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Autore: Aishillin    29/08/2016    1 recensioni
La guerra era finita. Finita.
Era finita lasciando dietro di sè macerie, devastazioni e insicurezze.
Ron, con il suo desiderio di fare qualcosa per riparare ai danni del passato.
Draco, stanco di esser comandato da un cognome troppo pesante.
Harry, che non sa se sarà in grado di gestire una vita normale, senza un destino da portare avanti.
Hermione, che si chiede se sia possibile ricostruire sopra le macerie che albergano nel cuore di tutti.
Ma, nell'ombra, qualcuno trama.
L'ordine ha nel caos il suo nemico naturale, ed è proprio quando torna la tranquillità che vecchi nemici, da tempo dimenticati, iniziano a tramare.
I titani vogliono tornare a regnare.
Capitolo finale della serie Missing Moments.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing Moments'
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Come annunciato poco fa, eccomi di ritorno!
Mi sembra giusto dedicare questo capitolo a MartyMars, che si è preoccupata per la sorte di questa long (e per la mia vita), spronandomi così a portarla avanti! Grazie mille davvero!!

Detto questo, spero che il capitolo piaccia a tutti.


___________________________________________________________________________

Draco Malfoy guardò il padre, l’aria annoiata.

“Non vedo nulla di indecoroso nel diventare un Pozionista.”

“Al soldo del Ministero? Sei disposto a strisciare sotto quelli che vorrebbero schiacciarci come serpenti sotto il tacco di una scarpa? Siamo Malfoy. Potresti vivere di rendita!”

“Tu hai pensato di sposarmi, per ristabilire il nostro nome. Io ho pensato di rilanciare il MIO nome, lavorando. Lavoro su commissione e a progetto, anche per il Ministero. Dimostrerò che sono in grado di fare qualcosa di buono a prescindere dal mio nome.”

Lucius Malfoy lo guardò, irritato. Strinse il pomo del suo bastone, ma prima che potesse dire qualcosa la voce della moglie lo fermò.

“Ha ragione, Lucius. E’ adulto, non puoi più imporgli la tua volontà.”

Entrambi gli uomini si volarono verso la donna.

Esile, elegante e bellissima come sempre, nel suo lungo abito aderente color perla, la donna era comodamente seduta sulla poltrona a sorseggiare del vino bianco da un flute che un elfo le aveva prontamente offerto.

Tutti, nella casa del giovane Malfoy, sapevano le abitudini dei suoi genitori: flute di bianco per la signora, posacenere ben lucidato per il signore.

Il posacenere ricevette in quel momento un sigaro ancora mezzo intatto.

Lucius guardò la moglie, stupito dal suo intervento cheto ma risoluto. Per la prima volta dopo molto tempo, la donna incrociò gli occhi di suo marito, quell’uomo che era così cambiato, da quando si erano sposati.

“Non si può dire, caro, che le tue scelte abbiano portato lustro alla famiglia. La tua, come la mia. Due alberi così antichi, contaminati da un male che ha potuto attecchire grazie a te.”

Si alzò in piedi, sinuosa come lo era stata la sorella ma molto più elegante e discreta. Posò il flute, quasi del tutto intatto, su un tavolino lì vicino, poi si portò davanti all’uomo che aveva sposato.

“Draco è un grande pozionista, lo sai? Mentre tu parlavi con gli uomini del consiglio, io parlavo con Severus, chiedendogli se mio figlio fosse o meno dotato.” Si interruppe per accarezzare il figlio, che la fissava stupito non solo per quella presa di posizione così decisa, ma soprattutto per lo sguardo di puro affetto che non le vedeva sul viso da fin troppo tempo.

“E lui è dotato, Lucius. Davvero. Severus mi ha mostrato i suoi lavori, prima che passasse a miglior vita. Sarà un grande pozionista. Già lo è. E il fatto che persino il Ministero lo voglia, nonostante il tuo nome a gravare su di lui come una enorme spada di Damocle, ne è la dimostrazione.”

Sorrise di nuovo al figlio, abbracciandolo.

Tornò a guardare suo marito negli occhi.

“Voglio il divorzio, Lucius.”


