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Autore: mikimac    28/08/2016    7 recensioni
Un cavaliere, due medici ed una ladra, alleati per salvare un amore e spezzare una maledizione.
Ladyhawke in chiave Johnlock.
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Strani compagni di viaggio
In questa fine agosto, con il rientro al lavoro definitivo ormai vicino (domani) e le prossime ferie decisamente lontane (Natale?), ecco a voi una storia romantica e tranquilla.
Questo racconto è ispirato ad un film di qualche tempo fa, che io ho amato moltissimo. Immagino di non essere la sola a sapere cosa sia “Lady Hawke”. Per chi non lo conoscesse ed avesse voglia di trascorrere un paio d’ore davanti ad fantasy romantico, si tratta di un film di Richard Donner del 1985 con Rutger Hauer, Michelle Pfeiffer e Matthew Broderick. Non mi addentro nel racconto della trama del film, perché è ripresa dalla mia storia.

Ho messo l’avvertimento OOC perché i personaggi di Sherlock si dovranno adattare a quelli del film. Cercherò di mantenere IC i personaggi della nostra serie preferita, ma non posso esserne sicura.

I diritti sui personaggi sia di Sherlock che di Lady Hawke non mi appartengono.
Spero che questo racconto non ne ricordi altri, ma sarebbe assolutamente involontario.

Buona lettura.


Strani compagni di viaggio


Non sapeva se fuori ci fosse il sole o se la giornata fosse grigia, nebbiosa o piovosa. A dire il vero, non sapeva nemmeno se fosse giorno o notte. Da quando era stata buttata nelle segrete della prigione di Londra, Mary Morstan aveva perso la cognizione del tempo. Sembrava che a sua maestà, Re Edoardo I dei Plantageneti, non importasse molto che i prigionieri sapessero quando sarebbe scoccata la loro ultima ora.
Mary Morstan era una ragazza di quasi vent’anni magra, non troppo alta, bionda, con vispi ed intelligenti occhi azzurri, dotata di una parlantina veramente efficace e stordente. Rimasta orfana, non aveva parenti che si prendessero cura di lei, così si era trasferita a Londra, nella città in espansione, per trovare un lavoro. Purtroppo per lei, nel XIII secolo la maggior parte delle ragazze sole finivano quasi sempre per fare due lavori. Uno era il mestiere femminile più antico del mondo. Per quanto non fosse certo una brutta ragazza, Mary non si sentiva portata a fare la prostituta, soprattutto perché aveva saputo che si prendevano troppe malattie. Non le era rimasto, quindi, che adattarsi alle circostanze e trasformarsi in una provetta ladra. Questo le aveva permesso di sopravvivere dignitosamente, fino a quando le guardie del Re la avevano catturata e buttata nelle segrete, da cui sarebbe uscita solo per essere giustiziata.
Rannicchiata sulla brandina scalcagnata, che le faceva da letto, nella cella umida e buia, senza nessuno con cui parlare, la ragazza cercava un modo per salvarsi la vita.
“Ma io sono ancora giovane, Signore. – borbottò al nulla, in tono lamentoso e leggermente piccato – Non permetterai veramente che io venga uccisa! Cosa ho fatto di male, in fin dei conti? Certo, lo so che non si dovrebbe rubare, ma nessuno di quelli a cui ho sottratto un po’ di soldi morirà di fame! Io, invece, sarei morta sicuramente, se non avessi alleggerito quella gente di qualche moneta. È forse giustizia questa? Ti prego, Signore, non permettere che io sia impiccata. Ti prometto che non ruberò mai più nulla e che mi troverò un lavoro onesto.”
Non ottenendo nessuna risposta, con un sospiro esasperato, Mary si alzò dalla brandina, facendo un piccolo balzo. Con sua grande sorpresa, si rese conto che una delle piastre, che componevano il pavimento, si era mossa. Incredula, fece alcuni altri saltelli, per tastare la resistenza della piastra. Si muoveva veramente! La piastra non era molto grande, ma Mary era sicura che, se fosse riuscita a rimuoverla, avrebbe potuto passarci, dato che aveva una corporatura minuta.
“Grazie, Signore! – esclamò, con entusiasmo – Sapevo che non mi avresti abbandonata!”
Con uno sguardo rapido, Mary trovò il cucchiaio che usava per mangiare, quando si ricordavano di portarglielo. Lo prese ed iniziò a lavorare per smuovere sempre più la lastra, fino a quando riuscì a sollevarla. Sotto di lei scorreva dell’acqua. Era scura e non profumava di fiori, ma era un passaggio sicuro verso l’esterno e verso la libertà:
“Questo è sicuramente un bel dono, Signore, – ringraziò, con gratitudine – però sarei veramente delusa se si trattasse di un canale di scolo delle fogne. Se posso esprimere la mia preferenza, gradirei immergermi in acque piovane, ma se tutto quello che puoi darmi sono le fognature, vedrò di accontentarmi.”
Si guardò intorno rapidamente, per capire se potesse prendere qualcosa di utile, ma la cella era veramente squallida e spoglia. Senza pensarci troppo, afferrò il cucchiaio, che decise essere il suo portafortuna, e si infilò nella piccola apertura, con un po’ di fatica, cadendo nel vuoto. Il salto non fu molto alto e l’impatto con l’acqua non fu doloroso. Le acque gelide che la accolsero erano sicuramente puzzolenti, ma decisamente piovane.
“Grazie, Signore! Sapevo che non mi avresti delusa!” gridò, con entusiasmo.


