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Autore: Marianna 73    02/09/2016    14 recensioni
Scelte che uniscono, trascinano, separano e ricongiungono. Scelte che condizionano un'esistenza ma che spesso poco possono contro l'amore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso di spezzare il capitolo, per più di un motivo. Innanzitutto perché, dovendo provare a spiegare le “vite nuove” dei protagonisti, ed  essendo loro sempre più che mai complicati, rischiavo di propinarvi un mappazzone assolutamente indigeribile. Non che così siano facili da affrontare, questi Oscar e André, ma presi uno alla volta, secondo me, sono più tollerabili. In secondo luogo il fattore tempo, che mi ha impedito di completare la seconda parte e che mi impedirà di aggiornare la prossima settimana…ho pensato che metà capitolo era pur sempre meglio di niente!
Infine un’esortazione a chi tutta questa disperazione non la regge quasi più: tenete duro, il vento sta per cambiare…
Un abbraccio ed il solito immenso, calorosissimo grazie a tutte voi, siete la forza che mi serve per continuare questa avventura.
A presto! 

VITE NUOVE – prima parte

L’America… Buon Dio,  quanto gli era sempre sembrata lontana!
Ne aveva sentito parlare spesso in passato, specie quando la Francia aveva inviato i suoi contingenti in supporto alle colonie durante la guerra… ricorda di aver cercato sulle mappe l’ubicazione delle tredici colonie che per prime avevano reclamato la loro indipedenza e di aver discusso di quali fossero le forze in campo, di cosa avrebbe significato, per il resto del mondo, una loro vittoria. Ricorda di essersi stupito, osservando la vastità di quel continente, di essersi spesso domandato come sarebbe potuta essere la vita, in un luogo cosi lontano da sembrare quasi irreale. Ed ora…
Rigira piano il bicchiere tra le mani, gli occhi fissi sul liquido rosso che ancora lo riempie per metà. Non è riuscito a pensare ad altro, negli ultimi giorni, se non alle parole di Monsieur Guillome.
“È nostra intenzione trasferirci in America, André” gli aveva detto Dominique due sere prima, le spirali di fumo azzurrino che dalla pipa salivano in lente volute verso il soffitto affrescato dello studio.
“Il conflitto è terminato ormai da più di tre anni e le opportunità, per chi ha il coraggio di coglierle sono innumerevoli. Per questo ho deciso, all’indomani della proclamazione d’indipendenza, di investire parte dei miei profitti in una piantagione di tabacco in Virginia. Era nostra intenzione trasferirci laggiù già da tempo ma l’incidente ad Etienne prima e la gravidanza non proprio facile di Elise poi ci hanno costretto a cambiare i nostri piani.”
Aveva preso un respiro profondo e aveva cercato lo sguardo di André.
“Ma ora, non appena il bambino sarà nato, nulla ci tratterà  dal partire. Ho già  dato disposizioni al mio segretario di prenotare i posti sull’ultima nave in partenza, prima dell’inverno, ed ho scritto all’amministratore della tenuta affinché possa iniziare i preparativi per il nostro arrivo.” Aveva posato la pipa e intersecato le dita, prima di continuare.
“Immagino che avrete capito perché vi sto dicendo tutto questo…” Ancora una pausa, che ad André era parsa lunghissima. “Lo faccio perché  mi auguro con tutto il cuore che voi decidiate di seguirci e voglio che abbiate tempo di riflettere su ciò  che comporterebbe per voi lasciare la Francia.”
André era rimasto fermo sulla poltrona, le dita serrate forte sui braccioli in legno, deciso a non far trasparire il turbamento che lo aveva assalito.
La voce di Monsieur Guillome aveva proseguito, colma di calore, quasi a volerlo rassicurare.
“Mi dicono sia una terra meravigliosa, André, vastissima e selvaggia, perfetta per chi ha bisogno di ricominciare…”
André  aveva scrutato il viso del suo interlocutore, immerso nella penombra ma non era riuscito a comprendere a chi si riferisse con quella frase, se a lui o a sé stesso, al dolore immenso che la disabilità di uno dei suoi figli gli procurava. E malgrado l’entusiasmo che gli accendeva lo sguardo, nel parlare del futuro, aveva scorto una supplica muta in quegli occhi, una richiesta tanto accorata quanto spaventosa, per lui che la doveva esaudire.
Si era alzato in piedi, le braccia lungo i fianchi e le mani strette a pugno, nel tentativo di trattenere il tremito delle mani. “Ci penserò, Dominique” aveva risposto con un piccolo cenno del capo “Intanto sappiate che vi sono davvero grato per avermi messo a parte delle vostre intenzioni.” Gli occhi dell’altro non lo avevano lasciato “ Era mio dovere, farlo, André. E spero mi perdonerete se insisto nel chiedervi di pensarci bene, prima di darmi una risposta.” La sua voce si era abbassata ma solo per divenire ancora più vibrante “e se vi chiedo di pensare ad Etienne, nel prendere la vostra decisione…” André non aveva potuto evitare di provare un brivido, di fronte a quello sguardo “Lo farò “ aveva infine risposto “ve lo posso assicurare”.
Ed era quello che aveva fatto, e che ancora stava facendo.
Non era riuscito a scacciare quel pensiero, mai, in nessun istante di quelle giornate, consapevole che la decisione che avrebbe preso avrebbe cambiato non  solo il suo destino, ma anche quello di Jules e soprattutto di Etienne.

