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Autore: charly    02/09/2016    1 recensioni
Zaron ha conquistato tutti i regni del continente di Zabad; finalmente anche Issa è caduta. Tuttavia per ottenere da Issa ciò che desidera, la spada non serve: dovrà sposarne la principessa. Pensava sarebbe stato semplice, non immaginava quanto complicata la sua coscienza gli avrebbe reso la cosa.
Deja è la principessa di Issa e con l’abdicazione del padre ne diviene la regina. Il matrimonio con Zaron è impossibile da rifiutare, visto che risparmierà il suo regno e la vita del suo amato genitore. Ma è una proposta difficile da accettare: il matrimonio con un uomo che non conosce, molto più vecchio di lei, che ha conquistato con la forza la sua casa, la riempie di terrore soprattutto perché lei ha solo dodici anni.
Si era sbagliato se aveva creduto che vederla lo avrebbe dissuaso, non aveva preso in considerazione la sua determinazione. […] Lui doveva sposarla, tutti i suoi sogni si basavano su questo.
Lei era impallidita, i suoi occhi si erano fatti grandi, enormi in quel viso non ancora maturo, e si erano spostati dalla spada alla corona e poi al suo viso inflessibile e infine erano scesi, seguendo l’armatura da guerra, soffermandosi sugli avambracci muscolosi e segnati dalle cicatrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il cuore di un drago'
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IV. QUANDO FUORI È SILENZIO E SOLO LA LUNA È ALTA NEL CIELO

 
 
Era ormai passata di molto la mezzanotte quando Zaron si ritirò negli appartamenti che gli erano stati assegnati a palazzo. Le stanze erano lussuose, anche se sicuramente non le più lussuose, e in qualsiasi altra occasione gli avrebbero strappato una smorfia di disappunto in quanto era abituato a dormire nel letto del sovrano sconfitto, ma ora non badò alle stanze: la sua attenzione si concentrò completamente sulla persona che già le occupava.
Perla lo attendeva in camera da letto, reclinata sulle lenzuola. Teneva la schiena appoggiata alla testata, circondata da cuscini, e leggeva alla luce di numerosi lumi. Zaron notò che era ancora vestita di tutto punto, l’abito blu oltremare di seta iridescente era completo di blouse coordinato. I lunghi capelli neri erano sciolti e adornati di elaborati fermagli dorati. Era evidente che non si trovava nel suo letto perché aveva intenzione di intrattenersi con lui quella notte.
Lui e Perla litigavano raramente e alcune volte gli era toccato di ingoiare l’orgoglio e chiederle scusa. Zaron sapeva già in partenza che questa sarebbe stata una di quelle volte.
Lei non alzò gli occhi dal libro sentendolo avvicinarsi, lui si sfilò la cinta che reggeva l’elsa contenente la spada e l’appoggiò per terra, a fianco del letto, poi si sedette sulla sponda. Perla ancora non lo guardava ma poteva vedere che i suoi occhi erano fissi sulla pagina del libro e non si muovevano nella lettura.
- Di’ qualcosa.
- Qualcosa.
Rispose lei laconicamente e voltò pagina.
Lui le strappò il libro dalle mani e se lo buttò alle spalle senza badare dove sarebbe atterrato.
- Non essere infantile.
Lei lo guardò finalmente, e lo sguardo che gli rivolse era inizialmente irritato e spazientito per poi divenire via via più iroso.
- Infantile? Io? Non sono io che ho nascosto a tutti la mia intenzione di prendere moglie, come se fosse un piccolo, sporco segreto. Non sono io la bambina che ti appresti a sposare.
Poi, dopo una brave esitazione volta a sottolineare la parola, aggiunse.
- Idiota.
Lui fece una smorfia colpevole.
- Non sapevo come dirvelo…
Lei lo interruppe.
- Magari dicendo “Perla, ragazze, ho deciso finalmente di sposarmi e prendere una regina”. Non è difficile!
Quando lui non replicò aggiunse in tono esasperato.
