Anime & Manga > Gundam > Gundam Wing
Segui la storia  |       
Autore: Luine    01/05/2009    1 recensioni
Quando mi hanno regalato questo diario per il mio dodicesimo compleanno, non credevo che mi sarebbe stato tanto utile. Credevo che sarebbe rimasto intonso come quando l'ho scartato. E, invece, eccomi qui a scrivervi sopra e a raccontare la mia (strana) vita.
Mi chiamo Ken Iccijojji, vivo a Tokyo con i miei genitori, Videl e Gohan, e con mia sorella maggiore, Pan.

Kenny ha dodici anni, una sorella maggiore alquanto turbolenta e una situazione familiare decisamente movimentata. A causa del terrore di sua madre di vederlo diventare come Pan, si ritrova iscritto in una scuola speciale per ragazzini problematici che già da subito si rivela essere una vera e propria caserma militare.
Tra paure, insegnanti molto duri, amici fidati e misteriosi, incomprensioni, equivoci e risate, si snodano le vicende di Kenny che come valvola di sfogo ha il suo diario, sul quale annota le sue più intime paure e i fatti di vita quotidiani, cercando di convincere se stesso che, forse, poteva andare peggio.
[ Dragon Ball, Digimon 02, Gundam Wing, What a mess Slump e Arale, e altri ]
Genere: Comico, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Le lezioni al primo anno

I Cavalieri della Tavola Rotonda


Più che in un collegio militare, mi sembrava di essere finito a una sagra di paese. L'ambiente non sembrava affatto quello freddo e distaccato di una caserma militare, l'allegria e la confusione regnava sovrano: migliaia di ragazzi, anche se tutti vestiti di una semplice divisa nera, si alzavano e sedevano, salutavano i vecchi amici, ridevano di barzellette e saltavano da una sedia all'altra come se ci fosse la corsa ad ostacoli. Ho ascoltato sprazzi di conversazioni, alcuni chiedevano delle lezioni, altri si raccontavano delle loro vacanze, altri ancora erano primini come me e, nervosi all'inverosimile, schizzavano di qua e di là come palline da ping pong, quando quelli più grandi li prendevano in giro.

Molti salutavano Alex, quasi fosse stato un fratello o il salvatore del loro porcellino d'India e lui rispondeva con un'alzata di pollice.

«Sei famoso, Alex!» gli ha detto Arale, ammirata.

«Solo un po'...» ha minimizzato lui, alzando le spalle.

«E come mai?» ho chiesto, mentre facevo passare una ragazza che camminava in direzione opposta alla nostra, che cercavamo di raggiungere i posti davanti.

«Mah, niente di speciale!» Il nostro compagno di corso si è fermato vicino a una fila e ha fatto passare noi che gli andavamo dietro. «Te lo racconterò, un giorno.»

Mi sono seduto in fondo alla fila, davanti a una ragazza con cespugliosi capelli castani che parlava a raffica con due ragazzi che sicuramente erano più grandi. Dalle medaglie che questi due avevano sul petto, ho capito che non erano del primo anno.

«Ma... dicono che Lady Une sia molto severa... e che il tenente Bristow*, invece, sia un po' più malleabile... anche se le sue lezioni sono difficili...» diceva la ragazza coi capelli castani. Doveva essere una primina, come me. «Ma, faremo anche la Teoria sui Gradi, non è vero? Ho studiato qualcosa a casa, ma non credo di ricordarmi tutto! Oh, cielo... se avessi saputo...»

Studiare qualcosa a casa? Mi sono fatto prendere dal panico: noi non sapevamo di dover studiare qualcosa, dato che la mamma aveva omesso di dirci che ci aveva spediti in una caserma militare...

«Quelli sono due dei secchioni più secchioni e sono anche Caporali maggiori.» ha spiegato Alex, a bassissima voce, tanto che è stato difficilissimo seguirlo, soprattutto in quella penombra. «Leccaculo di merda! Pure Heero non li può sopportare e anche lui è uno che lecca parecchio! Però è a posto.»

«Sì, si vede!» ho risposto. «Ti porta le sigar...»

«Shh!» ha detto Alex, cominciando a muovere su e giù una mano, come per mandar via l'odore di fumo. «Vuoi che mi inculino?»

«Scusa...» ho esclamato, mortificato.

Ma Alex ha fatto spallucce e ha ripreso ad indicare persone vicine e lontane, dicendo i loro nomi.

Arale, però, non sembrava molto interessata a quello che il nostro compagno di classe aveva da dire: raccontava ad una annoiatissima Bra della sua famiglia. Ho deciso di girarmi verso di loro e di intromettermi per evitarmi la lista degli studenti della caserma.

Arale è la vivacità in persona, una che ha l'allegria nel sangue e sembra non stancarsi mai di parlare. Pan non sembrava molto contenta di lei e della sua parlantina: aveva l'aria annoiata mentre la nostra nuova compagna ci raccontava un aneddoto sulla sua famiglia.

«Insomma, mio fratello di elettronica non ci capisce un tubo, ma si crede un genio... alla fine puf è scoppiato tutto l’impianto stereo...» diceva.

