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Autore: KomadoriZ71    28/08/2016    5 recensioni
Ehilà, Xavier torna a scrivere a tema Pokémon, dopo una lunghissima pausa. Questa storia, in realtà, la scrissi nel Marzo del 2015, me la dimenticai e l'ho ritrovata pochi giorni fa, per cui ho deciso finalmente di postarla.
Tratta del rapporto tra Cyrus e Lucinda, di un inaspettato incontro tra i due, in un eventuale post-game di Pokèmon D/P, qualche anno dopo gli eventi del gioco.
Sebbene non ricordi quali fossero le mie intenzioni su questa storia, ho deciso di pubblicare comunque il primo capitolo e, non appena avrò ispirazione e ricorderò ciò che volevo fare, mi metterò a continuarla. Spero possa esser di vostro gradimento e buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cyrus, Lucinda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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cold man 1

Prima di iniziare. . . 


Salve lettore o lettrice, prima di iniziare a leggere questa storia, ho alcune premesse da fare.
Innanzitutto grazie per averla aperta, ora è mia premura specificare qualcosa riguardo i contenuti, dato che non tutti hanno lo zelo di leggersi i vari tag relativi.
Come ho già inserito sopra, il genere è "introspettivo, malinconico, triste", il che significa che i capitoli qui a seguire saranno molto, beh, "pesanti", lenti, dal momento che descriveranno essenzialmente i soliloqui in prima persona del personaggio di Cyrus, il boss del Team Galassia, in preda a profonde riflessioni circa il suo caotico  passato, la sua successiva evoluzione interiore e il mutamento della concezione che ha di Lucinda, la ragazzina che ha fermato i suoi piani sulla Vetta Lancia concedendogli una seconda chance.
 Potranno risultare noiosi, soprattutto i primi capitoli, dunque se siete alla ricerca di una storia avventurosa e piena d'azione… questa è la storia sbagliata, potete andarvi a leggere la (sempre nostra) "Renzoku-tekina", se proprio volete, è davvero carina d'altronde, neh! * poca modestia *
Ultima cosa, ma non meno importante: tra Cyrus e Lucinda NON VI È ASSOLUTAMENTE una relazione di tipo romantico het (ma d'altronde l'ho scritto sopra, "tipo di coppia: nessuna"), ma voglio evitarmi ulteriori fraintendimenti.

Credo di aver detto tutto, dunque buona lettura, se deciderai di proseguire!


Xavier







Anamnesi


v





Noia.
C'è qualcosa peggiore della noia? No, il tedio è la frustrazione più disabilitante caratteristica della specie umana. Facciamo di tutto per non annoiarci, ci troviamo degli interessi, ci divertiamo, stringiamo amicizie, intraprendiamo una carriera o un lavoro, mettiamo su famiglia, lottiamo coi nostri Pokémon, creiamo le guerre… e potrei andare avanti all'infinito a furia di fornire esempi. Ma tutti questi esempi non sono fini a se stessi, sono praticamente i principi su cui si basa la nostra intera esistenza, la nostra vita e la nostra dignità.

Ora, provate ad immaginare l'assenza di tutte queste cose, positive o negative che siano, e di ritrovarvi, un giorno, senza pensieri, privi di qualsiasi occupazione mentale, privati di ogni cosa materiale che possa procurarvi diletto. Terribile.
Vi ritrovereste a combattere coi vostri demoni interiori, con le vostre paure, con la vostra stessa coscienza, e finireste con l'impazzire, annegando nel mare di solitudine e disperazione che ribolle quieto e minaccioso negli abissi dei vostri cuori, pronto a riemergere e dilaniare ogni brandello della vostra anima coi suoi artigli tenebrosi e le sue fauci forgiate nell'angoscia, non appena vi sarete ritrovati soli, abbandonati a voi stessi.

Mi sento incredibilmente stupido a pensare che io, in questo baratro opprimente e fatale, mi ci stavo buttando con le mie stesse mani. Volevo ricreare un nuovo mondo e orbarlo da ogni sorta di sentimento ed emozione, illuso com'ero, di poter in tal modo porre fine ad ogni conflitto e di poter vivere sereno, lontano da tutte quelle orribili persone che mi hanno ferito senza scrupolo e che perseverano nella loro funesta opera, noncuranti delle sofferenze che inoculano nelle loro vittime prescelte. Ma quella serenità che mi prefiggevo sarebbe durata appena per quei pochi istanti di furore che mi avrebbero pervaso alla vista del nuovo universo, e poi più nulla: silenzio, buio, smarrimento, oblio, terrore, disperazione, morte.
Questo inquietante climax di sgomento sarebbe stato l'imminente realtà, e a quel punto sarebbe davvero stata la fine.


