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Autore: Emmastory    27/08/2016    6 recensioni
La sfortuna della giovane Rain continua a perseguitarla. Sono passati due anni, e il regno di Aveiron è ancora in ginocchio, sotto la costante minaccia dei Ladri, persone assetate di ricchezza e potere, che faranno di tutto per ottenere il completo controllo del regno. Alla ricerca di salvezza, Rain è fuggita verso il villaggio di Ascantha alla ricerca dei suoi genitori, e nonostante i contrasti avuti con loro, è ora fiduciosa e pronta. Sa bene di dover agire, e di non essere sola. I nostri protagonisti si trovano quindi catapultati in una nuova e pericolosa avventura, costretti a far del loro meglio per fronteggiare il pericolo. Si assiste quindi alla nascita di amicizie, amori, gioie, dolori e tradimenti, ma soprattutto, e cosa ancor peggiore, oscure minacce provenienti da voci sconosciute. A quanto sembra, il regno nasconde molti segreti, e toccherà alla nostra Rain e al suo amato Stefan risolverli dando fondo ad ogni grammo di forza presente nei loro corpi. Nelle fredde e buie notti, l'amore che li lega è la loro guida, ma nessuno sa cosa potrà accadere. In ogni caso, bentornati nel regno. "Seguito di: "Le cronache di Aveiron: Segreti nel regno)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-III-mod
 