«Era costoso?» ha chiesto Alex, che aveva smesso di indicare persone proprio quando ha sentito parlare di impianto stereo.

«Da morire! Mio fratello si sarebbe suicidato se Midori non l'avesse fermato!» ha esclamato Arale, ridendo come una matta.

«Peccato...» ha detto Alex, sinceramente deluso.

«Perché?» ha chiesto l’altro ragazzo, Frank.

«Perché non posso più rubarlo per rivenderlo!»

Arale ha sgranato gli occhi. «Mio fratello?»

«No, lo stereo!»

Io e Arale abbiamo riso. Frank, al contrario, è rimasto serio, ma quasi me lo aspettavo: non sembra uno che ride molto spesso. Comunque nemmeno Alex ha partecipato al momento di ilarità. Bra ha fatto una smorfia snob e Pan ha fatto schioccare la lingua, annoiata.

Alla fine non era male come battuta...

«No, guardate che parlo seriamente! Io sono un ladro vero, eh! E non fatemi rubare le vostre mutante per provarvelo!» ha detto, con fare teatrale Alex. Stavolta, oltre a me e Arale, hanno riso anche Frank e Trowa, che si era sistemato tra il nostro compagno anziano e un altro ragazzo che non conoscevo.

«Stronzate!» è stato il commento di mia sorella.

Mentre Arale riprendeva a raccontare dello stereo, Pan mi ha dato una botta sulla nuca.

«Ahi, ma cosa...»

Mi ha tirato i capelli e mi ha costretto a fissare un punto davanti a noi. E così ho notato la posizione dei nostri genitori, seduti proprio sotto il palco insieme a un altro enorme manipolo di persone, tutti anziani.

«Genitori!» ha spiegato Frank, a cui ho chiesto spiegazioni, essendo il più vicino a me. «Vengono tutti quelli dei ragazzi del primo anno! O quasi, almeno...»

«I tuoi dove sono?» gli ho chiesto.

«Non ci sono. Sono arrivato con i pullman, come la maggior parte degli altri studenti.»

Ho annuito, distrattamente, mentre i miei occhi ricercavano i miei genitori che, comunque, sembravano non preoccuparsi per noi (almeno ci avessero cercato per sapere che fine avevamo fatto), ma parlottavano tra loro. Mi chiedo di che cosa. Il nonno, intanto, stava intrattenendo un paio di ragazze che Alex ci ha detto appartenere al settimo anno.

«Però è forte quel vecchio! Alla sua età pensa ancora alle pollastre!» ha esclamato, con un sorriso sulle labbra, quando il nonno si è messo a ridere come uno sguaiato. Chissà come mai, la bocca gli diventa grande quanto un forno, quando lo fa.

«Per forza!» ha risposto Pan, orgogliosa, alla dichiarazione di Alex. «E' mio nonno!»

Non so perché, ma mi imbarazza sempre un po' dire che quello è mio parente: quando ride lo sentono anche da Pechino, per non parlare di quando urla... diciamo che è un vizio di famiglia...

«Figo tuo nonno!» ha detto anche Arale, con un sorriso a trentadue denti. «Purtroppo io il mio non lo vedo mai...»

«E' perché è crepato?» ha chiesto mia sorella, con il tatto di un elefante.

«Non lo so...» ha risposto, però, Arale, senza scomporsi, anzi continuando a parlare col tono spensierato con il quale è entrata nella nostra camerata. «Mio fratello non mi parla mai di lui... vivo con lui e la moglie!»

«Ah, però...» il tono di mia sorella era molto ironico. Ho avuto l'impressione che Arale non le fosse piaciuta nemmeno un po'. «Come ci si sente ad essere la reggicaccole più bassa del pianeta?»

Vorrei che, ogni tanto, avesse un po' più di delicatezza e la smettesse di insultare chiunque.

Arale, però, sembrava addirittura entusiasta. «Benissimo!»

Il suono stridulo del microfono che veniva spostato si è levato in sala, ci ha distolto dai nostri pensieri, sollevando, tra l'altro, da tutti noi che eravamo seduti, una sonora protesta.

«Seduti, prego!» ha esclamato lady Une, in tono autoritario. Tutti quelli che avevo visto in piedi hanno preso posto e quelli che erano stati seduti sullo schienale scivolavano sul sedile. Le chiacchiere, però, non si sono fermate: si sono solo fatte più sommesse.

«Adesso preparatevi a spaccarvi le palle!» è stato il commento che è arrivato da dietro. Mi sono voltato e ho visto Heero Yuy, seduto accanto a Pan, proprio dietro di me. «Il discorso del Generale dura sempre un po'...»

«Che si sbrighino: ho fame!» è stato tutto quello che ha detto mia sorella, senza preoccuparsi di abbassare la voce. Cominciavo già a sentire parecchi sguardi puntati su di noi, mentre la mia aggraziata sorellona se ne fregava altamente.

«Tanto la cena fa schifo e anche il pranzo e la colazione!» è stata l'informazione preziosa dataci da Alex.

«Ecco...» mia sorella, ma non posso darle torto, sembrava parecchio sconsolata. «Mi tolgono pure i piaceri della tavola, adesso! Ma si può essere più sfigati di me?»