**********************************

Il campanello al 79b di Goldest Place era sempre stato considerato dalla sua padrona più come un pezzo d’arredamento che un utile marchingegno.

D’altrone, non molti maghi avrebbero usato un campanello per annunciarsi, preferendo piuttosto mandare il proprio Patronus per avvisare di una visita, o inviare un gufo.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la padrona di casa si era resa conto che i visitatori si limitavano a comparire nel soggiorno, pretendendo di essere ricevuti.

Fu così anche per quella notte, in cui lei aveva deciso di leggere un libro accoccolata sulla sua poltrona preferita, Grattastinchi dolcemente accoccolato sulle sue gambe a fare delle basse fusa.

Il gattone fulvo era invecchiato. Il periodo lontano dalla sua padrona dovevano averlo segnato, perché da quando si erano ritrovati si era rivelato molto più affettuoso del solito: prima che Ron decidesse di rinchiudersi, andava a cercare delle coccole persino da lui.

L’apparizione di uno sconosciuto completamente fradicio nel salotto della sua padrona, tuttavia, non parve sconvolgerlo molto. Si limitò ad alzare pigramente la testa, fissare per qualche secondo il nuovo arrivato e poi tornare ad accoccolarsi sulla sua padrona.

Hermione, invece, accolse l’arrivo del nuovo arrivato con molta meno noncalanche.

Lo sconosciuto non fece nemmeno in tempo a togliersi il cappuccio dalla testa che si ritrovò schiantato al muro.

Quando Hermione riconobbe il nuovo arrivato, che altri non era se non Draco Malfoy, bagnato come un pulcino e ora privo di sensi, scattò in piedi ancora più agitata di prima, scostando Grattastinchi con urgenza.

Un innevra e mille scuse dopo, i due erano seduti tranquillamente in soggiorno, sulle due poltroncine gemelle poste accanto al caminetto.
Quello era il suo personalissimo elogio alla sua cara vecchia Torre. Aveva cercato in ogni dove una fodera identica a quella della sua poltrona preferita per sette anni, e alla fine si era dovuta risolvere a trasfigurarla per un risultato ottimale.

Draco Malfoy, tuttavia, dette prova di non essere mai entrato nella sede di Grifondoro, perché non fece cenno di riconoscere quel particolare arredamento.

Era tutto intento ad accarezzare il gattone di casa, che dopo l’antipatico comportamento della sua padrona aveva deciso che quello sconosciuto era una sede molto più comoda ove sonnecchiare facendo le fusa.

“Allora” domandò Hermione mentre soffiava sulla tazza di the bollente che teneva sul bracciolo della poltrona “Cosa ci fai a casa mia alle 2 di notte?”

Draco le sorrise, sorseggiando a sua volta il the che le aveva offerto.

“Ero sconvolto… e non sapevo dove andare. E mi è venuta in mente solo casa tua.”

Hermione lo guardò con attenzione. Anche se esibiva, a prima vista, tranquillità e scioltezza, poteva notare come le sue mani scattavano nervose, quando non accarezzavano il gatto.

Era come al secondo anno, quando da altero e freddo era esploso, rinfacciandole il pericolo che correva ed esortandola a stare attenta.

Controllato, ma sul punto di esplodere.

“Cos’è successo?”

Glielo domandò a bassa voce, un sussurro più che una domanda.

Draco scosse la testa.

“Non mi va di parlarne.” sospirò.

“Vorrei solo… smettere di pensare. A volte è così difficile… fare quello che si vuole. Perché tutti si aspettano che tu faccia qualcosa… e tu sei pronto ad infrangere le regole. Fino a quando le regole rimangono stabili. Ma quando le regole crollano? Cosa si fa allora? Comportandosi in modo diverso dal seminato, si combatte davvero qualcosa?”

Il ragazzo aveva parlato di colpo, tutto d’un fiato, come se avesse paura di non essere in grado di finire il discorso, se qualcuno l’avesse interrotto.

“Cos’è successo, Draco?”

L’aveva chiesto di nuovo a bassa voce, come se avesse avuto paura di rompere l’incantesimo iniziato con le sue confidenze.

"Mia madre ha chiesto il divorzio." Tacque a lungo, come se avesse bisogno di silenzio per digerire la cosa.

