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Autore: Red_Coat    02/09/2016    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Silenzio. E calma.
Una calma pacifica come dopo una lunga, ululante e furibonda tempesta.
Tremenda tempesta.
Prima, la mia mente era oberata dal dolore e dalla nebbia; ora invece tutto questo sembra essere sparito, e la nebbia dissolta.
Anzi no, non sembra. È.
Improvvisa e rapida, come se non ci fosse mai neanche stata.
Spazzata via dalla voce di Sephiroth, dai suoi occhi che continuano a stare dritti di fronte ai miei, nel buio in cui sono ancora rinchiuso.
Sono sveglio. In tutti i sensi.
Sento il mio respiro, calmo e regolare adesso, nascere dentro il mio petto e scorrere lento e tranquillo su per i polmoni, strabordando dalle narici e dalla bocca per poi ritornare dentro, e inondare nuovamente il mio corpo di ossigeno nuovo.
È fresco... leggero.
Come un'onda placida del mare calmo di Junon.
Nella mia mente s'è fatta l'alba.
C'è qualcuno che mi stringe la mano; Lo sento, perché il suo calore riscalda la mia pelle, probabilmente priva del guanto che la copriva.
Intenso, famigliare.
Non ho neanche bisogno di vederla, per capire ch'è lei: Mia ... madre.
Riapro lentamente gli occhi, la vedo che dorme al mio fianco; la testa poggiata sul ciglio del materasso e un braccio piegato sotto di essa, a sorreggerla.
Le dita dell'altra mano stringono le mie, attorcigliate attorno ad esse.
Sembra ... devastata. Terribilmente devastata.
Solo adesso mi rendo conto di quanto il tempo passato ad aspettarmi l'abbia segnata.
Mi viene ... quasi da piangere. Continuo a tenere gli occhi chiusi, mentre tengo acceso il tatto e l'odorato e allungo la mano destra libera verso i suoi capelli castani, macchiati di bianco, trovandoli soffici e vellutati come sempre.
Un brivido corre veloce lungo la mia schiena.
Non so cosa sia, se paura o qualche altro inspiegabile sentimento. Non so ... veramente cosa provare adesso. Sono solo grato di poterla vedere ancora.
Mi sembra quasi di essere scampato per miracolo a una sciagura, e sono cosi ... così felice di rivederla!
Le rughe sul suo viso, la sua espressione stanca ...
Ha pianto molto mentre mi aspettava. Troppo.
E non so perché, ma il mio pensiero corre di nuovo a Sephiroth.

<< Madre ... >> la chiamo dolcemente, ma lei non risponde

Dorme troppo profondamente.
Sorrido. Mi spiace svegliarla, ma ... non voglio che faccia incubi a causa mia.
Voglio dirle che sono vivo, che non c'è più nessun bisogno di piangere, perché non ho più intenzione di rischiare così tanto.
Non posso ... più farlo.
Non dopo che Sephiroth... mi ha salvato.
Mi chiedo cosa significhi la promessa che ho dovuto fargli, ma non m'interessa più di tanto.
Non capisco quasi nulla adesso, non so neppure come sia stato possibile che io sia arrivato a questo punto.
Forse il dolore, lo shock ... ma non può essere stato soltanto questo.
E la nausea allora? I brividi, i mal di testa, le convulsioni e ... quell'orribile malessere generale che ha quasi finito per uccidermi? Il mio corpo sembrava quasi sull'orlo di esplodere, di sfaldarsi. Non lo controllavo neanche più.
...
Forse ... anche da questo la mia mente era influenzata...
Non so quale nome abbia tutto quello che ho dovuto attraversare ma ... adesso è finita.
È tutto finito, lo conferma questa calma benefica, fuori e dentro di me.
La totale assenza di dolore, il pieno controllo di me stesso.
"Sephiroth... grazie. Mille, e mille volte ... grazie!"
Mi fido.
Io ora mi fido di lui.
Totalmente. Completamente.
Ed è questo, sicuramente questo, a donarmi la più bella e completa sensazione di spensieratezza, leggerezza e calma che io abbia mai provato. Una calma che, so per certo, non scomparirà col passare dei minuti e delle ore.
Qualcosa di molto più superiore all'estasi folle del combattimento, che non nasce dall'odio e dalla selvaggia voglia di uccidere.
No. Questo ... questo è qualcosa di molto più etereo e profondo, come ... una splendida epifania di meravigliosa luce che entra nella mia vita proprio quando credevo di aver davvero toccato il fondo, e senza più nessuna possibilità di risalire.
Un lieve cigolio appena percettibile mi ridesta dai miei pensieri. La porta della mia camera si è aperta piano, e ora mio padre mi fissa sulla soglia come se avesse appena visto un fantasma.
La mano trema stringendo la maniglia, gli occhi si sgranano quasi non potessero neppure credere a ciò che stanno vedendo.
Continuo a sorridere, gli faccio segno di fare silenzio portandomi l'indice vicino alle labbra, quindi torno a sfiorare la testa di mia madre e le stringo la mano un po' più forte

<< Mamma ... sveglia. >> mormoro, col tono giusto per far sì che mi senta senza spaventarsi.