Di nuovo, il microfono ha fatto quel rumore fastidioso e tutti si sono di nuovo lamentati.

«Un po' di silenzio, prego!» ha ripetuto la Une. «Benvenuti, studenti!» ha cominciato, quindi, con una voce dura e altera. «Io sono il Colonnello Une, direttrice di questo istituto sperimentale. Il mio compito, come avete avuto modo di leggere negli opuscoli – «Quali?» è stato il commento a voce alta di mia sorella, al quale è stato risposto con un borbottio da parte di quelli che ci stavano attorno. Avrei preferito che abbassasse la voce, ma non aveva tutti i torti: nessuno ce ne ha mai fatti vedere. - che abbiamo inviato alle scuole elementari, è quello di insegnare le regole, le discipline militari, di fare in modo che i nostri giovani, che rappresentano il futuro della nazione, siano in grado di pilotare i Mobile Suit, le speciali macchine di cui è in dotazione il nostro esercito. Ma non voglio tediarvi troppo, quindi passo immediatamente la parola al nostro Generale, Treiz Kushrenada, l'uomo grazie al quale è nato questo collegio militare sperimentale.»

Mentre cedeva il passo all'uomo in alta uniforme che si è alzato dalla sua sedia sul palco, tutti quelli in platea si sono alzati in piedi e Heero ci ha consigliato di imitarli.

«E' il Generale! Non si può non alzarsi di fronte al Generale! E non siamo a teatro!» ha detto, quando mi ha visto con le mani pronte ad applaudire. Pieno di vergogna, mi sono infilato le mani in tasca e, con la testa bassa, mi sono alzato in piedi.

«Ma i vecchi davanti non fanno un cazzo!» ha esclamato Pan, indignata. «Quindi io non faccio un cazzo!»

Non la vedevo, ma me la potevo immaginare con le braccia conserte e la sua perenne aria di sfida stampata in faccia.

«Fai come ti pare!» ha tagliato corto Heero, ma anche lui era in piedi. Alex, invece, ha seguito l'esempio di Pan... e ha preso a scaccolarsi.

«Ma... non ti alzi?» gli ho chiesto, in un sussurro.

«Ma anche no!» è stata la sua risposta indignata. “E se fossi in voi...” ha continuato, guardando quelli che aveva intorno. “fareste bene a sedervi, tanto il Generale dice solo stronzate!”

La ragazza con i capelli castani di fronte a me si è girata e gli ha lanciato un'occhiataccia, prima di tornare a guardare il Generale, rigida come un palo.

«Grazie, lady Une.» ha cominciato l'uomo in alta uniforme. L'ho guardato meglio e ho visto che aveva un sorriso bianchissimo, come i testimonial delle pubblicità dei dentifrici. Le sopracciglia avevano una doppia diramazione in direzione delle tempie... erano orribili. Secondo me, somigliava a qualcuno che ho visto di recente, ma non mi veniva in mente chi. «Credo che sia inappropriato dare a me tutto il merito per la nascita di questo collegio militare. Infatti, è stato il Ministero della Difesa, in collaborazione con quello dell'Istruzione, a permettere che questi studenti e questi genitori fossero qui oggi, insieme a noi.» ha fatto un ampio cenno con le braccia, indicando così tutti noi. «Questo collegio sperimentale, come già detto dal Colonnello Une, è stato ideato perché i giovani si avvicinino più alla loro patria e promuovano la pace, attraverso gli strumenti che noi daremo loro. Impareranno, in questi sei anni di scuola, la storia, la geografia astronomica e terrestre, verranno loro date nozioni di ingegneria, perché possano costruire e modificare le parti di un Mobile Suit, che sia d'aria, d'acqua, di terra o spaziale. Nel corso dei sei anni che passeranno in questo collegio verranno in contatto con ognuno di questi Suit. Il settimo anno, da sempre, è un periodo di tirocinio sulle colonie spaziali, al termine del quale effettueranno un giuramento che li renderà dei veri e propri soldati dell'esercito spaziale. Quest'anno, abbiamo deciso che gli studenti del settimo partiranno con un mese di ritardo, in quanto non hanno potuto fare prepararsi adeguatamente per il viaggio nello spazio, durante i mesi estivi, per un guasto delle attrezzature che è stato egregiamente riparato dai nostri bravissimi tecnici.

«Ma non voglio entrare in dettagli che gli interessati conoscono fin troppo bene. Vorrei ricordare che il settimo anno è facoltativo. Coloro i quali decideranno di non continuare la loro carriera militare, infatti, riceveranno un attestato e un diploma, equipollente ad una laurea universitaria. Non avranno nessun obbligo con la nostra organizzazione. Sappiano solo che, in caso di colloquio, avrebbero un posto assicurato nell'equipe coloniale di ingegneri che, ogni anno, richiediamo in numero sempre maggiore.

«Naturalmente, coloro i quali diventeranno soldati del nostro esercito a tutti gli effetti, avranno maggiori possibilità di lavoro, sia in ambito terrestre che spaziale. Sono molti, infatti, gli ingegneri richiesti sulla Base Lunare.» ha fatto una breve pausa, proprio mentre Heero, dietro di me, sbuffava.

