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Autore: Emma_Powell    06/09/2016    7 recensioni
[STORIA AD OC - ISCRIZIONI CHIUSE]
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“Vai avanti finché non trovi i campi di fragole. Se ci sono dei satiri, sono quelli del signor D. Non ti puoi sbagliare.” aveva detto “E se moriamo per colpa tua, verremo a cercarti dall’ade per tormentarti per il resto dell’eternità. Chiaro?”
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- Se non so cosa succede posso fare ben poco. E comunque, non ho ancora capito chi sei.
- Giusto. Mi chiamo Marlene Stephens, ho duecentodiciassette anni e sono una cacciatrice di Artemide. Se non ci muoviamo resterò l’ultima del gruppo. – ci pensò su – No, probabilmente sono già l’ultima del gruppo. Se non ci muoviamo moriremo tutti.
Il centauro non si scompose.
- Una cacciatrice. Effettivamente indossavi la giacca della vostra “divisa”… Perché dovremmo morire tutti?
La cacciatrice si voltò per osservare il suo interlocutore.
- Probabilmente le sembrerà impossibile, ma Pirra è risorta e vuole scatenare un secondo diluvio universale, come quello ordinato da Zeus quando stava ancora in Grecia. Sta cercando di ricongiungersi a suo marito ormai da un po’. E quando ce la farà, non ci sarà modo di fermarli.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Le Cacciatrici, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve, cari.
Prima che iniziate a leggere, vi do soltanto un consiglio (anche a costo di sembrare più strana di quanto già non sembri). Ho scritto questo capitolo ascoltando a ripetizione “Stressed out” dei Twenty One Pilots, e quindi ora non riesco a rileggerlo senza canticchiare come una scema. Se volete provare a leggere e ascoltare Stressed out contemporaneamente, secondo me il capitolo seguente rende di più. Sennò fate come volete :)
Ci vediamo di sotto.

 