La sua mano stringe la mia. Inconsapevole. Dopo qualche attimo ancora, si ridesta stropicciando appena le palpebre, e sollevando gli occhi stanchi verso di me mormora, la voce ancora impastata come se stesse tuttora sognando

<< Mh? Victor ...? >>

Il sorriso si allarga sulle mie labbra, trasformandosi in uno intenerito da quella sua espressione incredula e assonnata quasi infantile che, dopo pochi istanti, continuando a guardarmi si trasforma in una piena di stupore e sollievo.
Guarda me, i miei occhi. Solo ora me ne accorgo, sono cambiati di nuovo.
Poi rivolge uno sguardo alla mia mano, al mio viso e poi ancora di nuovo alla mia mano che stringe forte la sua.

<< V-Victor...? >> chiede, frastornata

Le sfioro il viso con una carezza, annuisco

<< Sono qui, mamma. >> le dico << Sono vivo. >> e finalmente la vedo sgranare gli occhi, risvegliandosi completamente da quel torpore che l'ha avvolta fino a pochi attimi fa.

La guardo negli occhi, le prendo le mani

<< E non me ne andrò mai più. >>

Ma non avrei avuto neppure bisogno di dirglielo.
Lei, starebbe al mio fianco anche se dovessi scappare nel luogo più remoto di Gaia. Sarebbe con me, vicina al mio cuore e a ciò che sono davvero, anche se dovessi commettere il più atroce dei misfatti.
Perché ... lei è mia madre.
Scoppia a piangere, mi butta le braccia al collo e ripete il mio nome, più e più volte tra i singhiozzi di gioia e disperazione miste insieme.
La stringo, chiudo nuovamente gli occhi anch'io lasciando che le lacrime scorrano libere, e affondo il naso nel soffice velluto dei suoi capelli. Ha ancora lo stesso profumo che ricordo da quando ero piccolo, di ortensia, fiori di campo ed estate.
Essenza di dolcezza, tenerezza, forza, tenacia e amore.
Tutto in un solo corpo: Quello di una madre. La mia.
E ancora una volta penso a Lui.
Cosa sarei diventato, se non ci fosse stata lei? Come avrei fatto a sopportare tutto questo, senza i suoi sorrisi, i suoi abbracci, la sua voglia di ritrovarmi sempre e comunque, anche quando sembravo essermi totalmente perso in me stesso.
La consapevolezza di sapere che, in fondo a tutta quella disperazione, io c'ero ancora, ci sono sempre stato, e sempre ci sarò.
Chi se non lei, avrebbe potuto saperlo e agire così, contro tutto e tutti?
Chi, se non una madre e il suo amore incondizionato, la conoscenza profonda di suo figlio, e la voglia indistruttibile di salvarlo ad ogni costo?
Lei ... è la mia salvezza.
Sephiroth, lei ... è la nostra forza.
E io non permetterò mai, a nessuno e in nessun modo, di farla soffrire ancora così.
Neanche a me stesso.

***

Quando il dottor Fujita ricevette la ormai inattesa ma comunque tanto sperata chiamata erano le tre e quarantacinque del mattino, e tutti dormivano nella grande cascina del bed and breakfast sul lago, e nel villaggio vicino.
Tutti, tranne lui.
Il pomeriggio del suo ritorno a casa, quello appena trascorso, pioveva, e nel mentre lui aveva dovuto cercare di convincere il piccolo Keiichi che non si poteva andare da suo padre ora, senza turbare nessuno.
Gli aveva detto, mentendo, che non sapevano neanche dove fosse, e che probabilmente (visto che il bambino ne era convinto) non sarebbe stato forse il momento più adatto. Sarebbe stato lui stesso a tornare da loro, come aveva promesso quando se n'era andato.
Hikari era, per la prima volta, stata in disparte a guardare mentre il bambino puntava i piedi e ribadiva che stavolta dovevano "annare", che non potevano più aspettare.
L'unica domanda che pose, fu al piccolo: Ma dove potremmo andare, Keiichi? gli chiese con dolcezza, nel suo linguaggio muto dei segni Non sappiamo dove sia adesso, papà?
Il bambino allora le aveva sorriso, e rassicurante aveva ribattuto, allargando le braccia come se fosse ovvio

<< A Miggal, mamma. Dove sennò? Nella sua città. >>

La giovane donna aveva tremato, e con lei anche Yukio e Manimi.
Certo, era ovvio. A Midgar, dove altrimenti?
Immediatamente aveva ripensato ai giorni trascorsi insieme sul lago, ai racconti di Victor, e alle parole con cui aveva descritto Midgar.

