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Autore: Emmastory    29/08/2016    4 recensioni
La sfortuna della giovane Rain continua a perseguitarla. Sono passati due anni, e il regno di Aveiron è ancora in ginocchio, sotto la costante minaccia dei Ladri, persone assetate di ricchezza e potere, che faranno di tutto per ottenere il completo controllo del regno. Alla ricerca di salvezza, Rain è fuggita verso il villaggio di Ascantha alla ricerca dei suoi genitori, e nonostante i contrasti avuti con loro, è ora fiduciosa e pronta. Sa bene di dover agire, e di non essere sola. I nostri protagonisti si trovano quindi catapultati in una nuova e pericolosa avventura, costretti a far del loro meglio per fronteggiare il pericolo. Si assiste quindi alla nascita di amicizie, amori, gioie, dolori e tradimenti, ma soprattutto, e cosa ancor peggiore, oscure minacce provenienti da voci sconosciute. A quanto sembra, il regno nasconde molti segreti, e toccherà alla nostra Rain e al suo amato Stefan risolverli dando fondo ad ogni grammo di forza presente nei loro corpi. Nelle fredde e buie notti, l'amore che li lega è la loro guida, ma nessuno sa cosa potrà accadere. In ogni caso, bentornati nel regno. "Seguito di: "Le cronache di Aveiron: Segreti nel regno)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-III-mod
 
Capitolo XVIII

Sola nei boschi

Era passato un altro giorno, ed eravamo ancora impegnati nelle ricerche di mia sorella Alisia. Parte della mia famiglia, e zia della mia bambina. Camminavamo lentamente, ma io mi sentivo sicura. La conoscevo bene, quasi come il palmo della mia mano, e sapevo che dato il suo amore per gli animali, una passeggiata nella natura era da sempre uno dei suoi hobby preferiti. Le piaceva camminare inspirando a pieni polmoni, e sentire il vento carezzarle i capelli, stessa azione che avrebbe voluto veder compiuta da un ragazzo. Nonostante la sua incredibile bellezza, ereditata da nostra madre, non aveva ancora trovato l’amore, e anche se non lo diceva mai apertamente, ero pronta a giurare che soffrisse per tale motivo. “Dove sei?” mi chiesi, parlando con me stessa e non arrestando il mio cammino. Fra un passo e l’altro, mi guardavo intorno, nervosa e confusa. Sapevo bene di stare andando nella direzione giusta, ma nonostante tutto, di mia sorella neanche l’ombra. Ad ogni modo, il cammino mio e di Stefan andava avanti da ore, e anche se stanchi, non ci fermavamo. In particolare, io continuavo a camminare sprezzante del pericolo, ma inciampando, finii per cadere. Facendo leva sulle mie mani, mi rimisi in piedi, e pur lamentandomi per il dolore ad una gamba dovuto alla caduta, continuai il mio viaggio. Il tempo scorreva, e con ogni passo, sentivo di starmi avvicinando sempre di più alla mia meta. In quel momento, ero stanca, ma asciugandomi coraggiosamente il sudore che mi imperlava la fronte, sbuffai con forza. Stremata, la piccola Terra non ce la faceva più. Numerose volte, ci eravamo offerti di prenderla in braccio, ma da brava soldatessa aveva rifiutato. “Ce la faccio da sola.” Aveva detto, sorridendo coraggiosa. “Sono stanca.” Disse in quel momento, lamentandosi ancora una volta per il dolore ai piedi. “Va bene, sei pronta?” le chiese Stefan, poco prima di prenderla in braccio e portarla sulle spalle. Da quella posizione, nostra figlia riusciva a vedere di tutto, e guardandosi intorno, rideva divertita. Il nostro viaggio alla ricerca di Alisia andò avanti da quel momento in poi, e improvvisamente, nel silenzio, spiccò una voce. “Mamma! Guarda là!” era Terra, che facendoci stavolta da vedetta, pareva aver scorto qualcosa in lontananza. Obbedendo a quella sorta di ordine, seguii le indicazioni che mi diedi col dito, e solo allora, la vidi. Lei, la ragazza che stavamo cercando, e che finalmente avevamo trovato. Alisia. Felice come non mai, sorrisi in preda alla gioia,e correndo verso di lei, la chiamai per nome. Guardandola, notai che appariva distratta, ma rispondendo a quella sorta di richiamo, fece in modo che i nostri sguardi si incrociassero. “Rain! Grazie al cielo!” disse, avvicinando abbastanza da poter essere abbracciata. “Cosa ti era saltato in mente? Che facevi qui?” indagai, arrivando quasi a redarguirla per quanto aveva fatto. “Scusa, ero arrabbiata, così ho raggiunto il bosco, ma senza bussola… mi sono persa, e…” biascicò, tentando con quelle semplici parole di giustificarsi e chiedere implicitamente il mio perdono. “Zia!” gridò la bambina, felice ed eccitata, correndo verso di lei e desiderando unicamente di essere sollevata e presa in braccio. “Ciao, piccola.” Le rispose, realizzando il suo desiderio e permettendole di baciarle una guancia. L’abbraccio che seguì quell’istante ci unì tutti, e una volta sciolto, decidemmo di tornare subito indietro. Chiaro era che il viaggio a ritroso sarebbe stato incredibilmente lungo, ma la cosa non ci toccava. Saremmo tornati indietro tutti insieme, e cosa più importante, mia sorella non sarebbe rimasta da sola nei boschi.
   
 
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