- Cosa c’è, non avrai mica pensato che avremmo reagito male? È un pezzo che rimandi il matrimonio, era ora che ti sposassi, il regno intero attende un erede, se non te ne fossi accorto. Erano tutti preoccupati, anche noi. Ci chiedevamo quando finalmente ti saresti deciso! Anche se sinceramente non mi sarei aspettata che la tua scelta sarebbe ricaduta su quella ragazzina issiana, non è da te, non dopo tutto il putiferio che hai fatto quando il vecchio Varkis a ottant’anni suonati ha sposato quella quindicenne. Perché, in nome di tutti gli dei, non ne hai parlato con noi, prima? Almeno con me, avresti potuto confidarti! Ti fidi così poco?
L’ultima domanda era stata rivolta con un filo di voce e Zaron notò allarmato che a Perla era sfuggita una lacrima. Le prese il volto tra le mani, con tenerezza, e le asciugò la guancia.
- Certo che mi fido di te, Perla. Lo sai. Tu sei la persona di cui io mi fido di più in tutto il mondo. Ti affiderei la mia vita. Sei la mia più cara e fedele amica. Non volevo ferirti. Ti prego perdonami.
La strinse al petto e la udì ripetere “idiota” parecchie volte prima che si calmasse.
- Cara è convinta che tu non ci abbia detto nulla perché vuoi licenziarci. Le ho detto di non essere sciocca. Dimmi che la sciocca non sono io…
Lei si era ricomposta e si era passata rabbiosamente le mani sugli occhi e Zaron provò rimorso per averla fatta inutilmente preoccupare.
- Non sei una sciocca. Non vi licenzierò. Mai. Ti ho detto, come ho detto anche a Cara e alle altre, che non vi manderò mai via, non per sostituirvi con altre, né per altri motivi. Soprattutto non te, Perla. Ti ho invitata al mio fianco per restare e solo tu puoi decidere quando e se andartene. Ricordi?
Le sorrise esitante e si sentì sollevato quando lei gli restituì il sorriso. Lei si rilassò sui cuscini e, considerando evidentemente concluso l’argomento, socchiuse gli occhi, assumendo la posa e l’espressione di una madre che ha pizzicato il figlio piccolo con le mani sporche di marmellata.
- Allora, questa Deja di Issa. Com’è? Dalle chiacchiere che sono riuscita a racimolare so solo che è molto giovane e molto graziosa.
- Deja è giovane, terribilmente giovane, ha solo dodici anni.
Si passò una mano sulla faccia ma non gli sfuggì comunque il sussulto di sorpresa di Perla.
- Colpa mia che non mi sono informato sulla sua età: suo padre ha superato la sessantina, come potevo sospettare che sua figlia, la sua prima e unica figlia, fosse così giovane? È una ragazzina graziosa, suppongo. Sinceramente ho cercato di non soffermarmici. Lo sai come la penso al riguardo: c’è “giovane” e c’è “troppo giovane” e lei rientra fermamente in quest’ultima categoria. Anche per questo Cara non avrebbe dovuto preoccuparsi, passeranno anni prima che possa consumare il matrimonio o pensare a un erede; temo che il regno dovrà attendere ancora per un po’. Per quanto riguarda il suo carattere…
Si mise a ridere ripensando alla temerarietà della ragazza quella sera.
- Sai cos’ha fatto? Stavo annunciando il nostro futuro matrimonio al suo popolo e lei mi ha interrotto e mi ha rubato la parola, annunciando di aver accettato la mia proposta e presentandomi come il futuro re di Issa…
Perla sorrise con lui.
- A quanto pare non ti permetterà di metterle i piedi in testa. Questa è una cosa positiva.
Lui sollevò il sopracciglio e la guardò incuriosito finché lei non elaborò il suo pensiero.