La corrente iniziò a trascinarla verso lo sbocco del canale di scolo e Mary si lasciò trasportare, opponendo la resistenza necessaria a mantenere la testa fuori dall’acqua. Tutto sembrava procedere nel migliore dei modi. La luce era sempre più forte, facendole capire che fuori fosse giorno e che la libertà fosse a portata di mano. Improvvisamente, davanti a Mary si presentò un’apertura che le permetteva di vedere il fiume, dall’altra parte, ma un grido di disappunto le uscì dalla gola, senza che potesse fare nulla per fermarlo: “Ah, no! Questo no! So che merito, sicuramente, una punizione per le mie azioni non proprio legali, anche se giustificate dalla necessità, però, non puoi illudermi, facendomi credere che sarò libera, poi mi presenti delle sbarre! Mi spieghi a cosa servano delle sbarre all’uscita di un canale di scolo? Hanno forse paura che possano entrare i ladri? Gente di poca fede!”
Arrivata alla grata, che ostruiva l’uscita del canale, Mary la afferrò e la strattonò con rabbia. Si rese conto immediatamente che i cardini erano corrosi e potevano cedere facilmente.
“Ti chiedo scusa, Signore. – ridacchiò, sollevata – Avrei dovuto sapere quanto tu mi voglia bene ed avere più fede. Cercherò di non lamentami, fino a quando non ne avrò veramente ragione.”
Con il suo inseparabile cucchiaio, Mary lavorò i cardini febbrilmente. Quando cedettero, lanciò un piccolo grido di gioia. Spostò, a fatica, una parte della grata e passò, cercando di non ferirsi con le sbarre arrugginite. Scivolò nel fiume, facendo attenzione a non farsi trascinare al largo dalla corrente. Sarebbe stato stupido arrivare fino a lì per morire annegati. Fortunatamente per Mary, quel giorno il Tamigi scorreva placido e tranquillo, così lei riuscì a risalire la riva, senza farsi notare da occhi indiscreti.


La prima cosa che vide, appena arrivata in cima all’argine, fu la casa di un commerciante, con davanti stesa la biancheria ed un cavallo con le sacche da viaggio ancora appese.
Mary alzò gli occhi al cielo: “Tu mi capisci, vero? – domandò, in tono dispiaciuto – Sai quanto mi dispiaccia rompere subito la promessa che ti ho fatto solo poco fa, ma lo vedi anche tu! Se non mi metto vestiti asciutti, posso prendermi una polmonite e morire. Avresti fatto tutto questo per nulla, non credi? Per quanto riguarda quelle sacche… insomma… se tu non avessi voluto che io le alleggerissi, non me le avresti fatte trovare! Con quei soldi, potrò mantenermi e trovare un lavoro onesto, in modo da rispettare la promessa che ti ho fatto. Affare fatto?”
Mary rimase in attesa di un segno. Nessuno uscì dalla casa. Nessuno si avvicinò dalla strada vicina. Non ci furono lampi o fulmini: “Lo prendo per un sì!” concluse, soddisfatta.
Mary si avvicinò al cavallo, accarezzandolo e mormorandogli parole rassicuranti. Il cavallo scalpitò nervosamente, ma non nitrì, permettendo alla giovane ladra di frugare nelle sacche. Con un sorriso soddisfatto, si impossessò di un sacchetto, che sembrava contenere un bel malloppo di monete. Svelta e guardinga, Mary si avvicinò agli abiti appesi, che erano asciutti e adatti a lei. La giovane donna si cambiò velocemente e si allontanò dalla casa e dalla città. Era ora di trovare un altro posto in cui vivere.


