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Autore: The_Grace_of_Undomiel    28/08/2016    2 recensioni
"Nei secoli passati, nella terra di Erendithum non prosperava la pace, ma era soggetta a guerre continue. I Regni più in contrasto in assoluto erano Il Regno dei Desideria e il Regno dei Mildriend, chioma rossa. Per molto tempo tra queste due popolazioni ci fu furono guerre e battaglie sanguinose, fino a quando non si giunse ad una faticosa pace, suggellata dal matrimonio del principe Desideria, Dawmanos e la principessa Mildriend, Fhanys. Purtroppo, questa pace non fu destinata a durare a lungo. Infatti una nuova minaccia sorse dal Regno degli Alkres, che tentò di usurpare il Regno dei Desideria e dei Mildriend, per ottenere la supremazia massima. Ma dopo una guerra lunga e violenta, il Regno degli Alkres fu sconfitto e confinato in una dimensione a noi sconosciuta per opera della Maga Ailenia. Sventata anche questa minaccia, si visse nuovamente in pace e armonia. Alla tragica e misteriosa morte dei due sovrani, salirono al trono il fratello del Re, Moron, e la sua consorte, Alidiana. In seguito a ciò, si scatenò nuovamente un conflitto con i Mildriend, popolo divenuto ribelle e pericoloso. La popolazione venne a lungo perseguitata fino a quando la razza dei Mildriend non scomparve"
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Presente e passato

Un pezzo di legno, due piccole statuette a forma di dama a cui una mancava il braccio sinistro e all’altra il destro, tre frammenti di vetro lucente, un piatto scheggiato. Tutto scivolava nella sacca malridotta e rattoppata di Rhiin, che rapida si spostava da una parte all’altra della torretta in cerca di oggetti. Nulla sfuggiva al suo occhio attento, qualsiasi cosa sembrasse appetibile veniva captato, afferrato e fatto sparire nella sacca.
Astril osservava con interesse i movimenti veloci della ragazzina, come se dinanzi avesse avuto una qualche creatura mistica.
Un mese era passato dal loro primo incontro e da quel giorno Rhiin si era sempre presentata nella torre, pronta a fare piazza pulita di tutti gli oggettini possibili.
Astril l’attendeva, in piedi e sorridente. Giungeva lì con almeno un quarto d’ora d’anticipo e aspettava con impazienza che la chioma viola della ragazzina sbucasse finalmente dal davanzale del finestrone. Prima i capelli, poi un paio di occhi azzurro pallido e infine l’intero viso, arrossato per lo sforzo dell’arrampicata e aggrottato in un’espressione determinata. Una volta salita saltava nella torre con un energico balzo, assumeva un sorriso furbesco come a complimentarsi con se stessa, lanciava un breve sguardo di sufficienza ad Astril, la ignorava per il resto del tempo, prendeva tutto ciò che riusciva a trasportare e poi se ne andava.
La sequenza si era ripetuta per i primi dieci giorni, finché all’undicesimo si era finalmente rivolta alla principessa di sua spontanea volontà, domandandole se non temesse che il re o la regina potessero scoprirla. Gli occhi di Astril si erano illuminati –dopo giorni passati praticamente a chiacchierare da sola dato che Rhiin non la considerava, le aveva parlato!- e aveva risposto che in quel periodo i sovrani erano estremamente impegnati e che nessuno si sarebbe accorto della sua assenza. Anzi, più si defilava e meglio era.
Dopo quel giorno Rhiin si era fatta progressivamente più loquace, anche se il suo atteggiamento era piuttosto arrogante e non mancava di rispondere saccentemente o di indirizzarle occhiate di sufficienza, accompagnate da sorrisetti furbeschi dei quali Astril non coglieva il significato.
Tuttavia questo non le importava minimante. Rhiin conosceva tantissime storie e aneddoti e ogni giorno gliene raccontava uno diverso, facendola sorridere meravigliata. Spesso le sue storie erano divertenti e talvolta anche Rhiin ridacchiava, anche se non sapeva se fosse realmente divertita o se le piacesse più che altro prenderla in giro.
Rhiin era una finestra sul mondo esterno e la sua presenza le impediva di sentirsi sola. La paura della solitudine e la curiosità di conoscere sempre di più quella misteriosa ragazzina spingevano Astril a salire ogni giorno scale impolverate e a rintanarsi per almeno due ore in una torre calda e piena di ragnatele. Doveva scrollarsene tantissime di dosso prima di ritornare ai piani inferiori.
Dal ventesimo giorno la ragazzina aveva addirittura smesso di cercare continuamente oggetti. Dopo un po’ si sedeva a terra  e cominciava a parlare, dedicando tutta la sua attenzione alla principessina. O almeno quasi tutta, quando non era impegnata a osservare con cura ciò che aveva preso.
Un rumore di cocci in frantumi fece sobbalzare la principessa, strappandola dalle sue riflessioni. Rhiin aveva rigettato una tazzina da the nel mucchio di oggetti, probabilmente perché rotta. Agiva sempre così quando qualcosa non si rivelava come si era aspettata o non le piaceva: lo ributtava con noncuranza nella catasta, sbriciolandolo.
“A che punto sei con la raccolta di oggetti?” domandò Astril, giocherellando distrattamente con la gonna di un caldo arancio, orlata sul fondo da perline dorate.
“La sacca non pesa  troppo, perciò ci sta ancora qualche oggetto. Non mettermi fretta” la liquidò senza neppure voltarsi.
“Oggi mi piacerebbe ascoltare una storia avventurosa” proseguì Astril come se nulla fosse. Ormai aveva imparato a non soffermarsi troppo sulle rispostine piccate di Rhiin e a non prendere molto sul serio le frecciate che le indirizzava di tanto in tanto.
“Ti racconto ogni volta aneddoti avventurosi, anche perché conosco solo quelli” sollevò gli occhi.
“Allora vorrei nello specifico le avventure di Hateria. Eravamo arrivate al punto in cui la bambina era quasi giunta alle porte della città”
Astril adorava quella storia. Narrava di una ragazzina che, dopo aver perduto entrambi i genitori, veniva adottata da una famiglia egoista e sprezzante, per nulla amorevole nei suoi confronti e pronta a sfruttarla per qualsiasi lavoretto. Un giorno però Hateria aveva deciso di ribellarsi a quel trattamento ed era scappata in piena notte, alla ricerca di una vita migliore. Aveva attraversato ben due Regni, sopravvivendo a tantissime avventure, e ora aveva quasi raggiunto la sua meta.
La principessa era ansiosa di conoscere il seguito.
“Non ricordo, da quando avrei assunto il ruolo di tuo cantastorie personale?” domandò retoricamente Rhiin.
“Non dire così, tanto lo so che ti piace raccontare!” esclamò Astril. Rhiin assumeva spesso un portamento orgoglioso, arricchendo il racconto con espressioni e gesticolando vivacemente, tutto al fine di impressionare la sua ascoltatrice.
“Oggi non ho tempo di raccontarti una storia. Finisco di raccogliere quello che mi serve e poi me ne vado, ma dalla prossima volta non tornerò più. Gli oggetti interessanti stanno esaurendo e tu sei noiosa”
“Lo dici continuamente, ma poi torni sempre!” replicò con un sorrisetto vittorioso. Era la verità, ogni giorno Rhiin le diceva che quello sarebbe stato un addio, eppure, dopo un mese, era ancora lì, a raccontarle storie e a “prendere in prestito” gli oggetti rotti.
Il sorriso di Astril tuttavia scomparve quando la ragazzina richiuse la sacca e se la mise in spalle, avvicinandosi al finestrone senza degnarla di uno sguardo. Un nodo pesante e metallico serrò la gola di Astril, mentre gli occhi lucidi osservavano la figura di spalle dell’altra, l’espressione ansiosa e smarrita. Tentò di iniziare una balbettante richiesta di spiegazioni, ma Rhiin la interruppe prima che potesse proferir parola.
“Stavo dicendo che oggi non ho intenzione di raccontarti una storia, poiché in realtà avrei in mente un’idea diversa” prese una pausa, come se proseguire le costasse enorme fatica e, in un certo senso, la irritasse. Astril non rispose, il fiato trattenuto nei polmoni in attesa che Rhiin riprendesse il discorso.