<< Potrei andarmene in giro anche fino in capo al mondo... >> aveva detto << Ma poi ritornerei sempre lì, perché non esiste un altro posto in cui vorrei stare. >>

La sua città.
Anche lei l'aveva pensato, molte e molte volte nel corso di quegli ultimi mesi.
Ma non aveva mai ... avuto il coraggio di dirlo.
Perché se Victor non era ancora tornato dopo tutto questo tempo, un motivo doveva pur esserci.
Forse ... il viaggio che aveva intrapreso dopo essersene andato da SOLDIER lo aveva cambiato, o peggio ancora ... qualcosa di molto grave era avvenuto, talmente tanto da fargli pensare che non fosse il caso di ripresentarsi da lei in quelle condizioni.
Sospettava ... che il nuovo marito di sua nonna sapesse qualcosa, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiedere. Aveva fiducia che, al momento opportuno, lo avrebbero fatto loro stessi.
Perciò, nell'istante in cui Keiichi formulò quella frase, ogni cosa nella mente di ciascuno dei presenti si era fatta chiara e lineare, così che quando Yukio aveva tremato, Hikari aveva saputo che ciò che sia lei che suo figlio avevano sempre pensato forse aveva più di un fondo di verità.
Comunque, anche stavolta aveva taciuto, mentre Fujita prometteva solennemente a Keiichi

<< Domani andrò a Midgar, e inizierò a cercarlo. Quando lo troverò, farò in modo che possa ritornare da voi. Costi quel che costi. Va bene? >>

E il bambino, sorridendo, aveva annuito per poi abbracciarlo. Come sè se lo aspettasse. Infine si era girato verso sua madre e a gesti le aveva detto: "Tranquilla mamma, tra poco lo rivedremo."
Tutto questo, mentre a Midgar Victor Osaka stava vivendo i suoi ultimi istanti di vita.
Inutile allora spiegare il motivo per cui il medico non era riuscito ad addormentarsi, nonostante la stanchezza accumulata in quel faticoso giorno appena passato.
E neanche perché si trovasse lì adesso, a fissare il soffitto nel silenzio pacifico della notte pensando anche a quanto fosse strano che il piccolo non piangesse o non si lamentasse in alcun modo nel sonno, viste le condizioni in cui suo padre era ridotto.
"Magari ... " pensò " ... è già morto. O sta per farlo proprio ora. Per la dea, spero solo non soffra più di così, povero ragazzo! ".
Aveva le lacrime agli occhi, e un soffocante nodo stretto in gola gl'impediva il respiro quando i primi due squilli di telefono riecheggiarono nel silenzio pacifico della casa, dal piano di sotto in cui era situato.
Non appena lo udì, scattò in piedi e si fiondò giù a rispondere.
La voce di Yoshi, calma e seria come sempre, gli fece tremare il cuore, e quasi non credette alle proprie orecchie quando l'uomo gli disse, dall'altro capo del telefono

<< È vivo. >>

Senza fiato.
Un attimo di smarrimento e incredulità.
Rimase in silenzio, stringendo la cornetta del telefono e fissando l'apparecchio a muro di fronte a sé, in totale confusione quasi non sapesse se quella che stava vivendo fosse realtà o solo un illusorio sogno.

<< C-cosa? >> mormorò, sbigottito e incredulo

Yoshi sospirò

<< Mio figlio... >> ribadì << È vivo. Credo stia bene. Si è svegliato pochi attimi fa. >>

Mentre lo diceva, Yukio sentì la sua voce tremare appena, incrinata dall'emozione.
Non poteva essere altrimenti.
Così come Fujita stesso non poté non impedirsi di sospirare sollevato ed esclamare gioioso

<< Bene! >>

Poi però, per la paura di svegliare soprattutto sua nipote e il piccolo, abbassò di nuovo la voce e disse, allegro e impaziente

<< Sia lodato il cielo, bene! Ma trema ancora, ha dolori o qualche altro sintomo simile? >>
<< No. >> rispose la voce profonda di Yoshi da dietro la cornetta << Nulla di tutto questo. Sta bene, gliel'ho detto. Solo ... >>

S'interruppe, e di nuovo la paura s'insinuò nella mente del medico

<< Cosa? >> domandò, leggermente in ansia

Un altro istante di silenzio, poi Osaka concluse, in uno strano tono appena un po' cupo