Mary camminò tutto il giorno e tutta la notte, allontanandosi il più velocemente possibile dalla città. Nel tardo pomeriggio del giorno seguente, arrivò in vista di una locanda, costruita in uno spiazzo, vicino alla foresta. Si sentiva sicura ed invincibile, perché quello era il suo periodo fortunato. Come poteva non esserlo, quando era riuscita a fuggire dalle segrete di sua maestà, trovando pure un piccolo capitale, che le avrebbe permesso di sopravvivere fino all’arrivo in una nuova città? Mary aveva voglia di festeggiare e di vantarsi della sua incredibile impresa. La giornata era luminosa e c’erano diversi avventori seduti ai tavoli, che si trovavano davanti alla locanda.
“Oste porta fuori dalla cantina il tuo vino migliore! – esordì Mary, a voce alta – Dobbiamo festeggiare! Non capita certo tutti i giorni di fuggire dalle galere del re e di sottrarsi al cappio del boia.”
“E chi lo avrebbe fatto?” chiese uno degli avventori.
Mary era troppo entusiasta per notare il tono tagliente dell’uomo, di cui vedeva solo la schiena, coperta da un lungo mantello nero.
“Io! Mary Morstan! – rispose, allegramente – Fino a poche ore fa, ero prigioniera nelle segrete di Londra. Guardatemi! Ora sono qui! Beviamo alla mia salute, amici! Oggi è una bella giornata.”
“Non se sarei così sicuro,” sibilò lo stesso uomo, alzandosi dal tavolo a cui era seduto.
Mentre si girava verso Mary, il cappuccio gli cadde dalla testa ed il mantello si aprì, rivelando la divisa delle guardie del re. Mary impallidì.
“Ora non fare nulla di stupido. – la avvertì l’uomo, in tono minaccioso – Stiamo rientrando da un giro di perlustrazione lungo e faticoso. Siamo stanchi ed arrabbiati, perché non abbiamo trovato l’uomo che stavamo cercando. Lasciati prendere e riportare nelle segrete, senza opporre resistenza. Se lo farai, potrei decidere di non divertirmi con te, prima di consegnarti al boia.”
Il cuore di Mary batteva impazzito, come se volesse uscire dalla gabbia toracica. Non poteva finire così! Non poteva tornare indietro! Fissò lo sguardo negli occhi gelidi e duri del capitano delle guardie. Erano sei uomini, grandi, grossi e probabilmente ben addestrati. Se avesse tentato di fuggire, non si sarebbero limitati a picchiarla. Le avrebbero fatto sicuramente di peggio, ma, tanto, non sarebbe importato a nessuno. Del resto, come poteva essere sicura che non l’avrebbero violentata ugualmente? Come avrebbe potuto fermarli? Non aveva nulla da perdere. Doveva provare a scappare.


