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Autore: AlchiMimesIstantanea    07/09/2016    0 recensioni
Lo vidi per caso, voltando distrattamente lo sguardo verso le mansuete acque di un canale addormentato.
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Venezia, 4 Maggio 1796
Stavo iniziando a dirigermi verso la porta ma, prima che potessi sfiorare la maniglia, il tricorno nero, adagiato sul materasso,catturò nuovamente il mio sguardo. Non potevo certo uscire da quella casa senza aggregare i giusti accessori alla mia mise.
Mi diressi verso il letto, un profumato giaciglio avvolto da candide lenzuola di seta con un ampio risvolto in pizzo, un letto con la“L”maiuscola,decisamente imparagonabile a quell’agglomerato di stoffa e legname ad un centimetro dal pavimento, se i miei occhi riuscivano a chiudersi era dovuto solamente alla mancata forza di restar aperti e non certo per l’eccezionale ed inesistente “morbidezza” di quell’opera d’arte astratta che persino Boccioni in persona rifiuterebbe di  contemplare! Ci scommetterei il cappello!
….Il cappello! Che sciocco,quasi dimenticavo!

Perdonatemi,come al solito mi sono perso in chiacchiere, spero solo che la vostra pazienza abbia la meglio sulla mia mancata esperienza nel raccontare. Dunque, ad un passo da quelle aulenti  e fresche coperte, mi chinai per prendere il mio nuovo, anzi direi primo, copricapo. Nello stare chino potei notare che, abbandonato sul pavimento, a pochi centimetri dalle gambe bronzee del letto,ricoperto da un mantello in velluto nero fornito di cappa,vi era un elegante e pregiato bastone da passeggio completo d’impugnatura scolpita in argento, raffigurante uno dei più secolari simboli della Serenissima, il“Pettine”, ovvero il ferro di prua di una gondola.

In meno di dieci secondi ero li ,davanti alla porta, in grande spolvero, pronto a varcare l’uscita e ad immergermi in una Venezia che non vedevo l’ora di conoscere, di nuovo. Cappa sulle spalle, orologio nel panciotto ,un azzardato sguardo altero e in un batter d’occhio avevo già fatto pressione sulla maniglia aprendo la porta della stanza. Uscii e mi chiusi l’uscio alle spalle. Appena fuori la soglia, spinto da un impulso ignoto, mi affacciai alla ringhiera permettendo al mio sguardo di perdersi in quell’infinito turbine di scale, che percorsi quasi correndo per la gran voglia di visitare la mia città, o meglio la mia futura città. Lasciatomi alle spalle l’eco dei miei passi, giunsi finalmente al portone principale , già leggermente socchiuso , lo spalancai del tutto ed un velo di luce mi accompagnò fuori.

Non erano trascorsi che pochi secondi e già l’aria di una Venezia goldoniana mi accarezzava, sentivo le sfumature salmastre dei canali farsi strada nei miei polmoni ed un tiepido sole primaverile pian piano si espandeva a macchia d’olio sui tetti della città. Tutto ciò che mi si prostrava davanti possedeva,scusate il gioco di parole, un’estranea familiarità, nonostante conoscessi il luogo alla perfezione ogni cosa mi sembrava nuova, palazzi, botteghe addirittura il canale aveva qualcosa di diverso.

Ero talmente assorto nell’osservare , quasi con gli occhi di un neonato, ogni dettaglio ,che mi ci vollero diversi secondi per comprendere che qualcuno mi stava chiamando.

-Sior... me pardon... voleu montàr?..-

Ritornato alla realtà puntai lo sguardo in direzione della voce, un gondoliere a bordo della sua “barcheta”,convinto fossi in attesa di un’imbarcazione, continuava a fissarmi nella speranza di ricevere una conferma. Non feci in tempo  a chiarire il fraintendimento che alla mie spalle, dall’portone che avevo appena varcato, si animò una terribile confusione. Insulti e grida facevano eco fra i muri dell’edifico, dal quale , correndo come un forsennato, uscì un ragazzo sulla ventina,il quale  abbigliamento,leggermente più sgargiante del mio,mi fece intuire  si trattasse di un aristocratico.
Con ciocche ramate congiunte da un nastro smeraldo,occhi ambrati ed un sorrisetto impertinente quel giovane, che dimostrava essere mio coetaneo,si precipitò verso la gondola, che prima del suo arrivo ero quasi in procinto di prendere, ed incurante di me, vi saltò sopra con agilità intimando il gondoliere, tra una risata e l’altra, ad allontanarsi il più possibile da quel condotto e prima di svoltare l’angolo del canale,inaspettatamente lo sentii rivolgersi a me dicendo:

