Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Stella94    26/08/2016    5 recensioni
Dal primo capitolo:
"─Resta con me.
Disse la ragazza senza neppure riconoscere la sua voce, credere che avesse realmente pronunciato quelle parole, farsi una ragione della sua impalcabile sfrontatezza. Dov’era Sansa? Chi era Sansa?
─Sansa, io resterò sempre al tuo fianco. Qualunque cosa accada tu..
─No! ─ Lo interruppe imbarazzata, il calore sulle guance come brace ardente che le intorpidiva la pelle ─Resta con me. Questa notte. Qui."
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A










                                                                                                               Jon 






Aveva accettato di starle vicino, aveva accettato di accontentare la sua infantile e inaspettata richiesta. Aveva accettato di proteggere i suoi sogni, di essere il suo scudo, di combattere i suoi demoni, ma adesso sentiva quasi che fosse stata un’altra persona a rispondere per lui. Non riusciva a capacitarsene.
Cosa ci faceva lì? Quale incoscienza l’aveva spinto ad una simile scelleratezza? Aveva per caso perso il senno? Il vino che aveva bevuto a cena era stato corretto con qualche tipo di veleno stordente?
Perché non poteva essere lui. Non poteva trattarsi del Jon che conosceva, quello che adesso osservava Sansa di spalle, seduta sul letto, mentre cercava di slacciarsi le scarpe, la schiena leggermente piegata.
Si era liberato del mantello, una cappa di fuoco incandescente sulle spalle. Aveva gettato lontano gli stivali, strappato quasi il farsetto dal petto.
Sentiva un calore fastidiosamente diverso, come una fiamma che gli bruciava da dentro e per quanti sforzi facesse continuava a diventare sempre più imponente, quasi un incendio.
Non aveva mai provato prima una sensazione simile.
Sapeva di essere nel posto sbagliato, in procinto di commettere un peccato. L’indomani se ne sarebbe sicuramente pentito, nella peggiore delle ipotesi sarebbe stato impossibile chiudere occhio.
Ma era troppo forte il desiderio che lo tratteneva in quella stanza, che da bambino aveva potuto esplorare solo in quei momenti in cui era sicuro che non sarebbe stato visto.
Aveva fatto dei sogni su quelle mura. Lui che da fanciullo sgambettava fino a quel materasso di morbide piume di conforto,  e saliva allungando un braccio, per buttarsi al collo di suo padre sorprendendolo nel sonno. Si era sempre trasformato in un incubo.
Ora guardava quello stesso letto, e pensava che sarebbe stato lui ad occuparlo.
Che sarebbe stato lui a distendersi tra quelle lenzuola, in cui un tempo avevano trovato ristoro solo i grandi signori del Nord.
E l’avrebbe fatto come un re. Come il re di quelle terre che l’avevano sempre accolto col disprezzo.
E l’avrebbe fatto come il suo re. Il re di Sansa, che così calorosamente lo aveva pregato di restare, al suo fianco, per tutta la notte, nelle sue braccia fino a quando avrebbe voluto.
Un brivido gli percorse la schiena facendogli venire la pelle d’oca. Si schiarì la gola, strinse i pugni.
Nella sua vita, Jon Snow si era ritrovato davanti a minacce che non aveva creduto neppure possibili. Estranei assettati di vendetta, uomini crudeli privi d’onore, bruti venuti per massacrare chiunque si presentasse sulla loro strada, e la morte.
Jon l’aveva vista la morte, quel buco nero in cui era stato risucchiato e dove non c’era più nulla, se non terrore e gelo. Eppure non si era mai sentito così impreparato, incerto, addirittura paranoico.
Si guardava intorno, muoveva piccoli passi, poi si fermava. Si sfiorava i capelli, cercava di capire cosa dovesse fare.
Sentiva il suo cuore come un tumulto contro il petto. Era un battito frenetico, ridondante. Faceva male e allo stesso tempo lo caricava di una strana energia, quasi euforica. La pelle pizzicava, tutto il suo corpo fremeva. Stava reagendo nel modo più inopportuno possibile, se ne rendeva conto.
Pareva non riconoscersi, era quasi diverso. Si passò una mano sul viso, forse doveva andare.