- Già parti avvantaggiato: sei il khan di Rakon, non esiste nessuno con autorità pari alla tua. Hai conquistato con la forza delle armi il suo regno e quindi tutto quello che lei ha, lo ha perché tu le permetti di averlo e, credimi, una cosa del genere non si dimentica mai. Non so quanta possibilità di negarti il suo consenso al matrimonio le hai lasciato, non molta scommetto visto che nessuna fanciulla acconsentirebbe con gioia a sposare un uomo molto più vecchio di lei, che ha preso con la forza tutto quello che le apparteneva. E poi è così giovane, a quell’età si è praticamente ancora inesperti del mondo e della vita! Io a dodici anni già vivevo in un bordello, ma per me è stato diverso: io era la figlia di una prostituta, non certo una nobildonna. Tu hai tutto il potere, potresti farle qualsiasi cosa e lei non avrebbe l’autorità per dirti di no. Il fatto che non ti tema è un bene, Zaron. Non vorrai mica portarti a casa un agnellino terrorizzato che ti dice sempre di sì, con lo sguardo fisso a terra? Come le concubine di tuo padre, ricordi? Poverette…
Zaron si era steso sul letto, con la testa appoggiata sul grembo di Perla. Le prese una mano ingioiellata e se la portò alle labbra.
- Hai ragione mia perla. Infatti il suo atteggiamento mi ha divertito. Promette bene la ragazza. Spero solo che possa andare d’accordo con voi. La devo sposare, Perla.
Lei gli carezzò il viso e poi gli appoggiò la mano sul petto.
- Perché devi?
Lui sospirò.
- I miei piani per Issa, di quelli ti avevo parlato. Se voglio la città, con la sua ricchezza, i suoi scienziati, le sue invenzioni… Per avere la loro lealtà, la forza non solo non basta, ma sarebbe controproducente.
Lei sembrò illuminarsi, comprendendo il suo piano.
- Ma se sposi la loro legittima regina, diventi il loro legittimo re. Se si rifiutano di obbedirti non è una ribellione, ma una rivolta. Non avrebbero nessun altro da mettere sul trono, gli porti via l’unica bandiera sotto cui possono giustificare una sollevazione di massa. Loro ti seguiranno perché con te seguiranno lei!
Poi Perla si incupì.
- L’integrazione che desideri però non avverrà tanto facilmente.
- Cosa intendi?
Questa volta fu lei a sospirare.
- Dovrai promuovere molti matrimoni misti se vuoi che le due corti si unifichino, se vuoi che i due popoli si unifichino, e questo non piacerà a molti. Gli ordinamenti sono diversi, le usanze sono diverse e Issa e Rakon sono lontane geograficamente. Come pensi di realizzare il tuo progetto?
Zaron era sempre stato vago riguardo a quel punto quando ne avevano parlato precedentemente, ma ora decise di spiegarsi meglio.
- Halanda dovrà necessariamente rimanere la capitale ufficiale e amministrativa. Resterà il seggio della mia, delle due corone unite. Per Issa immagino un futuro come capitale intellettuale, un centro le cui idee e novità vengano abbracciate con entusiasmo dal resto del mio impero. Voglio che gli abitanti di Halanda guardino a Issa con invidia e desiderino emularla. Voglio che i nobili di Rakon facciano a gara per inviare qui i loro figli a studiare così che quei figli tornino a Halanda con le idee issiane in testa e le applichino. Voglio che i mercanti di Issa si affrettino ad aprire filiali in tutta Rakon esportando i loro beni e il loro lusso. Con gli anni, con le generazioni, Issa perderà importanza e Halanda diverrà il centro del mondo: potente militarmente, benestante, pulita e ordinata, ricca di cultura e vivace intellettualmente.
Gli occhi di Zaron brillavano mentre si figurava quel futuro, quel suo sogno che aveva coltivato per anni e che finalmente vedeva alla propria portata.
- Ma tutto questo si basa sulla tua capacità di integrare la corte issiana in quella rakiana. Se i tuoi nobili faranno resistenza e snobberanno la tua regina, come farai? Senza contare i pugnali avvelenati che si alzeranno alle sue spalle… Quanti attentati alla tua vita hai subito nei tuoi primi anni di regno? Sette? A quanti pensi riuscirà a sopravvivere lei?
Zaron sbuffò seccato.