Mary scattò, cercando di andare verso la foresta, ma il soldato fu più rapido di lei. L’uomo afferrò il collo della maglia della ragazza, tirandola verso di sé. Alla ladra mancò l’aria, ma ne andava della sua vita, quindi si girò versò l’uomo, cercando di colpirlo con un calcio. Il soldato la prevenne, respingendo la gamba della giovane, e con uno sbuffo annoiato le diede una sberla, che la stordì: “Pensi di andare avanti ancora per molto? – domandò, irritato – Stai solo rendendo più difficile la tua posizione.”
Per tutta risposta, Mary affondò i denti nella mano, che la aveva appena schiaffeggiata. Il soldato lanciò un grido di dolore, lasciando andare la maglia della ragazza. Mary cercò di scappare, ancora, ma un altro soldato le afferrò le braccia, bloccandola e ridendo sguaiatamente: “Anderson, se non riesci ad avere la meglio su uno scricciolo di ragazza come questa, come pensi di affrontare e battere il capitano Holmes?”
“Questa piccola vipera mi ha colto di sorpresa, – sibilò Anderson, furioso, soprattutto per essere stato deriso dal commilitone – ma ora me la pagherà cara!”
“Davvero un bello spettacolo. – una voce bassa e grave si levò da un uomo con un mantello nero, seduto ad uno dei tavoli più esterni – Siete sei uomini grandi, grossi ed armati contro una ragazzina minuta ed indifesa. Il re deve essere veramente orgoglioso dei suoi soldati.”
Anderson si girò verso lo sconosciuto. Poteva a stento sopportare di essere canzonato da un compagno d’armi. Non avrebbe mai permesso ad un semplice villico di prendersi gioco di lui: “Chi credi di essere? Vuoi andare a fare compagnia a questa ladra nelle segrete di Londra?”
L’uomo si alzò, scostando il cappuccio, che gli nascondeva il volto.
Il soldato venne perforato da due occhi di un azzurro chiarissimo, freddi e duri come l’acciaio. Una chioma disordinata di capelli ricci e neri li sovrastava, scompigliata dalla leggera brezza preserale, che si era alzata da qualche minuto. Le labbra erano serrate, una sottile linea irata. L’uomo, che dimostrava venticinque anni, era vestito completamente di nero, con abiti che indicavano chiaramente le sue origini nobili.
Anderson rimase paralizzato dalla sorpresa, quando riconobbe l’uomo che aveva davanti.
Un soldato si staccò dai quattro rimasti vicini al loro tavolo, per avvicinarsi al nuovo venuto, con un sorriso cordiale e felice: “Capitano Sherlock Holmes! È un piacere rivederla, signore. Non credo alle accuse di stregoneria, che le sono state rivolte, signore. Mi dia un ordine ed io le ubbidirò, senza esitazione.”
Anderson si riprese in fretta dalla sorpresa. Estratta la spada, infilzò il soldato, che aveva appena dichiarato la propria lealtà al cavaliere nero: “Traditore! – gridò – Questa è la fine che meriti!”
“NO,” urlò Sherlock, ma era troppo tardi. Il giovane soldato cadde a terra, morto.
Sherlock, con un lampo di gelida ira negli occhi, sfilò la lunga spada dal fodero, che portava al fianco: “Fammi vedere cosa sai fare,” mormorò, in tono di sfida.
Anderson lo caricò, ma Sherlock lo disarmò con pochi tocchi e lo trafisse. Gli altri quattro uomini fecero per avventarsi su di lui, con rabbia e violenza. Sherlock ne affrontò due, mentre gli altri due vennero attaccati da un magnifico falco, con un piumaggio grigio-biondo. Sherlock mise, velocemente, fuori combattimento i suoi due avversari ed affrontò gli altri due, facendoli finire in terra.


Mary aveva approfittato dello scontro per fuggire il più lontano possibile dalla locanda. Stava per arrivare all’inizio della foresta, quando sentì un rumore di zoccoli avvicinarsi a lei rapidamente. Tentò di aumentare la velocità, ma venne afferrata alla maglia, sollevata in aria e depositata, senza troppi complimenti, di traverso su un cavallo.
“Lasciami andare! – urlò, scalciando – Non è così che si tratta una signora!”
“Ti ho appena salvato la vita. – ribatté una voce seria e profonda – Potresti essermi un po’ riconoscente.”
“Grazie, ma mettimi giù. Non sono comoda.”
Mary non ricevette alcuna risposta. Il cavallo continuò la sua corsa, mentre il maestoso falco li seguiva.
Cavalcarono per un po’ di tempo, fino a quando trovarono una casa abbandonata:  “Questo posto andrà bene per passare la notte,” disse il cavaliere, scendendo da cavallo.
Mary scivolò giù, grata di poter cambiare posizione, ma offesa per essere stata trattata come un sacco: “Non hai ucciso tutti quei soldati e potrebbero seguirci. Ci sarà luce anche per qualche tempo, potremmo andare più lontano.”
“Il sole calerà fra poco. – ribatté Sherlock, in un tono secco, che non ammetteva repliche – Quei soldati non ci seguiranno. Si staranno leccando le ferite e cercheranno rinforzi. Striglia il cavallo. Nella sacca troverai qualcosa da mangiare. Chiuditi nella casa e non uscire. Qui sarai al sicuro, per stanotte.”
Sherlock si era tolto i guanti ed il mantello, infilandoli in una delle sacche.
Mary lo osservò interdetta, perché sembrava quasi che la stesse lasciando da sola. Non capiva cosa volesse da lei quest’uomo così severo e compassato, ma, ogni volta che Sherlock posava gli occhi sulla ragazza, lei sentiva un brivido gelido percorrerle la schiena. Quell’uomo portava guai e pericoli ed era meglio stargli il più lontano possibile. Se l’avesse veramente lasciata da sola per la notte, avrebbe potuto fuggire.
“Non farti venire l’idea di scappare. – la ammonì Sherlock – Potresti incappare in quei soldati ed io non sarei lì a proteggerti. Ci vediamo domani mattina. Dormi. Domani ci aspetta un lungo viaggio.”
Sherlock alzò il braccio sinistro, tenendo il gomito ad angolo. Il falco planò dolcemente, appoggiandosi all’avambraccio di Sherlock, che lo accarezzò. Negli occhi colore del ghiaccio apparve una luce triste e dolce.
Senza aggiungere altro, Sherlock si allontanò, con il falco.