«Il nostro obiettivo a breve termine» continuava il Generale. «E' quello di dare una formazione culturale a questi giovani, che sono il futuro della nostra nazione. Il nostro obiettivo a lungo termine è quello di formare soldati formidabili e preparati, capaci di difendere questa nazione, di proteggere le colonie e la pace nell'universo conosciuto.

«I ragazzi del primo anno non si spaventino. Alcuni, sono sicuro, sono stati spronati dai genitori a venire qui e potrebbero vedere tutto questo come una punizione. Li esorto a capire che loro sono dei prescelti e dei privilegiati ed hanno modo di essere vicini alla loro nazione in misura molto maggiore rispetto ai loro coetanei!»

«Ipocrita!» è stato il commento a mezza voce di Alex. Frank, come me, si è girato a guardarlo, ma solo io gli ho chiesto come mai lo dicesse: a me sembrava che dicesse cose molto belle.

«Lui è così vicino alla nazione solo quando gli danno uno stipendio da capogiro.» mi spiega il mio compagno di classe. «Non è mai andato in guerra, nemmeno durante l'ultima battaglia sulle colonie! È un pezzo di imbecille: ha fatto lo stesso discorso l’anno scorso e due anni fa, quando sono arrivato io. Non è mai cambiato... due palle così... ma l'anno prossimo, non mi vede di certo!»

Kushrenada ha continuato a parlare a lungo, mentre Pan, a voce abbastanza alta, ma coperta dal rumore della voce amplificata del Generale, rimuginava sulle sue parole.

«Ingegneria?» stava dicendo, come se quella parola fosse particolarmente sporca persino per lei. Non ha urlato, credo, solo perché è rimasta molto, ma molto scioccata. «Cazzo, ho solo tredici anni! Cosa cazzo ne so io dell'ingegneria?»

Alcuni davanti si sono girati, tipo la ragazza coi capelli cespugliosi; ha rivolto a Pan un'occhiata altezzosa, si è risistemata al suo posto e per il resto del discorso del Generale non si è più girata.

Alcuni dei nostri compagni si sono messi a ridacchiare, ma è stato Alex a rispondere:

«Non lo so... però partiamo con la matematica... poi c'è la fisica, la chimica... insomma, due coglioni!»

«Non sono tanto male...» ha replicato Heero.

«Forse per te che ci capisci qualcosa!»

«Oh, no!» ha detto Bra, che stava due posti dopo Pan, portandosi le mani davanti alla bocca. «Ma è terribile!»

«Materie in cui vado forte!» diceva, invece, Arale, tra lei e Pan. «Ti do una mano io, se vuoi! Stai tranquilla!»

«Non parlavo delle materie!» ha esclamato lei, come se avessimo dovuto capirlo subito. «Ma i nastri rosa che ha la direttrice nei capelli: fanno a pugni con la divisa!»

«Ah, questa sì che è una tragedia!» è stato il commento sarcastico di Pan.

Non appena il discorso è finito, distrutti ma felici (perché ci hanno dato il permesso di andarcene), siamo usciti dalla Sala Conferenze, diretti al refettorio.

«Ah, questo me lo ricordo dov'è!» ha esclamato Alex, con un sorriso soddisfatto.

«Facci strada, allora!» ha risposto Arale, piantandosi al suo fianco.

Siamo scesi al pianoterra. La mamma ci è venuta incontro e, praticamente, ci ha travolti con il suo corpo. Ha cominciato a stringerci forte, mentre alcuni, passando, ci indicavano. Avrei voluto sotterrarmi, ma il mio imbarazzo era niente in confronto a quello di Pan che tentava di spingerla via, quasi stesse cercando di allontanare da sé un macigno.

«Sono così orgogliosa dei miei bambini che vanno a difendere la patria!» diceva la mamma, tra le lacrime. «Oh, come sono orgogliosa! Ricopritevi di onore, mi raccomando!»

«Mi sa che ci ricopriranno di terra, se tenti di soffocarmi!» ha ringhiato Pan, riuscendo a liberarsi, solo per finire tra le grinfie del nonno che piangeva come un disperato.

«Mi raccomando, piccola mia, picchia duro!» ha detto, come se ci fosse bisogno di una raccomandazione.

«Come vuoi!» ha risposto lei, anche se poco contenta, dato che la stava abbracciando. E il nonno, soddisfatto della risposta, l'ha lasciata andare, per farla finire tra le braccia di papà. Lo stesso giro l'ho fatto io, saltando il nonno che si ritirato, non appena la mamma mi ha lasciato andare.

Li abbiamo accompagnati alla macchina, anche per evitare lo sguardo delle migliaia di ragazzi che, passando, ci indicavano come se fossimo stati degli animali in gabbia.

Per tutta la strada, mamma ha continuato a parlare a raffica: «Ah, questo è il posto migliore in cui potevo mandarvi! Troverete un posto di lavoro sicuro e ben retribuito, difenderete la vostra patria e siete anche dei privilegiati! Oh, aspetta che lo sappia quella Bulma! Lei e la sua orribile puzza sotto il naso solo perché costruisce capsule inutilissime!»