“Devo esser del tutto impazzita per proporti una cosa del genere, comunque sia, che mi risponderesti se ti chiedessi di venire a visitare la mia casa?”
Passarono alcuni istanti di silenzio. Astril sbatté un paio di volte le palpebre, non certa di aver capito bene, poi le sue labbra si aprirono in un enorme sorriso stupefatto, gli occhi ricolmi di gioia e di aspettativa.
“Stai dicendo...stai dicendo sul serio?”
Rhiin annuì, il viso voltato verso sinistra contratto in una sorta di broncio imbarazzato.
“Vuoi davvero che venga a casa tua!?”
“È quello che ho appena detto. Allora? Ti piace l’idea oppure no?”
“Assolutamente sì, mi piace tantissimo!” si affrettò a rispondere trillante di contentezza “Credi sia possibile?”
“Se non fosse fattibile pensi che te l’avrei proposto? Abbiamo tutto il tempo che ci occorre per agire con calma, sarai di nuovo al castello prima del tramonto senza che nessuno possa accorgersi di nulla. La riuscita del piano dipenderà soprattutto da te, perciò cerca di collaborare e di non combinare disastri”
Astril non si era mai sentita tanto emozionata, e anche un po’ intimorita, come in quel momento. Accettare la proposta di Rhiin non avrebbe comportato semplicemente visitare la sua casa, che già rappresentava un’ottima prospettiva, ma significava anche uscire per la prima volta dalle mura del castello e camminare per le strade di Desponia! Una piccola parte di lei era impensierita e si sentiva a disagio all’idea di infrangere le regole che le erano state imposte, ma la curiosità e l’esaltazione erano troppo vivide per poter rinunciare e le offuscavano persino la paura. Inoltre sapeva che in compagnia di Rhiin non avrebbe avuto nulla da temere. La ragazzina era furba e scaltra, avrebbe protetto entrambe e l’avrebbe guidata con sicurezza per le vie della capitale.
“Ubbidirò a tutto ciò che mi dirai” affermò decisa la bambina “Da dove passiamo per uscire dal castello?”
“Dalla finestra, mi pare ovvio”
Fu così che tutta la sicurezza di Astril  si spense come una fiamma a un soffio di vento. Con timore crescente osservò il finestrone, il cui davanzale la superava non di poco. Avrebbe dovuto arrampicarsi sin lì e poi… scendere lungo la torre!? Il suo piccolo corpicino prese a tremare, cosa che non sfuggì a Rhiin.
“Credevi forse che avremmo usato la porta principale? Quella è l’unica via se vogliamo sperare di passare del tutto inosservate. Non hai nulla di cui aver paura, questa è la torre più bassa dell’intero castello, è ricca di sporgenze a cui aggrapparsi e se dovessi cadere il massimo che potrebbe capitarti sarebbe quello di farti un tuffo in acqua. Da qui non sgorgano nemmeno le cascate, perciò sarà una passeggiata”
Astril non rispose, ferma alla parte in cui cadeva in acqua.
“Non...non posso riuscire in un’impresa del genere! Non sono capace, non mi sono mai arrampicata da nessuna parte! Cadrò e mi spiaccicherò, di me resterà solo un mucchietto di ossa!” piagnucolò con voce liquida.
“Piantala con queste scene, non ti sopporto quando fai così” la rimbrottò innervosita “Se continui guarda che ti colpisco” la minacciò, posizionando il pollice e l’indice vicino alla fronte di Astril, come la volta del loro primo incontro, quando era stata scambiata per un maschio.
L’altra si schermì istintivamente con le mani, tirando su col naso. Rhiin metteva sempre tanta forza nelle dita e quella mossa la lasciava dolorante diversi minuti quando si decideva a usarla. Ricacciò indietro le lacrime.
“Bene, ti sei decisa a calmarti. Ti assicuro che non è difficile come sembra. Un passo per volta e l’avrai superata in un lampo, senza contare che ci sarò io a darti una mano, non ti lascerò cadere”
Queste parole la tranquillizzarono un poco. Era vero, finché ci fosse stata Rhiin non avrebbe avuto nulla da temere.
“Però...non posso arrampicarmi con questo vestito” stropicciò nervosamente la stoffa della gonna fra le mani.
Rhiin si strinse nelle spalle “Allora spogliati”
Astril si congelò sul posto, prima che sul suo viso cominciasse a diffondersi un notevole rossore.
“Come?” balbettò.
“Toglitelo. Sono sicura che sotto quel vestito ingombrante tu abbia una sottoveste o qualcosa del genere, tutte le dame ricche la portano sotto” affermò con convinzione.
“Sì, anche io la indosso. Però...”
“Però cosa?”
La principessa abbassò lo sguardo.
“Ti imbarazza?” inarcò un sopracciglio. Astril annuì a disagio.
“Ma sei hai appena detto che porti una sottoveste! Sarà come avere un vestito ma molto più pratico e leggero. Non capisco perché voi reali dobbiate indossare vestiti così scomodi. E poi non c’è nulla di cui vergognarsi, siamo entrambe femmine. Perché io sono una femmina, ti ricordo” sottolineò stizzita.
Astril ci pensò su ancora un attimo, poi si decise a sfilarsi l’abito. Sotto indossava una veste bianca e leggera, che le giungeva appena sopra le ginocchia. Effettivamente si sentiva molto più comoda e soprattutto meno accaldata.
“Grazie agli dei, finalmente” roteò gli occhi Rhiin. Si arrampicò sul davanzale e aiutò Astril a fare lo stesso. La bambina gettò un’occhiata in basso e subito dopo si aggrappò all’altra con tutta la forza di cui disponeva. Rhiin si trattenne dallo spintonarla via giusto perché si trovavano in piedi a un passo dal vuoto.
Sarebbe stata una lunga discesa.
 
 
Il sole risplendeva caldo e luminoso sulle vie della capitale, accarezzando lussuosi palazzi, edifici modesti e sfiorando le vesti dei cittadini. Proseguendo dal castello verso il centro di Desponia, Astril aveva visto ogni genere di individuo: dame abbigliate con abiti semplici ma raffinati intente nella loro passeggiata quotidiana, giovani impegnati in discussioni, cittadini comuni che frenetici svolgevano le loro occupazioni e mendicanti appoggiati contro i muri degli edifici. Aveva adocchiato anche diversi soldati Desideria, che nelle loro armature lucenti pattugliavano le strade con sguardo attento e un cipiglio annoiato sul viso.
Il loro occhio tuttavia non poteva captare i movimenti silenziosi delle due piccole figure, che come ombre si nascondevano fra la folla. Rhiin avanzava leggera e rapida, passando fra gli spirali delle case e scivolando dietro le persone senza mai un attimo di esitazione. Astril arrancava poco più indietro, impegnata a imitare ogni sua mossa.
Ancora non riusciva a credere di trovarsi davvero per le vie di Desponia, fuori dal castello! Il cuore le palpitava forsennato nel petto sia per l’emozione sia per il timore e l’adrenalina che le veniva trasmessa dall’idea di star facendo qualcosa di sbagliato e di proibito.
Scendere dalla torre era stata un’impresa ardua. Per i primi attimi era stata totalmente pervasa dal panico e Rhiin aveva dovuto impiegare tutta la sua pazienza, che era ben poca, per tranquillizzarla. Astril aveva ritrovato la calma, ma la sua proverbiale goffaggine le aveva impedito di seguire come si conveniva le indicazioni della ragazzina. Alla fine Rhiin si era praticamente occupata di entrambe e Astril aveva dovuto fare il minimo indispensabile, giusto mantenere l’equilibrio ed evitare di cadere. Una volta giunte a terra la Veìdlin non aveva mancato di commentare irritata sulla sua mancanza di agilità e Astril aveva incassato dispiaciuta.
In ogni modo, tutte le novità a cui stava assistendo ripagavano appieno la paura e la ramanzina.
Rhiin le fece un rapido gesto e le due svoltarono un angolo, addentrandosi in un vicolo ombroso. Quella doveva esser la zona più fatiscente di Desponia, come suggerito dalle mura sporche e crepate.
Camminarono ancora per un po’, sino a quando Rhiin non si fermò di fronte a una botola rettangolare di legno, appoggiata contro il muro. Si guardò attorno dopodiché la sollevò, rivelando un passaggio buio che emanava odore di chiuso. Dal basso sporgeva un gancio di ferro a cui era legata una corda.