- Lo so, e hai ragione. Ho già pensato che dovrò portare con noi un gruppo di nobili e burocrati issiani e dovrò per forza assegnare loro posizioni di prestigio nel mio governo. I mie cortigiani dovranno cercare di ingraziarseli se vedono che li favorisco. Dovrò anche portarmi dietro un contingente militare issiano che faccia da guardia personale a mia moglie. So già che sarà un incubo dal punto di vista della sicurezza. Ma di loro mi posso fidare: faranno da scudo a Deja con i loro stessi corpi, a costo della vita. E poi come dici tu, dovrò promuovere i matrimoni misti… Speriamo che il mio prendere in moglie un’issiana incoraggi la moda. Magari potrei suggerire a qualche casata minore di offrire le loro figlie in spose a nobili issiani. Vedendo che li sostengo a discapito di casate maggiori magari anche loro si affretteranno a combinare alleanze matrimoniali.
- Se vuoi posso aiutarti in questo. Sì… Ti sottoporrò quali famiglie potrebbero essere indotte a fare una simile scelta, quali fanciulle. Ma bada che per convincere i tuoi nobili a sposare fanciulle issiane non posso esserti d’aiuto. Gli uomini sanno essere cocciuti e orgogliosi, in questo senso. Soprattutto se si parla dei loro eredi maschi.
Lui le sorrise.
- Sei già di grande aiuto. Per le ragazze, chiederò a Deja di portarsi dietro un numero consistente di nobildonne per farle compagnia. Di certo qualcuna attirerà le attenzioni dei miei nobili.
- Basta che siano le attenzioni giuste. Non vuoi che quelle ragazze di nobile famiglia vengano aggredite solo perché non conoscono le nostre usanze e sono considerate una preda facile.
Lui fece una smorfia, disgustato.
- La mia corte dovrà accettare l’inevitabile. Per la legge issiana le donne hanno molto più potere politicamente e partecipano alla vita di palazzo, non se ne stanno rintanate a casa. Oggi all’incoronazione i nobili issiani si erano portati dietro mogli e figlie, nonostante la minaccia rappresentata dai miei soldati che presidiavano il palazzo.
- Notevole. Spero proprio che questa regina issiana riesca ad andare d’accordo con noi. Sembra un’amica interessante da avere.
Perla sbadigliò con eleganza e poi scostò il capo di Zaron, prima di alzarsi.
- È tardissimo e devo ancora parlare con Cara, mi aspetta alzata sai. È meglio che riposi anche tu. Dai, che ti aiuto a toglierti l’armatura.
Zaron si mise in piedi e le permise di denudarlo. In genere era un lavoro che avrebbe fatto un paggio ma Zaron, cresciuto senza servitori, non aveva mai voluto essere aiutato a svestirsi e rivestirsi e anche per le sue abluzioni preferiva fare da solo, sempre che una delle sue concubine non si offrisse di assisterlo, come in quel caso. A differenza delle altre volte, però, Perla non si spogliò anche lei, ma lo salutò con un bacio e, dopo aver indossato nuovamente il velo, si ritirò negli appartamenti a fianco ai suoi, che gli disse avrebbe diviso con Cara per la durata del loro soggiorno a Issa e, prima di congedarsi, gli intimò nuovamente di riposare. Zaron ispezionò la stanza, controllando le porte e le finestre e poi finalmente si stese a letto, con la spada a portata di mano e un pugnale sotto il guanciale, come era sua abitudine. Si addormentò più sereno di quanto si fosse svegliato quella mattina, ora che aveva conquistato la mano della regina issiana e aveva l’appoggio di Perla.
 
Per Deja era stato facile mantenere un fronte coraggioso e determinato finché aveva altri da convincere. Era stata coraggiosa, presentandosi al popolo con Zaron al suo fianco, la mano di lui stretta attorno alla sua; era stata altera e fredda davanti alla corte, perché altrimenti sarebbe scoppiata a piangere e doveva a tutti i costi apparire come una regina, non una ragazzina spaventata, non solo davanti alla sua gente, ma soprattutto davanti ai nobili rakiani che le avevano rivolto occhiate di ostilità ogni volta che aveva guardato nella loro direzione. A quanto pare erano entusiasti quanto lei del suo prossimo matrimonio.