<< Venga a vedere lei stesso. >>

Yukio non se lo fece ripetere due volte

<< D'accordo. Partirò immediatamente. >> disse << Sarò lì in un'ora, non appena riuscirò a prendere il treno. >>
<< Faccia con calma. >> rispose serio Yoshi dall'altro capo << Non credo ci sia bisogno del suo intervento adesso. >>

Dopo di ché, senza aspettarsi una risposta, chiuse la chiamata.
Il medico rimase lì ancora per qualche minuto a fissare la cornetta del telefono che stringeva in mano, e a chiedersi cosa quella strana conversazione avesse voluto dirgli.
Victor stava bene, era vivo. Non era ancora finita.
Questo era ciò che contava, no?
Eppure, il tono di Yoshi ... sembrava quasi sconvolto. O ... stranito forse. Come di un uomo che non ha più neanche la più pallida idea del perché di una certa situazione, e non sa neanche dove tutto questo potrà portarlo.
Era semplicemente... preoccupato.
Ma di cosa.

<< Venga a vedere lei stesso ... >> gli aveva detto

Cosa?
Si voltò, e solo allora si accorse di avere Manimi nella sua vestaglia da notte dietro di sé. Era pallida e stanca.
Non era stata molto bene quel pomeriggio, dopo che avevano provato in tutti i modi a convincere Keiichi di quanto fosse assurda la sua idea di partire per Midgar alla ricerca di suo padre.
Era stata per anni la seconda mamma di Hikari e ora anche la bisnonna di quel bambino così intuitivo e speciale, normale che fosse in pensiero.
Ma forse la preoccupazione stava iniziando a farle più male del previsto.
Le sorrise, la abbracciò forte, poi le carezzò i capelli

<< Come stai? >> le chiese

Lei non rispose, continuando a guardarlo

<< Era per Victor? >> domandò di rimando

Lui la fissò. Non l'aveva mai vista così seria.
Annuì

<< È vivo, sta bene. >> rispose soltanto, continuando a sorridere seppure un po' più lievemente

La donna si lasciò andare, rilassando i muscoli ed espirando pesantemente, come per lasciar scivolare via dai polmoni un grosso peso. Per poco Yukio non temette di vederla svenire, e accorse a stringerla a sé sorreggendola

<< Che la dea sia lodata! >> sospirò la donna, stringendosi nella veste azzurrina, e appoggiando la testa al suo petto.
Poi lo guardò, e mormorò con fatica

<< Stai andando da lui? >>

Yukio la guardò a lungo, scrutandola attentamente.
Non era un mistero che fosse preoccupata per tutta questa situazione, e neppure che fosse combattuta sulla sorte di quella famigliola non ancora nata.
Da quando le aveva raccontato delle condizioni di Victor, Manimi si era interrogata sempre più attentamente su cosa sarebbe stato meglio per Hikari e il suo bambino, se stargli lontano o raggiungerlo dove si trovava.
E l'episodio avvenuto appena qualche ora addietro con Keiichi non aveva fatto che alimentare questi dubbi.
Era combattuta. Da un lato, sperava che un giorno Victor avesse potuto riprendere con sé Hikari e quel figlio che neanche sapeva di avere e farne finalmente la sua famiglia a tutti gli effetti, ma dall'altra ... dopo tutto quello che aveva saputo non era più poi così tanto sicura che questa fosse la soluzione giusta, sia per lui che per la giovane e suo figlio.
La vita da SOLDIER non era stata facile, lo aveva cambiato e forse reso anche più fragile. E a volte la fragilità poteva rendere pericoloso anche il più pregiato cristallo.
Per questo Manimi si era opposta all'idea di Keiichi, ma non se la sentiva neanche di precludere a padre e figlio la possibilità di conoscersi. Lo avrebbero fatto.
Magari più in là, in circostanze migliori, quando anche Keiichi avrebbe potuto essere abbastanza grande per capire ed eventualmente ... prendersi cura sia di sua madre che di sé.
Ma intanto ... e se sciaguratamente un giorno la natura avrebbe deciso di riportarla al lifestream, magari assieme a quell'uomo che tanto l'aveva amata? Loro due cosa avrebbero fatto, in quel villaggio da soli e con quella immensa proprietà da mandare avanti?
Si, è vero, Keiichi era speciale e Victor aveva insegnato ad Hikari quel po' che serviva per difendersi ma ... sarebbe bastato? Ce l'avrebbero fatta da soli a difendersi dai pericoli di un mondo bello ma anche spaventoso come quello in cui abitavano?
Questi pensieri, uniti poi anche a quella improvvisa fragilità fisica che l'aveva colta e che minacciava di essere molto più di un semplice malessere passeggero, la impensierivano a tal punto da averla tenuta sveglia per tutta la notte, senza che Yukio se ne fosse accorto.
Ma ora che finalmente riuscivano a guardarsi di nuovo negli occhi, solo ora lui se ne accorse. Ed ebbe improvvisamente paura