«Mamma, io non vorrei rovinarti le uova nel paniere...» ha continuato Pan, torva. «C'è pure la sua orribile figlia qui dentro!»

Ma la mamma non ha sentito, o ha fatto solo finta, perché ha continuato a sproloquiare. «E quando lo sapranno le zie Polly e Molly avranno un infarto!»

Le zie Polly e Molly sono le sorelle di nonno Satan, due vecchie megere che abitano insieme nel sud del Giappone e che non vengono mai a trovarci, ma che ci chiamano ad ogni ricorrenza e parlano come se sapessero tutto della nostra famiglia. Personalmente, non so manco che faccia abbiano.

«E poi voi diventerete dei graduati! Kenny diventerà Generale un giorno, ma ve lo immaginate?»

«Sì, certo...» ha esclamato Pan, sarcastica, e per una volta dovevo darle ragione. «Te lo dico io come andrà a finire: ci metteranno nelle truppe d’assalto e il nostro futuro sarà segnato. Morte certa!»

«Sempre la solita tragica!» ha ridacchiato la mamma. «Fate il vostro dovere e non fatemi pentire, altrimenti...» ha stretto gli occhi in modo minaccioso e il groppo che mi si è formato in gola non se n'è andato nemmeno quando ho deglutito. «vi mando a raccogliere pannocchie sui monti Paoz!» ha sibilato, puntandoci un dito contro. Un totale cambiamento rispetto ad una frase prima.

Ci ha abbracciato di nuovo, scoppiando in lacrime e poi, camminando all'indietro, commossa, si è diretta verso il suo posto in macchina. Il nonno urlava istericamente e si soffiava il naso dentro un fazzoletto grosso quanto una tovaglia. Se non fosse stato che dovevo rientrare ed affrontare una mandria di bufali impazziti che erano i miei commilitoni, mi sarei dato anche io al pianto libero.

La macchina rosa era sparita dal cortile prima ancora che avessi il tempo di realizzare che non avremmo dormito nei nostri letti. Mi è subito preso il desiderio di correre loro dietro: non volevo lasciarli andare, non volevo rimanere in questo posto.

Non voglio ripensare a quel momento. Se avessi saputo che era così doloroso, mi sarei fatto abbracciare un po' di più...


La mensa è un altro luogo parecchio affollato: è un enorme salone bianco, dove pure il pavimento è fatto da mattonelle lucenti. I tavoli sono di freddo metallo, rotondi ed enormi. Ho notato che hanno dai diciassette ai venti posti, ognuno. Sul fondo, c'è una porta che, come mi ha detto dopo Alex, dà sulle cucine e, attaccato alla parete accanto, un tavolo lungo e rettangolare sui cui, quando siamo entrati io e Pan, erano appoggiati migliaia di vassoi grandi e carichi di pietanze. Una lunga fila di ragazzi aspettava di servirsi.

«Pure a self service...» ha sbuffato Pan, mentre guardavamo tutto questo. «Che culo!»

«Dove ci sediamo?» ho chiesto, girando gli occhi sulla sala gremita.

«Io il più lontano possibile da te!» mi ha risposto.

«D'accordo...» ho cercato con lo sguardo Heero, Arale e Alex: erano gli unici che conoscevo fino a quel momento e avrei voluto sedermi con loro. Heero, però, era già seduto ad un tavolo ed era circondato da quelli che sembravano tutti suoi coetanei.

Allora ho cercato gli altri due e, fortunatamente, erano seduti vicini ad un tavolo al centro della sala; Alex ha alzato un braccio e ha cominciato a sventolarlo per farsi vedere. Io e Pan ci siamo avvicinati.

«Sedetevi!» ha indicato due sedie vuote proprio di fronte a lui.

Ho accettato molto volentieri l'invito, mentre mia sorella è rimasta in piedi e scrutava quelli che erano seduti con noi.

«Mi dispiace: non mi sederò mai allo stesso tavolo di Bra!» ha spiegato, quando l'ha vista, a pochi posti da Alex, fissandola disgustata. Si è posata le mani sui fianchi. «Se volete scusarmi...»

«Se mi vuole scusare lei, soldato...» ha detto la direttrice, acida. Non ho urlato solo perché il suo sguardo raggelante me lo ha impedito. Si è fermata proprio dietro a Pan che, invece, non si era accorta di niente. «Devo ricordarle che tutti gli alunni devono indossare la divisa e si devono sedere al tavolo del loro anno. Sempre e comunque

Mia sorella si è voltata e ha guardato la direttrice dall'alto in basso, come se non le fossero state rivolte parole molto dure.

«Pure se il tavolo salta in aria?» ha replicato, sfacciata. Mi rendevo conto in quel momento che aveva ancora il completo da mare... e ho represso la voglia di ridere, anche perché, se lo avessi fatto, già mi vedevo ai lavori forzati. E la minaccia di mia madre mi ha definitivamente fatto passare questo desiderio.

«Sì!» è stata la risposta secca della Une. «Non voglio sentire un'altra parola. Da domani, se non avrà la sua divisa, avrà la sua prima nota di demerito!»