-Vi ringrazio per la cortesia, prometto di ricambiare il favore! –

poi , quasi sovrastando le urla del palazzo ,divertito, aggiunse:

-Se non morirò prima ahaha. Servo vostro!-

Un bizzarro personaggio non c’era dubbio, doveva essere un tipo simpatico ma a quanto mi era parso di capire non molto  desiderato. Udii dei passi provenire dall’atrio del palazzo e ben presto un uomo ,grondante di sudore e quasi piegato in due dall’affanno, spuntò sull’ingresso continuando, per quanto il fiato glielo permettesse, a sputare insulti e offese.

-Cancaro! Brutto balordo, son ben due volte sto mese! El se burla de mi in continuazion..-

Rammaricato,si accasciò sulla scalinata d’ingresso quasi in lacrime. Era un uomo dall’aria abbastanza umile, dimostrava sulla cinquantina, cappelli grigio cenere, leggermente stempiato ,oserei dire più largo che alto e letteralmente distrutto. Notai in lui subito una certa rassomiglianza con il burbero Sior Leandro.Poteva essere benissimo un suo avo, erano quasi identici ad eccezione della mancata bontà d’animo da parte del postero ,naturalmente. Doveva sicuramente essere il proprietario di quella specie di pensione in cui ,come mi era parso di capire, la tranquillità non era una frequente ospite.
Le persone che, come me ,avevano assistito alla scena,osservando quel disgraziato,che dopo un po’ ritornò dentro,mormoravano frasi di compatimento.

-Povero Sior Simon..- disse sospirando un gondoliere ,sdraiandosi su un sedile dell’imbarcazione.

-Per me dovrebbe buttarlo fuori e basta- aggiunse un altro collega.

-Mona,sai che non è possibile.-

-Urca se lo so!-

-Perché mai non può mandarlo via?- Domandai io ,quasi senza accorgermene, incuriosito dai loro discorsi.

A quel mio intervento i due rimasero quasi attoniti,  come stupiti che io fossi all’oscuro di tutto. Dopo quell’attimo, per me, imbarazzante uno dei due  riprese a parlare:

-Sicuramente el Sior qui presente xe straniero. Tranquillo , che ora ve spiega tutto mi.
 El Sior Simon ed il defunto marchese De rosa,il Sior Ernesto,padre di quel maladrin,eran buoni amici ed alla morte del compare el povereto decise di  prendersi cura di quel tornado del su fio, il Sior Anastasio De rosa.

-Per come la vedo mi, quello xe el fio de Casanova!- aggiunse l’altro scoppiando in una  grassa risata contagiando il collega.

-Prego?- chiesi io non riuscendo a capire bene il significato di quella reazione, ma non ricevetti risposta.

Quei due continuavano a ridere come imbecilli dimenticandosi della mia presenza e non c’era verso di distoglierli dalle loro battute.
Stavo quasi per rassegnarmi quando una voce alle mie spalle, che scoprii appartenere ad un altro ospite della pensione, mi chiarì ogni cosa.

-Intendeva semplicemente dire che la principale disgrazia di quel ragazzo è proprio il suo fascino . Si diverte a far il Don Giovanni con tutti i diamanti più pregiati della Serenissima. A mio avviso non ci trovo niente di male in questo,  ciò che gioca a suo sfavore è che molte di queste “gemme” hanno già un proprietario, un proprietario che le considera altrettanto preziose e che in casi estremi sarebbe pronto ad ammazzare pur di non lasciarsi “derubare”.Prediamo oggi ad esempio,Anastasio è stato sorpreso ad amoreggiare con la figlia del Sior Felice,un nobile che alloggia anzi,date le circostanze,alloggiava qui. Ormai erano quasi due settimane che i due si frequentavano in segreto ma la ragazza era già promessa al figlioccio del padre e data la veneranda età del Sior Felice ,quando  questa mattina scoprì ogni cosa, per poco le campane di San Marco non suonavano a morto. Se quel vecchio avesse avuto qualche anno in meno le uniche gemme delle quali Anastasio avrebbe goduto sarebbero state quelle dei fiori posti vicino la sua tomba. –

Quella storia mi divertiva ed inquietava al medesimo tempo. Come si può seguire soltanto un  determinato istinto primordiale, come l’attrazione, senza pensare alle conseguenze?! Sinceramente non sapevo se definirlo coraggio o incoscienza ma una cosa era certa,potevo considerarmi fortunato a non possedere quella dote tanto dolce quanto fatale.

