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Autore: sakura182blast    29/04/2009    9 recensioni
Era sempre stata una ragazza davvero intelligente. Chiunque la conoscesse la reputava tale, e lei tale si era dimostrata in qualunque circostanza: negli esami di fine corso, in qualche ostica missione, in tutto. Eppure, a scapito di ciò, aveva appena commesso la più grande stupidata di tutta la sua vita. O almeno, così gli altri credevano.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Konnichiwa minna!
Questa è l’ennesima FanFiction che scrivo, ma è la prima volta che mi cimento in questo fandom.

Mi sto avventurando in zone per me ancora inesplorate, perciò siate clementi, ve ne prego!  O__O
Ho tentato di destreggiarmi con una One-Shot, ma tra me e questo genere ci sono parecchie discrepanze… infatti non ho la sacra capacità della sintesi, per cui mi è uscita una One-Shot che di “shot” non ha proprio niente…  ^___^’’
E’ senza ombra di dubbio una NaruSaku  [+___+  non potrei mai tradire il pairing per eccellenza! xD]; gran parte della storia è costituita da un Flash-back, ma non lo chiamerei esattamente così dato che è narrato sotto il punto di vista di diversi personaggi. Purtroppo la faccenda mi è uscita un po’ [tanto…] OOC, ma sembra che sia la mia specialità l’incapacità nel mantenere il carattere originale di un personaggio ù.ù … spero vada bene comunque!
Doumo arigatou!



Heaven & Earth



Era sempre stata una ragazza davvero intelligente.
Chiunque la conoscesse la reputava tale, e lei tale si era dimostrata in qualunque circostanza: negli esami di fine corso, in qualche ostica missione, in tutto.
Eppure, a scapito di ciò, aveva appena commesso la più grande stupidata di tutta la sua vita.
O almeno, così gli altri credevano.
Sakura-chan?”
Qualcuno la chiamò, ma le sembrava che la voce provenisse da una considerevole distanza.
Si rese conto di essersi nuovamente persa fra quel groviglio formato dai suoi pensieri, presenza costante della sua mente; alzò gli occhi verso la soglia della sua camera da letto (la sua nuova camera da letto), sicura di chi vi avrebbe trovato.
“Naruto…” Disse serafica, come se quel nome fosse una reazione automatica al lieve sorriso che si era dipinto sul suo volto.
“Queste dove le vuoi?” Le chiese il biondo, rispondendo caldamente al suo sorriso. Alludeva alle tre massicce scatole di cartone che reggeva in mano.
Se la fiera espressione del suo viso sembrava ostentare una grande resistenza, i suoi occhi cerulei parevano implorare la ragazza di sbrigarsi con le indicazioni, altrimenti le sue braccia avrebbero potuto cedere all’immane peso che trasportavano.
I grandi occhi verdi della rosa corsero rapidamente sulle lettere nere che trionfavano ai lati di ogni scatola: C, C, B.
Si alzò dal letto su cui si era seduta qualche istante per riposare, sfiorando con l’indice ognuno degli scatoloni per indicare ad Uzumaki la loro corretta ubicazione.
Cucina, cucina, bagno.” Disse eloquente.
Sembrò riflettere qualche istante, fermando Naruto non appena aveva compiuto un paio di passi in direzione della cucina.
“Aspetta!” Quasi urlò, lievemente rossa in volto. Si avvicinò al biondo, che la fissava perplesso, e prelevò dalle sue mani l’ultima scatola, B. “A questa è meglio se penso io. Tu porta pure via le altre.”
Uzumaki poggiò la schiena contro al muro, guardandola con occhi loquaci. “Non vuoi che maneggi il tuo materiale intimo?”
Da quella semplice frase grondava ogni sorta di doppio senso; almeno, in questo modo essa era suonata alle orecchie di Haruno.
Paonazza, la ragazza si voltò, lanciando migliaia di saette da quegli occhi verde giada, ma sapeva che era inutile anche solo cercare di intavolare una discussione con lui su quell’argomento: finivano sempre per abbandonarsi a scabrosi dettagli sessuali molto imbarazzanti.
Batté un piede a terra con eccessiva violenza e mostrò la lingua al ragazzo in un gesto infantile, mentre il biondo si abbandonava ad una sonora risata, dandole le spalle ed allontanandosi alla volta della cucina.
Naruto. Sakura. Cielo. Terra.
Si conoscevano da un tempo immemorabile, da quando avevano cominciato a condividere gioie, dolori, ferite e successi nell’indimenticabile Team 7; si erano uniti una vita fa, da quando loro fratello era fuggito dal proprio passato senza fare più ritorno.
Ed era stato proprio il dolore di quella perdita a far capire al cielo ed alla terra quanto avessero reciprocamente bisogno l’uno dell’altra, di quanto due elementi apparentemente così distanti potessero essere così complementari.