La fine si erge vicina e inaspettata


 
Ethan Miller se ne stava tranquillamente seduto sugli spalti dell’arena insieme al resto dei suoi fratelli, osservando con aria annoiata una ragazza e un ragazzo che si scontravano. Non c’era assolutamente niente di emozionante nel loro allenamento, tanto che quando si era messo a sedere gli era bastato uno sguardo per analizzare la situazione e per decidere che non gli importava. Durante i suoi diciassette anni di età aveva assistito a talmente tanti combattimenti del genere da memorizzare ogni singola mossa possibile, ormai erano tutti così prevedibili. E non si poteva neanche dire che i due ragazzi fossero bravi. Insomma, la ragazza teneva perennemente scoperto il fianco sinistro, e il ragazzo muoveva le braccia con la stessa grazia di un mulino a vento. Per non parlare delle smorfie che facevano tutti e due ogni volta che tentavano di attaccare. Se si fossero trovati davanti ad un nemico dotato di occhi sarebbero stati spazzati via nel giro di due secondi.
Distolse lo sguardo da quella scena pietosa, con una specie di sbuffo incredulo.
Pivelli.
Di norma sarebbe stato ben attento a tenersi lontano da situazioni del genere, ma il suo “capo”, Michelle Roberts, quella mattina lo aveva preso da parte con aria scocciata.
- Così non si può andare avanti. – aveva esordito, con una specie di ringhio.
Ethan, che si stava avviando verso l’arena per il suo allenamento quotidiano, era rimasto abbastanza sorpreso. Parlava con Michelle giusto lo stretto necessario, quando doveva dare l’impressione di non fare proprio tutto di testa sua. Non aveva molta voglia di sorbirsi ramanzine e rimproveri, quindi ogni tanto si ricordava di farlo.
- Così come? – aveva domandato sistemandosi meglio le sue due katane dietro la schiena.
- Così, Ethan. Sai benissimo di cosa sto parlando. Non stai mai con il resto dei tuoi fratelli, continui a saltare ogni attività insieme e la notte scompari senza dirci niente. Rose tutte le volte che ti vede scoppia a piangere, perché ancora è scossa per quello che le hai detto tre mesi fa.
Oh, sì. Ethan si ricordava di Rose. Un’altra pivella.
- Non le ho detto niente di che. – si era difeso sbrigativamente.
- Oh, davvero? – Michelle aveva riso, sarcastica – Le hai detto che dopo la sua morte verrà ricordata come una completa fallita, e che nemmeno i genitori vorranno ammettere di aver avuto una tale perdente come figlia. Siamo tutti figli di Mnemosine, Miller, queste cose ce le ricordiamo!
- Ho solo detto quello che tutti stavano pensando. – aveva ribattuto senza provare il minimo imbarazzo.
- Ha nove anni, okay? Ed era la prima volta che prendeva in mano una spada, non puoi essere così critico. Probabilmente le hai rovinato l’infanzia.
- Ora non esageriamo, avrò al massimo…
- Il problema… - lo aveva interrotto Michelle alzando la voce - …non è Rose. Sei tu. Ti comporti come un sociopatico…
- Ma grazie.
- … e questo comportamento non è accettabile. Non finché ci sarò io a capo di questa cabina, capito? – gli aveva lanciato una lunga occhiata ammonitrice, poi aveva abbaiato – Dove stai andando, adesso?
- Nell’arena. Ad allenarmi.
- Bene. – la ragazza aveva tratto un respiro profondo – Adesso ci andiamo tutti insieme. Un’uscita di famiglia.
E così si era ritrovato sulle gradinate dell’arena, circondato dai suoi fratellastri e aspettando che due principianti finissero di rendersi ridicoli davanti a tutta la cabina di Mnemosine. Aveva provato a mettersi quantomeno un po’ in disparte ma Michelle lo aveva afferrato per un braccio e lo aveva trascinato in prima fila, in modo che non si potesse perdere niente. E infatti non si stava perdendo niente. Era una tortura.
Ethan accavallò le gambe. Poi si grattò la nuca. Poi prese a giocherellare con il fodero di una delle due katane. Poi iniziò a studiarsi le unghie. Poi si alzò in piedi, attirando immediatamente tutti gli sguardi su di sé.
Saltò giù dagli spalti con pochi, rapidi movimenti e si portò al centro dell’arena. I due ragazzi continuavano a combattere, senza guardarlo. E continuarono ad ignorarlo quando estrasse simultaneamente le due katane con un’elegante torsione del polso, disegnando nell’aria due circonferenze perfette con le lame.
- Ethan. – chiamò Michelle con tono di avvertimento, dagli spalti.
E poi il figlio di Mnemosine fu su di loro. Gli bastarono due colpi per metterli fuori gioco, esattamente come aveva previsto. Il ragazzo, che era caduto per terra, provò ad alzarsi ma Ethan non gli lasciò nemmeno il tempo di riprendere la sua arma, puntandogli una katana contro la gola.
- Siete veramente patetici, ragazzi. – disse senza sorridere – In ogni altra occasione vi avrei lasciato in pace. Fare schifo non è un crimine. Però adesso devo proprio allenarmi, e non ho tempo da perdere. Quindi siete pregati di sloggiare.
La ragazza gli lanciò un’occhiata gelida, poi tese la mano al suo compagno.
- Andiamo, Erick. Non ne vale la pena.
I due se ne andarono, scoccandogli delle occhiatacce da sopra le spalle.
- Sapevo che avreste capito. – disse con un accenno di sarcasmo.
Quando si girò di nuovo verso gli spalti scorse il viso di Michelle, che sembrava intenzionata ad ucciderlo nel sonno. Il labbro inferiore di Rose-la-Completa-Fallita tremava in modo allarmante e il resto dei suoi fratelli lo fissavano con uno sguardo a che esprimeva allo stesso tempo ammirazione, timore e disgusto. Tanto per cambiare.
Valutò se fare un inchino o meno, ma prima che potesse decidere il suono di un corno in lontananza lo distrasse.
- Un’adunanza. – disse stupita Michelle, dimenticandosi per un attimo della sua aria omicida – E’ strano.
- Forse ha a che fare con la ragazza che ieri ha provato ad ammazzare Peleo. – ipotizzò qualcuno dagli spalti.
- Oh, sì. Ho sentito dire che l’ha accecato.
Michelle alzò le sopracciglia, sorpresa.
- Va bene, andiamo. Non c’è tempo da perdere.
Ethan infoderò le due katane dietro la schiena, con aria indifferente. Quando passò vicino a Michelle, lei gli sibilò:
- E non credere che abbiamo finito qui.
Il ragazzo non si degnò neanche di dare una risposta. Michelle non gli stava nemmeno troppo antipatica, sapeva che faceva tutto il possibile per far andare d’accordo tutti i suoi fratelli, e la ammirava per questo. Anche perché a quanto pareva Mnemosine aveva deciso di avere figli da persone completamente diverse. All’interno della sua cabina si potevano trovare ragazzi di ogni età con ogni tipo di carattere.
Michelle, per esempio, che era figlia di un agente dell’FBI, si comportava come un despota.
C’era un gruppetto di ragazze che andavano in giro sempre insieme, parlando di cose inutili e spettegolando come figlie di Afrodite. Grazie alla loro memoria infallibile si ricordavano pressoché ogni singolo pettegolezzo del campo, e questo era non poco irritante.
Poi c’erano persone come Rose-la-Completa-Fallita, di cui Ethan non sapeva molto, perché era abbastanza sicuro che non contassero niente.
C’erano un po’ di nerd e un po’ di gente popolare, un po’ di ragazzi che si credevano divertenti e un numero ristretto di persone che Ethan riteneva simpatici, ma che non aveva mai provato ad avvicinare, per evitare di dover cominciare a partecipare alle attività insieme al resto della sua cabina.
E poi c’era lui. Quello che traumatizzava le bambine di nove anni con commenti inopportuni. Quello che non perdeva un’occasione per rendersi ancora più antipatico e odioso agli occhi degli altri. Quello che combatteva talmente bene da mantenere a debita distanza chiunque lo vedesse.
Una volta non era così. Insomma, non proprio così. Ethan ricordava la sua vita prima della morte del padre come quella di un’altra persona. Brad Miller era stato un uomo tranquillo e docile e magari, se fosse rimasto in vita un po’ più a lungo, anche il figlio avrebbe appreso qualcosa dalla sua temperanza. Ma questo non era successo, e il ragazzo aveva dovuto arrangiarsi. E aveva imparato a fare a modo suo.
Ethan scacciò quel pensiero quando avvertì più distintamente il metallo della sua medaglietta premergli contro il petto. Per qualche strana ragione, tutte le volte che pensava a suo padre, sembrava diventare più pesante. Sfiorò con delicatezza la catenina e si unì con un sospiro al resto dei suoi fratelli che si dirigevano verso l’uscita dell’arena.
 