L’incontro con i gemelli Guillome aveva cambiato la sua vita. 
Lo avevano accolto con garbo ma con freddezza, convinti di trovarsi di fronte all’ennesimo precettore che avrebbe abbandonato il suo incarico non appena si fossero palesate le prime difficoltà. Perché se interagire con Jules, brillante, estroverso e sempre disposto ad accogliere ogni novità con entusiasmo era stato facile, non altrettanto facile era stato guadagnarsi la fiducia di Etienne, già riflessivo e ombroso di natura e reso ancora più difficile da gestire dall’incidente che lo aveva costretto all’immobilità. L’intelligenza vivacissima di cui era dotato lo aveva aiutato a crearsi uno scudo di irriverenza ed indolenza difficilissimo da sgretolare. Ogni tentativo di  André era dapprima  andato a vuoto, fatto a pezzi dalle risposte sterzanti del bambino, per nulla disposto ad abbattere il muro dietro cui si era trincerato e dietro cui nascondeva tutta la sua rabbia e la sua impotenza.
Ma a parlare per lui, ed a raccontare tutta la sua sofferenza erano stati i suoi occhi, scurissimi e dolenti, che avevano artigliato il cuore di André sin dal loro primo incontro. Aveva giurato a sé stesso, da subito, che avrebbe fatto tutto ciò che gli fosse stato possibile, per aiutare quel ragazzino sofferente. E giorno dopo giorno,  con pazienza ed allegria lo aveva raggiunto, in quel gelo che aveva scelto come compagno, e lo aveva convinto a dargli fiducia. Ne era scaturito un rapporto quasi simbiotico, che aveva aiutato  entrambi a lenire le diverse  solitudini in cui si erano ritrovati a vivere. E quando il dottor Delacroix aveva proposto quella nuova terapia, fatta di massaggi ed esercizi fisici, Andrè aveva spronato Etienne a provarci, promettendogli un aiuto concreto, e tutto il suo sostegno.
Con l’ausilio del medico aveva imparato a massaggiare i muscoli inerti delle gambe, ad aiutarlo con i dolorosi piegamenti che la ginnastica riabilitativa prevedeva e si era gettato a capofitto nello studio per meglio comprendere la conformazione di ossa ed articolazioni.  E aveva accolto ogni piccolissimo miglioramento con una gioia mai provata, un appagamento ed una leggerezza dell’anima che non pensava fosse possibile conquistare con il raggiungimento di un obiettivo personale.
Quando aveva deciso di abbandonare Oscar ed il suo mondo freddo ed effimero, lo aveva fatto con la convinzione che nulla valesse più dell’amore, e della realizzazione concreta di quel sentimento. E pur amandola alla follia aveva giudicato Oscar con un livore che aveva rasentato l’odio, per quella sua cocciutaggine nell’anteporre il suo dovere ad ogni altra cosa. L’aveva accusata di non aver  creduto nel loro amore, di averlo sacrificato alla possibilità realizzare sé stessa e di ritenere lui nulla di più di un bel giocattolo di cui poter fare a meno in qualunque momento. 
"Non mi ama abbastanza," aveva pensato, "non mi ha mai amato, se ha preferito anteporre la carriera a me..."
Si era crogiolato a lungo in quel pensiero, convinto che mai, in presenza di un sentimento sincero sarebbe stato possibile avere altre priorità. Lui, solamente, era stato nel giusto, con la sua decisione di obbligarla a scegliere, a decidere cosa valesse di più, per lei.  Lui che aveva pensato solamente a un futuro per loro, ad un avvenire in cui nulla avrebbe avuto importanza, se non i loro sentimenti. 
Quanto si era sbagliato… lo aveva capito poco alla volta, un giorno dopo l’altro, ogni volta che i progressi di Etienne gli facevano ringraziare Dio per averlo saputo incoraggiare, ogni volta che vedeva le sue mani divenire strumento attivo di quel piccolo miracolo ed udiva la sua voce diventare stimolo a continuare, a non ascoltare il dolore e la fatica, a lottare, a concentrarsi, a non arrendersi. 
Spesse volte, di fronte ai piccoli movimenti autonomi che Etienne riusciva a compiere si era commosso sino alle lacrime e non solo per la felicità di vederlo progredire ma per la soddisfazione profonda che il raggiungimento di un obbiettivo a lungo perseguito, può  portare.
E subito dopo si era ritrovato con il cuore stretto in una morsa perché  nulla avrebbe desiderato di più in quei momenti che una persona, al suo fianco, con cui condividere quella gioia.
La prima volta che gli era successo, Etienne a riuscito a far compiere un piccolo movimento alla gamba destra, in piena autonomia, era corso nella sua camera, gli occhi inondati di lacrime gioiose, sicuro di trovarla, bramoso di stringerla forte e raccontarle,  tra un bacio e l’altro, cosa era accaduto e ridere forte con lei e sollevarla tra le braccia e farla volteggiare, leggero e appagato.
Quando, spalancando la porta, aveva trovato la stanza vuota e silenziosa, il desiderio di fuggire da quella casa per tornare al galoppo a Parigi ed inginocchiarsi di fronte a lei supplicandola di perdonarlo, era stato così  impetuoso da divenire una lama infuocata nel petto. 
Aveva spalancato con furia le ante del piccolo armadio per trarne la sua bisaccia e quasi scardinato i cassetti, per aprirli e arraffare i pochi abiti che contenevano. Doveva andarsene, e correre a dirglielo, che era stato egoista e presuntuoso. E ottuso e prepotente, nel pretendere di averla solo per sé, e che finalmente lo aveva compreso, che amare non è solo pretendere, ma è soprattutto comprendere e condividere.
Che il suo amore, quello cristallino e purissimo che racchiudeva nel profondo del cuore, non sarebbe mai stato intaccato da nulla, avrebbe resistito a qualunque prova… Aveva quasi finito, non gli restava che svuotare il cassetto dello scrittoio  quando si era fermato, matido di sudore, le mani strette al libro di medicina che gli aveva prestato il medico.
Di colpo gli occhi scuri di Etienne, affaticati e felici come li aveva appena lasciati al piano inferiore,  gli si erano palesati davanti, ricordandogli la sua promessa ad aiutarlo nel difficile cammino che lo aveva convinto ad intraprendere. 
Ogni furia era svanita ed il desiderio di riabbracciare Oscar, ed il dolore che ogni singolo istante passato senza  poterlo fare gli procurava, era passato in secondo piano.
Non avrebbe mai potuto lasciare quella casa, non prima di aver mantenuto la promessa che aveva fatto ad Etienne. 
Con un gesto stanco aveva lasciato cadere la bisaccia e si era seduto sul letto, la testa tra le mani, i pensieri a rincorrersi come impazziti. Era rimasto fermo nel crepuscolo che invadeva la stanza non sapeva nemmeno lui quanto tempo, poi quando la notte aveva già ombreggiato ogni cosa si era alzato ed aveva riposto con cura tutto quanto.
Sarebbe rimasto, aveva deciso, il tempo per aiutare Etienne a guarire completamente, così come gli aveva promesso. Poi sarebbe tornato a Parigi, da Oscar, e l’avrebbe supplicata di perdonarlo.

