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Autore: Sakura Hikari    31/08/2016    1 recensioni
Raccolta di flash-fiction Makoharu.
1)Incanto
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Primo bacio 






Prompt di Luciana: Free!, Makoharu: Di solito lui tirava Haruka fuori dalla sua vasca. Quel giorno, però, fu il moro a trascinarlo dentro con sé.
Parole: 736
 





Il loro primo bacio non fu qualcosa di programmato o romantico, scambiato sotto un cielo stellato o durante uno dei tanti festival estivi durante i fuochi d’artificio. Fu una cosa istintiva, improvvisa, ma non per questo meno sentito.
Era accaduto una mattina di primavera, poco dopo l’inizio del nuovo anno scolastico, ed Haruka stava sognando. Sognò di trovarsi sott’acqua: i raggi del sole che filtravano attraverso la superficie illuminavano il fondale marino e non un suono turbava la quiete. Haruka batté le gambe un paio di volte, quasi pigramente, nulla a che vedere con la forza e l’agilità che sfoggiava nelle gare. Ma quella non era una competizione o un allenamento: adesso c’erano solo lui e l’oceano, e non c’era posto per pensieri, doveri ed obblighi. Haruka smise di muovere braccia e gambe e lasciò il suo corpo galleggiare in quell’immobilità liquida, sentendosi avvolgere da una sensazione di totale pace e leggerezza. Nelle sue orecchie sentiva il mare cantare la sua canzone, una canzone antica e senza parole, e Haruka si concentrò totalmente su di essa, lasciandosi cullare.
Là sotto non sentiva il bisogno di altro, della compagnia di altre persone, di preoccuparsi per i suoi studi, dell’andamento degli allenamenti e delle decisioni per il suo futuro. Non sentiva neanche il bisogno di risalire in superficie e respirare.
Quella per lui era la perfezione. Eppure, per la prima volta sentì che c’era qualcosa di sbagliato: mancava qualcosa.
Ad un tratto sentì la voce pronunciare forte il suo nome.
“Haruka?”
Haruka aprì gli occhi. Non era stato l’oceano a parlargli, bensì Makoto, e non si trovava sott’acqua, ma nella vasca del suo bagno. Il volto di Makoto gli appariva in alto rispetto a dove giaceva e l’amico lo guardava leggermente preoccupato. “Hai impiegato più del solito a rispondermi. Sei sicuro di stare bene?”
Haruka fece un lieve cenno di assenso. “Stavo sognando di galleggiare sul fondale marino”, disse.
Chiunque altro avrebbe scosso la testa oppure gli avrebbe rivolto un sorriso di cortesia. Non Makoto: il sorriso che si fece strada sulle sue labbra era sincero e conteneva quella comprensione e complicità che era andata a solidificarsi tra di loro in tutti quegli anni. “Avanti, tirati su oppure faremo tardi come al solito”, lo incitò, porgendogli una mano.
A quel punto accaddero due cose strane, in rapida successione. Per cominciare Haruka guardò Makoto, come se lo vedesse davvero per la prima volta. Era sempre il solito Makoto, e quella era una scena che si era ripetute innumerevoli volte giorno dopo giorno (la mattina a casa sua, il pomeriggio in piscina), eppure Haruka si ritrovò ad osservare con più attenzione i suoi lineamenti, il suo sorriso dolce, lo sguardo affettuoso. Quella semplice posizione di lui con il braccio rivolto verso Haruka rappresentava per il moro una delle immagini più care e familiari. Di più, qualcosa di così abitudinario da essere irrinunciabile, come lo sgombro a colazione e la sensazione dell’acqua sulla pelle.
E Makoto era davvero bellissimo.
La seconda fu quasi un’incidente: di solito, a quel punto, lui tirava fuori Haruka dalla sua vasca. Invece, quel giorno il moro lo trascinò dentro con sé – non che Haruka avesse preso quella decisione consciamente: invece di lasciarsi issare su, istintivamente aveva fatto leva verso il basso, e un secondo dopo Makoto si trovava con il busto contro di lui, la gamba sinistra incastrata tra la vasca e la gamba destra di Haruka ed un gemito di sorpresa sfuggitogli dalle labbra.
Makoto si sollevò un poco da quella scomoda posizione, sostenendosi con le braccia e con la gamba rimasta all’asciutto, ed i loro sguardi s’incontrarono. I loro volti erano vicinissimi, tant’è che Haruka poteva contare le gocce d’acqua impigliatesi tra le sue ciglia.
“Haruka, ti senti bene?”, domandò lui.
Per tutta risposta Haruka fece incontrare le loro labbra: fu un bacio umido, forse un po’ impacciato all’inizio, ma una volta riavutosi dallo shock Makoto ricambiò, stringendo delicatamente il labbro inferiore di Haruka tra le sue.
Il bacio durò un istante o forse un’ora, Haruka non avrebbe saputo dirlo. Quando si staccarono Makoto aveva appoggiato una mano sulla guancia del moro, e teneva gli occhi chiusi.
“Mi trovavo sott’acqua”, cominciò Haruka, altrettanto all’improvviso come le sue labbra si erano posate su quelle di Makoto. “Era una sensazione bellissima, mi sentivo in pace… ma allo stesso tempo c’era qualcosa di sbagliato. Mancava qualcosa”. Tacque ed incrociò lo sguardo con quello di Makoto. “Mancavi tu”.




 
  
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