Da sciocco ambizioso qual ero, commisi un piccolo, semplice, ma letale errore: credere che la paura fosse al pari di un'emozione, come la gioia o la tristezza. Mi sbagliavo, la paura è qualcosa di molto, molto più cupo e profondo, qualcosa che va ben oltre i banali sentimenti fugaci e illusori nei quali ci lasciamo passivamente cullare ogni giorno e che possiamo in una certa misura calibrare col giusto ausilio della pura ragione. La paura, quindi, sarebbe stata un innesto fisico e concreto conficcato come una spada adamantina nel mio impenetrabile animo di pietra, duro, freddo, ma al tempo stesso irrimediabilmente fragile.. E una volta apertasi una breccia, tutta la struttura sarebbe crollata su se stessa, sgretolandosi in miriadi di frammenti, seppellendomi, una volta per tutte.
Non lo ammetterò mai a me stesso, mai a nessuno, che a salvarmi sia stata una ragazzina di appena dieci anni. A salvare me, a salvare tutte le persone, i Pokémon…


Avevo impunemente dato la colpa a Martes e Giovia per gli insuccessi all'Impianto Turbine e ad Evopoli, ero arrabbiato con loro per aver sottovalutato un oppositore qualsiasi, veterano o immaturo che fosse. "Ma capo, aveva solo dieci anni! Noi non sapevamo, noi non volevamo, noi non potevamo, noi non pensavamo..." e mille altre scuse che mi parevano tanto assurde quanto irritanti. Che giustificazione era quella? Ridicolo, assolutamente ridicolo.
Quella creatura così gracile ed innocente la incontrai per la prima volta al Monte Corona, quando ancora la mia utopia era agli albori e il suo Empoleon nientemeno che un pulcino che sbucava dal cesto della sua bici. E lei mi guardava coi suoi occhi grandi e vivaci, profondi e cristallini come il fondo del Lago Valore,colmi di curiosità, mentre le esplicavo i miei ideali di perfezione. Ero quasi infastidito, in soggezione, sentendomeli addosso; perché mi stava ascoltando con un certo interesse e… ammirazione, forse? cccNon capiva neppure una parola di quello che stavo dicendo, probabilmente, ma il suo sguardo lasciava intendere che ci saremmo rivisti ancora e che i nostri futuri incontri non sarebbero stati fugaci ed effimeri come gocce di rugiada distese sul manto erboso al primo mattino. Lucinda, sì, la piccola e meravigliosa promessa del palcoscenico delle competizioni Pokémon, giovanissima e con un sogno da realizzare, deviò la sua rotta per seguire ogni mio misfatto, sventare ogni mio complotto, difendere ogni mia vittima, raggiungermi. E ce la faceva, sempre, spazzava via come niente intere squadriglie di reclute perfettamente organizzate, comandanti compresi, arrivava al mio cospetto e mi puntava con un indecifrabile atteggiamento d'ingenuo orgoglio, capriccioso e ricalcitrante, quasi mi avesse fatto un semplice dispetto a mandare a rotoli i miei piani. Non riuscivo neppure ad arrabbiarmi con lei, la sconfitta mi bruciava dentro, ma quel grazioso visino e la sua tenera età riuscivano a farmi chiudere un occhio, e mi ripromettevo ogni volta che quella sarebbe stata l'ultima grazia concessa. Non mi sfiorò mai neppure per un istante l'idea di farla entrare nel mio team, data la sua bravura innata nei combattimenti, poiché era fin troppo bambina e mi rendevo inconsciamente conto che il suo destino era ben diverso da quello di sottufficiale alle mie dipendenze, la sua indole brada e ribelle non avrebbe mai accettato quegli ordini infami che sarebbero inevitabilmente andati in contrasto coi suoi ideali liliali e puri da fanciulla qual era. Doveva restare libera, non avevo in alcun modo il diritto d'intorbidire un'anima così candida e limpida coi miei vagheggiamenti chimerici insozzati e anneriti dalla lurida pece del mio passato e delle mie esperienze, che ancora stingeva e macchiava il mio presente.
Quell'innocuo fiocco di neve sospinto dalla brezza dell'avventura, come usavo definirla per acquietare le preoccupazioni di tutti i membri, nonché di me stesso, s'era trascinato ben oltre le mie aspettative, giungendo addirittura alle porte di Rupepoli, dove avevo installato il mio quartier generale e fatto costruire un enorme grattacielo nel quale decisi di stanziarmi stabilmente coi miei Pokémon per trovare un po' di pace, dopo tutti quegli eventi e il fallimento. Nei laboratori sotterranei si stava procedendo all'estrazione dei cristalli da Azelf, Mesprit e Uxie che avevo precedentemente fatto prigionieri, quando eccola lì, la paladina della giustizia guidata dall'amore, che arrivò da me col pretesto di liberarli. Non ne capivo il motivo, ma quella volta c'era qualcosa di diverso nel suo modo di porsi, era furibonda e mi si rivolse con un aspro tono di rimprovero, alzandomi contro la voce, ma senza mancarmi di rispetto. Provava compassione verso quei tre Pokémon ancora legati ai rispettivi macchinari. Già, compassione, una di quelle cose che non capirò mai, il più ipocrita e inutile dei sentimenti… Ma compassione per cosa, esattamente? Per la loro sofferenza? Ah, se dovessimo provare tutti compassione per ogni essere, umano o Pokémon, che soffre in silenzio all'ombra del proprio carnefice, sarebbe davvero la fine. Accettatelo, una buona volta per tutte, che il dolore fa parte delle vostre stesse insulse vite, e che la colpa è solo vostra, deboli inetti, che vi fate dominare dalle vostre scialbe e insignificanti emozioni, consegnandovi sul piatto d'argento nelle mani dei vostri boia. A nessuno importa di voi, nessun falso sorriso verrà a tendervi la mano quando ne avrete bisogno, e quei pochi ai quali importerà di voi lo faranno solo per proprio tornaconto. L'altruismo, il filantropismo e la fratellanza sono soltanto valori astratti, non esistono e non trovano riscontro nel mondo reale, laddove vige la legge del più forte, ed esser forti significa imporre un ferreo dominio sui propri sentimenti, forza è sinonimo di atarassia, così come debolezza lo è di sensibilità.
Avevo voglia di testarla, la sua forza, con una lotta Pokémon nei corridoi limitrofi al laboratorio; avevo atteso per tanto tempo un'occasione simile e sarebbe stato un peccato sprecarla. Quella minuta nana bianca che brillava di luce propria in un punto sperduto dell'universo ben presto esplose in un'inaspettata supernova, d'un fulgore talmente incandescente e abbagliante da accecare quella che reputavo l'irrefragabile e suprema luminosità del mio "sole". Piplup si era evoluto e non pareva più insicuro e indifeso come la prima volta, mise in difficoltà Sneasel con un acquagetto e lo finì con un ferrartigli ben piazzato. Il suo Pachirisu, dulcis in fundo, non ebbe grossi problemi a fulminare Golbat e Murkrow, e così mi ritrovai senza più Pokémon utili.
Ad ogni modo, il lavoro con i tre guardiani era terminato, non mi servivano più, ergo le indicai il tasto che avrebbe dovuto premere per disattivare i sistemi di sicurezza dei dispositivi che li mantenevano segregati. "Sicura di volerlo fare? Sei un'allenatrice e per quello che posso vedere hai anche un Pokédex. Potresti cogliere l'occasione al volo e catturarli senza problemi. Liberissima di scegliere". Quello che avevo detto la fece imbronciare ancor di più, sebbene fossi stato gentile a proporle una tale offerta senza nulla in cambio, ma mi aspettavo che almeno dopo ciò mi lasciasse in pace.