Una volta varcata la soglia del bagno, Haruno lasciò cadere con poca grazia la scatola sul pavimento di piastrelle chiare, producendo un tonfo secco che rimbombò nel piccolo locale. Si lasciò scivolare lungo la parete sedendosi accanto allo scatolone per poi aprirlo, poco desiderosa di sistemare tutti gli oggetti che esso conteneva.
Gettò accanto a sé quello spesso pezzo di scotch trasparente che teneva ben salde le estremità superiori della scatola ed aprì meglio i lembi di cartone, infilandovi dentro la testa quel tanto che bastava per appurare quante e quali cose avrebbero impegnato il suo pomeriggio.
Era sul punto di ghermire il suo delicato bagnoschiuma dall’inebriante aroma di fragola, quando uno schianto ed un urlo strozzato attirarono la sua attenzione e la spinsero a voltare il capo di scatto verso la porta.
“Tutto bene?” Domandò premurosa, mentre nella sua mente pregava in quattro lingue differenti che quel baka non avesse rotto nulla di importante.
“Sì, tutto ok.” Disse Uzumaki da un’altra stanza con voce incrinata sovrastando il triste tintinnio dei cocci che stava raccogliendo. “Ma temo che tua madre mi ucciderà…”
Sakura deglutì, diventando pallida come un lenzuolo appena lavato.
“Naruto, ti prego, ti prego, non dirmi che hai rotto uno dei piatti del servizio di porcellana che apparteneva alla mia bisnonna…” Lo implorò disperata, sperando che non fosse tutto inutile.
Silenzio. Un silenzio più che eloquente.
“… Perdono!” Frignò infantilmente il ragazzo dopo una manciata di secondi spesi alla ricerca di un modo per  far scemare l’ira della rosa.
Ma quel giorno, grazie alla buona stella del biondo, Sakura non aveva la benché minima voglia di arrabbiarsi con lui, non in un giorno che per loro avrebbe dovuto essere così importante.
L’unica reazione di Haruno fu un sonoro sbuffo di disapprovazione (che Naruto sentì fino in cucina), poco prima di riprendere la sua interessante attività.
“Sei il solito baka, dovrei prenderti a sberle.” Sentenziò la ragazza con poca enfasi mentre prendeva fra le mani quattro tipi diversi di doccia schiuma con l’intenzione di posarli nell’armadietto bianco accanto alla vasca.
Si ricordò di quando, circa un paio di anni prima, Uzumaki le aveva fatto notare che forse possedeva troppi tipi di shampoo e sapone, quasi come se li collezionasse. Sorrise a quel pensiero, sedendosi sul bordo bianco della vasca mentre cercava di tirare a sé la pesante scatola e malediceva le altre quattro che l’attendevano nel salotto, ai piedi del divano.
Chissà come Naruto era riuscito a convincerla ad andare a vivere con lui in quel tugurio che, sicuramente, le sarebbe toccato pulire da cima a fondo il giorno seguente?
Più cercava risposte e meno queste erano intenzionate a venire; ma, se c’era una cosa che sapeva per certo, questa era che il desiderio di sorbirsi il suo adorabile baka ventiquattr’ore su ventiquattro era forte e nitido, chiaro come la luce del sole.
Si era resa conto di ciò col passare del tempo, con le missioni che impegnavano Uzumaki lontano da Konoha per giorni e con la sua mancanza che si faceva sentire ogni volta più forte, sempre più graffiante.
Il limite della sopportazione Sakura lo aveva raggiunto con quell’ultimo, fatidico incarico a Suna, che aveva costretto il ninja ad allontanarsi da lei per più di due settimane, e doveva aver percepito la medesima sensazione anche il ragazzo dato che lo stesso giorno del suo rientro si era presentato da lei con un mazzo di fiori ed una proposta davvero dolce.
“Sakura-chan, ti va se io… se te… se noi, insomma… dovremmo… che ne dici se… ?”
Rise di gusto a quel ricordo, che le tornò alla mente quasi all’improvviso.
 

 
“Quindici giorni, eh?”
La voce le era uscita più bassa e rauca di quanto non volesse darlo ad intendere. Dissimulò il suo profondo rammarico scostando gli occhi giada da quelli cerulei di lui, mentre arrotolava con insistenza snervante una ciocca di capelli rosa attorno all’indice.
“Ti sembrano tanti?”
Che domanda scema le aveva posto. Era ovvio: erano tanti, un’infinità.
Quindici giorni… trecentosessanta ore… ventunmilaseicento minuti, tutti da trascorrere senza di lui. Visti così, nero su bianco, erano quasi in grado di terrorizzarla.
“No… non così tanti, in fondo…”
Bugiarda.
Perché non era in grado di dirgli che non era per niente allettata dalla prospettiva di passare senza di lui mezzo mese?
Mezzo mese… detto così, il tempo che avrebbero dovuto trascorrere separati le sembrava ancora più immane, sempre più insopportabile.
“Te la caverai senza di me?”
Le domandò apprensivo, posandole entrambe le mani sulle guance.