Il bicchiere è ancora colmo, quando lo spinge sul bancone dell’osteria, lo stomaco troppo chiuso per riuscire a deglutire  alcunché.
Era stato quel pensiero a dargli la forza di resistere ancora lontano da lei negli ultimi mesi. Il pensiero che l’avrebbe rivista, che avrebbe potuto raccontarle ogni cosa, che avrebbe potuto tornare ad amarla, se solo lei avesse voluto, con la profondità nuova che quella consapevolezza gli aveva donato.
Ma ora… ora per mantenere la promessa fatta ad Etienne doveva partire. 
Non ci sarebbero più stati pochi giorni a cavallo a separarli, ma mesi di viaggio ed un Oceano.
C’erano buone probabilità che quel viaggio lo avrebbe allontanato da lei e dal suo passato, in modo definitivo.
Si alza in piedi, e cerca affannoso nelle tasche, poi getta un paio di monete sul legno di fronte a sé e si affretta all’uscita, l’aria greve di fumo improvvisamente insopportabile così come la prospettiva di doverla lasciare senza poterle confessare ciò che ha compreso. 
L’osteria è più affollata del solito, e la sua furia lo porta ad incespicare contro una sedia e a perdere l’equilibrio, tanto da doversi reggere ad un tavolo, per non cadere. La sua irruzione intempestiva interrompe l’animata conversazione che vi sta avendo luogo ma mentre prova a riguadagnare la stabilità fa in tempo ad udire due voci eccitate sovrapporsi: “…un dannato aristocratico vi dico, direttamente da Versailles!” “ …è  l’occasione che aspettavamo, per fargliela pagare!”

…continua.







   
 
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