Era stata coraggiosa anche davanti a suo padre, il suo povero padre, che lei non aveva mai visto così vecchio e disperato, neanche quando la città era caduta. Allora si era comportato con onore e dignità, come un re, ora invece era stato il padre a prevalere su tutto il resto e la sua angoscia alla prospettiva di perderla, di vederla andare via, era stata palpabile. Questa volta era stata lei che aveva dovuto essere forte per entrambi e, anche se aveva pianto aggrappata a lui, era stato Aborn a crollare ubriaco, proprio lui che le aveva sempre detto che indugiare negli alcolici era un segno di debolezza che un sovrano non può permettersi. Mentre accompagnava le guardie che lo portavano di peso nei suoi appartamenti aveva riflettuto che doveva essere quello il punto di non ritorno che segna la fine della fanciullezza e l’inizio dell’età adulta: quando ti rendi conto che i tuoi genitori non solo non possono più aiutarti, ma sei tu adesso a dover aiutare loro. Suo padre, quell’uomo gentile ma serio e autorevole, che l’amava e l’aveva sempre guidata, che era stato il suo compasso morale, la persona a cui lei aveva sempre guardato come un modello di vita da imitare con ammirazione, le era improvvisamente parso piccolo e fragile e molto umano nel suo dolore. Si era chiesta se la perdita di sua madre lo avesse prostrato allo stesso modo a suo tempo o se l’impegno di regnare e una figlia piccola a cui pensare gli avessero imposto di superare il suo personale dolore e continuare a essere il pilastro di fermezza che era sempre stato.
Aveva permesso alla preoccupazione per il padre di essere preponderante nella sua mente, costringendosi a non pensare a nient’altro, almeno finché anche Larissa non se ne fu andata e lei si era ritrovata sola in camera, a letto, e aveva potuto dare libero sfogo alla sua tristezza e sconforto. Si era nascosta sotto le lenzuola e aveva premuto il viso con forza contro il cuscino, piangendo e singhiozzando senza ritegno, soffocando nella piuma le sue urla di rabbia e pura disperazione. Dopo si era sentita spossata, senza forze. Il naso le colava, gli occhi secchi le pizzicavano e aveva un forte mal di testa. Si era alzata e si era lavata il viso, ma non era bastato e allora aveva riempito il catino di acqua gelata e sommerso tutto il viso e parte dei capelli finché i polmoni non le avevano cominciato a bruciare per la mancanza d’aria. Seduta per terra, con l’acqua fredda che le colava dal viso e dai capelli e le inzuppava la camicia da notte, si era sentita sorprendentemente meglio, dopo aver dato sfogo in modo così fisico e infantile al suo dolore.
Si era promessa che quella sarebbe stata l’ultima crisi isterica, che ormai era cresciuta, era diventata una regina e con rimpianto disse addio alla sua infanzia. Al matrimonio non voleva neanche pensarci, ma si costrinse: troppo a lungo aveva rifuggito di affrontare l’argomento con sé stessa. Avrebbe voluto prendere un foglio e cominciare a scrivere, per facilitare l’ordine dei suoi pensieri, ma non voleva lasciare niente di scritto, trattandosi di un ragionamento così personale e delicato.
Decise di partire da ciò che sapeva: Zaron l’avrebbe sposata molto presto, al meglio avrebbe avuto circa cinque giorni per prepararsi alle nozze; Zaron non aveva intenzione di forzarla, e quel particolare pensiero aveva ancora la capacità di torcerle lo stomaco e rubare il fiato, anche se a quanto pare il pericolo era stato evitato; dopo la cerimonia di nozze Zaron l’avrebbe condotta a Halanda per unirsi nuovamente a lei con il rito rakiano e lì lei sarebbe rimasta, una regina issiana sul trono rakiano.