Il sangue impiegò meno tempo del previsto ad affluire alle sue gote, rendendole improvvisamente rosse come invitanti ciliegie mature.
Tentò di scostare dal suo viso i palmi di lui, così roventi al contatto con la sua pelle, ma fu come se il cervello si rifiutasse di mandare al suo corpo gli impulsi corretti.
“Come sempre…”
Perché gli occhi le pungevano? Perché la stuzzicava più che mai l’idea di piangere davanti a lui, impietosirlo e convincerlo a farsi sostituire da Hyuga o da Lee?
“Non ne sembri tanto convinta.”
Le sfiorò le labbra con un semplice movimento del pollice ed a lei parve di svenire.
Fu come se una scossa l’attraversasse da capo a piedi, stordendo ogni suo centro nervoso e, così, ogni sua capacità di intendere e di volere.
Perché questa volta sento che non riuscirò a tollerare la tua assenza?
“Sì invece, non preoccuparti per me. Piuttosto, faresti meglio ad andare… stai facendo aspettare Nara ed Akimichi.”
Si morse la lingua; si stramaledì. Lo stava cacciando quando tutto ciò che aveva il desiderio di fare era stringerlo e baciarlo, impedendogli di lasciarla da sola per l’ennesima volta.
Fece un cenno poco convinto verso Shikamaru e Chouji che, pazienti, attendevano il loro terzo compagno accanto alla grande porta del villaggio di Konoha, definendo alcuni dettagli della missione che si accingevano a cominciare.
“Allora è meglio che vada.”
Sistemò alla bell’e meglio lo zaino su una spalla.
La guardò.
Esitò.
“Sicura di stare bene?”
Probabilmente avrebbe fatto meglio a darsi un paio di schiaffi in faccia per riprendersi; l’aveva osservata ed aveva indugiato, come se sul suo viso dal colorito chiaro fosse scritto a caratteri cubitali che non voleva vederlo partire, non più.
Gettò le braccia al collo di lui, catturandolo in un abbraccio soffocante mentre nascondeva quel volto traditore all’altezza della sua clavicola.
Si inumidì le labbra, sentendosi stupida.
“… Mi ami?”
Gli domandò, a tradimento.
Non ne sapeva bene il motivo, ma aveva un disperato bisogno di sentirselo dire.
Sentì le calde, rassicuranti braccia di lui stringerla con maggior vigore, mentre una sua mano faceva capolino fra i suoi profumati capelli di seta.
“Ti amo. Da morire.
Chissà perché la sua voce diventava la melodia più bella del mondo quando pronunciava quelle parole?
Ma lui non le lasciò il tempo di cercare una risposta a quella domanda. La costrinse a levarsi in punta di piedi e le serrò le labbra in un profondo bacio, di quelli che la lasciavano sempre senza respiro.
“Ci vediamo, Sakura-chan.”
Aveva interrotto l’abbraccio, lasciandola con quelle parole ed un’ultima, meravigliosa carezza per poi sparire assieme a parte del Team 10 in una nuvola di fumo.
 
 
Era stesa su quel bancone da almeno un’oretta, spettacolino che le riproponeva ciclicamente da almeno una settimana.
Non aveva mai alzato la testa, nemmeno un cenno od anche un solo brontolio che le facesse intendere che la sua amica fosse ancora viva. Se ne stava semplicemente lì, sdraiata (anche se il pittoresco termine stravaccata avrebbe reso meglio l’idea che in quel momento le dava).
Fu verso l’inizio della seconda ora di coma che si decise ad avvicinarsi a lei, stuzzicandola con il gambo di una calendula fin troppo arancione, esattamente come la vecchia tuta di Uzumaki prima che Tsunade, saggiamente, lo promuovesse jounin.
“Sakura?”
Haruno grugnì e lei sospirò sollevata: almeno viva lo era ancora.
Le si parò davanti, tormentandola con quel fiore al’altezza della testa.
“Fronte spaziosa, devo chiudere il negozio. È ora di pranzo.” La informò, leggermente irritata dal menefreghismo della sua migliore amica.
Al suo ennesimo mugugno optò per un approccio decisamente meno soft, picchiandola sul capo con la corolla color tramonto con malcelata violenza.
L’azione sortì l’effetto sperato; Sakura levò di scatto la testa portandosi una mano all’altezza del copri fronte rosso.
“Ma sei scema, Ino-pig?!” Inveì, esagerando la situazione probabilmente più per noia che per altro. “Fa male, sai?!”
La bionda la fissò scettica, portandosi entrambe le mani sui fianchi mentre cercava di assumere una posa che avesse un che di minaccioso.
“Quanto tempo hai ancora intenzione di stare a vegetare sul bancone del mio negozio?” Sbottò gonfiando le guance, nonostante la rosa le avesse più volte ricordato che, così facendo, assumeva davvero un’espressione da porcellino. “Io vorrei chiudere ed andare a pranzare.”