Capitolo XVII

Con occhi di bambina

Secondo giorno. La ricerca di Alisia continuava, e camminando, fissavo il terreno nella forse vana speranza di trovare le impronte delle scarpe che portava impresse sul selciato. Piano astuto, ma tristemente fallimentare. Ad ogni modo, il sole era già alto, e splendendo, ci salutava, cordiale e luminoso. I potenti raggi mi scaldavano la pelle, e la gentile brezza mattutina mi scostava i capelli dal viso. Come sempre, li tenevo sciolti e liberi di ondeggiare nel vento, salvo allontanarli poi dal volto con sporadici gesti delle mani. Era mattina, e avevamo dormito all’addiaccio fra l’erba del bosco, purtroppo senza una coperta che potesse scaldarci o proteggerci da eventuali intemperie. Per pura fortuna, la sorte ha oggi deciso di sorriderci, e data la presenza del sole in cielo, la pioggia sembra volerci offrire qualche attimo di tregua. Ci siamo svegliati da poco, e una volta in piedi, abbiamo dato nuovamente inizio alle ricerche. Preoccupata, affidavo al vento il nome di mia sorella, non sentendo che i fischi e gli ululati dello stesso in risposta. Seppur lentamente, il tempo scorreva, e stremata, mi sedetti sull’erba, decisa a fare una pausa. Notando la mia stanchezza, Stefan scelse di imitarmi, ma ciò non valse per nostra figlia Terra, che avendo viaggiato per la quasi totalità del tempo fra le mie braccia, o sulle possenti spalle del padre, non dimostrava affatto di essere stanca. Difatti, attiva e giocosa come sempre, correva felice ridendo e tentando di catturare alcune piccole e colorate farfalle, che puntualmente, le sfuggivano di mano volando via alla sua sola vista. Guardandola da lontano, sorridevo mostrandomi gioiosa a mia volta, e guardando Stefan, non riuscii a tenere a freno la lingua, rendendomi quindi capace di pronunciare una frase di cui mi pentii appena un attimo dopo. “Guarda com’è felice, potremmo restare qui per sempre.” Dissi, con sguardo sognante e tono di voce calmo e rilassato. “Dimentichi la nostra missione.” Replicò lui, quasi redarguendomi e riportandomi alla realtà. “Hai ragione, ma per ora lasciamola giocare.” Continuai, supplicandolo di dare alla bambina modo di distrarsi e scaricare l’energia accumulata con il sonno. “Va bene.” Rispose, abbandonandosi ad un ozioso sospiro e lasciandomi intendere di essersi palesemente arreso. “Grazie.” Sussurrai, avvicinandomi a lui e soffiandogli un piccolo bacio sulla guancia. Lo stesso, avrebbe dovuto essere un modo come un altro per dimostrare la mia gratitudine, ma da ciò che vidi, venne recepito in maniera completamente differente, che in ogni caso non disdegnai minimamente. Stringendomi nuovamente la mano, Stefan si avvicinò abbastanza da riuscire a carezzarmi la schiena, e non volendo rovinare quel momento, lo lasciai agire come ogni medicina. Ad ogni modo, mi ritrovai presto priva del mio equilibrio, e ridendo di gusto, rotolai fra l’erba. “Smettila.” Pregai, non riuscendo a trattenere una risata. “Sai che non posso.” Fu la sua risposta, che scatenando in me una reazione incredibilmente positiva, mi portò ad accettare un secondo e casto bacio, stavolta sulle labbra. Rispondendo a quella manifestazione d’affetto, lo baciai a mia volta, e riuscendo miracolosamente a ritrovare la mia naturale compostezza, sentii la voce di Terra. “Mamma! Papà! Aiuto!” ci chiamava, sperando in un nostro tempestivo avvicinamento. “Terra! Dove sei?” chiesi, gridando il suo nome e pregando che non fosse lontana e riuscisse a sentirmi. “Sono qui!” rispose, non riuscendo ad evitare che la sua angelica voce venisse spezzata dal pianto. Di lì a poco, un suono indistinto, e un suo secondo urlo. Correndo fra l’erba, chiamai nuovamente il suo nome, e proprio in quell’istante, la vidi. Aveva il piede incastrato nella radice di un albero, e il tentativo di liberarsi non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. In quel momento, tutto mi fu chiaro. Era bloccata, ed io dovevo liberarla. “Prendimi la mano.” La pregai, tendendogliela perché potesse afferrarla. Spaventata, la bimba ci provava, ma senza successo. Non riusciva infatti ad avanzare, e piangendo, mi chiedeva aiuto. Intanto, quel suono continuava a farsi sentire, diventando progressivamente sempre più forte e minaccioso, ma improvvisamente, eccolo. Un aiuto dal cielo, un vero colpo di fortuna. Sotto gli sforzi della mia piccola, la radice cedette, e spezzandosi, consentì a mia figlia di tornare da me. Abbracciandola, la rassicurai parlandole in modo gentile, e nell’esatto momento in cui credemmo che il peggio fosse passato, davanti a noi si parò un grosso lupo. Fermo e immobile, ci fissava, e ringhiando sommessamente, sembrava avere tutta l’intenzione di attaccarci. Tentando di proteggerci entrambe, Stefan pensò in fretta, e lanciando un appuntito ramo verso quel grosso animale, riuscì a ferirlo. Non contenta, la bestia provò ad avvicinarsi, e un semplice gioco di sguardi seguì quell’istante. Da quel momento in poi, solo silenzio. Non osavamo muoverci, temendo che quella belva potesse farci del male, ma sapevamo comunque di dover fuggire, o perlomeno, provare ad allontanarci. “Il mio zaino!” esclamai, ricordando solo allora di averlo portato con me e averci nascosto delle provviste oltre al pugnale ricevuto in dono da mia madre. Non proferendo parola, Stefan annuì, e afferrandolo, lo lanciò verso quel grosso e famelico lupo, che annusando l’aria e il terreno, riuscì a scoprirne il contenuto, tirandone fuori solo il cibo. Poco dopo, soddisfatto del pasto, l’animale si allontanò, perdendo completamente l’interesse che aveva per noi e lasciandoci definitivamente in pace. Non appena se ne fu andato, mi portai istintivamente la mano al petto, constatando l’accelerazione del mio battito cardiaco. L’intera faccenda mi aveva terrorizzata, e ritrovando la calma, mi fermai a ragionare. Ad occhi chiusi, pensai, ricordando solo in quel momento, dei frammenti della mia infanzia. Riaprendo gli occhi, afferrai energicamente il polso di Stefan, spingendolo a seguirmi. “Avevi ragione, non può essere lontana.” Dichiarai, lanciandomi in una quasi folle corsa verso l’ignoto, che ero sicura mi avesse portato da Alisia. Stando a quanto avevo ricordato, lei amava la natura e gli animali, e non avrebbe mai, in nessuna occasione, rifiutato o disdegnato una passeggiata nei boschi o nella natura in genere, così da permettere a sé stessa di calmarsi e riordinare le idee. Fiduciosa, avevo ricominciato a camminare, più pronta e sicura di quanto non fossi mai stata. Eravamo finalmente sulla pista giusta, e secondo Stefan, era tutto merito mio, poiché ero riuscita a guardare il mondo circostante con occhi di bambina.
   
 
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