La principessa scese per prima e subito dopo Rhiin, che richiuse la botola.
Astril toccò terra quasi subito e rimase immobile, l’oscurità che le impediva di vedere l’ambiente circostante. Udì i passi di Rhiin e il rumore di qualcosa che veniva spostato, prima che la luce illuminasse la stanza, abbagliandola per un istante. La fonte era un’enorme sfera soffice e dorata che fluttuava al centro dello spazio, proprio sopra la testa di Rhiin, in attesa di qualche commento.
Astril però aveva perso la parola. La stanza era piena zeppa di oggetti di ogni genere, perlopiù vecchi o rovinati, tra i quali riconobbe alcuni della sua torre. Vi era anche una piccola libreria mezza rotta- non aveva idea di come Rhiin fosse riuscita a portarcela- qualche libro, un tavolino e sul fondo un giaciglio.
“Allora?” la richiamò l’altra, indispettita per il suo silenzio “Che te ne pare?”
“È…a dir poco incredibile!” esclamò Astril, che non riusciva a decidere dove posare lo sguardo tante erano le cose che l’attiravano.
Sul viso della ragazzina si dipinse un sorrisetto fra l’astuto e l’altezzoso.
“Sapevo che avresti avuto questa reazione”
“Sono tutti oggetti che hai preso in prestito?”
“Naturalmente”
“Anche la sfera?”
Rhiin gonfiò appena il petto, mentre gli occhi di Astril luccicavano meravigliati.
“Sì, anche quella. Un incantatore di passaggio non ne aveva più bisogno, perciò l’ha data a me. È pura magia, quella all’interno. Ma non startene lì impalata, siediti mentre prendo qualcosa da bere. Ho solo acqua, perciò dovrai accontentarti”
La principessa si sedette su uno sgabello divorato dai tarli e Rhiin le porse una tazzina di ceramica senza manico, decorata con delle violette sgranate. Bevve un sorso d’acqua, buona anche se calda.
Quel posto le piaceva, rappresentava alla perfezione Rhiin ed era ricco di cosine interessanti. Tuttavia, c’era qualcosa che le sfuggiva in tutto quello, qualcosa che la rendeva incerta.
“Dove sono i tuoi genitori?” domandò.
Rhiin, seduta a gambe incrociate nel suo giaciglio, bevve tranquilla un sorso d’acqua prima di rispondere.
“In giro. Ritorneranno stasera”
“Sei sicura?”
Lo sguardo di Rhiin si fece improvvisamente duro “Certo che sono sicura. Perché me lo chiedi?”
“C’è solo un giaciglio, lì. Non tre” rispose Astril con vocina esitante.
“Lo condividiamo. Non tutti possono permettersi un soffice letto a baldacchino, anche se non penso che una principessina servita e riverita come te possa capire, perciò non sforzarti”
Le risposte di Rhiin erano per la maggior parte arroganti, saccenti e con una perenne punta di sarcasmo. Si divertiva a prendere in giro e ad atteggiarsi con frecciatine e battute.
Talvolta però diventava cattiva. Buttava risposte velenose senza preavviso e spesso centravano il bersaglio con abilità disarmante.
Astril non era ancora riuscita a farsi scivolare addosso quelle frasi, forse perché era impossibile solo provarci. Quel giorno però, la sensazione che l’aveva colta sin da quando era entrata non la lasciò soffermarsi sul significato e la fece andare oltre.
“Io...credo di aver capito, invece” mormorò “Quel giaciglio serve solo a te, non è vero?”
L’espressione di Rhiin divenne per la prima volta sorpresa, prima di rabbuiarsi.
“Da cosa l’hai intuito?” domandò dopo un po’.
“Diverse cose mi hanno fatta accorgere. Hai detto una bugia...tu non hai i genitori. Vivi da sola, qui, e sopravvivi grazie alle cose che prendi in prestito”
“A quanto pare sei più sveglia di quanto pensassi, Astril” posò la tazzina, sollevando le labbra in un sorrisetto sbilenco.
La principessa accennò un sorriso mesto di rimando, non sapendo se prenderlo come un complimento o meno.
“Mi dispiace…” aggiunse poi.
Rhiin si strinse nella spalle “Cose che capitano. Inoltre immagino di non esser l’unica ad aver perso i genitori”
“Anche io non ho più la mamma e il papà...”
Gli occhi della Veìdlin si spalancarono leggermene. Astril non l’aveva mai vista così sorpresa come quel giorno.
“Aspetta...vuoi dire che tu non sei la figlia di Moron?”
Scosse la testa “Moron è mio zio. Io sono la figlia dei precedenti sovrani. Non li ho mai conosciuti, sono morti quando ero appena nata. In realtà anche Moron ha un figlio, ma è scomparso quando era in fasce”
“Queste sì che sono rivelazioni interessanti, non ne avevo idea. Sarà perché mi trovo nel Regno dei Desideria da poco”
“Dove sei stata prima?” domandò curiosa Astril. Rhiin non rispose subito, nuovamente irrigidita.. Roteò gli occhi, poi sospirò.
“Non so perché stia raccontando queste cose proprio a te. Sono nata nel Regno dei Veìdlin, nella capitale, e i miei genitori sono mancati quando avevo cinque anni, a causa di un’incidente. Rimasta orfana sono stata adottata da una famiglia di Syrma che si trovava da quelle parti per un viaggio d’affari e sono stata condotta nel loro Regno” strinse con forza i pugni “Quei maledetti. Non avevano mai avuto intenzione di occuparsi di me, semplicemente mi avevano presa per utilizzarmi come serva, affidandomi qualsiasi genere di incombenza senza mai darmi nulla in cambio. A malapena avevo un posto per dormire e spesso mi facevano saltare i pasti. Ho vissuto con loro quattro anni, lavorando e sopportando quelli che si definivano i miei genitori. Non mi sarei dovuta aspettare di meno da dei Syrma, ma all’epoca ero troppo piccola per rendermi pienamente conto di queste cose. All’età di nove anni sono fuggita, ho attraversato il Regno dei Nureyel , dove ho vissuto per un po’, e ora eccomi qui”
Astril aveva perso la parola, gli occhi sbarrati per l’incredulità. Quella quantità improvvisa di informazioni riguardanti la sua misteriosa amica l’aveva stordita e non riusciva a capacitarsi di tutte le peripezie che doveva aver affrontato nei suoi anni di vita, che erano ben pochi. A volte si dimenticava che Rhiin aveva appena tre anni in più di lei.
“La tua storia è molto simile a quella di Hateria” fu l’unica cosa che riuscì a dire dopo un breve silenzio.
“Già, diciamo di sì”
Una curiosa espressione decisa apparve sul viso di Astril, che si alzò di scatto in piedi, rischiando di rovesciare lo sgabello. Rhiin inarcò un sopracciglio.
“Mi hai raccontato delle vicende molto personali, dei segreti, perciò ora devo ricambiare e dirti qualcosa io”
L’altra guardò il nanerottolo dall’improvviso atteggiamento fiero con un’occhiata scettica.
“Non mi interessa sapere le tue questioni, puoi tenertele per te” agitò la mano con un gesto vago. Chissà quali grandi segreti poteva custodire una principessina di sette anni, poi.
“Ci tengo, è importante per me. Voglio...voglio condividerlo insieme a te”
Le iridi di Astril brillavano. Rhiin emise un sospiro seccato, poi le fece cenno di parlare.
La principessa trattenne il fiato e poi gettò l’aria tutto in una volta, come se si stesse preparando a recitare un importante discorso. Per la tensione le era persino apparso un vago rossore sulle guance.
“Non sono una Desideria” sputò infine fuori, così veloce che le parole si accavallarono l’una all’altra.
Dapprima Rhiin tacque, poi le sue sopracciglia si aggrottarono sino a formare un’increspatura in mezzo alla fronte, mentre i suoi occhi la squadravano dubbiosi.
“Che hai detto, scusa?”