"Non so perché mi destabilizzi così tanto. Dovrei essere felice che mia madre si sia finalmente emancipata, che abbia deciso di staccarsi da un uomo come mio padre. Eppure... L'amore tra i miei genitori era qualcosa di cui ero certo. Sono sempre stato certo di questo. E per la prima volta invece.... Mi sembra che sia stato solo un'illusione."

Hermione annuì, conosceva quella sensazione. L'aveva provata quando Ron aveva deciso di lasciarla, quando si era dimostrato deciso, forte, indipendente. Non lo era mai stato prima, era sempre stata lei quella decisa, nel rapporto. Ed invece, da un giorno all'altro, tutto era cambiato.

"Insomma, non ho più punti fermi. In che direzione sta andando la mia vita?" Continuò Draco.

"Va nella direzione che hai scelto per lei.”

Draco fissò il gatto accoccolato sulle sue ginocchia, come se il pelo fulvo dell’animale potesse indicargli la via.

“Voglio diventare un pozionista.” alzò gli occhi, fissandola con aria decisa. La scintilla di decisione che aveva ai tempi della scuola non era stata soffocata dalla guerra, dopo tutto.

“Voglio ristabilire il mio nome, dimostrare che non sono come mio padre. Voglio far vedere a tutto il mondo magico quanto valgo, a prescindere dal cognome che porto. Voglio fare carriera non grazie alle conoscenze di mia madre, ma grazie alle mie capacità.”

Hermione sorrise. Decisamente, in quell’anno in cui non si erano visti, il ragazzo era cresciuto.


***************************

Il corridoio era ampio e spazioso, il soffitto a botte e le finestre ampie e alte inondavano gli affreschi di tiepida luce pomeridiana, variando il colore delle pareti dal bianco perla al tiepido giallo ocra.

Tutto, dalle cesellature al pavimento di marmo color sabbia, trasudava tranquillità e pace, persino l’assoluto silenzio sembrava una calda e rassicurante coperta in cui rifugiarsi per pensare.

Una giovane donna era affacciata al parapetto, la folta chioma bruna accarezzava le sue spalle candide. Indossava un abito lungo, con un profondo scollo sul davanti che lasciava intravedere il ventre piatto.

Il blu notte del tessuto era un tutt’uno con i riccioli setosi e risaltava il pallore del suo incarnato, accompagnandosi perfettamente all’estrema simmetria del suo viso, essendo dello stesso colore dei suoi occhi.

“Ether.”

La giovane si voltò, sorridendo all’uomo comparso, senza un solo rumore, al suo fianco.

Era alto, un volto quanto di più simile a quello del celebre David scolpito dai babbani nel quindicesimo secolo, soffici boccoli castani ad accarezzargli spalle larghe e forti.
Indossava abiti babbani, un paio di jeans scoloriti ed una camicia alla boscaiola, che insieme ad un velo di barba della giornata contribuivano a donargli un’aria tormentata e misteriosa. Più di tutto, però, il suo mistero era dovuto a due occhi anch’essi scuri e profondi come il culmine della notte.

“Questo vestiario, Osmon? Non ti si addice.”

Nonostante le sue parole la donna sorrise, abbracciandolo.

L’uomo ricambiò l’abbraccio, donandole un lieve bacio sulla fronte, ma non sorrise.

“Non ho apprezzato il tuo intervento davanti alla stele.” mormorò infatti, guardandola più che con rabbia con dolore.

“Sciocchezze.” la donna liquidò la frase con un cenno veloce delle mani. “Volevo solo vedere a che punto sono arrivati i nostri cuccioli.”

“Ti avrei riferito io i loro progressi. Sai che effetto ti fa la vicinanza ai sepolcri.”

La donna scosse nuovamente la testa.

“Sto bene.” Sorrise. “Davvero.”

Appoggiò la testa sul petto dell’altro, chiudendo gli occhi. Improvvisamente aveva un’aria stanca, come se non dormisse da giorni.

“Vicina o lontana, continuo a sentirli.” mormorò. “>Voglio solo che finisca tutto presto.”

L’altro le cinse la vita con un braccio, stringendola.