Yamanaka fissò Haruno con un’insistenza esasperante fino a quando l’altra, nervosa, non nascose nuovamente il viso fra le braccia, fuggendo i suoi occhi color ghiaccio.
Qualcosa non andava, se n’era accorta da un pezzo, ma ciò che le sfuggiva era il motivo per il quale Sakura non aveva intenzione di rivelarle le sue preoccupazioni. Roteò gli occhi fingendosi seccata mentre si avvicinava alla ragazza e le si sedeva accanto, carezzandole quei buffi capelli color corallo.
Non ricevendo da parte di Sakura nessuna reazione particolare, la bionda si coricò ad una manciata di centimetri di distanza da lei, soffiando lievemente per richiamare la sua attenzione.
“Me lo dici cosa c’è che non va?”
La vide sollevare leggermente il capo, tentando di guardarla con la coda dell’occhio.
“C’è che mi manca da morire, Ino-pig.” Sospirò la rosa, allungando una mano verso la calendula che Yamanaka aveva posato in mezzo a loro. “Non mi era mai mancato così tanto e questo mi spaventa.”
La bionda sorrise, tendendo le braccia al cielo nel tentativo di risvegliare quei muscoli indolenziti.
“Brutta cosa l’amore, eh?” Domandò ironicamente mentre, con la coda dell’occhio, osservava divertita il vago rossore che imporporava le guance della sua migliore amica.
Gioì per la sua tenera fronte spaziosa, mentre in cuor suo sperava con tutta sé stessa di poter provare qualcosa di vagamente simile al sentimento che legava Haruno ad Uzumaki.
… Avrebbe proprio dovuto invitare quell’Anbu del cavolo a bere qualcosa con lei una sera di quelle, senza dubbio.
 
 
Un’occhiataccia.
Un’altra.
Ora aveva serrato le labbra e ridotto quelle iridi castane a due buie fessure mentre, con mani tremanti per la rabbia, stringeva con forza eccessiva un libro di anatomia e la guardava in malo modo.
Oh, se la guardava male!
Si rese conto che era davvero al limite della sopportazione quando vide spuntare al centro della sua fronte una grossa vena, segno che sarebbe esplosa in tutta la sua ira di lì a pochi istanti.
Eppure… cosa mai aveva fatto per ridurla in un simile stato?
Perplessa chiuse il tanto antico quanto polveroso tomo sul chakra che aveva sfogliato per quasi l’intera mattinata, inumidendosi le labbra e prendendo fiato per poter parlare.
“Tsunade-sa… ?”
Con un gridolino sommesso ed un’ottima risposta da parte dei suoi riflessi, Haruno riuscì ad evitare l’affilato tagliacarte che, d’improvviso, si era librato a mezz’aria con la tacita promessa di colpirla in piena fronte.
A carponi sul pavimento, osservava incredula l’Hokage, ferma in una posizione che faceva chiaramente intendere che la fautrice del misterioso lancio del tagliacarte fosse proprio lei.
“S-sensei?!” Boccheggiò ansante, sgranando gli occhi color smeraldo. “Ma cosa le è saltato in men… ?!”
Osservò allibita Godaime portarsi le mani nei folti capelli biondi, immancabilmente legati in due piccole code, mentre lanciava un urlo agghiacciante che dava l’idea di essere un compendio tra angoscia ed esasperazione.
“Basta, Sakura!” Esclamò la donna. “Non ti sopporto più!”
La rosa si guardò intorno confusa. No… non c’erano altre Sakura nei paraggi; che si stesse riferendo precisamente a lei?
“Ma… ma… che ho fatto?!” Domandò la ragazza, levandosi in piedi con un’agilità invidiabile. Il suo tono di voce ricordava vagamente le lagne di un bambino che viene ripreso ingiustamente per qualcosa che non ha commesso.
Il quinto Hogake battè il pugno destro sul palmo dell’altra mano con violenza, producendo uno schiocco sordo e poco rassicurante. “Che hai fatto… ?! Ti ho invitata qui in ufficio a studiare perché credevo ti potesse interessare fare qualche altra lezione con me, dato che ultimamente non abbiamo avuto molte occasioni…”
“Ed infatti mi interessa, Tsunade-sama!”
“… Ma da quando hai messo piede qui dentro non hai fatto altro che agitarti su quella seggiola, entrare ed uscire dalla stanza perché il libro che avevi prelevato dalla biblioteca non ti soddisfaceva appieno, hai camminato su e giù per il mio ufficio con un’insistenza snervante… ed ora ti metti addirittura a canticchiare mentre io cerco di leggermi in santa pace il mio libro di anatomia?!”
Haruno la fissò frastornata, portandosi una mano all’altezza della guancia. “Ca-canticchiare? Ma io non ho canticchiato, sensei!”