“Non sono una Desideria”
“Che vai farneticando? Certo che sei una Desideria. Basta guardare i tuoi capelli”
“Sto dicendo la verità. O meglio, sono una Desideria ma non del tutto. Sono anche una Mildriend, come lo era la regina mia madre”
“Aspetta...quindi sei una mezzosangue? Io sapevo che Moron detestasse i Mildriend, non ha fatto in modo in questi anni di farli sparire? Ti ha risparmiata perché sei sua nipote?”
Astril scosse la testa “Lui non lo sa. Mia zia mi prepara quasi ogni giorno un infuso in grado di nascondere le ciocche rosse. .Non sempre quando due stirpi si uniscono il risultato è visibile sui capelli, perciò Moron crede che io sia principalmente Desideria. Se mai vedesse del rosso sulla mia chioma probabilmente impazzirebbe”
“Quante persone lo sanno?”
“L’unica è mia zia e ora...tu” rispose, abbassando timida lo sguardo. Lo stupore era sparito rapidamente dal viso di Rhiin, ma all’interno non poteva negare di esser sbigottita. Questa proprio non se la sarebbe aspettata.
Si alzò in piedi in silenzio e sparì dietro un cumolo di oggetti. Riapparve poco dopo, in mano qualcosa dalla punta affilata, scintillante alla luce della sfera. Un pugnale.
“R-Rhiin?” balbettò Astril, che quasi si era strozzata con la propria saliva alla vista dell’arma. I bambini non dovevano maneggiarle.
“Non aver paura, non voglio infilzarti. Solo…” si passò appena la lama sul palmo, dove si aprì un piccolo taglio. Un rivolo rosso prese a sgorgare e la ragazzina mostrò la mano alla principessa.
“Ora tu ti farai la stessa cosa. E’ una promessa, la promessa di non rivelare a nessuno i nostri segreti. Io non dirò ad anima viva la tua vera natura e tu non rivelerai mai dove si trova il mio nascondiglio, o chi io sia” spiegò, con così tanta determinazione da incutere quasi timore. Il sangue intanto gocciolava a terra.
“Ma-ma, non c’era bisogno di arrivare a tanto! Avrei mantenuto comunque il segreto! Guarda la tua mano, morirai dissanguata!” gemette terrorizzata. Rhiin sbuffò innervosita.
“Non essere ridicola, è solo un taglietto. Avanti, anche tu” le porse il pugnale, ancora sporco di sangue. Astril sbiancò, le gambe molli.
Allungò la mano tremante verso il pugnale e poi posò la lama sul palmo. Solo un taglietto piccolo, da far uscire il minimo di sangue  e non lasciare segni eviden…Ci vedeva doppio.
Spazientita Rhiin prese iniziativa. Astril gemette più per la sorpresa che per il dolore e senza neppur aver il tempo di capire cosa fosse successo si ritrovò la mano di Rhiin stretta saldamente alla sua.
“Questo è un patto. Prometto di non rivelare a nessuno il tuo segreto. Ripeti”
Astril obbedì.
“Se per qualsiasi ragione Moron dovesse farti delle domande tu mentirai, anche a costo di rischiare un suo castigo o qualsiasi altra cosa. Mentirai per me, in nome del nostro patto?”
“Lo farò” rispose la principessa. Le tremava la voce, ma la sua convinzione era sincera.
Si sciacquarono la ferita con l’acqua dopodiché Rhiin bendò entrambe con delle fasciature che aveva “preso in prestito”. Rassicurò Astril dicendole che per il ritorno al castello avrebbe potuto toglierle.
La loro conversazione ritornò come al solito, con Astril in adorazione e Rhiin sardonica e con la sua solita aria di superiorità.
“Di cosa parla?”
Un’ora e mezza dopo, la principessa indicò un libro rovinato sullo scaffale della libreria.
“Si intitola ‘Vento e Polvere’. È un manuale sulle usanze e le caratteristiche del Regno dei Veìdlin”
“Lo leggiamo!?” esclamò trepidante.
Rhiin si strinse nelle spalle con noncuranza “Se proprio ci tieni”
Fu così che si misero a leggere. Astril sembrava esser scivolata in un limbo incantato, la mente che cercava di immaginare tutto ciò che il libro rivelava. Si erano sistemate entrambe nel giaciglio di Rhiin, che leggeva, anche se non molto fluidamente, ad alta voce.
La principessa stava ferma a fatica, spesso la sua testolina si frapponeva fra le pagine e gli occhi della Veìdlin, che la rispediva al suo posto con la sua solita mossa o qualche commento cattivello.
Il tempo passò rapido come un soffio e a metà libro le due furono costrette a lasciare la casa di Rhiin per ritornare al castello. L’arrampicata fu paradossalmente più semplice per Astril, nonostante il taglietto sulla mano. Anzi, era proprio quello a infonderle sicurezza e a non farla tremare: sapere di aver sugellato un legame così profondo con Rhiin la faceva sentire coraggiosa. Non vi era nulla di cui preoccuparsi, lei era lì ad aiutarla e d’ora in avanti ci sarebbe sempre stata.
Poco prima del tramonto, i piedini di Astril toccarono il pavimento della torre. Si rivestì in fretta, chiedendo a Rhiin se fosse presentabile.
“Tch, presentabile è una parola grossa...diciamo che non sembra che tu abbia passato il pomeriggio a vagabondare”
“Sei cattiva!” mise su un finto broncio.
“Ti sbagli, dico le cose come stanno” sogghignò “Bene, ora devo proprio tornarmene a casa”
“Tornerai domani?”
Rhiin, in piedi sul davanzale, le rivolse un’occhiata furbesca “Sì, tornerò”
E lo fece, per ben tre giorni. Si ripresentò puntuale e tutte le volte prima di separarsi Astril le rivolse quella domanda, felice della nuova risposta. Glielo chiese anche il terzo giorno e la ragazzina, il solito sorrisetto sfrontato, rispose di sì.
Quella fu l’ultima cosa che Astril le sentì dire. Non si presentò il quarto giorno, né il quinto, né il sesto, né gli altri a venire.
Rhiin non tornò mai più.
 
 
“Astril”
Una voce ferma e un brusco scossone al braccio la riportarono istantaneamente alla realtà. La figura severa e ombrosa di Keira incombeva su di lei, le spalle che infrangevano l’abbagliante luce solare.
Astril ci mise qualche attimo a ritornare totalmente lucida, la mente confusa e la bocca impastata.
“Che ore sono?” domandò a bassa voce, passandosi una mano sul viso. In lontananza si udiva un caotico brusio di voci e il rumore cozzante di armi.
“Mezzodì. Ti ho lasciata dormire più a lungo oggi, sembrava ne avessi bisogno”
“Ti ringrazio” rispose la principessa, mettendosi a sedere. Effettivamente con tutto ciò che era successo negli ultimi tempi non era più riuscita a trascorrere una notte di sonno senza svegliarsi, anche se il sogno da cui era appena stata richiamata non era stato uno dei più riposanti. Recentemente una certa ragazzina dai capelli viola non faceva altro che apparirle dietro le palpebre nelle ore notturne.
Una fitta malinconica e dolorosa le attraversò il petto. Quel sogno –o meglio, quel ricordo- era stato così vivido che quasi le era sembrato di rivivere tutto una seconda volta.
Frattanto gli occhi acquamarina di Keira la fissavano con intensità, ma la principessa neppure se ne accorse.
“Dove sono gli altri?” domandò, gettando un’occhiata ai giacigli vuoti.
“Idril si è fiondata dall’erborista non appena ha aperto gli occhi, Nicklesh è andato nella zona allenamenti mentre Khaled non ho idea di dove sia finito”
Astril si rese conto che avrebbe voluto dirle tante cose ora che si trovavano sole, ma le parole le si erano come congelate in gola. Voleva chiederle come si sentisse dopo lo scontro con quella Lunmoon, dirle che era rammaricata per la sua perdita della sfera di luce e soprattutto scusarsi per la reazione infantile che aveva avuto quando Felixia era scomparsa. Aveva sbagliato ad addossare la colpa a Keira, giudicandola insensibile e menefreghista. Era vero che i modi di Keira erano gelidi e tutt’altro che gentili, ma non poteva definirla un’egoista, non con tutto quello che aveva fatto –e stava facendo- per lei, per l’intero gruppo.