─Potresti girarti, per favore? ─ Sansa lo stava guardando da sopra la spalla, i capelli ramanti, fiamme luminose nella semioscurità che le incorniciavano il viso pallido. ─Dovrei spogliarmi.
Jon avvampò e d’insito fece un passo indietro, quasi l’avesse minacciato con un'arma che di sicuro l’avrebbe ferito.
─ Certamente! ─ asserì con un tono un po’ incrinato ─Perdonami.
Chiuse gli occhi e si voltò nella direzione opposta. Era tutto così ridicolo. Non c’era ragione per essere tanto nervosi, non c’era ragione di stringere le labbra, e neppure di provare a concentrarsi su pensieri che non coinvolgessero donne nude e baciate dal fuoco.
Doveva essere stato il vino. Tentazione traditrice di un uomo troppo stanco per poterlo sopportare. E forse la birra, senz’altro. E le risate, il cibo a volontà. Lui che si alzava osservando la folla che lo proclamava re.
Era emozionato, indubbiamente. Forse un po’ ubriaco. Perché Jon non l’avrebbe mai fatto.
Non avrebbe mai accontentato una richiesta simile, non si sarebbe tolto i vestiti al cospetto di una nobildonna con tanta noncuranza.
Anche se si trattava di sua sorella, anche se l’aveva pregato con le lacrime agli occhi. Anche se era bella come l’alba appena sbocciata, anche se era gentile e forte, se era calda e buona. Se era profumata e delicata. Se era intelligente e coraggiosa.
Perché non sono andato via?
Era troppo da sopportare. Sentì Sansa muoversi oltre le sue spalle, percepì con chiarezza il tessuto del suo abito scivolarle via dalla pelle. E allora si sentì sporco, crudele, infame, più di un impostore.
Perché per un attimo, anche se fu solo come un fascio di luce tanto forte che gli abbagliò la vista, provò ad immaginarla. A delineare la figura del suo corpo nudo. Bianco come il latte, con le forme generose.
Liscio, soave, prezioso, quasi suo.
Sciocco bastardo, senza vergogna e pudore! Che ne era stato del Lord Comandate sempre schivo e perennemente corrucciato, tanto da non lasciare spazio a nient’altro? Da non desiderarlo addirittura?
Continuava a ripetersi che doveva essere stata colpa del vino. Troppe voci nella testa, troppe emozioni, troppo calore nello stomaco, troppo ardore, rabbia, paura che gli era rimasta tutta dentro.
Ma era ancora lì, con i pugni chiusi e gli occhi ad aspettare un sogno. Che gli mostravano visioni nascoste in un velo di nebbia.
Avrebbe potuto girarsi e sarebbe stato più chiaro. Ma anche così era facile osservarla.
Nelle sua testa appariva con i capelli rossi che le fluttuavano sulle spalle, un braccio morbido a coprirsi il seno, le gambe lunghe, dalle caviglie sottili. Un sorriso timido e malizioso, di chi non vuole dire troppo e chiedere tutto.
Il vino. È solo colpa del vivo.
Si sentì sfiorare una spalla e subito aprì la bocca a gettare fuori l’aria. Si girò piano aspettandosi chissà che cosa. Fu cauto, quasi impaurito. Negli occhi d’ombra una luce intensa che li divideva a metà.
C’era Sansa che già lo osservava. Sembrava più piccola senza il suo abito pesante, e magra, dalle spalle ricurve e la vita sottile.
Indossava una sottoveste di lino bianca, che le aderiva sul petto quasi come una seconda bella. Jon tentò di rimanere fisso, a scrutare i suoi occhi chiari che imploravano conforto, ma si tradì in un lampo di follia e si sentì avvampare.
I capezzoli erano turgidi sotto il tessuto sottile, la forma generosa del seno tanto evidente da farlo tremare.
Il vino. È solo colpa del vino.
Si costrinse a guardare solo il suo viso, e scoprì che era piuttosto semplice perdersi in quello sguardo di fuoco e ghiaccio.
Sansa appariva stanca, brillava di una luce pallida come una piccola stella. Ma era comunque bella.
Bella come non ne ricordava nessuna. Bella come nelle storie che raccontavano su di lei, bella come quella bambina che aveva lasciato, con la testa di fantasie e fronzoli troppo incomprensibili. Bella come uno di quei sogni dai quali non vorresti svegliarti mai, e quando succede sai che hai perso una parte di te stesso.