Tsunade inarcò una delle sue rade sopracciglia fissandola in modo più che eloquente, ma la rosa ancora non capiva a cosa lei si stesse riferendo. Non si era mai presa la libertà di canterellare in pubblico, non ne sarebbe mai stata in grado, tanto si sarebbe imbarazzata; certo, Naruto l’aveva più volta ascoltata mentre cantava qualcosa sotto la doccia, ma quelle erano altre circostanze.
Non seppe dare alcuna spiegazione alla donna, ed ella sembrò irritarsi ancora di più.
“Vuoi dirmi che non te ne sei nemmeno accorta?!” Ironizzò, incrociando le braccia al petto. “Allora la situazione è grave!”
“Se davvero l’ho fatto mi scuso, sensei!” S’affrettò a rispondere Sakura. “E’ che… oggi torna Naruto ed io devo essere un po’ su di giri… !”
Godaime rilassò le spalle, lasciandosi fiaccamente cadere contro lo schienale della sua massiccia sedia.
“Per oggi vai a casa, se non sei concentrata non mi servi nemmeno in ospedale.” Sentenziò la donna, rassegnata a quello stato iperattivo in cui la sua allieva prediletta era ridotta. “Per quanto riguarda la missione di Naruto col Team 10, stando all’ultimo comunicato arrivato, dovrebbero essere di ritorno per il tardo pomeriggio. Tu, nel frattempo, cerca di darti una calmata, intesi?”
Sakura assentì con enfasi, giocherellando con le proprie dita per sfogare in qualche modo la sua immane agitazione, derivante dalla sempre più crescente felicità che provava al solo pensiero di rivedere il suo baka.
Ancora qualche altro istante ferma davanti alla scrivania dell’Hokage e si sarebbe messa a saltellare, questo doveva averlo capito anche Tsunade. “Che fai ancora qui? Vai!”
Haruno non se lo fece ripetere due volte; imboccò la via per la porta e sparì, lesta come una gazzella che fugge il predatore.
Aveva così tante cose da fare, quel pomeriggio. Rassettare la casa di Uzumaki, fargli la spesa, cucinare il ramen al miso per lui… da cosa avrebbe potuto cominciare?
 

Correva come un forsennato, facendosi spazio tra le alte fronde degli alberi ed il fitto fogliame che le ricopriva.
Più volte Nara lo aveva ripreso, intimandogli di decelerare il passo dato che, a missione felicemente conclusa, avevano tutto il diritto di prendersela comoda sulla strada del ritorno, ma il biondo pareva molto restio dal concordare con la sua idea.
La verità era che ormai, con così poco a separarlo da Konoha, non aveva la benché minima intenzione di andarci piano ed aumentare ulteriormente il nefasto tempo che avrebbe passato diviso da Sakura. Infatti, contrariamente a quello che aveva sperato, solo i primi giorni della missione erano trascorsi piuttosto serenamente; già a metà della prima settimana aveva cominciato a sentirsi tremendamente vuoto, con l’atroce senso di mancanza della sua ragazza a tartassargli l’anima.
Durante il giorno non aveva fatto altro che sospirare, la notte il sonno tardava sempre a venire ed aveva esasperato i suoi compagni ogni volta che gli era possibile, lagnandosi di quanto Haruno gli mancasse … chissà se Sakura, a differenza di lui, se l’era cavata da sola?
Certo, con tutti quei prestanti ninja di Konoha pronti a ronzarle intorno in assenza del suo ragazzo, sicuramente non si era sentita abbandonata; come mai avrebbe potuto?
“Ma che vado a pensare?!” Scosse la testa un paio di volte, cercando di non perdere la concentrazione; anche il ninja più esperto, se privo di attenzione verso le proprie azioni, può cadere in fallo in un esercizio semplice come la corsa. “Sakura non si farebbe mai fare il filo da qualcun altro! Naruto Uzumaki, stai diventando paranoico!”
Sorrise, ripensando al fatto che no, non c’era nessun’altra ragazza sul pianeta giusta per lui quanto Haruno. Quando, di lì a poco, sarebbe stata davanti a lui, in primo luogo l’avrebbe stretta in uno stritolante abbraccio senza via di fuga, riempiendola di quei baci che, in quei giorni di missione, gli erano tremendamente mancati; in secondo luogo…
“Naruto!”
Il ragazzo biondo si fermò all’istante, sussultando, mentre Nara ed Akimichi, ad una manciata di passi da lui, dovettero bruscamente frenare per non scontrarvisi contro.
“Ha ragione Sakura, sei proprio un baka…” Borbottò risentito Shikamaru, grattandosi svogliatamente il retro della nuca e mettendo a repentaglio la situazione del suo già precario ciuffo color pece.
I cerulei occhi di Uzumaki si soffermarono dapprima sul compagno indolente, che ora lo fissava con le braccia incrociate al petto, infine su Chouji, che si era appoggiato al tronco dell’alto abete sul quale si erano fermati mentre tentava di riprendere un po’ di fiato, sfinito dalla scapestrata corsa di Naruto.
“Che succede? Perché mi hai fatto fermare? Non vorrai mica fare un’altra pausa!”