Avrebbe voluto dirle tutto quello, ma l’imbarazzo e il carattere complicato di Keira le impedivano di proferir parola. Non sapeva come avrebbe reagito alla menzione dell’Alkres o al suo dispiacere; avrebbe potuto sentirsi compatita e magari infastidirsi alle sue scuse.
Perciò, decise di restare in silenzio. Sorprendentemente fu proprio Keira a infrangerlo.
“Tieni” disse, porgendole un lucente oggettino verde. La sferetta di Duilliur. Astril la guardò senza comprendere.
“Per me ormai non è di alcuna utilità. Forse neanche a te servirà ora che hai sviluppato un forte potere legato alla luce, tuttavia non possiamo sapere cosa accadrà, dato che i tuoi poteri sono ancora molto instabili. Potrebbe occorrerti un aiuto in futuro, perciò ecco” spiegò, fredda come sempre.
Astril sfiorò la superficie cristallina con le dita, mentre un piacevole calore le si irradiava nel petto. Un regalo, un regalo da parte di Keira.
“Grazie” disse rivolgendole un sorriso. La guerriera non aggiunse altro e si alzò in piedi.
“Vieni. A quanto pare Jeal ci ha concesso la libertà di muoverci a piacimento per l’accampamento. Voglio ripercorrerlo con calma e farmi un’idea più chiara di quello che sta succedendo, almeno finché non ci verranno date le dovute spiegazioni. Lo farei da sola, ma preferisco non lasciarti sotto sguardi indiscreti. La tua presenza ha già sollevato parecchi commenti”
Astril si apprestò a seguirla senza fiatare. A essere sinceri neppure lei aspirava a restare sola circondata da sconosciuti.
 
 
Diversi metri più in là Jeal osservava la scena, sulle labbra un sorrisetto disteso e l’espressione compiaciuta.
“Che cos’è quella faccia?” domandò Iwarioth alla sua sinistra, inarcando un sopracciglio con aria dubbiosa.
“Perché? Che ha la mia faccia?” chiese di rimando sinceramente stupito.
“Mi urta. È la classica espressione che assumi quando macchini qualcosa e puntualmente non è mai nulla di buono”
“Non è vero, le mie idee sono sempre ottime! E poi non stavo pensando a nulla in particolare, sono solo contento che quella compagnia stia cominciando ad ambientarsi nel nostro accampamento” rispose allegro.
Iwarioth strinse i denti, scuotendo la testa “Non sono qui per integrarsi, tempo pochi giorni e poi se ne andranno. Non capisco perché tu ti sia fissato con quel gruppo. Deduco per le tue solite manie di protagonismo”
“Confondi le manie di protagonismo con il semplice desiderio di voler aiutare, Iwarioth” lo corresse con serafica ovvietà il capo dei ribelli.
Una vena pulsò sulla fronte del Syrma mentre cercava di combattere con la tentazione di sfilare la spada a due mani dalla fodera e di infilzare senza troppi preamboli l’individuo tutto sorrisi al suo fianco.
Se c’era una cosa che aveva imparato in sette anni di conoscenza era che a Jeal piaceva non poco stare al centro dell’attenzione e che la maggior parte dei suoi atteggiamenti e delle sue moine erano una calamita per il prossimo. Era così a quindici anni e tale e quale era rimasto ora che ne aveva compiuti ventidue. Le cose non erano cambiate troppo in quell’arco di anni, tranne per il fatto che l’Iwarioth quindicenne minacciava di riempire l’altro di pugni, mentre ora di trapassarlo con uno spadone affilato. Avrebbero dovuto quantomeno dedicargli un tempio in una qualche capitale per non averlo ancora scuoiato.
“Ho visto che lo Sneachta Nicklesh si è recato alla zona degli allenamenti. Penso lo raggiungerò per scambiare due parole”
“Se avesse avuto voglia di parlarti non credi che si sarebbe presentato da te?”
Jeal parve esitare qualche istante “Dici?”
“Se non è venuto qui deduco che non gli andasse. Io se fossi in lui non avrei voglia di parlare con te”
“Uhm no, sono convinto invece che sia un tipo propenso ai discorsi, ma che per educazione e rispetto non si sia avvicinato. In fin dei conti è uno straniero nel nostro territorio. Visto il modo in cui è intervenuto ieri direi che disponga di diversi racconti interessanti, o che abbia altrettante domande” affermò, incamminandosi con un sorrisetto.
“Vedi di non dar troppo fiato alla bocca se ti riesce!”
Negli scambi che non erano interrogatori Jeal aveva spesso il vizio di rivelare dettagli e informazioni che avrebbe dovuto tenersi per sé. Jeal pensò di tranquillizzarlo a modo suo, agitando la mano in un vago cenno che di rassicurante e affidabile aveva ben poco.
Raggiunse la zona allenamenti e trovò Nicklesh impegnato a osservare due matricole che duellavano con una spada.
“Che ne pensi?” domandò Jeal al suo fianco. Nicklesh sussultò lievemente, sorpreso dalla presenza del Syrma, poi rispose con gentile modestia:
“Non sono un esperto perciò non posso dirlo con sicurezza, però trovo i loro movimenti troppo rigidi e la difesa pressoché inesistente”
“Hai assolutamente ragione. Questi ragazzi si sono uniti da poco al nostro gruppo e non hanno mai imbracciato un’arma prima d’ora. Hanno un bel po’ di strada da fare!”
“Da dove provengono?” chiese Nicklesh, curioso.
“Quasi tutti da villaggi limitrofi alla capitale, mentre altri da semplici casupole sparse per il Regno. La maggior parte li abbiamo trovati per strada durante le nostre ricognizioni. Si sono spinti da soli sin qui”
“Immagino sia una cosa positiva. Per cause di questo genere è importante che nei membri vi sia la determinazione, e se questi ragazzi sono giunti qui di loro spontanea volontà vuol dire che credono fermamente in ciò per cui lottano”
 “Ne sei davvero sicuro?”
Nicklesh spostò lo sguardo su Jeal, il viso sorridente come sempre e per questo indecifrabile.
“Ciò che dici non è sbagliato, ma vedi, questo purtroppo non è il caso di quei ragazzi. Tanti di loro sono giunti qua o perché orfani o perché esasperati dalla vita che trascorrevano. Se gli chiedessi il motivo per cui sono venuti qui, in pochi ti risponderebbero in nome della causa. La risposta più diffusa sarebbe ‘non sapevo dove altro andare’, ed è qui che ha inizio la parte difficile: instillare determinazione in chi non ha quasi più obbiettivi è un lavoro che richiede tempo e impegno”
Aveva parlato senza smettere di guardare le due matricole combattere, gli occhi grigi animati da una luce fiduciosa.
Fu in quell’istante che Nicklesh realizzò il motivo per cui era Jeal a essere il capo della ribellione. Sin dal primo momento in cui l’aveva visto, nonostante i suoi atteggiamenti fanciulleschi, aveva intuito in lui lo spirito della guida, ma non era riuscito a comprendere come una personalità in apparenza tranquilla e spensierata come la sua potesse addirittura condurre un intero gruppo di ribelli, quando altri –come Iwarioth- davano l’impressione di esser più portati alla guerra.
Ora aveva finalmente compreso. Jeal era il collante, colui che supervisionava e si accertava che tutto funzionasse a dovere, a cominciare dai sentimenti dei propri compagni. Quello era l’unico modo affinché un gruppo caotico e bellicoso come i ribelli di Neahm non si sfaldasse.
Non lo conosceva ancora e non era sicuro di potersi fidare completamente, ma il fatto di condividere lo stesso tipo di pensiero lo rendeva ai suoi occhi più vicino.
“Immagino che però parlare di queste questioni non sia ciò che ti interessi davvero sapere” commentò Jeal incurvando le labbra in un sorrisetto spigliato “Ti propongo una sfida, Sneachta Nicklesh!”
Gli occhi azzurro polvere del ragazzo divennero attenti, oltre che vagamente perplessi.
“Che genere di sfida?”
“Duellerai con me, e se riuscirai a disarmarmi allora ti rivelerò tutto ciò che vorrai conoscere sul nostro accampamento”
Nicklesh rimase qualche istante in silenzio, non certo di cosa rispondere. Ricevere informazioni era quello che lui e gli altri Mildriend aspettavano da diverso tempo e quella sarebbe stata l’occasione perfetta per scoprire finalmente qualcosa, tuttavia doveva ricordarsi di non abbassare la guardia. Per quanto i suoi modi fossero gioviali e spensierati Jeal non doveva esser uno sprovveduto e in quanto capo dei ribelli sicuramente sapeva maneggiare con abilità le armi.