Kristofer Armstrong si chiedeva come facesse a vivere con un figlio di Talia e una figlia di Urania senza andare fuori di testa.
Era steso sul suo letto a leggere un libro. Di solito sceglieva con molta cura quando farlo, perché tutte le volte che iniziava non poteva fare a meno di esserne rapito. In quei momenti esistevano soltanto la carta e l’inchiostro, e se qualcuno avesse provato a disturbarlo avrebbe subito delle mutilazioni. Gravi mutilazioni. Quindi, per il bene di tutti, quel giorno si era messo a leggere poco prima di cena, quando ormai era buio da un pezzo.
Si stava appunto godendo quel momento di tranquillità quando qualcosa di morbido e fresco gli atterrò con forza sulla faccia.
La testa scarmigliata della cugina fece capolino dalla porta del bagno.
- Cosa cavolo… - iniziò con tono abbastanza rude Kris.
- Ehi. Non ti arrabbiare! Abbiamo un’emergenza!
Il ragazzo si alzò a sedere lentamente, chiudendo il libro.
- Che succede?
- Tate ha di nuovo rotto il tubo del lavandino. – spiegò con una specie di grugnito Silver  - Si sta allagando il bagno. E intanto Chirone ha ricominciato a suonare quel dannatissimo corno. C’è una cavolo di adunanza.
- Tranquilla, eh.
La ragazza fece una smorfia.
- E in tutto questo, io sono in pigiama da stamattina! – continuò indicandogli la massa informe di pile con disegnati tanti orsacchiotti che indossava.
Kris si passò una mano sopra gli occhi. La cabina trenta aveva solo tre abitanti, ma erano tutti talmente fuori dall’ordinario che compensavano in qualche modo la mancanza di altri fratelli e sorelle. All’inizio, Silver era stata la capo cabina, ma visto che Kris e Tate non perdevano un’occasione per tormentarla o per rinfacciarglielo, alla fine aveva deciso di rinunciare alla carica. “Tanto non siamo neanche fratellastri” aveva detto con un’alzata di spalle “Non ha molto senso cercare di addomesticarvi. Probabilmente Percy Jackson non l’ha tenuto in conto quando ha fatto costruire la cabina delle Muse.” Gli altri due avevano concordato, e la conversazione si era chiusa lì. Ma anche se Silver talvolta sosteneva il contrario, i tre ragazzi nel corso degli anni erano diventati uno il complementare dell’altro. Kris sapeva che Tate si segnava tutto quello che lui e Silver si dicevano quando litigavano, perché li considerava più comici dell’intera casa di Ermes. Tate sapeva che se qualcuno provava a svegliare Silver prima delle undici, non poteva uscirne con danni minori. E Silver sapeva che quando Kris si metteva a leggere, non doveva essere disturbato.
Quindi era abbastanza sicuro che quello non fosse un altro scherzo di Tate. Il ragazzo sospirò e si alzò dal letto.
- Come ha fatto, esattamente?
Silver si girò, come se Tate le stesse dicendo qualcosa dal bagno.
- Stava cercando ispirazione per una nuova commedia. – rispose la ragazza alzando gli occhi al cielo – Ha rotto il tubo del lavandino, ha guardato per un po’ l’acqua che scorreva, e poi ha deciso che non sapeva come aggiustarlo.
- Sei un idiota, Tate.
- Dice che ti ha sentito.
- Certo, sono io quello sordo, non lui.
Silver ghignò.
- Ha appena detto che questa frase si potrebbe usare bene in un’opera teatrale.
Kris, suo malgrado, scoppiò a ridere.
- Okay, ho capito. Sil, tu vatti a togliere quel pigiama con gli orsetti. Io vedo cosa posso fare con il tubo del bagno.
La cugina gli diede una pacca sulla spalla.
- Buona fortuna.
Quando Kris entrò nel bagno trovò un Tate con i capelli castani completamente bagnati e con una chiave inglese in mano. Continuava a sbattere una mano contro la pozzanghera che si stava formando con tutta l’aria di divertirsi un mondo.
- Cosa stai facendo? – chiese esasperato Kris.
“Ho trovato l’ispirazione!” annunciò Tate con il linguaggio dei segni. Anche se Kris era perfettamente in grado di parlare ed era quasi del tutto autonomo, quando Tate l’aveva conosciuto aveva deciso di impararsi il linguaggio dei segni, sostenendo che su un palcoscenico avrebbe fatto una gran figura. Kris gli aveva fatto notare che nemmeno lui sapeva come capirlo, e a quel punto l’amico aveva alzato gli occhi al cielo.
- Oh, dei. Sei un figlio di Polimnia, la musa del mimo, mi vuoi dire che non sei in grado di imparare a gesticolare? – aveva chiesto.
E così avevano imparato. Tate era stato abbastanza veloce anche essendo un figlio di Talia. Dopo una settimana tutti e due andavano in giro sbracciando come matti.