Nara roteò gli occhi, indicando con braccio rigido un punto ben definito davanti a sé. “Guarda un po’ dove siamo, testa di cavolo.”
Il biondo seguì con lo sguardo quell’invisibile linea d’aria tracciata dal dito indice del moro, scoprendo con grande stupore di essere già nei pressi della massiccia porta di Konoha.
“Almeno adesso credi che potremmo camminare o dobbiamo continuare a sfasciarci le gambe?” Continuò Shikamaru, con tono ironico.
Uzumaki sbatté le palpebre un paio di volte, attonito; possibile che non si fosse minimamente reso conto di essere già arrivato al villaggio?
Si portò una mano al mento, pensoso, fissando l’altro con sguardo interrogativo.
Il moro, in risposta, infilò entrambe le mani nelle tasche del giubbotto da jounin, incassando la testa tra le spalle mentre riduceva i suoi occhi color notte a due piccole fessure piene di risentimento. “Eri tanto ansioso di raggiungere Konoha che ti sei messo a correre come un disgraziato. È già un miracolo se hai imboccato la strada corretta, secondo me.”
“Oh…” Uscì detto al biondo mentre, vagamente imbarazzato, inarcava le sopracciglia in un gesto perplesso.
Entrambi i loro occhi si posarono poi su Akimichi, che ancora affannava mentre cercava un appiglio sicuro contro la dura corteccia centenaria dell’albero.
“Yo, Chouji. Spera che non ti venga un attacco di cuore perché io in spalla non ti porto.” Brontolò Nara, ancora seccato per la folle (inutile) corsa nella quale era stato trascinato dal suo irruento compagno.
“… on… ne… rà… ogno… !” Boccheggiò il ragazzo castano, in balia tra la vita e la morte. Non aveva mai corso tanto velocemente in tutta la sua vita, nemmeno ai tempi d’oro degli allenamenti con l’adorato Asuma-sensei.
Shikamaru strabuzzò gli occhi, perplesso. “Che cosa hai detto??”
“Non ce ne sarà bisogno!” Sbraitò allora Akimichi a pieni polmoni; ma quel gesto azzardato gli costò caro.
Dovette sedersi sul possente ramo per non cadere a terra stecchito, lasciato senza fiato da quell’urlo poderoso. “Devo… devo riposare un attimo…”
“Che seccatura…” Sbuffò il moro, guardando titubante Naruto. “Che vuoi fare?”
Uzumaki fissò Chouji, fissò Shikamaru, fissò la porta di Konoha, che distanziava giusto poche centinaia di metri.
Prese la sua decisione.
Saltando dall’alto ramo con un’agilità invidiabile raggiunse il suolo, rivolgendo ai suoi compagni di missione un ultimo saluto. “Io vado avanti, devo fare una cosa importante. Quando Chouji riacquista un colorito che si possa definire umano, fallo alzare e portalo al villaggio. È tutto!”
Detto questo svanì, prendendo a correre così velocemente da non sembrare nemmeno stanco per l’onere che aveva dovuto sopportare in quegli ultimi giorni.
Correva verso la grande porta del villaggio e pregava che Sakura non fosse al negozio di Yamanaka.
 
 
Aveva pulito la casa del ragazzo da cima a fondo, fatto la spesa per il suo perennemente vuoto frigorifero e cucinato un’abbondante cena a base di ramen al miso, il piatto preferito da Naruto. L’unica cosa che le restava da fare era, però, quella più ostica: starsene tranquilla ed attendere paziente il suo ritorno.
Aspettò zelante, lasciando in caldo la cena mentre, per distrarsi, aveva preso a sfogliare un pesante tomo di tecniche ninja che sicuramente le sarebbe tornato utile un giorno o l’altro.
Era quasi riuscita ad immergersi totalmente nella sua lettura quando, verso la fine del capitolo sesto, un sommesso rumore di passi al di là della porta dell’appartamento del biondo attirò la sua attenzione.
Soddisfatta, sorrise sommessamente: finalmente era tornato.
Non riuscì nemmeno ad attendere paziente che Naruto aprisse la porta; lanciò poco garbatamente il libro sul cuscino del divano e schizzò in piedi, scattando fulmineamente verso l’uscio. Lo aprì di slancio, cogliendo di sorpresa il ragazzo (che per poco non lanciò un urlo) e si gettò fra le sue braccia con una tale veemenza da far rovinare al suolo entrambi.
Frastornato, il ninja levò di poco il capo reclinato all’indietro, giusto quel tanto che bastava per rendersi conto di chi aveva avuto l’accortezza di fargli battere la testa sul pavimento; Sakura era lì, stesa su di lui in una posizione alquanto compromettente che lo fissava con occhi brillanti ed un’espressioni di puro giubilo dipinta sul volto.