<< Si. >> le disse, poi con gentilezza la prese tra le braccia e sollevandola da terra si avviò verso le scale << Ma tu sei troppo stanca, hai bisogno di riposo adesso. >>

Manimi sentì un magone stringerglisi in gola, ma non disse nulla.
Si limitò ad appoggiare la testa sul petto forte del consorte e a stringersi a lui, mentre la conduceva di nuovo nella loro camera ascoltando quel cuore forte che batteva, e pensando che invece, nel frattempo, sembrava che il suo si fosse all'improvviso stancato di farlo.
Da quando quel fantasma era apparso davanti a loro vicino a quella grotta, non aveva fatto altro che pensarci, nonostante ci avesse più volte provato. Doveva prendere una decisione, e anche al più presto.
La risposta ai suoi dubbi era già chiara, nascosta vividamente dietro l'immagine di quella donna dai lunghi capelli castani. E, forse, proprio l'opporsi ad essa era la causa del suo malessere che lentamente la stava uccidendo.
Era destino, si disse mentre Yukio la adagiava sul letto e la copriva con le lenzuola ancora profumate di sapone.
Hikari e Keiichi avevano ragione, era scritto nel destino che prima o poi quella famiglia dovesse riunirsi e vivere insieme il resto del tempo che restava.
Così com'era destino che lei dovesse andarsene e lasciarli alla loro vita, anche se avrebbe voluto stare con loro per sempre.
Lo disse anche a Yukio, prima che se ne andasse, prendendolo per mano e mormorando stanca

<< Diglielo ... Portali da lui. >>

L'uomo la fissò stupito stringendole le mani, chino su di lei per poterla ascoltare

<< Cosa? >> bofonchiò, incredulo

Manimi sorrise

<< Non c'è più ... così tanto tempo. >> rispose << Forse ... sarebbe meglio ascoltare la voce di un bambino. >>

Gli occhi di Yukio la scrutarono per qualche istante, lucidi. Poi un sorriso apparve sulle sue labbra e accarezzandole i capelli annuì dolcemente, concludendo

<< Va bene. Vedrò quello che posso fare. Tu intanto riposa però. >>

Poi la baciò appena sulle labbra e sussurrò, prima di lasciarla al buio e al silenzio di quella notte stellata così diversa da tutte le altre, così ... miracolosa

<< Tornerò presto. Ti amo ... tantissimo. >>

E nel rispondere alla sua ombra, di nuovo Manimi scivolò in un sonno piacevole che ristorò i suoi muscoli, e rinfrancò il suo spirito.
Per i pochi giorni avvenire che le rimanevano, carichi e ricchi di regali dal destino.

***

Mia madre continua ad abbracciarmi.
Sono secoli ormai, che stiamo così. O forse solo qualche manciata di minuti, o di ore?
Io stretto a lei, le sue braccia attorno alla mia vita e la sua testa sul mio petto ad ascoltare il mio cuore che batte, come se non ci credesse neanche.
Nemmeno io lo faccio, ancora.
Davanti ai miei occhi, Sephiroth. E la mia promessa.
Che significato ha per me?
Per noi?
Sephiroth ... cosa devo fare, ora che ... sono i tuoi occhi?
Ci penso, mentre guardo fisso un suo poster che si erge dritto di fronte a me, sulla parete di fronte.
Poi all'improvviso recepisco. Sono nella stanza di mio nonno, nel suo letto. Quello ... non dovrebbe essere qui.

<< Mamma ... >> mormoro, senza muovermi

La guardo soltanto, rivedo lo sguardo stupito e appena un po' sconcertato nei suoi occhi appena mi ha visto. Non stava osservando me, ma ... qualcosa in me. I miei occhi?
Forse ...