“Oh, davvero?” domandò il ragazzo nello stesso modo “Ciò non toglie che hai fatto un disastro.”
“Sì, e sta anche suonando il corno. Fottute adunanze. Non pensi che ci sia qualcosa di… poetico nell’acqua che scorre? Pensa ad un’enorme cascata.” Il ragazzo ci pensò su “Oh, sì, ecco! Un’enorme cascata che sceglie di cadere in testa a chi vuole. Come punizione. E’ una grande metafora, no?”
“Tate, sarò sincero. E’ orrenda. E non è nemmeno una metafora. Sei fatto?”
“Stai zitto, non hai la discendenza giusta per capire qualcosa di teatro. Penso che domani chiederò a Lynch, della casa di Efesto, di costruirmi un enorme cannone spara acqua. Sempre che non lo usi contro di me. Sai, non credo di stargli molto simpatico.”
“ Se permetti, abbiamo problemi più immediati. Come si fa a riattaccare questo tubo?”
E fu così che la cabina trenta arrivò con un quarto d’ora di ritardo all’adunanza. Silver aveva i capelli scuri ancora sparati da tutte le parti come se si fosse appena svegliata, Tate era completamente zuppo e si era portato dietro diversi fogli per appuntarsi le idee sui cannoni spara acqua e infine Kris si era dimenticato di lasciare nella cabina la chiave inglese, quindi la teneva in mano con aria imbarazzata. Presero posto in prima fila, proprio davanti al falò spento. Chirone, che si ergeva in tutta la sua statura, lanciò loro un’occhiata ammonitoria, ma non disse niente.
Vicino a lui c’era una ragazza sui sedici anni, con i capelli castano-rossastri legati in una treccia disordinata. Indossava un parka argentato, macchiato di sangue e teneva un arco a tracolla. Ma la cosa che aveva attirato l’attenzione del ragazzo era un’altra: la sua espressione. Da quando era diventato sordo, Kris aveva imparato a sfruttare al meglio i quattro sensi che gli rimanevano. E aveva imparato a leggere i volti delle persone. Quella ragazza sembrava aver appena perso qualcuno di molto importante. Ed oltre ad essere triste, era anche preoccupata. Molto preoccupata. Così preoccupata che il ragazzo ebbe un brivido. Non poteva significare niente di buono.
Tate gli diede una gomitata, distogliendolo dai suoi pensieri.
- E’ carina, la ragazza. – disse con un sorrisetto, osservandola.
Silver, dall’altra parte di Kris, alzò gli occhi al cielo.
- E’ una cacciatrice, Tate. Non vedi l’arco? E la giacca? E… tutto il resto?
- Sì. Figo, una ragazza guerriera. Allora?
La cugina si fece una risata, e Kris sorrise.
- Allora ha fatto un voto di castità quando è entrata a far parte delle cacciatrici. Se lo infrange muore. E con il fatto che le cacciatrici sono immortali… be’, per quello che ne sappiamo potrebbe avere anche mille anni. Uno più uno meno.
- Ehi, la mia era soltanto una constatazione, non è che…
Tate si bloccò con una faccia strana, poi arrossì e si girò verso gli altri due.
“Ci sta fissando!” disse con il linguaggio dei segni “E non sembra amichevole. Per niente.”
“Probabilmente si sta chiedendo perché sei tutto bagnato” rispose Kris “O perché stiamo gesticolando come degli idioti.”
“Capitan Ovvio, ti dico che mi sta fissando. E sembra più pallida di prima.”
- Ehi, ragazzi. Quante volte ve lo devo dire che non ho nessuna intenzione di imparare a “parlare” come voi? – fece Silver, irritata.
- Stavo dicendo che…
- Eroi! – esclamò Chirone, attirando immediatamente lo sguardo di tutti su di sé – Abbiamo una terribile notizia da darvi.
“Ah, ricordo ancora quando cercavano di mettere le terribili notizie in modo carino per non traumatizzarci” fece Tate, guadagnandosi l’ennesima occhiataccia da parte della cugina.
- Vi presento Marlene Stephens. – continuò Chirone inclinando la testa verso la ragazza – Forse avrete sentito dire che ieri sera qualcuno ha provato ad uccidere Peleo. Be’, è stata lei.
Un mormorio di disappunto si diffuse tra gli spalti. La ragazza guardò Chirone, seccata.
- Posso parlare io? – chiese bruscamente a Chirone. Poi, senza aspettare la risposta, ricominciò – Non vi preoccupate, gli ho solo cavato un occhio. E comunque è stato lui ad attaccarmi. Ma questo non è importante, okay?
Lanciò uno sguardo nervoso alla platea, e a Kris sembrò che si soffermasse veramente di più su di Tate. Poi distolse lo sguardo e si schiarì la voce.
- Sono una cacciatrice di Artemide. – riprese - Due settimane fa io e le mie compagne siamo partite per l’Alaska. Artemide ha avvertito qualcosa che non riusciva a spiegarsi, quindi abbiamo deciso di andare a controllare di persona. Abbiamo cercato di capire cosa stesse accadendo. Poi, una notte, Artemide è scomparsa. L’abbiamo cercata per un giorno intero, senza alcun risultato. La notte dopo, cioè due giorni fa, ha cominciato a piovere. Tanto. Ed è comparsa Pirra.