“S-sono a casa…” Disse Uzumaki grattandosi una guancia in un gesto imbarazzato mentre, con viso arrossato e sguardo altrove, cercava di non pensare a nulla di equivoco. Dopo due settimane passate senza Haruno era pressochè impossibile per lui resistere ad una tale provocazione.
Sakura si avvicinò ulteriormente al viso di lui, sospirando un flebile “… Bentornato.” sulle sue labbra sottili.
Stava per serrarle in uno di quei baci che tanto in quei giorni le erano mancati, quando i suoi occhi color smeraldo incrociarono qualcosa che giaceva sulle fredde piastrelle del pianerottolo, proprio accanto a lei.
Si levò a sedere, appurando che si trattava di un mazzo dei suoi fiori preferiti, i tulipani rossi; ne prese uno fra le mani, constatando tristemente che aveva rovinato quei fragili boccioli facendo cadere Uzumaki a terra.
Avvicinò quei petali color sangue al viso e calò le palpebre, inspirando a pieni polmoni quella sobria fragranza di primavera, così perfetta ed armoniosa da sembrare quasi artificiale.
“… Mi dispiace…” Mormorò, mortificata. Riaprì gli occhi e, con sguardo avvilito, ghermì ciò che restava dell’inaspettato regalo del ragazzo. “Devono esserti costati una fortuna… scusa…”
Il biondo si alzò a sedere, sorridendole premuroso; lambì le guance chiare di Haruno con entrambe le mani e tese leggermente il collo, premendo le proprie labbra contro quelle di lei senza forza, quasi accarezzandole. Un semplice, casto bacio senza pretesa alcuna.
“Non mi importa dei fiori…” Disse, gettando lontano l’ormai rovinato mazzo. “L’unica cosa importante è che siamo di nuovo insieme.”
Sakura si morse a sangue il labbro inferiore, ingaggiando una lotta ad armi impari contro quelle lacrime che premevano a forza ai lati degli occhi per poter uscire allo scoperto. Le ricacciò indietro una volta e poi una seconda, ma alla terza cedette e lasciò che la prima, silenziosa lacrima le lambisse il viso, spianando la strada alle altre che, copiose, presero a bagnarle le guance.
Naruto la guardò allarmato, temendo di essere la causa (in senso negativo) di quel pianto, mentre Haruno, cercando di conservare un minimo della sua dignità, si premurava di asciugare con un secco colpo di mano le sue gote non appena esse venivano inumidite da quella sua gioia esplosa in modo così contrastante.
Nascose il viso nell’incavo del collo del ragazzo, affondando nel caldo maglione blu notte del jounin i suoi singhiozzi.
“Mi sei mancato così tanto…” Pigolò lei, cercando di ricomporsi.
Uzumaki la strinse forte a sé. “Anche tu… tanto… troppo…”
Finalmente la rosa sembrò calmarsi; sollevò il capo asciugandosi le ultime lacrime mentre cercava di celare il suo crescente imbarazzo per aver ceduto a quel modo davanti ai suoi occhi.
Si inumidì le labbra e si schiarì la voce con l’intenzione di avvertire il biondo dell’appetitosa cena che lo attendeva all’interno, ma qualcosa nello sguardo celeste di lui la convinse a serrare con fermezza le labbra, come se avesse dovuto osservare un solenne silenzio per dargli il tempo di dire qualcosa di importante.
Naruto continuava a fissarla, serio come poche volte in tutta la sua vita, e lei si sentiva tremendamente in soggezione, quasi nuda davanti a quegli occhi limpidi come due pozze d’acqua.
“Sakura…” Sussurrò il suo nome, soppesò con lentezza snervante le parole da aggiungere. “Voglio chiederti una cosa.”
“Tutto quello che vuoi.” Rispose lei sincera, inclinando il capo di lato con un sorriso.
Il ragazzo si inumidì le labbra, esitando. “E’ una cosa importante… devi riflettere attentamente prima di rispondere.”
Haruno raddrizzò il capo, ammutolita. Improvvisamente l’atmosfera si era fatta particolarmente tesa.
“S-sì…” Proferì incerta, mentre fissava lo sguardo altrove. Le sue labbra smisero di sorridere, tendendosi in un’espressione irrequieta.
Uzumaki calò le palpebre sulle sue iridi chiare e trasse un profondo sospiro, riaprendo gli occhi così all’improvviso da far sussultare la rosa.
“Sakura-chan!” Quasi urlò, e probabilmente se ne rese conto. Si schiarì la voce e le afferrò una mano, stringendola in una calda, dolce presa. “Ti va se io… se te… se noi, insomma… dovremmo… che ne dici se… ?”
Intercalari. Nient’altro.
La rosa lo guardò frastornata, cercando il filo logico di quelle parole pronunciate a sproposito. “Naruto, cosa stai cercando di… ?”
“Vieni a vivere con me, Sakura-chan!”
Bingo.
Durante tutti e tre i giorni che aveva impiegato a tornare dalla missione svolta a Suna, Naruto si era più volte immaginato in quale modo chiedere alla sua ragazza una cosa tanto importante.