<< Mh? >> mi risponde lei, alzando il volto per potermi vedere di nuovo, e ancora una volta la sua attenzione vaga per qualche attimo su un particolare del mio viso che non riesco a distinguere, ma poi torna a fissarmi negli occhi come se già si ci fosse abituata

La fisso in silenzio, pensieroso, mentre le stringo una mano.
Poi però sospiro, e torno a pensare al poster

<< Come mai è qui? >> chiedo

Lei ci mette poco a capire. Scruta dapprima me, un po' confusa, poi segue il mio sguardo e allora sorride, anche un po' imbarazzata

<< Oh, ce l'ho messo io. Pensavo ... >> si ferma, arrossisce << Bhe pensavo che ... >>

Non la lascio neanche finire

<< Che svegliandomi mi sarebbe piaciuto vederlo? >> chiedo << O che magari ... mi sarei svegliato grazie a lui ...? >>

La sento tremare, senza un apparente motivo.
Non so neanche perché ho detto quello che ho detto ... oppure si. Ma ... c'è ancora qualcosa che mi sfugge, qualcosa che ... voglio che mi sfugga. Forse.
La guardo, e dato che non sa neppure più cosa dire le chiedo, serio

<< Hai sperato che potesse guarirmi, in qualche modo. Non è così? >>

Trema di nuovo. Si, è così.
E adesso capisco. Torno a guardare il poster, buttando la testa sul cuscino. Sephiroth ... lei ha pregato per me... e tu l'hai ascoltata?
" Che t'importa? ", consiglia una vocina dentro di me. Ma non posso fare a meno di chiedermelo.
M'importa eccome. Perché se fosse così ... non so, forse non cambierebbe nulla ma ...

<< Tu credi nei miracoli, mamma ... ? >> è la mia domanda, chiudendo gli occhi e continuando a stringerla

Ancora una volta la sento tremare. Poi, dopo un attimo di silenzio, sorride e ribadisce, accarezzandomi una ciocca di capelli di quelle che mi scivola vicino la fronte

<< Si, tesoro. Ci ho sempre creduto ... >>

Sorrido. Riapro gli occhi e la guardo

<< Allora non ti sorprenderai >> inizio << ... se ti dico che stavolta è tutto merito suo. >>

Tace. Riapro gli occhi e guardo il volto di Sephiroth nel poster, mentre la mano di mia madre si ferma sulla ciocca che mi sta accarezzando, e con la coda dell'occhio vedo le sue labbra dischiudersi in un'espressione stupita, ma non sconvolta.
Come sé se lo aspettasse, ma non adesso.
Continuo a sorridere di più, chiudo di nuovo gli occhi e mi abbandono a questa calma benefica e quasi innaturale che mi pervade l'anima, a questa gioia che esplode nel mio cuore come un'alba luminosa e da tanto tempo attesa

<< ... è ... è stato ... Sephiroth? >> mormora incredula mia madre, inconsapevole di quanto quelle parole facciano bene al mio spirito, di quanto tutto questo non faccia che restituirmi passo dopo passo e minuto dopo minuto un po' di quella lucidità e quel coraggio che temevo di aver perduto per sempre << È stato Sephiroth a guarirti, è questo che intendi? >> ripete

Non è incredula, né scettica. Solo ... felice?
Si, anche lei è felicemente sconvolta da questo, e non posso fare a meno di aprire gli occhi e guardarla con un sorriso.
Le mie pupille feline si specchiano nelle sue. Non ci resta che un abbraccio, per consolidare la pace di questo momento.
È così assurdo ... Meravigliosamente assurdo!
La stringo, immergo ancora il naso nel profumo dei suoi capelli e vi immergo le dita. Gioiamo insieme, mentre penso soltanto a quanto tutto questo possa ancora far parte della stessa identica realtà che vivevo fino a qualche ora fa.
Mi sembra ... di essere rinato.
Per te, Sephiroth.
Non scorderò mai, il fatto che tu mi abbia dato questa ennesima seconda possibilità.
E neppure che tu ... sia stato veramente l'unico che abbia voluto darmela.
Non ... lo dimenticherò davvero, mai più.

<< Oh, tesoro! >> mormora semplicemente mia madre, stringendomi << Sono così felice per tutto questo. >>

Anche io, mamma. Così... così tanto felice!
Poi mi scioglie dall'abbraccio, mi guarda il viso e accarezza di nuovo la stessa ciocca di capelli prima di stampare un bacio tenero e dolce sulla mia fronte.
Chiudo gli occhi per godermi il breve momento, quindi li riapro quasi subito guardandola per ascoltare ciò che ha da dirmi. Ma proprio nel momento in cui sta per aprire la bocca, delle voci giungono dal corridoio alle nostre orecchie.