Rimasta sola, Mary entrò nella capanna, portandovi anche il cavallo, e cercò di capire cosa fosse meglio fare. I soldati lasciati vivi dal misterioso cavaliere nero stavano, sicuramente, dando loro la caccia, anche se era calata la notte. Lei non sapeva se e dove avrebbe trovato un altro rifugio. Il tenebroso Sherlock Holmes, come le era sembrato che lo avessero chiamato i soldati, sapeva decisamente combattere, quindi poteva ritenersi moderatamente al sicuro, con lui. Certo, non sapeva cosa aspettarsi da quell’uomo, ma non le sembrava il tipo che andasse in giro a violentare fanciulle indifese. Non aveva quello sguardo viscido e lussurioso che le riservava quel tipo di uomini. Il soldato ucciso dal commilitone aveva parlato di stregoneria. Ecco. Questa cosa la spaventava. Anche tanto. Con quegli occhi, quel portamento regale e gli abiti neri, Sherlock Holmes avrebbe potuto essere un potente stregone. Per non parlare del bellissimo falco, che lo aveva aiutato e che li aveva seguiti. Aveva sentito parlare della falconeria, era un’attività da nobili, lo sapeva benissimo. Però… però… il modo in cui Sherlock aveva accarezzato e guardato quel falco aveva qualcosa di… di… romantico ed infelice. Non trovava altro termine, per descrivere ciò che aveva visto. E ciò la faceva rabbrividire.
“Non ti dispiace, se decido di andarmene, vero? – chiese, rivolta al cavallo – Nulla mi fa più paura della magia. Preferisco affrontare tagliagole e stupratori, piuttosto che essere invischiata in queste cose bizzarre, strane e pericolose. Sono sicura che lui tornerà molto presto e che ti darà una bella strigliata. Io vado.”
Aprì la porta. La notte era illuminata dalla luna piena, che le avrebbe permesso di capire dove stesse mettendo i piedi. Aveva fatto pochi passi, quando un maestoso e grosso lupo nero le sbarrò il passo. Mary fissò gli occhi color del ghiaccio del lupo:  “Buono, cagnolino. – mormorò, senza riuscire a nascondere la paura – Tu sei buono, vero? Non sei affamato. Guardami! Sono tutta ossa! Non ti sfameresti troppo, se mi mangiassi.”
Mentre parlava, Mary cercò di spostarsi verso la casa, ma un ringhio profondo la paralizzò. Non sapeva cosa fare, quando una voce dolce arrivò dal buio: “Smettila di comportarti in modo così feroce. La stai spaventando e non è certo una grande minaccia.”
Mary, con un enorme sforzo di volontà, alzò gli occhi dal lupo. La luce fredda della luna piena illuminò i capelli biondi di un uomo, non troppo alto, ma ben proporzionato, che si stava avvicinando al lupo. L’uomo dimostrava più o meno la stessa età del cavaliere nero ed indossava degli abiti comodi, ma fabbricati con stoffe pregiate. Mentre si avvicinava, rivolgeva un sorriso rassicurante alla ragazza e non sembrava per nulla preoccupato dalla presenza del grosso lupo nero. Mary aprì la bocca, senza riuscire ad emettere un solo suono, mentre si perdeva negli occhi color dell’oceano profondo del misterioso visitatore.
“Torna pure dentro. Nessuno di farà del male,” sussurrò l’uomo, con voce dolce.
Raggiunto il lupo, appoggiò una mano sulla testa dell’animale, che alzò il muso, guaendo dolcemente. Insieme, si allontanarono nel bosco.
“Questa è magia!” sbottò Mary, terrorizzata e corse dentro la casa, barricandovisi dentro. Era meglio attendere la luce del sole, per fuggire o prendere qualsiasi decisione. In questa strana notte, troppe forze misteriose erano all’opera, per trovarsi, da sola, nella foresta.
 

Angolo dell’autrice

Vorrei fare una piccola precisazione sul personaggio di Mary. Lei  “interpreta” Philippe Gaston (nel film era impersonato da Matthew Broderick) che aveva questo particolarissimo rapporto con Dio, che ho riproposto nel racconto. Quindi, mi scuso, se qualcuno dovesse trovarlo inappropriato, ma ho solo ripreso una delle caratteristiche fondamentali di uno dei personaggi del film.

 Ogni commento è sempre benvenuto.

A domenica prossima.

Ciao!
   
 
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