"Sei cattivo Cyrus, non puoi comportarti così con loro tre! E se fossero stati i tuoi Pokémon? Li avresti trattati allo stesso modo?"
"Forse non comprendi, e non te ne faccio una colpa visto la tua tenera età, che i Pokémon sono soltanto delle macchine da cui ricavare energia e potenza esclusivamente per i nostri bisogni. Non mi sono risparmiato neppure coi miei, eppure ho perso. Perché? Qual è il tuo segreto quindi? Da dove lo trai tutto quel potenziale?" Strinse i pugnetti e gonfiò le guance alle mie parole, la sua voce tremolava in un misto di dispiacere e rabbia e mi pigolò contro.
"Come fai a dire queste cattiverie? Loro ti amano e hanno lottato solo per te! Io amo i miei ed è per questo che superano loro stessi sul campo di battaglia". Tutte le cose che uscivano dalla sua bocca mi parevano bislacche bazzecole talmente fasulle che credetti mi stesse prendendo in giro per celare il vero segreto di tanto furore. E continuava, e continuava… " da quant'è che non spazzoli il pelo del tuo Sneasel? E le penne di Murkrow? Sono tutte arruffate! Dovresti coccolare di più Golbat, solo così riuscirai a farlo evolvere. Promettimi che te ne prenderai più cura, da oggi in poi…"

Quella sera, proprio nel bel mezzo di questa anamnesi degli eventi passati, udii qualcuno che bussava insistentemente alla porta del mio ufficio privato posto sull'ultimo piano del grattacielo di Rupepoli, ex quartier generale del Team Galassia. Ormai vivevo lì appunto e quel posto era diventato un centro di ricerca scientifica all'avanguardia, avevo fatto assumere nuovo personale qualificato, avevo fatto anche ristrutturare i laboratori e acquistato altre apparecchiature per l'osservazione e lo studio dello spazio e delle meteore. Comunque, mi irritai e non poco per quel modo impertinente di battere alla mia porta, chi mai poteva essere? Non di certo i miei comandanti inferiori, mi conoscono bene e sanno che ci sono modi più ortodossi per venirmi ad informare sulle novità che scoprono giorno dopo giorno. Mi alzai dalla scrivania e Weavile, svegliatosi per il rumore, mi seguì innervosito fino all'uscio d'ingresso, laddove mi fermai per chiedere chi fosse mai a disturbare a quell'orario.
"Avanti Cyrus, apri! Devo dirti una cosa bellissima! Non farmi aspettare qui fuori!"

Riconobbi subito quella vivace voce di ragazzina e la mia mano rimase lì congelata sulla maniglia, mentre Weavile cercava il mio sguardo, anche lui insicuro sul da farsi. Era passato molto tempo dall'ultima volta…


   
 
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