“Che genere di ripercussioni ci sarebbero se dovessi perdere?”
“Nessuna, al massimo dovresti sopportare il bruciante fastidio della sconfitta, nulla di più. Allora, che ne dici?”
Lo Sneachta rifletté ancora pochi attimi, poi, consapevole di non potersi permettere di sprecare un’occasione simile, decise di accettare.
“Perfetto!” esclamò briosamente “Ho saputo che possiedi una spada come arma, dunque utilizzeremo quelle. Non temere, ne abbiamo alcune di legno create apposta per i nuovi arrivati, non voglio certo che scorra sangue nel nostro duello amichevole!”
Fu così che il Syrma e Nicklesh si portarono al centro della zona allenamenti, uno dinanzi all’altro, le armi finte strette in mano. Le matricole si erano spostate rapidamente tra mormorii concitati e sussurri e ora osservavano la scena da bordo campo, curiosi di vedere il loro capo e quello straniero all’opera.
Il brusio e l’ammassarsi di chiome bionde aveva intanto richiamato l’attenzione di Iwarioth, che raggiunse con il solito cipiglio scontroso la zona allenamenti e che con nervosa esasperazione e un’imprecazione tra i denti si posò una mano sul volto. Sapeva a quello che avrebbe assistito e una volta concluso il duello avrebbe afferrato per la collottola quell’idiota e infilzato una volta per tutte.
Nel frattempo, Nicklesh realizzò che forse accettare la proposta non era poi stata una grande idea. Oltre a sentirsi lievemente sottopressione a causa di tutti quegli occhi sconosciuti che lo osservavano, lo sguardo determinato e attraversato da scintille trepidanti di Jeal gli suggeriva che non sarebbe stato un avversario semplice. In ogni modo ormai si trovava lì e tutto ciò che poteva fare era impegnarsi con tutte le sue forze.
Ogni sospiro e sussurro cessò d’un tratto quando Jeal scattò rapido come una lama di vento verso l’avversario. Nicklesh spalancò appena gli occhi, stupito da quell’incredibile velocità, ma con un’abile movimento riuscì a evitare l’attacco, dopodiché  tentò un affondo verso la presa del Syrma, così da disarmarlo. Con un sorrisetto Jeal schivò, poi rapido si tuffò verso lo Sneachta e…si sbilanciò in avanti.
In pochi buffi saltelli riuscì a mantenere l’equilibrio, un silenzio desolato scese nell’accampamento, Nicklesh batté le palpebre non convinto di vederci bene mentre in lontananza si udì un indistinto  mormorio omicida.
“Accidenti, è successo di nuovo” constatò sorridente Jeal, come se stesse parlando del tempo, poi si rimise in posizione d’attacco, dichiarando di esser pronto a ricominciare.
Il duello proseguiva da qualche tempo senza interruzioni e nessuno dei due aveva intenzione di cedere. Tuttavia Nicklesh, per quanto il Syrma riuscisse a tenergli testa, aveva creduto che Jeal fosse molto più abile, quando in realtà maneggiava la spada senza eccezionale destrezza, commettendo diversi errori e lasciando spesso aperture nella sua difesa. Si era convinto che in uno scontro avrebbe perso dopo pochi minuti e invece era proprio lui quello che sembrava avere il controllo della situazione.
Fu così che con un ultimo preciso colpo la spada di legno di Jeal roteò in aria, schiantandosi poi a terra alle sue spalle in un tonfo secco.
Dopo pochi istanti di immobilità Jeal scoccò un’occhiata stupita all’arma, dopodiché riportò lo l’attenzione sull’altro ragazzo, il volto sereno.
“Complimenti Sneachta Nicklesh. La vittoria è tua!”
Il giovane ricambiò lo sguardo con aria frastornata e rispose un cordiale e incerto ‘grazie’.
Gli spettatori nel frattempo si erano sparpagliati, chi deluso, soprattutto le matricole, chi per nulla sorpreso.
“Avevo visto giusto, te la cavi davvero bene con la spada. Chi ti ha insegnato?” proseguì il capo dei ribelli, avvicinandosi.
“Merito di mio padre, ha sempre avuto un’abilità innata a manovrare le armi, oltre a essere un ottimo fabbro”
“Deduco sia stato lui ha forgiare la lama che avevi con te. Impugnatura lavorata, abbellita da una pietrina bianca incastonata. Magnifica fattura”
“Grazie. Si, è opera di mio padre” rispose gentile Nicklesh, sebbene parlare della sua fidata arma da poco confiscata non fosse il massimo.
“Capisco. Ed, ecco, a proposito di quella spada…Ehi!”
Qualcuno lo strattonò indietro per una manica e per poco non incespicò a terra. Al suo fianco gli occhi di Iwarioth sprizzavano scintille.
“Oh, Iwarioth! Capiti giusto a proposito, hai assistito al duello? Ho fatto progressi, eh?”
“Affatto, è stato a dir poco pietoso”
“Che crudeltà! Si è trattata di una battaglia impegnativa!”
“Impegnativa quanto inutile” sbottò duramente “Scommetto che quest’idea stupida è stata tua”
“Esatto! Non vedo il motivo di scaldarsi tanto, è stato solo un semplice duello amichevole” spiegò tranquillo.
“Avresti potuto almeno cercare di vincere. Ad assistere c’erano anche i nuovi arrivati che di certo si sarebbero aspettati qualcosa di meglio dal capo dei ribelli di Neahm, e non quelle mosse a vuoto”
“Non temere, prima o poi avrebbero dovuto assistere comunque”
Nel frattempo Nicklesh tentava di seguire il filo logico del discorso senza molto successo. Jeal dovette accorgersene, poiché disse:
“La spada non è propriamente la mia arma favorita. Preferisco di gran lunga l’arco, ma dato che anche destreggiarsi in uno scontro corpo a corpo è importante, Iwarioth mi sta insegnando”
Ora tutto aveva molto più senso, perché il livello di Jeal non fosse così elevato, ma questo non spiegava perché il Syrma avesse scelto per il duello proprio l’arma con cui era meno avvezzo, considerando poi il patto che avevano fatto. Sarebbe stato più ragionevole l’arco.
“Comunque sia, Iwarioth, non definirei questo duello inutile. Devi sapere che lo Sneachta Nicklesh e io abbiamo fatto una sorta di scommessa”
“Che scommessa?”
Jeal gli spiegò rapidamente e più andava avanti più l’espressione dell’altro si faceva minacciosa.
“L’ho sempre detto che sei un emerito idiota. Hai davvero intenzione di fornirgli delle informazioni?” ringhiò.
“Certo, e non solo a lui, ma a tutto il resto del gruppo. Una scommessa è una scommessa e io ho perso” rispose serafico e il Syrma desiderò ardentemente poterlo schiacciare una volta per tutte.
“Forza, andiamo a recuperare il resto dei Mildriend e dirigiamoci alla baracca”
Si avviò tranquillo e non appena passò di fianco a Nicklesh si fermò un istante, le labbra vicine al suo orecchio e la voce ridotta a un sussurro.
“Se te lo stai chiedendo, so anche io che avrei potuto proporti l’arco, ma così facendo avresti perso subito. Mi sono impegnato seriamente, ma sapevo già quale sarebbe stato l’esito di questo duello. Almeno adesso ho una ragione agli occhi degli altri per dirvi ciò che volete sapere”
Detto questo proseguì, con Iwarioth al seguito che gli rivolgeva insulti. Nicklesh non li raggiunse subito, fermo immobile e gli occhi leggermente sbarrati, certo che anche in una vita intera non sarebbe riuscito a comprendere quel mistero che era Jeal.
 
 
 
Nella stanza quattro sferette dorate e luminose volteggiavano sospese nell’aria, rischiarando l’ambiente scuro e appena odorante di chiuso e legno. Sia la porta che le finestre erano state sbarrate, impedendo ai caldi raggi del pomeriggio di filtrare, ad eccezione di qualche piccolo foro sulle pareti causato dal tempo e dall’umidità.