<< È nella stanza di Mikio, con Erriet. >> dice mio padre

Rumore di passi. Mia madre si alza, appena in tempo perché la porta si apre, e sulla soglia appare il volto gioioso e sorpreso del dottor Fujita.
Sempre lui. Devo ammetterlo, stavolta sono contento di vederlo.
Solo che non appena apre bocca, il mio cuore perde un colpo. Mi abbraccia, poi esclama

<< Buon dio, ragazzo! >> sorpreso, guardando la stessa ciocca che stava accarezzando mia madre << Che accidenti hai fatto ai capelli? >>

Cosa?
Guardo i volti stupiti del dottore e di mio padre, poi quello emozionato di mia madre e un sospetto comincia a concretizzarsi sempre più velocemente.
Schizzo in piedi, mi dirigo immediatamente nel bagno di fronte alla stanza senza neanche preoccuparmi di chiudere la porta.
Indosso ancora solo i pantaloni neri della nuova uniforme che ho scelto quando me ne sono andato da SOLDIER e gli stivali di pelle nera, e con quelli mi fiondo nella piccola stanza, accendo rapido la luce e rimango a fissare lo specchio, improvvisamente senza fiato.
Ora ... ora capisco...
La prima cosa che vedo non è la mia immagine, ma quella di un bambino dai lunghi capelli bianchi e dagli occhi felini del colore del Mako più puro, che ha indosso solo una semplice maglia bianca e mi guarda impassibile. Qualcosa, in quello sguardo.
Sento qualcosa che ... mi fa triste... e angosciato.
Non l'ho mai visto prima, ma so per certo di chi si tratta, anche perché subito dopo appare lui.
Sephiroth. Nella forma in cui l'ho conosciuto.
Quasi come fossero mere illusioni della mia mente, le due immagini rimangono poco di fronte ai miei occhi, giusto il tempo per permettermi di capire, e quando infine svaniscono mi accorgo di un particolare importante nel mio riflesso, qualcosa come un marchio, che prima non c'era e invece adesso ... forse ci sarà per sempre.
I miei capelli sono ricresciuti rapidamente in questo lungo arco di tempo, il taglio è molto più simile a quello di Sephiroth rispetto a quello che avevo prima.
E adesso, alla destra della mia fronte, la lunga ciocca che arriva a lambire lo zigomo scendendo giù fin quasi a sfiorare il gomito del braccio ... si è completamente tinta di bianco.
Ogni singolo filo di capelli in quella ciocca. Albino.
Rimango così, paralizzato ad osservare i fili d'argento che si muovono al ritmo del mio respiro lento, che sobbalzano impercettibilmente al prepotente pulsare del battito regolare del mio cuore. Alzo lentamente una mano verso di essa ma ... all'improvviso ...
Non riesco più nemmeno a sfiorarli, non ho più neanche ... il coraggio, di guardarmi allo specchio.
Sephiroth ... è questo che vuoi da me?
Io ... adesso sono te? Per metà, ma io sono ... esattamente quello che ho sempre sentito di essere?
Incompleto, diviso, privo di quel qualcosa che mi facesse sentire parte di un mondo, di un qualche proposito, piano, progetto.
Sephiroth ... ora sono ... parte del tuo? O forse ... forse lo sono sempre stato.
Si... si, ma certo! Non poteva ... non poteva che essere questa, la risposta a quasi tutte le mie innumerevoli domande!
Anche se sono ancora molte quelle senza risposta, ora so che ... i miei poteri, i nostri sguardi, le nostre somiglianze... tutto questo non è avvenuto per caso. No! Non è stato affatto un caso, ma un progetto. Un piano che continuo ad ignorare ma che comprende anche ... me. Me, e lui.
Di nuovo, la sua immagine appare nello specchio, annullando ciò che rimane del mio riflesso.
Il suo viso, i suoi occhi, la sua espressione indecifrabile. Quello sguardo determinato e freddo ... guarda me.
Non c'è alcuna differenza tra me e lui, adesso.
Siamo soltanto un po' più simili, un po' più ... vicini.
Uniti, in quel qualcosa che ci rende speciali.
E non posso non trattenere il fiato, mentre continuo a risentire la sua voce, le sue parole. La mia promessa

<< Sii i miei occhi, fino al giorno del mio ritorno. >>

Non posso continuare a permettere che ... questi occhi ... i suoi occhi vedano quello che hanno visto i miei fino ad oggi.
Non posso ... più farlo. Per me, per lui, per la vita che mi ha restituito.
Non dopo tutto quello che già la vita ha riservato loro.
Anche se non capisco appieno ciò che ha in mente, anche se non comprendo come questo possa essere possibile nonostante tutto e tutti, devo solo ... aspettare. Ed obbedire, come ho sempre fatto.
"Si, signore!"
Perché ora ogni cosa è al suo posto, o quasi, e ciò che manca so che solo Sephiroth sarà in grado di restituirmelo, proprio come pensavo quando tutto questo è iniziato.
Un paio di lacrime sfuggono al mio controllo precipitando nel lavandino, ma la mia faccia continua a rimanere seria, i miei occhi piantati in quelli della sua immagine.
Dolore, morte, dubbi e perplessità ... il senso della solitudine, dell'abbandono. Noi non ce lo meritiamo!
Non avremmo mai dovuto provarlo. Mai!
E ...