“Ci siamo quasi, devi tenere duro. Abbiamo tutti gli elementi. Ora dobbiamo solo far combaciare il tutto. Pochi mesi e il più grosso sarà fatto.”

A quelle parole Ether si librò dalla stretta, improvvisamente furiosa.

“Il più grosso sarà fatto?!” Strillò. Il lampadario di cristallo ondeggiò, tintinnando lievemente. “Lo credi davvero, Osmon? Sappiamo come tirarli fuori, ma di certo non come ucciderli. Io definirei questo il grosso del lavoro!”

Crollò a terra, le braccia intorno alla testa, un tremito a scuoterla nel pronfondo.

“Da quanto stiamo tentando? Siamo a un decimo del lavoro. E loro sanno cosa vogliamo fare, lo sanno! Io li sento. So a cosa pensano.”

Alzò gli occhi, questa volta pieni di lacrime, sull’uomo che la guardava corrucciato.

“Lo so Ether, lo so. Ma hanno paura di noi. Per la prima volta hanno paura. Vuol dire che ci stiamo avvicinando. I maghi della profezia devono essere nati, devono essere vicini a noi! Abbiamo tutte le carte nel mazzo, finalmente! Dobbiamo solo riuscire ad estrarre quelle che ci servono, e a giocarle al momento opportuno.”

Sorrise, sedendosi a fianco a lei. Di fronte a loro comparve un tavolo da Senet.

“Non è molto diverso dal Senet, non credi? Dobbiamo solo disporre i nostri pezzi nelle giuste caselle per poter arrivare all’obiettivo prima di loro.”

La baciò nuovamente sulla testa.

“Vinceremo noi, sorellina. Te lo prometto.”

*************************

 

Il reparto di Rune Antiche del Ministero della Magia era uno dei dipartimenti più famosi nel mondo magico, grazie a delle grandiose scoperte fatte per la maggior parte dal suo attuale direttore, William Regis.

Rispettato purosangue di una famiglia quasi sul lastrico ed impeccabile Corvonero, l’uomo dopo dopo una splendida performance ai M.A.G.O. aveva scelto di partire per un viaggio avventuroso alla ricerca di sensazionali scoperte con cui ridare lustro (e denaro) al suo nome.

William era tornato cinque anni dopo, portando con sé una strana cicatrice alla mano di cui non aveva mai dato spiegazione e una serie di effigi antiche che gli avevano permesso di decodificare una nuova serie di rune fino a quel momento avvolte nel mistero.

La fama (e con essa il riconoscimento e fior di galeoni) era giunta ben presto, permettendogli di scalare velocemente le vette del Dipartimento e portandolo, ad appena 35 anni, ad essere il direttore della sezione del Ministero meno considerata e finanziata.

Con la sua nomina, tuttavia, le cose erano cambiate: forte di conoscenze, fama e denaro; il mago aveva portato le Rune Antiche alla ribalta, guadagnando per sé i per i suoi sottoposti maggiori fondi, conoscenze e considerazione.

In pochi anni il dipartimento era diventato uno dei meglio finanziati e più rispettati del ministero, secondo probabilmente solo a quello degli Auror e degli Indicibili. Grazie alla sua guida illuminata i giovani diplomati potevano ambire ad interessanti borse di studio, a posti di lavoro ben sovvenzionati; il che aveva portato ben presto alla creazione di un polo di esperti di livello internazionale, spesso inviato in ogni parte del globo su richiesta di altre nazioni.

Da quel momento il reparto Rune Antiche era sempre stato sotto il suo attento e deciso controllo: nulla accadeva senza che William Regis ne fosse al corrente. Ogni nuovo arrivato, tradizionalmente, doveva passare il primo giorno di orientamento con lui, in modo da permettere al Direttore di farsi un’idea del livello delle nuove leve. E non erano mancati i giorni in cui il primo giorno era stato anche l’ultimo, per i novellini.

Per tutte queste ragioni Hermione Granger era ferma davanti alla porta di mogano dell’ufficio del sopracitato William Regis, in attesa che scoccassero esattamente le 9.00 del mattino.

La puntualità era ovviamente un pregio. O forse sarebbe stato meglio arrivare in anticipo? Ma quanto in anticipo? 5 minuti? 10?

Hermione, frustrata, guardò l’orologio: le 8.40.