Maledetto vino!
Sansa gli sorrise debolmente. Jon non ricambiò. Non sapeva cosa gli stesse succedendo, ed era difficile capire cosa fosse giusto e sbagliato.
Sapeva cogliere il fascino di sua sorella. Era così tremendo? Non che fosse una cosa che si potesse negare o passasse inosservata. Qualsiasi uomo avrebbe desiderato starle accanto nel modo in cui stava facendo Jon in quel momento, e qualsiasi uomo con un intelletto sufficiente da farlo ragionare, sarebbe stato d’accordo sul fatto che donne come Sansa erano un germoglio raro e di inestimabile valore.
Prezioso, quasi un dono.
In fondo Jon c’aveva riflettuto spesso. Per lui Sansa era sempre stata bella, anche quando si sforzava di essere capricciosa, intrattabile e spocchiosa. Non ricordava neppure di averla mai toccata.
Non gli era permesso, sarebbe stato sgradevole. Le mani di un bastardo erano destinate a stringere solo cose appropriate per un bastardo.
Ma ora Sansa tendeva le dita, e afferrava le sue in una carezza timida, come a fargli sapere che c’era e che voleva che le lasciasse il permesso di entrare nel suo mondo, così lontano, protetto da mura alte quanto il cielo.
─Sei stanco?
Jon sbatté le palpebre ─Un po’.
Rispose, rendendosi conto solo in quel momento della debolezza nei suoi muscoli che forzava a rimanere tesi, le braccia molli lungo i fianchi.
─Vieni con me.
Lo guidò con premura, restando attenta a non perdere il contatto con i suoi occhi scuri come pezzi d’ombra.
Era sconvolgente la realtà che Jon trovò nello sguardo di sua sorella. C’era una dolcezza diversa, pura, mai donata prima. Sentiva di essere l’unico, forse quello più fortunato. Era come lasciarsi andare alla corrente, godersi il viaggio con le braccia aperte e il viso rivolto verso il cielo.
Il cielo di Jon era rosso, chiazzato di bianco, qualche gemma preziosa a renderlo maggiormente incantevole.
E quando arrivò al traguardo, e Sansa si stese sul letto coperto da calde pellicce, Jon ebbe l’impressione di essere arrivato nel punto per cui aveva lottato duramente nella speranza di raggiungerlo.
Non c’era più nulla che potesse valere tanto, più di lei. Così indifesa, con i capelli lunghi e lucenti sparsi sul cuscino, il suo corpo leggermente piegato e le braccia aperte, ad aspettare una stretta, uno scudo, un rifugio. E doveva essere lui tutto questo.
─Per favore, raggiungimi. E resta accanto a me.
Il ragazzo si riscosse, posò le ginocchia sul materasso e lentamente si distese lungo un fianco, con un braccio piegato dietro la testa e gli occhi rivolti verso sua sorella. Respirò a fondo. Rimasero in silenzio per quelli che parvero interminabili minuti.
Si accorse che Sansa lo stava studiando in modo curioso, dalla forma del viso, alla cicatrice che teneva sulla fronte. Scese lungo il collo, percorse le spalle girando gli occhi da parte a parte. Arrivò al petto, e il chiarore del suo sguardo per un attimo si spense. Quanto tornò a brillare, era una luce diversa a renderli vivi. Come velata da una leggera inquietudine, uno strato sottile di dolore. La vide allungare una mano, le sue dita morbide si posarono lungo tutto lo sfregio che gli raggrinziva la pelle accanto al cuore.
Era un tocco talmente delicato, un soffio, che si ritrovò a chiudere gli occhi e a respirare piano, riempiendosi del suo profumo, un brivido lungo le gambe tese sotto le lenzuola.
─Ti ha fatto male quando sei morto?
Jon fermò il movimento della sua mano, piegandogliela contro il petto. Era troppo da sopportare e sapeva che sarebbe stato difficile tenere a freno quei pensieri che sarebbero arrivati, insieme alla vergogna, al rammarico, ad un’incontrollabile frustrazione.