Questa volta il mormorio suonò perplesso. La cacciatrice fece roteare gli occhi.
- Pirra. Moglie di Deucalione. Quella che è sopravvissuta al primo diluvio universale ordinato da Zeus e che ha ricreato l’umanità lanciandosi dei sassi dietro le spalle… no?
La cacciatrice lanciò un’occhiata dubbiosa a Chirone, come a chiedere “Sul serio? Non aveva detto che sono semidei?”
- Sappiamo chi è Pirra. – rispose bruscamente un ragazzo dalla zona dove era seduta la cabina di Mnemosine. Kris se ne accorse solo perché Silver glielo indicò, per farli seguire il discorso. Era in occasioni come quelle che detestava ancora di più essere sordo. In ogni caso, riconobbe il ragazzo dalle due katane posizionate dietro la schiena: Ethan Miller. E vide anche che la cacciatrice mormorava “Oh, grazie, divina Artemide” con aria abbastanza sarcastica  – Ma non mi risulta che ci sia stato un secondo diluvio universale, ce ne saremmo accorti. Quindi, perché hai detto che Pirra è sopravvissuta al primo diluvio?
- Sei sveglio, per essere un ragazzo. Se mi fai spiegare ci arrivo.
Miller non parve molto contento di quel “per essere un ragazzo”, ma non commentò oltre.
- Pirra ha lasciato ad intendere che il suo scopo è quello di risvegliare il marito per dare inizio ad un secondo diluvio universale. – piegò la testa verso Miller.
- E come? – domandò a sorpresa Tate. Silver gli ripeté la domanda sillabando bene le parole.
La cacciatrice posò di nuovo lo sguardo su suo cugino, cercando palesemente di mantenere un’aria indifferente.
- Non si è fermata a spiegarlo. – rispose poco gentilmente – Il problema è che tutto il mio gruppo è ancora là: mi hanno inviato per chiedere aiuto. Quando sono andata via molte delle mie sorelle erano già morte, ma ormai credo di essere rimasta veramente l’ultima.
La ragazza strinse i denti, poi guardò Chirone.
- Quindi, se adesso vuole dire quella cosa della missione…
- Sì, certamente. Ragazzi, quello che Marlene ci ha appena detto non riguarda solo le cacciatrici, ma anche ognuno di noi. Ed è per questo… - il centauro si bloccò, e Kris non capì il perché. Poi Tate gli indicò Rachel, l’oracolo, che era caduto di faccia in mezzo al cerchio del falò.
- Ottimo. – brontolò Silver – Un diluvio universale e una cavolo di profezia. Le cose si mettono sempre meglio.
‘’La fine si erge vicina e inaspettata,
Nella Terra Oltre gli Dei, inevitabile ma addormentata.
Sei semidei immediatamente dovranno partire,
Se sapientemente la fine della terra vorranno prevenire,
Ma se con l’antico pregiudizio l'Ade verrà squarciato,
Il mondo intero sotto il cielo verrà schiacciato.
E quando lontana orami la speme sembrerà
Per la stella e la ladra,
Per la fucina e la memoria,
Per il giovane mascherato
E per la ragazza dannata…’’
Alla “a” di “dannata”, Rachel sgranò gli occhi e si portò una mano alla gola, tossendo.
’la ragazza dannata…’’
Tutti si sporsero simultaneamente in avanti, per sentire meglio. Poi l’oracolo girò gli occhi e cadde di nuovo giù. Questa volta erano preparati, e due ragazzi la sorressero prima che sbattesse per terra.
- Mi ha fermato… - mormorò, con voce debole e stupita – Non mi era mai successo…
Per un attimo regnò il silenzio più assoluto. Marlene continuò a fissare Rachel come se dovesse riprendersi e continuare la profezia da dove l’aveva interrotta. Poi tutti ricominciarono a parlare contemporaneamente, e Kris una volta tanto fu contento di essere sordo. Andarono avanti così per almeno due minuti, poi la cacciatrice fregò il corno di Chirone, che si era messo a parlare fitto fitto con  l’oracolo, e ci soffiò dentro con talmente tanta forza che Kris sentì il suono rimbombargli nella cassa toracica.
- State ZITTI! – urlò. Il ragazzo intuì che il tono dovesse essere parecchio autoritario, perché tutti smisero immediatamente di parlare – Per gli dei, quanti anni avete? Quattro? La situazione è grave!
Chirone si schiarì la voce.
- Sì, ehm… grazie, Marlene. Eroi, come avrete notato la profezia è incompleta. Non è mai successo, ma… - lanciò un’occhiata preoccupata verso Rachel – …considerato tutto, dobbiamo ordinare ugualmente una missione. E prepararci. Ora, abbiamo volontari?
La cacciatrice scosse la testa.
- Non servono volontari a caso. La profezia dice bene chi deve partire.
 