Presto quindi lei si sarebbe sposata. Non aveva molta esperienza di come fosse la vita da sposati, in quanto suo padre era vedovo e non aveva preso una nuova moglie. Tutto quello che sapeva lo aveva appreso osservando le sue amiche sposate e i genitori dell’unica sua amica coetanea. Mise con forza da parte il pensiero di Anka, che era fuggita con la famiglia due giorni prima, quando la fuga era ancora possibile e che l’aveva salutata in lacrime e con un abbraccio che faceva facilmente intendere che non si aspettava di rivederla mai più.
 A Issa il matrimonio era un affare tra eguali, i coniugi avevano gli stessi diritti e doveri di sostegno, amore reciproco e fedeltà. Le sue amiche adulte si lamentavano spesso dei loro mariti, ma altrettanto spesso li lodavano, sottolineando con quanta cura loro le trattassero e quanto amore. Anche i genitori di Anka erano una coppia felice e, anche se litigavano ferocemente, come le aveva rivelato la sua amica, poi facevano pace e qui Anka imitava sempre di dare di stomaco, per sottolineare quanto stucchevoli i suoi genitori potessero diventare nelle loro reciproche dimostrazioni d’amore.
Deja non sapeva virtualmente nulla della cultura rakiana. Quando si era rifugiata in biblioteca dopo il litigio con il padre aveva tirato giù dagli scaffali tutti i libri su Rakon di cui la loro biblioteca disponeva e aveva notato con disappunto che il più recente era stato un trattato di storia vecchio di duecento anni. Lo aveva comunque sfogliato, cercando di assimilare il più possibile nel poco tempo che aveva a disposizione e così aveva scoperto che Rakon era una monarchia assoluta, come la loro, ma che, a differenza di Issa, l’intero regno era militarizzato e la carriera militare era lo sbocco preferibile per i membri della nobiltà. Il regno di Rakon era molto più vasto di quello di Issa, anche prima che iniziasse la campagna di conquista di Zaron, e attraversava varie fasce climatiche con il risultato che, mentre parte del suo regno soffriva di siccità cronica, un’altra parte era sommerso da piogge torrenziali che potevano durare per un lungo periodo di tempo che loro chiamavano “mesi monsonici”. Il libro faceva apparire la società rakiana come molto semplice: al vertice la nobiltà che fungeva da apparato burocratico, poi i militari, i mercanti e i contadini. Deja però pensava che fosse tutto troppo semplicistico. Difficilmente una società vitale si lascia incardinare in tali rigide caste. Nel libro non vi era nessun accenno alle donne e questo ora la faceva preoccupare. Sapeva che il regno di Issa era progressista da quel punto di vista: anche se un erede maschio aveva sempre la precedenza quando si trattava di titoli nobiliari, l’eredità dei beni mobili e pecuniari veniva divisa tra tutti i figli e spesso il primogenito, anche se femmina, aveva la precedenza e la quota maggiore. In caso di mancanza di eredi maschi era la primogenita femmina a ereditare il titolo e la posizione a corte, con tutti gli onori e gli oneri che essa comportava, e il titolo passava all’erede di lei e, in caso di matrimonio, se lo sposo non era a sua volta l’erede di una casata, i loro figli mantenevano il nome della madre. Le donne erano burocrati, ambasciatrici, avevano influenza politica ed economica, in quanto gestivano personalmente i loro beni, erano guaritori, artisti, mercanti, proprietarie di compagnie, di botteghe, di terreni. Anche in presenza di un marito mantenevano la loro autonomia e indipendenza finanziaria. Potevano studiare ed essere scienziate apprezzate per il loro intelletto dai loro compagni maschi, anche se gli studiosi che provenivano da fuori Issa facevano sempre fatica all’inizio ad accettarle. Deja sapeva che tutta quella libertà che lei aveva sempre dato per scontata non era goduta da tutte le donne del continente, né si illudeva che la situazione fosse perfettamente idilliaca neanche a Issa. Ma almeno a Issa le donne avevano la costituzione e la legge dalla loro se erano costrette a lottare per far valere i loro diritti.