─Mi ha fatto più male essere tradito ─ la guardava mentre restava ferma ad ascoltarlo, con la testa piegata contro il cuscino. Aveva così tanta voglia di abbracciarla, si chiede se adesso i suoi fantasmi stessero scomparendo ─Avrei dato la via per loro. Mi fidavo.  Ma non sempre le persone accettano il nostro affetto, e sono in grado di capirlo, anche se glielo diamo, in modo incondizionato. Adesso dormi, Sansa. È tardi.
Ma la mano che prima si era posata lungo la cicatrice, ora stava ferma sulla sua guancia ispida di barba incolta. Nonostante l’evidente spossatezza nel suo sguardo quasi vigile, Sansa non sembrava desiderosa di lasciarsi andare al sonno.
Lo toccò come a capire che fosse realmente suo fratello quello disteso al suo fianco, la luce fioca delle candele che le delineava la sagoma del viso in sottili linee d’oro.
─So che non vuoi parlare della Donna Rossa ─ Jon trasalì, con il pollice Sansa gli sfiorò l’angolo delle labbra ─Si è macchiata di crimini atroci nel nome del suo Signore, e hai fatto la cosa aggiusta allontanandola. Ma io non smetterò mai di esserle grata per averti riportato da me. Perché così è stato. Tu hai riaperto gli occhi e mi hai visto correre verso di te. Mi hai presa, con tutto il mio mondo di miseria e dolore e non ti è importato di quanto io fossi rotta. Volevi essere in grado di aggiustare ogni cosa.
Jon si spostò piano, finendo per sovrastarla con il suo corpo. Con un braccio piegato sul materasso si reggeva imponente sopra di lei, l’altro a crearle una barriera di calore e pelle dalla quale, pensò, le sarebbe stato impossibile fuggire.
Si concesse un secondo per osservarla a fondo, più a fondo di quanto già avesse fatto per l’intera serata, per l’intera vita. Non gli sembrava possibile.
Sansa appariva piccola e fragile, con gli occhi supplicanti e carichi di scintille argentee. Lo scrutava come coraggiosamente intimorita, non sapeva cosa aspettarsi ma non aveva paura di affrontarlo con solennità e fermezza.
Pareva una donna completamente diversa, o forse era sempre la stessa. Fiorita probabilmente, il bocciolo che la conteneva aveva completamente aperto i suoi petali, rivelandola tutta nel suo stupefacente splendore. Ed era vicina, sotto di lui, la sottoveste appiccata contro il suo corpo da sembrare una seconda pelle, quel suo profumo dolce, di rose e zucchero bruciato, che gli veniva contro deliziandolo.
Questo è sbagliato.
─Non sei mai stata rotta ─ Le disse preoccupandosi di guardarla negli occhi, sicuro che lei avrebbe capito ─Eri solo più fragile. Impaurita e sola. Ma ti ho vista essere la donna che ho sempre sperato tu diventassi. Sei forte, Sansa. Sei coraggiosa, sei una roccia. La roccia a cui mi sono aggrappato per rialzarmi.
Voleva piangere, ne era sicuro. Se ne accorse dal modo in cui l’azzurro dei suoi occhi cominciò a sbiadire, le scintille argentee a dilatarsi diventando macchie bianche.
Ma Sansa strinse solo i denti e lo fissò, pregandolo, senza neppure un sussurro, di rimanere su di lei ancora per un po’, di non muoversi, di aspettare. Di stare fermo attendendo che il suo cuore fosse abbastanza duro da lasciar perdere.
Ma poi qualcosa si ruppe e le lacrime scesero lente e traditrici. Si infransero lungo le sue labbra e Sansa cominciò a tremare, mormorando qualcosa di incomprensibile tra un singhiozzo e l’altro.
─L’ho visto morire, Jon ─ Riuscì a distinguere tra i balbettii, bisbigli apparentemente senza senso. A Jon non servì chiedere per sapere chi fosse. Era certo che stesse parlando di Ramsay ─Ho lasciato che morisse. Ero lì, davanti a lui. Avrei potuto fare qualsiasi cosa, qualsiasi. Ma la realtà è che non me ne importava nulla. Volevo che soffrisse nel modo in cui ha fatto soffrire me e tutte le persone che ho amato. Desideravo che di lui non restasse più nulla. Mi sono sentita libera, per la prima volta dopo lunghi anni. E ho respirato, ed ero felice. ─ Fece una pausa tirando su col naso ─Prima che morisse, mi ha detto che lui era diventato una parte di me. E ho paura che abbia ragione. E se mi avesse infettato con la sua perversione? Con la sua crudeltà? E se fosse entrato dentro di me prendendosi tutto quello che era rimasto della mia anima? Non voglio non avere un cuore, Jon. Non voglio diventare quel tipo di persona.