«Oh, che paura!» mi sono morso le dita (virtualmente parlando), per il terrore: cosa l'avrebbe costretta a fare, adesso? Perché Pan deve sempre mettersi nei guai, invece di scansarli, soprattutto adesso che siamo in un collegio militare?

«Si sieda immediatamente, soldato!» ha sibilato la Une, facendosi più rigida di quello che è, assottigliando le labbra. «Non le consiglio questo comportamento. Potrebbe avere una vita difficile!»

Pan ha inarcato un sopracciglio, per niente intimidita. «Mi sta minacciando?»

La Une le ha lanciato un'occhiataccia, prima di indicare l'unico posto vuoto a tavola.

«Le regole sono regole!» ha detto, glaciale. «E, finché rimarrà sotto questo tetto, dovrà seguirle ciecamente. La vita militare non è un gioco, né è uguale a quella che ha vissuto finora. Seduta

Sulla faccia di Pan è apparsa una smorfia pensierosa. Quasi quasi riuscivo a sentire le rotelle nel suo cervello lavorare velocemente.

«Va bene...» ha detto, tirando verso di sé una sedia e non senza fare molto rumore e facendomi quasi morire di spavento: da quando in qua, mia sorella si faceva così docile? «Non si scaldi! Poteva dirlo subito!»

Si è seduta e la Une, decisamente compiaciuta, è tornata al tavolo dove stavano tutti quelli che erano stati sul palco per il discorso di inizio anno. Alex mi ha riferito che, a quel tavolo, da sempre, si siedono tutti gli insegnanti e, quando viene, anche il Generale. Non ero molto attento, comunque: ero decisamente sconvolto e ancora spaesato per il comportamento anomalo di Pan perché di solito, quando ubbidisce, non è un buon segno.

«Alcuni, tipo Sark*, ce l'abbiamo solo dal quarto anno in poi...» ha continuato Alex, strappando a grossi morsi le fette di pane al centro della tavolata. «sapete, insegna Fisica Subacquea, per i Cancer, i Suit d'acqua, appunto... è quello biondo con la divisa blu!» L'ho guardato: aveva uno sguardo che faceva paura e ho evitato accuratamente di guardare gli altri. Se erano come quello là, allora volevo tenermi la sorpresa per quando ce li avrei avuti in classe.

Mi sono concentrato sul nostro tavolo, sui miei compagni di classe, cercando di non pensare troppo alle stranezze di Pan che mi facevano saettare lo sguardo su di lei che, invece, sembrava concentrata sul suo piatto.

Nel nostro corso, il B, siamo ventidue in tutto, diciassette maschi e cinque femmine. Il ragazzo che mi è rimasto più impresso di tutti è Matt Ishida: è così pallido e biondo che credevo fosse albino, ma il suo amico, sempre nostro compagno, Tai Yagami, ci ha detto che ha solo avuto, di recente, una carenza di non so che proteine, per cui è poco in forma. Credevo che sarebbe morto durante la cena, se devo essere sincero perché si muoveva avanti e indietro sulla sedia e respirava come un asmatico durante una crisi. Ma Yagami continuava a dire che era normale.

Trowa Burton, ho scoperto, conosceva Heero già da prima perché vengono dalla stessa colonia.

«Non sapevo che venisse gente anche dallo spazio!» è stato quello che ha detto Frank, di cui condividevo le perplessità.

«Viene da dovunque!» è stato il commento di Trowa. «Avrei anche potuto andare a studiare sulle colonie, ma mi affascinava il clima terrestre...»

«Io lo preferirei in qualunque caso!» ha esclamato un altro ragazzo, Joe, che ha tanto l'aria da secchione. «Lo spazio è così sconfinato... mettete che una navetta venga colpita da un asteroide e...»

«Succede una volta ogni milione di anni!» è stato la risposta di Alex.

«E le navette di solito viaggiano in condizioni di estrema sicurezza! Se c'è una previsione minima di meteoriti in avvicinamento, non partono!» ci ha informato Arale.

«Ho sentito dire che ci manderanno sulle colonie, qualche volta, come esercitazione, vero?» ha chiesto di nuovo Tai Yagami.

«Sì, l'ho sentito anche io!» ha risposto Frank. «Ma solo dal terzo anno...»

«Fantastico! Non vedo l'ora... io mi sono iscritta apposta per andare nello spazio su uno di quei robot!» ci ha confidato Arale.

Alcuni, Mimi Takikawa, per esempio, è stata costretta dai genitori ad entrare in caserma, mentre Sora, che è arrivata anche lei dalle colonie, ha fatto fuoco e fiamme per riuscire a convincere i suoi perché vuole conoscere la Terra.

«E tu, Bra?» ha chiesto Pan, annoiata, stretta nelle spalle. «Come mai una principessina, col culo sempre pulito da qualcun altro come te, è finita in un posto dove le regole sono regole

Lei l'ha deliberatamente ignorata e ha continuato a mangiare.

Ho preferito ascoltare, più che parlare. Persino Alex, se si andava in zona colonie, sembrava a disagio quasi quanto me. Tutti sembravano così informati su tutti i fatti che vi accadevano, i collegi, i Mobile Suit, che mi sentivo parecchio da meno.

