voto all'esame.

Si avviò a passi ampi verso il tavolo.

«Desidera un bicchiere di assenzio?» domandò con aria divertita: il professore si irrigidì visibilmente, ricevendo in risposta una risata.

«Professore!» lo salutò con allegria «Come sta?»

«Ciao Luana» non poté mascherare la propria sorpresa «Che... che ci fai all'Highwayman?»

«L'erasmus» spiegò lei brillante, senza riuscire però a distogliere lo sguardo dagli occhi scuri dell'uomo, che ancora la ammaliavano «Solo che, dato che la quota che danno agli studenti per mantenersi è misera, sono venuta a lavorare qui. E lei?»

«Io faccio sempre il professore lì» tagliò corto lui, inibito «Sono... in gita.»

«Immaginavo. Dai, mi dica cosa desidera, così la servo.»

«Una Fanta Madness» si sbrigò lui «In Italia non l'ho mai trovata.»

«Arrivo» si congedò lei, senza smettere di sorridere e portandogli celermente la comanda.

«Sai» svelò lui all'improvviso dopo averla ringraziata «Ho smesso di bere dopo... va be', hai capito.»

Sembrava davvero affranto: Luana sentì un senso di colpa attanagliarla.

«Mi spiace» disse con semplicità, senza schiodare lo sguardo dal viso del professore e subendone ancora il fascino.

Prese fiato.

«Prof» azzardò «Secondo lei questo incontro può significare qualcosa? A livello di destino, dico.»




SPAZIO AUTRICE.

Buonasera!

Devo essere sincera, la storia di Luana e Davide mi balenava in testa da un po', quindi quando mi è stato assegnato il cliché della relazione tra studente e insegnante sono stata davvero felice: avrebbe dovuto intitolarsi "Il Castello" o giù di lì e avere uno sviluppo diverso impossibile da condensare in una one shot. C'è un'ottima probabilità che si trasformi in una long, in modo da approfondire alcune dinamiche che qui ho lasciato un po' in sospeso.

Sono consapevole di non aver centrato in pieno la consegna, ma ho preferito scrivere qualcosa che incontrasse maggiormente il mio gusto: spero anche il vostro!

P.S.: le citazioni a inizio storia ed epilogo sono tratte da <a">"Io Confesso" dei La Crus, mentre il brano canticchiato da Davide è "Sets Me On Fire" dei Type O Negative.

Buona serata!


Jesa.

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Poetessia