- La stella. – ripeté lentamente Chirone.
Silver Hunt trattenne bruscamente il respiro, capendo immediatamente cosa implicava tutto ciò. Kris e Tate si girarono a guardarla contemporaneamente, con del puro e inconfondibile panico nello sguardo. La ragazza fece del proprio meglio per non assumere la loro espressione, ma probabilmente il risultato non fu dei migliori. Trasse un respiro profondo, poi si alzò in piedi.
- Avete bisogno di una figlia di Urania. E a quanto pare io sono l’unica. Quindi… - rivolse uno sguardo nervoso alla cacciatrice, che la stava soppesando come per valutare se valesse qualcosa - … ehm, ciao. Mi chiamo Silver. E’ un piacere.
Marlene le fece un cenno con la testa, sorridendo appena.
 
- La ladra. – continuò Chirone, contando sulle dita – Una figlia di Ermes, quindi.
Nana iniziò a muoversi a disagio, dal suo posto a sedere. Vide Elizabeth impallidire. E Erika che si faceva minuscola. E la piccola Alice tirare su con il naso.
E cominciò a sentirsi veramente male.
- Abbiamo una volontaria? – domandò il centauro.
Nana aveva avuto un’infanzia difficile. Aveva passato anni e anni senza amici, sola e incompresa. La sua unica compagnia era stata quella di suo fratello, ma visto che era mortale al cento percento non l’aveva potuta seguire al campo. Quindi, all’età di quattordici anni si era ritrovata se possibile ancora più sola di prima.
E poi erano arrivati i due idioti. Travis e Connor Stoll, i re degli scherzi. C’erano voluti mesi prima che iniziasse a fidarsi, ma alla fine ce l’aveva fatta, e da allora si era sentita quasi un’altra persona. Anche perché, dopo aver consolidato la sua amicizia con i suoi capo cabina, quella con il resto dei suoi fratellastri era venuta quasi da se, e la cosa l’aveva sorpresa non poco. Durante quelle vacanze di Natale, poi, erano venuti pochi dei suoi fratelli, e questo le aveva dato l’occasione di legare ancora di più con pochi eletti. Non era mai stata molto altruista: nella maggior parte dei casi la gente non se lo meritava mai. Ma da quando era arrivata al campo, aveva conosciuto ben più di una persona per la quale avrebbe fatto volentieri un'eccezione.
In quel momento il pensiero che qualcuna delle sue sorelle dovesse partire per una missione pericolosa per salvare il mondo la faceva impazzire.
Ma anche il pensiero di partire per una missione pericolosa per salvare il mondo la faceva impazzire.
Travis, seduto nella fila davanti alla sua, l’aiutò a mettere tutto in prospettiva.
- Okay. Una persona in meno. Staremo più larghi, immagino.
Nana gli tirò un calcio da dietro, non troppo piano. Sapeva benissimo che stava scherzando, ma sapeva anche che quello che aveva detto non era del tutto impossibile. E quindi si alzò in piedi. Essendo alta appena un metro e cinquantasei, pensò che fosse meglio attirare l’attenzione su di lei, quindi allargò leggermente le braccia.
- Ecco la volontaria. – annunciò con voce ferma.
Travis si girò di scatto, incredulo.
- Mettiti subito a sedere! Sei impazzita?
Ma la cacciatrice aveva già annuito, lanciandole un’occhiata veloce.
 