Nel breve capitolo dedicato alla cultura rakiana non aveva trovato nessun accenno alla posizione delle donne nella società. Cercò di farsi forza e sperò che in duecento anni la situazione fosse cambiata, perché se fosse stata costretta a non far nulla, privata della possibilità di partecipare alla vita politica e sociale in quanto femmina, probabilmente sarebbe impazzita. E se lui le avesse impedito di regnare su Issa, seppur da lontano… non sapeva cosa avrebbe fatto, ma di sicuro non si sarebbe arresa senza lottare. Intanto doveva ancora vedere una donna rakiana: i membri della delegazione che aveva accompagnato Zaron erano tutti uomini, ma Larissa le aveva detto che la servitù aveva preparato gli appartamenti al fianco di quelli assegnati all’imperatore per le sue concubine. Quindi c’erano delle donne a seguito dell’esercito, anche se con funzioni che ripugnavano Deja. Si chiese come potessero essere quelle donne, che avevano dedicato tutta la loro vita a compiacere un uomo, se fossero lì di loro spontanea volontà o se fossero costrette. Soprattutto si chiese se lui si aspettasse che lei interagisse con loro, se l’avrebbe rinchiusa in uno degli harem rakiani tanto favoleggiati da Larissa. Si chiese come un uomo può relazionarsi con delle donne che sono lì solamente per compiacerlo e saziare i suoi … appetiti. Quando aveva voglia ne sceglieva una a caso o aveva delle favorite? E le altre cosa facevano? Cosa facevano le sue concubine per tutto il tempo in cui lui non era con loro? E come poteva avere lui una relazione stretta con ciascuna di loro se aveva molte tra cui scegliere e se il solo tempo che passava in loro compagnia era dedicato a … quello? Solo il tempo avrebbe dato risposta alle sue domande. Magari durante il viaggio verso Halanda avrebbe avuto modo di conoscere le concubine di Zaron e conversare in privato con loro.
Il suo prossimo viaggio verso Halanda… La prospettiva di lasciare la sua patria, suo padre, tutti i suoi amici la riempiva di un’angoscia profonda. Era acutamente consapevole della sua ignoranza riguardo Rakon, i suoi usi, le sue leggi. Si apprestava a diventare la regina di un regno di cui non conosceva praticamente nulla. Normalmente avrebbe saccheggiato la biblioteca dell’Accademia e interrogato fino allo sfinimento tutti i rakiani che avesse incontrato, ma se la prima opzione era possibile, la seconda le pareva altamente improbabile e Deja sapeva che la conoscenza ricavata da persone che hanno esperienza della materia studiata era senza prezzo e preferibile a quella appresa dai libri, il cui contenuto non era verificabile ed era affidabile quanto l’autore che li aveva scritti. Tuttavia sperava che le informazioni reperibili in Accademia fossero più recenti di quelle della biblioteca reale. Soprattutto sperava ci fossero libri di diritto perché il funzionamento della società rakiana le era completamente sconosciuto e lei desiderava commettere il minor numero possibile di passi falsi sotto lo sguardo attento e maldisposto della sua nuova corte. Deja non si faceva illusioni riguardo l’accoglienza che le sarebbe stata tributata. Se gli uomini che accompagnavano da vicino il khan e che lui doveva ritenere i più fedeli erano contrari alle nozze allora neanche il resto della sua corte ne sarebbe stata lieta. E se lei voleva far funzionare quello sciagurato matrimonio, se voleva sopravvivere e servire degnamente la sua gente, doveva farsi benvolere dai suoi futuri sudditi e conquistare il favore della nobiltà. Doveva informarsi e la mole di cose da sapere era davvero immensa. Pensò a quello che sapeva della sua corte, a quanto aliena doveva sembrare agli invasori. Presto i ruoli si sarebbero rovesciati e loro sarebbero tornati a casa mentre lei si sarebbe trovata sperduta in terra straniera.