Pan, invece, sembrava star legando, con nientepopodimeno che Arale, che stava all'altro suo fianco.

«Io picchio perché sì... il nonno ha sempre detto che è un linguaggio universale. Insomma, tutti possono capirsi, picchiandosi...»

«Mah, non lo so...» rispondeva Arale, grattandosi la testa. «Insomma, come puoi dire con un pugno... che ne so, qualcosa come... ti voglio bene?»

Pan ci ha pensato un attimo. «Si può dire!»

«E come?» ha insistito Arale.

Mia sorella ha fatto una smorfia infastidita e, per un istante, ho avuto il terrore che volesse picchiare la nostra nuova compagna di classe. «Che cazzo ne so? E mi vuoi lasciare in pace?» ha ringhiato soltanto, invece. Intimorito, ho guardato verso il tavolo degli insegnanti e ho visto la Une scrutarci con uno sguardo eccessivamente cattivo.

Mi sono di nuovo girato verso il mio piatto pieno di quello che doveva essere brodo di pollo, ma che, in realtà, era acqua sporca. Alex aveva ragione: si mangia da schifo.

Da quel momento, comunque, Arale e Pan non si sono più dette una parola. Forse non si poteva dire davvero che socializzassero...

Quando ormai quasi tutti, a parte i più lenti, abbiamo finito di mangiare una cena da dimenticare, la Une si è alzata di nuovo e, aiutata dall'insegnante biondo che ha accolto me e Pan all'ingresso, ha cominciato a distribuire una busta per ogni tavolo; quando è passata dal nostro ha lanciato un'altra occhiataccia a mia sorella, mentre lei, come tutti noi, guardava quella busta come se potesse contenere dell'antrace pronta a schizzarci addosso.

«Cosa c'è là dentro?» ho chiesto ad Alex.

Lui ha alzato le spalle. «Non lo so proprio...» ha confessato.

«Qualcuno dovrebbe aprirla...» ha detto Bra, con voce acuta. Non mi sembrava spavalda come quando mi aveva dato del frocio quella brutta antipatica. «Un ragazzo forte e aitante!»

Alex ha alzato lo sguardo su di lei e le ha rivolto un sorriso maniacale. «Lo faccio io, se mi lasci il tuo numero di telefono!»

Bra ha risposto con una smorfia che esprimeva solo disgusto.

«Dovrebbe aprirla un ragazzo!» ha rincarato Mimi.

«No, dovrebbe farlo una ragazza...» ha replicato Tai. «Prima le signore...»

«Ma i ragazzi sono più coraggiosi!» ha continuato lei, sbattendo le palpebre.

«Mah...» è stato il commento di Frank.

«I prodi Cavalieri della Tavola Rotonda!» ha detto mia sorella, sarcastica. Ma la sua espressione è cambiata improvvisamente, divenendo di una cattiveria spaventosa. Ha sbattuto un pugno sul tavolo e, per poco, non ho urlato dal terrore di poterlo vedere aprirsi in due. Qualcuno, anche dal tavolo degli insegnanti, ha alzato la testa verso di noi, così come alcuni ragazzi degli altri tavoli, sorridendo in modo complice. «Branco di smidollati che non siete altro! Cosa ci vuole a prendere una stupida busta e ad aprirla, eh?»

Senza dire altro, l'ha presa e tutti abbiamo trattenuto il respiro. Quando l'ha lacerata e gettato il suo contenuto sbattendo di qua e di là le braccia, come per spandere davvero tutto intorno a noi la polvere d'antrace, ci siamo coperti la testa con le braccia, urlando come pazzi. Pure Alex che, dopo due anni, avrebbe dovuto sapere cosa c'era in quella busta.

Risate da ogni dove si sono alzate, mentre la Une cercava di ristabilire la calma. Ma la sua voce era così bassa rispetto al casino di risate ed urla che nessuno se l'è filata. Io l'ho sentita solo perché eravamo abbastanza vicini.

Ho sbirciato da sotto le braccia cosa stava succedendo sopra di me: moltissimi fogli stavano svolazzando sopra le nostre teste e, piano piano, si sono posati sulle nostre braccia, teste e piatti pieni. Alcuni si sono unti, altri sono risultati illeggibili.

Frank, accanto ad Alex e di fronte a me, è stato il primo ad afferrarne uno, finito in uno dei piatti e lui sembrava l'unico a non essersi minimamente scomposto, durante tutto quel trambusto.

«E' solo l'orario delle lezioni!» ha esclamato, con un mezzo sorriso divertito stampato in faccia.

A quelle parole, mi sono fatto coraggio e ho preso il foglio che mi era caduto accanto alla sedia, mentre anche gli altri si facevano coraggio e si allungavano per prendere quelli che erano finiti al centro della tavolata.

«L'anno scorso ce li hanno dati la mattina delle lezioni!» è stato il commento di Alex che scuoteva su e giù il suo orario perché bagnato.

«E noi ci siamo cagati in mano per niente?» ha sbottato mia sorella, che non ha mai avuto intenzione di prendere il suo foglio.

Bra ha fatto una smorfia spazientita. «Potresti evitare di usare certi termini? Mi dai sui nervi!» ha esclamato.