Il gruppetto sostava dinanzi al tavolo di legno in completo silenzio, tranne Idril che a mezza voce continuava a dispensare complimenti entusiasmati a Nicklesh, il quale si limitava a ringraziarla e a dirle di non aver fatto nulla di eccezionale. Poco distante Khaled scoccava occhiate astiose allo Sneachta, sbottando piccato che anche lui sarebbe stato in grado di fare lo stesso e chiedendo al nulla perché mai quella stupida baracca fosse così buia.
Astril si sentiva appena a disagio, constatando quanta tensione aleggiasse nell’aria, mentre Keira, al suo fianco, osservava in attesa e con espressione severa Jeal, seduto dietro il tavolo e sorridente come sempre.
“Molto bene, direi che siamo tutti qui” cominciò, allegro “So che sin dal momento in cui siete arrivati qui desiderate avere informazioni riguardanti il nostro gruppo, perciò adesso, in seguito alla chiara vittoria dello Sneachta Nicklesh, siete liberi di chiedere tutto ciò che volete. Tuttavia, prima lasciate che sia io a porvi una domanda: esattamente, cosa sapete a proposito dei ribelli di Neahm?”
Le sue parole parvero per un istante spiazzare la compagnia a eccezione di Keira, la cui espressione non mutò minimamente. Fece per rispondere, quando la porta di legno venne spalancata in un rumore sordo e una lama di luce invase la stanza, abbagliando gli occupanti.
Sulla soglia sostava una Mighdar con il fiato corto, le sopracciglia corrugate e gli occhi determinati.
“Allora eravate tutti qui, ero certa che stesse accadendo qualcosa. Si può sapere perché, di nuovo, non mi avete chiamata?” chiese spazientita, avvicinandosi.
“I tuoi modi diventano più irruenti ogni giorno che passa, prima o poi entrerai sfondando la porta” replicò briosamente Jeal “Comunque, come ben sai il tuo compito è occuparti delle matricole, le questioni ‘politiche’ spettano a noi”
“Ho sentito dire che hai intenzione di parlare ai Mildirend del nostro accampamento, perciò, dato che anche io ne faccio parte, ho pensato fosse mio diritto assistere. Perché è tutto buio?”
“Ovviamente per creare atmosfera. A proposito, chiudi la porta, sono mezzo accecato” disse, schermandosi gli occhi con una mano. Aveva appena finito di parlare quando un’altra sagoma apparve sulla soglia, oscurando l’abbacinante luce del sole.
“Oh, guarda un po’, Dùtrashine! Hai deciso di unirti anche tu?”
“Ero solo venuto per cercare di impedire a Mighdar di intromettersi in questioni che non la riguardano, ma a quanto pare ha ottenuto il permesso” rispose il ragazzo, composto.
“Il permesso avrei dovuto averlo sin dall’inizio” controbatté la Syrma, incrociando le braccia al petto.
“A questo punto posso tornare alle mie occupazioni” aveva già voltato le spalle pronto ad andarsene, ma Jeal lo fermò.
“A dire il vero preferisco che rimanga anche tu, meglio avere un’altra voce in questi casi”
Il ragazzo annuì, anche se era evidente che avrebbe preferito dedicarsi ad altro, e dopo aver chiuso la porta raggiunse gli altri, non prima di aver scoccato la consueta occhiata irritata a Khaled, che non esitò a restituirgli.
Il breve attimo di interruzione cessò così com’era giunto e l’attenzione si riposò nuovamente sul gruppetto, in particolare su Keira.
“Non conosciamo molto a proposito di voi ribelli, le uniche vaghe informazioni che abbiamo risalgono a un anno fa, quando avete tentato di invadere una delle zone limitrofe alla capitale, fallendo nell’impresa. Molti di voi sono stati fatti prigionieri e rinchiusi nelle segrete del palazzo reale, ma a parte questo non sappiamo altro”
“Quindi non avete idea di come sia nato il nostro gruppo”
Keira scosse la testa e Jeal sorrise, un piccolo sorriso tra il comprensivo e il rassegnato.
“Hai usato la parola ‘invadere’ e riferito a ciò che è successo un anno fa è giusto, ma per farvi capire bene la nostra situazione attuale è importante che cominci sin dal principio. Avete mai sentito parlare di un certo Breof?”
“Sì, era uno dei capi dell’esercito del Regno dei Naihm, prima che decidesse di abbandonare il suo ruolo e sparire senza lasciar traccia, se non sbaglio”
“Esattamente, Sneachta Nicklesh, ed è stato proprio quell’uomo, sette anni fa, a dare origine ai ribelli di Neahm!”
Il ragazzo dai capelli bianchi spalancò appena gli occhi stupito, mentre dietro di lui Khaled piegò le labbra in una smorfia.
“Neahm, Naihm…è per questo che vi chiamate ribelli di Neahm? Immagino sia stato quel tipo a scegliere il nome” sbottò.
“Ottima deduzione, Mildirend Khaled. Breof ha scelto apposta quel nome proprio in richiamo alla sua stirpe. Da quel punto di vista non ha mai avuto molta inventiva” ridacchiò “In ogni caso sette anni fa nacque tutto questo, che solo in seguito divenne una compagnia di ribelli. In verità lo scopo iniziale di Breof fu quello di creare un gruppo in cui accogliere persone meno fortunate. Poveri, mendicanti e orfani e aiutarli grazie alle sue capacità e ai suoi mezzi a ricostruirsi una vita.
Sin da prima che salisse al trono Tsolais il Regno dei Syrma è sempre stato incredibilmente sbilanciato nella distribuzione delle ricchezze. La capitale non è ricca e prospera come sembra, così come tante altre zone. Da generazioni i governati si sono preoccupati di garantire il loro benessere e quello della loro cerchia, senza tener conto dei meno abbienti. Quando però, cinque anni fa, la regina Tsolais salì al trono, la situazione precipitò notevolmente, non solo a pari di ricchezze, ma anche nelle modalità di governo. Immagino che non sia la prima volta che sentiate definire la regina come una donna ambiziosa e crudele, pronta a tutto pur di garantire la perfezione assoluta del suo Regno, anche a costo di ridurre al minimo la libertà individuale dei suoi sudditi.
Fu proprio per questo che Breof, due anni fa, decise di trasformare la semplice compagnia in un gruppo di ribelli molto numeroso. Dovete infatti sapere che quasi tutti coloro che Breof aveva accolto nel tempo avevano deciso di restare sotto la sua guida, dando origine a una piccola comunità con sede qui a Cré Ear, vittima degli spadroneggi dell’esercito Syrma e costretta a pagare una tassa salata. Stanco della situazione, Breof si adoperò per riuscire a ottenere l’indipendenza di Cré Ear e cominciò ad allenare i membri grazie alle sue abilità, oltre che a procurarsi le armi e reclutare nuovi componenti, occultando persino la stretta sorveglianza della regina”
Tacque qualche istante, dando il tempo ai suoi ascoltatori di assimilare le informazioni -oltre che a compiacersi della loro estrema attenzione- dopodiché riprese a parlare.
“Una volta sicuro che il gruppo fosse pronto, Breof diede inizio alla spedizione” il solito sorriso allegro divenne un poco amaro “Non so ancora se si trattò di imprudenza o eccesiva fiducia, sta di fatto che l’impresa fallì completamente. Sia Iwarioth che io eravamo presenti quel giorno, e ricordo i nostri compagni infilzati dalle spade e quelli catturati. Lo stesso Breof rimase ucciso nel campo di battaglia e da quel che so Tsolais ne fu furiosa, perché avrebbe voluto interrogarlo. Scoprii inoltre che quel pazzo aveva pensato proprio a tutto, difatti al mio ritorno trovai una lettera dove mi spiegava che in caso di fallimento la guida del gruppo sarebbe spettata a me.
Non fu facile. Non potendo più restare alla nostra base fummo costretti a nasconderci a lungo, confusi e disorientati, senza sapere cosa fare, fino a quando l’obbiettivo non mi apparve chiaro in testa: portare avanti le volontà di Breof”
“Nonostante tutto ciò che era successo?” disse Keira e Jeal annuì.