- La fucina. – riprese il centauro alzando un altro dito.
Arold non stava seguendo molto la conversazione. Cioè, sì, aveva capito che c’era un grande pericolo imminente che comprendeva la risurrezione di Deucalione e tante altre belle cose come il secondo diluvio universale e via dicendo. Ma questo succedeva più o meno ogni volta che tornava al campo per le vacanze, quindi non vedeva dove fosse il dramma. Ci sarebbero stati dei bravi eroi pronti a sistemare tutto, e poi sarebbero potuti tornare alla normalità, a non fare niente.
- Cioè noi. – fece notare svogliatamente, alzando una mano.
Nyssa gli lanciò un’occhiataccia, intimandolo palesemente a restare zitto. Il semidio si limitò a salutarla con la mano.
- Esattamente. – disse la cacciatrice – Ci sono volontari? Possibilmente di sesso femminile?
Arold si era dimenticato del problema delle cacciatrici con i ragazzi. Per qualche strana ragione la cosa lo fece ridere.
Alzò di nuovo la mano, con un sorriso diabolico.
Tanto non aveva programmi particolari per le vacanze invernali.
 
- Va bene, Arold. – Chirone annuì, mentre la cacciatrice fulminava con lo sguardo il figlio di Efesto - Poi c’era la… memoria, mi sembra. Quindi la cabina di Mnemosine.
Ethan si fece improvvisamente attento e si mise a sedere meglio. Le cose si facevano interessanti.
- Un volontario?
I ragazzi si guardarono, a disagio. Poi Michelle fece una smorfia rassegnata e fece per alzarsi in piedi. Il ragazzo pensò velocemente a cosa sarebbe potuto succedere nella sua cabina senza di lei. Probabilmente sarebbe impazzito nel giro di ventiquattro ore. E poi pensò anche che la ragazza non sarebbe stata molto utile in una missione del genere. Non sapeva combattere, né fare altre cose significative. Aveva solo una buona memoria, niente di più. Mentre lui sapeva fare praticamente tutto, a parte relazionarsi con altre persone. Cosa che comunque non sarebbe servita a molto in una missione. E se ne andava la salvezza del mondo, be’… Mise a sedere sua sorella senza troppi complimenti e si alzò.
- Io. – disse Ethan il più fermamente possibile.
Incontrò lo sguardo di Marlene, che rimase impassibile. Ethan ebbe la sensazione che se la ragazza avesse potuto lo avrebbe colpito con una freccia nella croce degli occhi.
Problema suo.
 
- E il giovane mascherato. – Chirone aggrottò la fronte – Diceva giovane mascherato, giusto?
Marlene scrollò le spalle.
- Mi sembra di sì. Che cosa dovrebbe significare?
Tate era troppo occupato a scambiarsi occhiate sconsolate con Kris per seguire in alcun modo la conversazione. Poi sentì un la voce di Chirone, più vicina del dovuto.
- Tate. Sei tu.
Tate alzò le sopracciglia, perplesso.
- Scusi?
Il centauro si era piazzato davanti a lui, e lo stava fissando dall’alto verso il basso, con un’espressione cupa in volto.
- Il giovane mascherato.
Il ragazzo aprì la bocca. Poi la richiuse.
- Eh? – chiese alla fine, poco elegantemente.
Kris impallidì ulteriormente.
- Sei figlio di Talia. La musa della commedia. – gli disse con voce abbastanza tremula.
- Talia é sempre stata raffigurata con una maschera. - spiegò pazientemente Chirone - Quindi questo potrebbe essere un riferimento a lei. Non vedo altre alternative.
A quel punto la ragazza carina che sfortunatamente era anche una cacciatrice spuntò fuori da dietro Chirone.
- Be', sarà meglio trovare un'alternativa perché io non ho nessuna intenzione di viaggiare con lui. - disse senza guardarlo.
Tate aveva appena finito di realizzare che sarebbe dovuto partire anche lui per una missione suicida, quindi non si accorse subito della sua ultima frase, e non trovò un argomento valido per ribattere. L'unica cosa che disse fu un "ehi" non troppo convinto.
Chirone si girò a guardare la cacciatrice con aria costernata.
- Figliola, qual è il problema?
Già, quale era il problema? Il ragazzo era curioso di saperlo. Era ragionevolmente certo di non aver mai visto prima quella tizia, ma lei aveva continuato a guardarlo di soppiatto per tutto il tempo, quella sera. E non con uno sguardo amichevole. E probabilmente la cosa non dipendeva dal fatto che era bagnato dalla testa ai piedi, come sosteneva Kris. Cioè, sapeva di essere irritante, ma non gli sembrava di aver fatto – ancora -niente di particolare per meritarsi quelle occhiate glaciali.
Tate prese a fissare la ragazza senza quasi rendersene conto, aspettando una risposta. Marlene sembrava leggermente in difficoltà.
- Non le devo nessuna spiegazione, signore – ringhiò.
Chirone parve sorpreso.
- Non è possibile cambiare la profezia. Tate è l’unico figlio di Talia esistente che conosciamo, oltre ad Antifane.
- Uh, sì. Io e Antifane non ci sentiamo da un po’. – intervenne il diretto interessato, aggrottando la fronte.
- Questo perché è morto nel 311 a.C. – rispose il centauro, poi concluse, rivolto a Marlene - Quindi credo che la scelta sia piuttosto ristretta.
La cacciatrice guardò prima Chirone, poi spostò lentamente lo sguardo su di Tate. Nonostante sembrasse pronta ad ammazzarlo senza provare rimpianti, il ragazzo si ritrovò a pensare che avesse veramente degli occhi fantastici, anche se non riusciva a capire bene il colore. Erano verdi? O grigi?
- Va bene. Ma se muore prematuramente non dia la colpa a me. – poi si chinò leggermente verso il figlio di Talia – Ti ho avvertito.
- Sissignora.
- Sta’ zitto. – sibilò, poi si raddrizzò e si rivolse all’intera platea - E’ abbastanza chiaro che io sia la ragazza dannata. O non sarei rimasta l’ultima cacciatrice, costretta a salvare il mondo insieme ad un gruppetto di semidei inesperti e stupidi. Quindi faccio parte di questa missione. Quelli che sono stati scelti vadano subito a prepararsi, partiamo tra un’ora. E farete meglio a rivelarvi un po’ meglio di come sembrate, perché da voi dipende la salvezza dell’umanità. Tutto chiaro?
Silenzio.
- Perfetto.
La cacciatrice fece un cenno a Chirone e se ne andò.