Aveva pensato ad un mazzo di fiori (rigorosamente tulipani rossi), ad una cenetta romantica, a loro due vestiti in modo elegante e ad una proposta raffinata, presentata con garbo.
Ma le cose erano andate diversamente. Quella sua proposta cortese ed educata, infine, gliel’aveva letteralmente urlata in faccia.
Il biondo si coprì il viso con entrambe le mani e reclinò il capo, sospirando affranto.
“Scusa…” Borbottò, al culmine dell’imbarazzo. “Non volevo dirtelo in questo modo… pensavo a qualcosa di più tranquillo…”
Ma Sakura non rispose; era perfettamente immobile, zitta, e sembrava trattenere anche il respiro.
Naruto si scostò le mani dal volto senza però guardarla, a disagio. “Lo so che sono un idiota, non faccio altro che creare casini e non posso nemmeno essere ritenuto un gran ninja, ma l’unica cosa che voglio è renderti felice e ti prometto che m’impegnerò al massimo se tu ora me ne darai l’occasione.”
Udì un mugolio sommesso, seguito da un altro meno celato rispetto al precedente.
Quando finalmente trovò il coraggio di alzare verso Haruno i suoi occhi chiari si accorse che la ragazza mal tratteneva le proprie risa, che sembravano proromperle di getto dal cuore. All’ennesimo sghignazzo sotto i baffi la rosa cedette, abbandonandosi ad una risata che risuonò in tutto il pianerottolo.
Uzumaki la fissò alterato, stringendo i pugni. E lui che si era addirittura premurato di comprarle quel mazzo di fiori che aveva deciso di recapitarle a casa Haruno quella sera stessa, dopo un bagno ed un pasto veloce, nonostante fosse spossato per la pesante missione appena portata a termine.
“Non c’è bisogno di ridere.” Sentenziò umiliato mentre, con un gesto poco garbato, la allontanava da sé. “Se non ti va di farlo puoi tranquillamente dirmi di no e tanti saluti!”
Le risa della rosa scemarono, lasciando che le labbra si tendessero in un sorriso.
Ba-ka.” Scandì attentamente, punzecchiando il petto di Naruto con il dito indice. “Punto primo: tu non sei un idiota; punto secondo: mi piacciono i casini che crei perché è bello risolverli insieme; punto terzo: tu sei a dir poco un ottimo ninja; punto quarto…”
Haruno lo pungolò con maggior violenza, quasi volesse forare la carne del ragazzo con la punta del proprio dito. “Ridevo solo perché ero felice. Se non te ne sei ancora accorto –cosa che reputo più che plausibile- è da tanto tempo che ho il desiderio di vivere con te. Pensavo te ne fossi già reso conto… secondo te per quale motivo mi davo tanto affanno a mostrarti che ero ben disposta a fare le pulizie a casa tua o cucinare per te?”
Il ragazzo si grattò imbarazzato una guancia, incassando il capo fra le spalle. “Spirito d’iniziativa?”
Sakura si portò entrambe le mani sui fianchi, alzando gli occhi al cielo.
Eh no, gli anni potevano passare, ma Uzumaki restava comunque lo stesso.
Lo ghermì per il collo del maglione, possessiva. “Zitto e baciami, scemo!”
Ma, a dirla tutta, era proprio questo che più le piaceva di lui.
 
 

“Hai finito qui?”
Sussultò, guardandosi attorno con cautela per ricollegarsi con l’ambiente circostante. Era seduta sul bordo di una vasca da bagno ed in mano teneva un doccia schiuma.
Dirimpetto a lei c’era Naruto, schiena appoggiata contro lo stipite della porta e braccia incrociate al petto, tipica posizione di chi è in attesa.
“Io… io…” Balbettò dunque, incerta. Si era talmente persa nei suoi ricordi da non riuscire nemmeno a terminare la sua mansione: sistemare i suoi effetti personali.
Uzumaki le si avvicinò sorridente, sedendole accanto e rubandole dalle mani il doccia schiuma che ripose immediatamente nell’armadietto bianco.
“Yo, Sakura!” Esclamò stupito dando una celere occhiata allo scatolone ancora pieno. “Ma è ancora zeppo di roba… come mai? Si può sapere che cosa hai fatto fino ad ora?”
“N-nulla…” Farfugliò Haruno, arrossendo imbarazzata. “Pensavo…”
 
 
 
 
Yes   +____+  sono vagamente esaltata… è la prima cosa che riesco a terminare dopo quasi otto mesi di blocco!
So che è lunga e che non è poi questo granchè, ma mi sento felice comunque   >////<  yaiii!
Se avete avuto la forza di arrivare sino a qui avete la mia più sincera gratitudine   TT___TT   vi ringrazio molto!
Questa categoria mi piace particolarmente, per cui spero di poter tornare presto a bazzicare in questa zona  +__+
Quindi a presto, forse! Chi lo sa?   XD
 
 
   
 
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