“Sapevo chiaramente che sarebbe stata un’impresa difficile, ma riuscii a convincere coloro che erano rimasti a seguirmi” scoccò un’occhiata a Iwarioth e Mighdar “E così cominciammo la ricerca di nuovi membri, molti dei quali potete vederli allenarsi qui fuori, insieme agli uomini e alle donne che hanno deciso semplicemente di sostenerci dietro alle quinte.
Tornando a quello che hai detto prima, Mildriend Keira, invadere è la parola giusta. Breof cercò di conquistare e ottenere la libertà con la distruzione. Ebbene, io ho intenzione di agire diversamente. Il mio obbiettivo infatti è quello di  seguire la diplomazia, per questo quando saremo pronti raggiungeremo la capitale e proveremo a parlare con Tsolais”
Cinque volti, persino Keira, lo guardarono a dir poco sbigottiti.
“Vorresti trattare con la regina!?” esclamò Nicklesh incredulo.
 “L’idea è quella” rispose serenamente il capo dei ribelli “So bene che sarà un’impresa ardua, ma voglio almeno provarci. Raggiungere sotto copertura la capitale, riuscire a ottenere un’udienza dalla regina e metterla al corrente della situazione. Solo nel caso in cui dovesse rifiutare scenderemmo in battaglia, ma per allora avrò fatto in modo di reclutare così tanti alleati che dovrà riflettere attentamente prima di prendere decisioni avventate”
“Stai parlando troppo, Jeal” disse Iwaritoh innervosito.
 “Davvero? A me non sembra, mi sto solo attenendo al patto” replicò brioso Jeal, ritornando a osservare il gruppetto.
“Ecco, questo è tutto ciò che c’è da sapere su di noi. Che ne pensate?”
Non ottenne subito risposta, sino a quando Keira non disse:
“Non mi reputo un’esperta di ribellioni, ma trovo il vostro piano molto avventato”
“Stai forse dubitando del nostro gruppo?” scattò Mighdar, l’espressione furente e i pugni tremanti per quanta era la forza con cui li stringeva. La guerriera restò imperturbabile.
“Calmati, Mighdar, non c’è bisogno di scaldarsi tanto” rispose tranquillo Jeal, poi si rivolse di nuovo a Keira “Riconosco che ciò che dici è vero, ma senza l’avventatezza, insieme a una forte determinazione e coraggio, i ribelli di Neahm non esisterebbero neppure”
L’ennesimo silenzio scese sulla baracca, ognuno di loro impegnato ad assimilare la storia di Jeal.
“Ho compreso perfettamente tutto ciò che hai raccontato, ma ancora non mi è chiara una cosa: hai detto che per molto tempo siete rimasti nascosti, mentre adesso il vostro accampamento mi sembra fin troppo scoperto. Non avete timore di essere individuati?” notò Nicklesh.
“Adesso chiedi troppo” replicò Iwarioth.
“Esatto, vi abbiamo già  messo al corrente di informazioni estremamente riservate e non siamo tenuti a dirvi altro!” aggiunse Mighdar spazientita.
“La spiegazione è molto semplice” cominciò serafico Jeal “Il merito è tutto di Dùtrashine!”
“Razza di idiota, ma sei in grado di tacere?” esclamò tra l’incredulo e il furioso Iwaritoh, seguito a ruota da Mighdar. Dùtrashine si passò una mano sul viso, mormorando fra i denti parole molto simili a insulti.
“Ormai sanno tutto, non vedo perché nasconderglielo” si giustificò Jeal “Vedete, sino a non molto tempo fa il nostro accampamento era nascosto in una zona non molto ospitale e problematica, senza contare che con l’aumento dei membri era diventata anche troppo piccola. Con l’arrivo di Dùtrashine, diversi mesi fa, abbiamo trovato la soluzione perfetta. A prima vista l’accampamento può sembrare privo di protezione, ma in realtà tutt’intorno vi è una barriera di occultamento proprio creata da Dùtrashine”
“Una barriera?” ripeté stupito Nicklesh.
“Esatto, ma sono certo che lui saprà spiegarvelo meglio” disse, voltandosi verso l’altro Syrma, non molto propenso all’idea.
“È proprio necessario?” domandò, e il sorrisetto di Jeal bastò come risposta. Dùtrashine a quel punto si portò al centro della stanza e avvicinò la mano a una delle sferette dorate che fluttuavano.
“Il mio potere consiste nello scrivere rune che impongono determinate condizioni ed effetti, anche se limitati. Questo vuol dire che ho la capacità di applicare solo alcuni tipi di rune, quelle che offuscano la vista,” tracciò nell’aria alcuni simboli dorati e la sferetta sparì “quelle che annullano i suoni,” disegnò altri simboli bianchi e luminosi “e quelle che eliminano la consistenza” mosse il dito in un cerchio arancio, dopodiché aggiunse “Poi posso scegliere chi rendere vittima dell’effetto delle rune e chi no” tracciò altri segni dagli svariati colori e quando ebbe finito la sferetta ritornò visibile solo per Keira, Nicklesh e Jeal.
“L’effetto non dura per sempre e più un corpo è grande più necessita di venir riscritto. Per quanto riguarda l’accampamento devo ritracciare le rune ogni due settimane”
“Pensavo molto più frequentemente” osservò Nicklesh.
“Dipende dal tipo di effetto che imprimo nelle rune. Considera che è necessario quasi un intero giorno per tracciare quelle che ho scelto, ovvero le più durature e difficili che conosco. Volendo potrei tracciarne di un tipo più semplice e metterci meno tempo, ma l’effetto durerebbe di conseguenza appena pochi giorni”
“Ha effetto anche con le persone?” chiese curiosa l’arciera. Dùtrashine parve irrigidirsi e in un deciso movimento della mano cancellò tutte le rune intorno alla sfera, che ritornò per tutti visibile.
“No, non funziona”
“Ci hai mai provato, almeno?” sbottò Khaled. Il Syrma gli rivolse un’occhiata infastidita.
“Certo, e non ha avuto effetto”
“Avrai sbagliato qualcosa nel processo”
“Che hai detto?”
“Che sicuramente hai fatto qualche errore”
“Da quando saresti diventato un esperto di rune?”
Khaled aveva di nuovo assunto la sua solita posizione bellicosa, gli occhi che sprizzavano scintille, mentre Dùtrashine sembrava vicino a tirargli un pugno.
“Se proprio dovete dar inizio a una rissa fatelo fuori di qui” li invitò cortesemente “Ho bisogno di scambiare da solo alcune parole con la Mildriend Keira e la principessa Astril”
Nel sentire il suo nome la ragazza sussultò, ritrovandosi per la prima volta gli occhi grigi di Jeal fissi nei suoi.
“Resto anche io” affermò decisa Mighdar. Una mano si posò sulla sua schiena e con una forte spinta per nulla gentile la ragazza venne mandata verso la porta.
“Hai sentito anche tu Jeal, ha detto che vuole parlare con loro da solo” spiegò Dùtrashine subito dietro di lei, come se si stesse rivolgendo a uno stolto duro di comprendonio.
“Non sei tu a dovermi rispondere” replicò la Syrma con espressione rabbiosa.
“Mighdar, è meglio che vada anche tu. Le reclute staranno aspettando la loro allenatrice” disse pacato Jeal.
La ragazza borbottò qualcosa ma ubbidì senza contestare. La stanza si svuotò presto e dentro rimasero solo Keira, Astril e Jeal, i cui occhi, nonostante l’espressione spensierata e il sorriso, presagivano l’importanza di ciò che aveva da dire.


°Note dell'Autrice°
Ben ritrovati lettori! Sì, come avrete notato questo capitolo era estremamente lungo e forse  molti di voi avranno dovuto leggerlo in due volte, ma come sempre trovavo assurdo dividere il capitolo, anche perché nella mia testa era destinato a concludersi esattamente così. Vi chiedo perdono già adesso per il futuro perché so anche altri capitoli potrebbero essere così lunghi, non posso proprio farci nulla ^^" Spero che comunque il tutto sia stato di vostro gradimento!
Il prossimo capitolo sarà incentrato principalmente su altri personaggi, rivedremo vecchie conoscenze e nuovi arrivi...ma non dico altro x)
A presto e grazie dei vostri commenti e del vostro sostegno! 
<3

The_Grace_of_Undomiel

 
  
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