 

 
ANGOLO centrale dell’AUTRICE:
Che quindi non è un angolo, genio.
Tu stai zitto, Arold. Sei solo arrabbiato perché il tuo POV è veramente corto. Togli quel lanciafiamme, ha detto che ci rifaremo nel prossimo capitolo, e che cavolo. Neanche io e Nana siamo state considerate molto, ma non facciamo tutte queste scenate come te.
E se uccidi Emma nessuna delle tue gesta verrà presa in considerazione. Quindi, per gli dei, fattela finita.
Grazie Silver. Grazie Nana. Arold, se non stai fermo ti farò morire io. Nel prossimo capitolo. O magari ti faccio venire un attacco di dissenteria che non ti fa partire per la missione. Capito?
Questo è sleale.
Zitto.
Ehm, sì, salve. Se siete arrivati alla fine di questo capitolo avete conquistato tutta la mia stima, complimenti. E’ venuto lungo in maniera indecente.
Ah! Non ti facevo un tipo da doppi sensi.
E infatti solo tu ci hai visto il doppio senso. Ho detto di togliere il lanciafiamme.
Okay, qui la situazione si sta facendo pericolosa, quindi mi sbrigo a dire quello che devo dire sennò ci resto secca.
Dunque, i sei della profezia sono al completo. Ma non pensate che mi sia dimenticata del resto degli OC che mi avete inviato, perché non è così. E’ stato difficile scegliere, perché sono tutti fatti veramente bene, ma presto potreste ritrovarvi con un figlio di Demetra o una figlia di Chione tra capo e collo. Credo di averlo già detto nel capitolo precedente, ma lo ripeto lo stesso: i personaggi “secondari” compariranno nel corso della storia, quindi l’unico modo che avete per sapere se avranno un ruolo è leggere. Potreste avere qualche sorpresa già dal prossimo capitolo.
Ah, è comodo così. Adesso sono costretti a sorbirsi tutta questa storia.
Non iniziare pure tu, ti prego. Faccio così perché ancora ho solo una vaga idea di quali personaggi inserire.
Proprio a questo proposito, volevo comunicare una cosa. Tolti i cinque pargoli prescelti, Kris (a cui sto preparando un bel po’ di fatiche da compiere. - Sì, che bello! Sofferenza!) e alcuni semidei cattivoni che mi sono già preparata, gli OC che rimangono non sono molto numerosi. Soprattutto perché ancora c’è gente che mi deve mandare le schede, ma vabbè. Comunque, la mia grandiosa idea era quella di lasciare aperte le iscrizioni finché non trovo almeno altri cinque OC adeguati. Quando li avrò tutti ve lo farò sapere. Intanto, se volete prenotarvi dovete scriverlo nella recensione, con i soliti dettagli (sesso, età e genitore divino del personaggio). Mandate le schede per messaggio privato. E... basta. Spero di essere stata chiara.
Non sei stata chiara.
Non te l’ha chiesto nessuno.
Oh, quasi dimenticavo. Ditemi se ho reso in maniera soddisfacente i vostri personaggi, e ogni tanto magari passate e lasciate una recensione per monitorarli. Potreste ritrovare un Ethan che inforna biscotti al cioccolato per tutti o una Nana improvvisamente alta tre metri.
Si, okay. Sfotti pure. Perché tanto tu sei alta.
Era per dire.
Questo è tutto . Ci sentiamo nel prossimo capitolo!
Emma
Silver
Nana
E Arold!

Passo e chiudo.
 
 
Prestavolti (in ordine di apparizione)
Ethan Miller
 
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Kristian Armstrong

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Silver Hunt

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Tate Haze

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Nana Reed

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Arold Lynch

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