Mia sorella l'ha guardata con disgusto. «Potresti evitare di parlarmi? Mi stai sul cazzo!»

Non so come la Une, in mezzo a tutto questo, abbia deciso di lasciar perdere e di non darci punizioni, ma sono felice che l'abbia fatto.

Comunque sia, ho cominciato a leggere: posso dire tuttora di voler scappare, a casa mia, dai miei genitori, nel mio bel lettuccio comodo. Però voglio ricopiare l'orario del prossimo trimestre quassù, così magari riesco a impararlo prima...



Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

08-09

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Attività motoria (Salvini, palestra)

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

Storia (Lady Une, aula 12)

09-10

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

Teoria dei gradi (Lady Une, aula 24)

Teoria dei gradi (Lady Une, aula 20)

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

Storia (Lady Une, aula 12)

10-11

Teoria dei gradi (Lady Une, aula 12)

Matematica (Jack Bristow, aula 24)

Storia (Lady Une, aula 20)

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

11-12

Storia (Lady Une, aula 12)

Attività motoria (Salvini, palestra)

Storia (Lady Une, aula 20)

Storia (Lady Une, aula 12)

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

12-13

Pausa pranzo

Pausa pranzo

Pausa pranzo

Pausa pranzo

Pausa pranzo

13-14

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Attività motoria (Salvini, palestra)

Attività motoria (Salvini, palestra)

Attività motoria (Salvini, palestra)

Matematica

(Jack Bristow, aula 10)

14-15

Attività motoria (Salvini, palestra)

Teoria dei gradi (Lady Une, aula 10)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Attività motoria (Salvini, palestra)

Storia (Lady Une, aula 12)

15-16

Attività motoria (Salvini, palestra)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Teoria dei gradi (Lady Une, aula 12)

17-18

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Matematica (Jack Bristow, aula 10)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)

Geografia (Lucrezia Noin, aula 21)


Non appena abbiamo visto questo orario, si possono solo immaginare le reazioni. Più che altro quelle di Alex che, già, conosce i professori...

«Tre ore di Une? Domani?» ha detto, guardando la colonna del mercoledì con occhi sgranati.

«Perché, l'idea bestiale di mettere l'attività fisica subito dopo pranzo, come ti sembra?» ha replicato Frank. A quelle parole, Pan non ha potuto resistere alla curiosità e si è presa l'ultimo foglio rimasto nella zuppiera al centro della tavola.

«E' una cosa che queste bestie hanno fatto... tre giorni a settimana! Ma sono proprio deficienti!» ha detto, disgustata, dopo una rapida occhiata e gettando di nuovo il suo orario nel suo piatto pieno.

«E delle tre ore di matematica filate il venerdì che mi dite, gente?» ha detto Trowa, indignato.

«E cos'è Teoria dei Gradi?» ha chiesto Mimi. Ha guardato Alex.

Tutti abbiamo guardato Alex, l'unico che sappia più di noi. Lui ha lanciato a noi uno sguardo smarrito, poi ha fatto una smorfia, per dirci che non lo sapeva.

«Non l'ho mai capito!» ha ammesso candidamente. «E' un corso che non ho mai seguito e, se l'ho fatto, dormivo!»

«Deve essere molto interessante, allora...» ha detto Frank, ironico. Ho annuito, ricordando che avevo già sentito parlare di Teoria dei Gradi... proprio da quella ragazza coi capelli cespugliosi che se ne stava a due tavoli di distanza e parlava animatamente con un ragazzo biondo dall'aria scontenta. Lei aveva già imparato tutto! Ha detto che non ricordava solo qualcosa...

«Siamo fottuti!» Queste sono state le parole di Pan. E' rude, ma mai come in quel momento, le sue parole hanno rispecchiato i miei pensieri.


*****


* Jack Bristow e Julian Sark sono personaggi di Alias, un telefilm di spionaggio messo in onda su RaiDue un paio di anni fa. Sono due dei miei personaggi preferiti della serie e ho voluto riportarli in questa sede – uno decisamente stravolto e l'altro estremizzato – per farli diventare due dei professori-militari del collegio.


Eccoci alla fine del terzo capitolo. Dal prossimo, si parte con la vita di Kenny e Pan in caserma.


Prof: mi fa molto piacere leggere i tuoi pareri ed impressioni sulla storia e sono anche molto contenta che Kenny sembri un personaggio “vero” e non un semplice spettatore ignaro. Sto cercando in tutti i modi di renderlo parte attiva del racconto, anche se non mi sembra sempre di riuscirci egregiamente. Ti invito a farmi presente quando fallirò. Naturalmente, tra Pan e la Une ci sarà una guerra che durerà lunghi capitoli ed anni... e il loro primo incontro ravvicinato la dice lunga sui loro successivi rapporti. Ammetto che anche a me Videl e Pan piacciono troppo. :) Alla prossima!


Ringrazio coloro che hanno letto la storia, che vorranno leggerla, e, spero, che continueranno a seguirmi.

Tengo molto ad avere vostri pareri, quindi non siate timidi. Critiche di qualsiasi tipo non saranno mai disprezzate. ^^

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Gundam > Gundam Wing / Vai alla pagina dell'autore: Luine