Per ultimo affrontò il problema rappresentato da Zaron stesso. Se le circostanze fossero state diverse era molto probabile che non avrebbe avuto paura di lui. Certo, a una prima occhiata sembrava un uomo brutale, il suo aspetto sembrava calcare l’immagine di una natura guerriera, violenta, che rispecchiava le voci riguardanti la sua spietatezza in battaglia. Eppure… eppure con lei non era stato aggressivo, con suo padre si era comportato in maniera cortese, pur date le circostanze. Forse stava nascondendo il suo vero carattere, ma non aveva ragioni di farlo: era il vincitore, il conquistatore, avrebbe potuto prendere tutto quello che voleva, eppure aveva voluto il loro consenso, per quanto estorto. Forse questo era indice di un bisogno di affermare la sua autorità, il suo controllo su di loro, eppure quando quella sera gli aveva mancato di rispetto, interrompendolo, lui non si era adirato, non aveva cercato di riprendere il controllo della situazione a discapito della di lei autorità. Avrebbe dovuto parlare con lui in privato per approfondire lo studio del suo carattere e comunque solo una prolungata frequentazione avrebbe potuto permetterle di inquadrarlo senza superficialità. E di tempo per conoscerlo ne avrebbe avuto molto: il resto della sua vita. Il pensiero dell’imminente matrimonio, di legarsi a vita a qualcuno in modo così profondo, la riempiva ancora di costernazione e panico. E poi c’era l’aspetto fisico della faccenda. Quando suo padre le aveva assicurato che Zaron aveva intenzione di aspettare prima di consumare il matrimonio si era sentita venir meno dal sollievo: quello era stato il maggior motivo di panico, la maggior fonte di ribrezzo alla prospettiva di sposarlo. L’idea di accoglierlo nel proprio letto oltre che nella propria vita l’aveva terrorizzata e disgustata. Non aveva visto altro esito che la distruzione del proprio spirito e del proprio corpo come risultato, anche se lui fosse stato gentile e paziente non riusciva a pensare di potergli permettere di toccarla senza ribellarsi, senza combattere, tanto alieno e opposto a ogni sua inclinazione era l’atto a cui lui l’avrebbe forzata. Adesso invece era confortata dall’idea che forse neanche lui era entusiasta dell’aspetto fisico del loro matrimonio, che lui non era attratto da lei quanto lei non lo era da lui. Forse questo sarebbe cambiato negli anni a venire, quando lei sarebbe cresciuta lui avrebbe voluto consumare l’unione. Ma ciò sarebbe avvenuto chissà quando e intanto lei avrebbe avuto modo di conoscerlo e lui non sarebbe più stato un estraneo. Forse non l’avrebbe mai amato, forse non sarebbero neanche stati in grado di andare d’accordo, ma Deja si augurava che sarebbero stati in grado di comportarsi civilmente l’uno con l’altra, con rispetto. Tutto si basava sulla loro eventuale compatibilità e sul carattere di Zaron e solo conoscendolo avrebbe saputo se quel matrimonio forzato sarebbe stato sopportabile o si sarebbe rivelato l’incubo che aveva presagito di primo acchito.
Deja era sfinita quando finalmente si coricò con l’intenzione di dormire. I capelli erano ancora un po’ umidi ma non bagnarono il cuscino né le lenzuola. Il capo le doleva così tanto che fu un sollievo poggiarlo sul guanciale e chiudere gli occhi. Scivolò con un sospiro in un sonno profondo.

 
NOTA DELL’AUTRICE: 
Abbiamo finalmente fatto la conoscenza di una della fantomatiche concubine, adoro Perla e sono orgogliosa di come mi sia venuta. Forse il suo abbigliamento vi avrà confuso, ma spiegherò tutto quando sarà il turno di Deja di indossare l’abito tradizionale rakiano. Scopriremo con lei come vestono le donne a Rakon. Le farò uscire gli occhi dalle orbite, e non vedo l’ora. Non so se lo avete mai notato, ma quando adotto il punto di vista di un personaggio non spiego mai le cose che per quel personaggio sono ovvie, le spiego dopo, quando sono viste da un personaggio che non le comprende. Ci sono molte differenze culturali tra i miei protagonisti, ma si parleranno e spiegheranno l’uno all’altra (e anche a noi) le cose che ho lasciato in sospeso.
  
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