Come sempre, ansiosa com’era di far tardi, era finita per essere lì largamente in anticipo.

“Primo giorno di lavoro?”

Un giovane di sua conoscenza le sorrise, come sempre, in maniera aperta e sincera.

“Lee! Cosa ci fai da queste parti?”

Lee Jordan sorrise, abbracciandola.

“Lavoro per la Gazzetta del Profeta adesso, sono un cronista sportivo.”

Hermione, se possibile, sorrise ancor di più. Lee Jordan aveva davvero l’anima del commentatore: le sue cronache durante le partite di Quidditch erano indimenticabili.

“Quindi, ti chiederai, cosa ci faccio al Ministero? Semplice: Alfred Cootes, il nuovo battitore dei Pipistrelli di Baycastle, sembra sia stato arrestato per uso improprio di magia. Sto cercando di scoprire qualcosa!”

Ridacchiò, infilando la mano dei folti riccioli scuri.

“Agitata per il tuo primo giorno?”

La ragazza, improvvisamente con la gola secca, annuì. Jordan rise di nuovo, gioviale.

“Tranquilla, conosco Regis perché è amico di famiglia. Un po’ burbero e molto deciso, ma fondamentalmente una brava persona. Vedrai: ti adorerà in meno di un secondo, avete molto in comune.”

“Per esempio?”

“Beh, si direbbe che entrambi amiamo essere in anticipo.”

Una voce stentorea la fece sobbalzare, ma prima di poter dire qualsiasi cosa Lee Jordan si intromise, salutando il suo futuro capo con il suo solito sorriso aperto.

“Signor Regis, è un piacere vederla.”

L’uomo volse lo sguardo sul ragazzo: “Lee. Piacere mio. Immagino tu sia qui per quello scapestrato di Cootes. Credo che tra dieci minuti uscirà dalla sala degli interrogatori, quinto piano sulla destra.”

Lee, grato per l’imbeccata, fece un veloce saluto al mago ed un occhiolino ad Hermione, prima di sparire nel dedalo di corridoi che caratterizzava il Ministero.

“La signorina Granger, presumo.”

“S-sì.” Hermione si schiarì la voce, decisa a fare buona impressione. “E’ un piacere conoscerla, signor Regis. Ho letto di tutte le sue scoperte e credo…”

“Quelle appartengono al passato, signorina.” L’interruppe lui. “Noi studiamo le tracce del passato, non per questo dobbiamo viverci.” Aprì con un colpo di bacchetta la porta del suo ufficio, poi le fece cortesemente cenno di entrare.

Una volta che entrambi si furono accomodati, lui dietro ad una scrivania piena di tomi e pezzi di pergamena e lei su una comoda poltroncina imbottita, l’uomo prese un fascicolo da una pila pericolante.

“Allora… Hermione Granger. Massimo dei voti in Rune antiche al terzo anno in poi. M.A.G.O. con “E” in tutte le materie per cui si è presentata. Le materie che non ha portato avanti dopo il terzo anno sono solo Divinazione e Cura delle creature Magiche. Passato il test di Materializzazione al primo colpo e con un punteggio pieno, membro del LumaClub il sesto anno, ottime referenze da parte di tutti i suoi professori, membro dell’Ordine della Fenice, menzione speciale dal Primo Ministro per il suo ruolo attivo durante la Seconda Guerra Magica…”

Sbuffò, poi gettò il fascicolo sulla pila in cui si trovava, facendola tragicamente cadere a terra.

Non si curò di risistemarla, preferendo fissare la ragazza dritto negli occhi.

“Perché è qui, signorina Granger? Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa; l’accademia Auror l’accoglierebbe a braccia aperte, se si buttasse in politica tempo tre anni e sarebbe in lizza per la posizione di Primo Ministro, il Winzegamont sarebbe onorato di averla tra i suoi membri.”
La guardò a lungo, come cercando di leggerle dentro. Hermione si sentì improvvisamente piccola, insignificante. Come se tutto quello che aveva appena detto non valesse nulla, come se fosse un demerito più che un merito, come se fosse decisamente nel posto sbagliato.

“Perché è qui, e non dove dovrebbe stare, signorina Granger?”



 

   
 
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