─Ascoltami ─ Le disse inclinando la testa fino a sfiorare la sua fronte, una mano posata sulla guancia della ragazza quasi a raccogliere tutte le sue lacrime ─Hai un cuore puro, generoso e gentile. Hai un cuore immenso, un cuore grande, forte e caldo. L’ho visto aprirsi per me, l’ho visto amarmi e regalarmi affetto, chiedermi perdono. L’ho visto nei tuoi occhi colorarsi di gioia quando mi hai stretto forte alla Barriera, e di tenerezza quando mi hai fatto dono del ricamo con il lupo. Lo vedo ogni giorno in te, nel modo in cui mi infondi coraggio. L’ho visto nella Sala Grande quando tutti mi hanno proclamato re, e tu hai sorriso, concedendomi il tuo spazio. L’ho vedo adesso mentre mi implori di non lasciarti andare, e lo sento, Sansa. Ti batte contro il petto e fa rumore. Stallo a sentire. È vero, ti sta dentro. Nutre la tua vita. Non ti lascerà andare, è con te per sempre. Nessuno sarà in grado di sporcarlo mai.
E poi la vide piangere ancora, singhiozzare senza respiro. Non sapeva come comportarsi, né gli venivano in mentre altre parole che fossero abbastanza efficaci da confortarla.
Così rimase fermo, a guardarla buttare fuori tutti i suoi incubi e le sue angosce, tutto il suo dolore e il suo rammarico. La guardò mentre i suoi occhi divennero opachi e brillanti, mentre le lacrime le bagnarono le guance rosse e le labbra gonfie e morbide. La guardò mentre pregava, e chiedeva affetto. La guardò mentre si portava le mani al petto scuotendo la testa.
E poi si spinse contro di lei, folle e gentile, nascondendole il viso nel collo, facendola affondare nel suo corpo di muscoli e braccia per parlarle piano.
Per un attimo Sansa smise di respirare, la bocca schiusa e lo sguardo rivolto verso al soffitto. Poi percepì il suo petto gonfiarsi, il tumulto del suo cuore contro la pelle. Le accarezzò i capelli con una mano, sentendola liscia e delicata contro di lui.
Era calda Sansa, di un calore che ti entrava dentro.
─Shhh ─ Le intimò con dolcezza. Oh quanto aveva desidero stringerla ─Ricordi? Ti ho promesso che ti avrei protetta. Proteggerò tutto di te, anche il tuo cuore. Ora dormi, Sansa, chiudi gli occhi. Sogna. Sono qui, mi senti? Ci siamo solo io e te. E tutto quello che rimane di noi. Non piangere più. Hai me adesso, mi avrai sempre.
Le sue piccole mani lo cercarono nel buio, si strinsero contro le sue spalle e Jon si sentì come se per tanto tempo avesse lottato per l’unica cosa che valeva sul serio: quel momento, in quel preciso instante, in un letto di sogni infranti, sopra l’unica donna che gli era sempre sfuggita, e che adesso non desiderava altro che farsi prendere. Non desiderava altro che essere sua prigioniera.
O forse era tutta colpa del vino.

 
 
 
CONTINUA…




Ed eccomi qui con il secondo capitolo di questa long. Aver visto tutti quei commenti al capitolo precedente, mi ha reso davvero felice, e mi ha dato la giusta carica per continuare. Vi dirò, quando ho letto questo capitolo finito, sono rimasta abbastanza soddisfatta del mio lavoro (cosa che mi capita raramente). Mi piace questa loro intimità, questo loro darsi e non darsi, capire e non accettare. Ma dovete essere voi a giudicare, per cui conto sulle vostre recensioni!
Grazie mille per le vostre bellissime parole! Vi mando un grande bacio! 

 
 
               
 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Stella94