<< Sephiroth ... >> mormoro, determinato, stringendo forte i pugni attorno ai bordi del lavandino << non lo proveremo mai più, te lo prometto. Io ... basta così. Non lo permetterò mai più a nessuno. Farò ... quello per cui mi sono arruolato. >> concludo, con tutto il rinnovato zelo che sento rinascere dentro di me, adesso anche più di prima

Non credo di aver più bisogno di aggiungere altro.
Vivrò per entrambi, fino a quando non saremo in grado di farlo ognuno per sé stesso.
Fino a che non vorrai finalmente sciogliere tutti gli altri dubbi che restano. Aspetterò fino anche al mio ultimo respiro. Anche dovessi morire, resterò al tuo fianco.
Perché mi fido, e non posso permettere al mondo di farci ancora del male senza il nostro permesso. Combatterò per questo, nel suo nome.
E allora, come accogliendo quelle parole la sua immagine sparisce restituendomi la mia, con quegli occhi così simili ai suoi lucidi di lacrime, gli zigomi umidi di pianto e la lunga ciocca bianca a testimoniare che, da adesso fino alla fine della mia vita o di quella dell'intera Gaia, io sarò per sempre al suo fianco.
Sempre, Sephiroth.
E tu al mio.
Così ... eccolo, il mio nuovo faro in mezzo al mare. Stavolta non si spegnerà mai più, perché ce lo siamo promessi. E noi le manteniamo sempre, le nostre parole.
Qualcuno bussa con tre colpi veloci sullo stipite. Sulla superficie limpida dello specchio oltre alla mia immagine appare anche quella del dottor Fujita, dietro di me.

<< Victor ... >>

Mi volto a guardarlo

<< Tutto bene? >>

Annuisco, sorridendo appena. Lui attende un'ulteriore risposta, che però non arriva.
Mi limito a fissarlo in silenzio, con imperturbabile calma. Deve ... sembrargli così strano.
Anche a mio padre, che ci guarda dalla porta della stanza. Non capisco perché, eppure dovrebbero esserne felici no?
Infine, il medico si lascia andare ad un sospiro sollevato e sorridendomi aggiunge gentile

<< Bene! Sia lodato il cielo, benissimo! Vorrei visitarti un'ultima volta, ti disturberebbe? >>

Perché me lo stai chiedendo, se fino ad ora hai sempre fatto senza il mio consenso?
Comunque ...

<< No. >> dico, aprendomi in un sorriso e seguendolo in camera.

Mia madre e mio padre osservano attenti mentre lui effettua i soliti controlli. Misura il battito cardiaco, soddisfatto e anche un po' meravigliato, il respiro e infine preleva un piccolo campione di saliva per misurarlo in un piccolo apparecchio elettronico come quello che usano alcune volte gli scienziati del reparto scientifico.
Lo guardo riflessivo senza parlare, lui se ne accorge ma non dice nulla.
È la prima volta ... che glielo vedo usare. Eppure ... non posso essere certo che non ce l'abbia mai avuto.

<< Meraviglioso! >> esclama infine, dopo aver analizzato i dati << Sei perfettamente guarito! >>

Mia madre tira un lungo sospiro di sollievo, anche mio padre lo fa, ma non così vistosamente come lei. Io guardo il dottore sorridendo appena.
Non avevo dubbi, ma ...

<< Posso sapere qual era il problema? >>

Un silenzio strano e gelido cala di colpo nella stanza, tra di noi.
Li vedo scurirsi in volto, negli occhi di mia madre cala un impercettibile velo di terrore. Fujita guarda mio padre, lui annuisce. Infine, torna su di me e annuendo sospira e risponde, senza esitazione con la sua solita calma

<< In sostanza ... >> inizia << Dipendenza da Mako. >>

(CONTINUA ...)


NDA: Eccomi qua, sono tornata! Le vacanze sono finite ed è ora di riprendere in mano questa storia con tutto quello che ha ancora da offrirmi, gioie e dolori. Sorprese e tanta gioia per Victor da questo momento in poi, ma ... per noi? Quanti altri colpi di scena e momenti di riflessione ci riserva questa storia? Tanti. E uno più bello dell'altro.
Vedrete, vedrete.
Anche quest'anno sarà dura portarla avanti, ma ce la metterò tutta perchè le ultime due parti che sono rimaste (Final Fantasy 7 ed Advent Children) sono a mio parere le più belle che io abbia mai scritto fino ad oggi su questo tema, e voglio godermele <3
Buona lettura a tutti, e buon inizio di settembre.

Sarah

   
 
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