-Caspita, dev’essere abbastanza famoso immagino, voglio dire ,non è una cosa…da tutti..-

-Uh si è molto conosciuto qui, non c’è donna che non sia stata sfiorata dalle sue labbra e non esiste uomo che non conosca il suo nome , ed eccezione di uno a  quanto vedo- disse riferendosi a me ,squadrandomi da capo a piedi e notando il mio imbarazzo.

 Non sembrava una cattiva persona anzi, doveva essere un tipo abbastanza amichevole forse la sua figura,incredibilmente alta e slanciata ,  poteva  intimorire ma ogni singola espressione del suo volto era pronta a smentire l’apparenza. Con iridi cerulee di uno sguardo incoraggiante e fiero ed il corpo avvolto da un mantello in nobile velluto color porpora sovrastato da un  tricorno della medesima tinta ,che permetteva a qualche ciocca corvina di scivolare sulle spalle ,quel giovane sulla trentina mi trasmetteva molta sicurezza, e per qualche strana ragione , avvertii come una specie d’intesa tra di noi. L’unico dettaglio ancora sconosciuto era naturalmente il nome di quel misterioso signorotto.

-Vi sentite bene?  Mi state contemplando come un’opera del Giambologna- affermò divertito, facendomi trasalire dai miei pensieri.

-Perdonate i miei attimi di distrazione, non vorrei sembrarvi così poco riguardoso.- risposi scusandomi

-Assolutamente . Avete un atteggiamento a dir poco curioso Signor..-

-Ludovico. Ludovico Mainardi.- risposi tutto d’un fiato sollevando il tricorno dal capo e facendo un lieve inchino.

- Conte Filippo Da Riva. La reverisso.- ribatté lui con il mio medesimo gesto.

Non appena finì di sillabare quel nome avvertii un sussulto nel mio petto. Nella mia testa stava avendo origine una serie di collegamenti avente come nucleo centrale quel cognome,“Da Riva”, ironia della sorte,lo stesso appartenuto a mia madre quando era ancora nubile. Ma la cosa che mi sbalordì e che in contemporanea mi privò d’ogni dubbio, fu la voglia color vino posta sul lato sinistro del suo collo, notata mentre il conte era concentrato nel suo inchino. Si trattava di  un marchio ereditario ,difatti nei pressi della mia giugulare ve n’era un’altra identica.
Se quel Filippo era davvero un mio avo allora ciò significava che  nelle miei vene scorreva sangue nobile, lo stesso che mia madre ha versato per mandare avanti ,come poteva, la nostra famiglia senza mai un lamento,sottostando ai voleri di un marito  immeritevole d’affetto.

Ecco,come al solito mi sono lasciato trasportare. È sempre un piacere per me onorare la nobile tenacia di mia madre ma in questo modo non farò altro che confondervi in continuazione quindi ,basta chiacchiere e proseguiamo.
Si dice che la prima impressione è quella che conta e per quanto m’era parso di vedere, potevo fidarmi abbastanza di quel tipo. Da quando avevo iniziato quel mio ragionamento non vi era più stato dialogo fra noi ,perciò il Conte decise di rompere il silenzio per primo, anche perché io stavo ancora conversando con i miei pensieri.

-Scommetto che siete nuovo di qui. Ho ragione?-

Se non fossi riuscito a  trattenermi, la mia risposta a quella domanda sarebbe stata una grossa risata. Non potevo certo dirgli :
“No, in verità sono stato catapultato nel passato tramite un misterioso anello ,trovato per caso in un canale durante una passeggiata notturna nella Venezia del 1923. Oh si, e non c’è quasi il minimo dubbio che io sia un vostro discendente”
Mi avrebbe riso sicuramente in faccia o peggio sarebbe svenuto per l’eccessiva follia racchiusa in un’unica frase . Onde evitare ciò risposi semplicemente:

-Indovinato. Sono qui solo di passaggio.- I miei pensieri non facevano altro che darmi del bugiardo ad ogni parola che sillabavo.

-Alloggiate anche voi dal Sior Simon?-

Risposi con un lieve cenno di conferma, poi il conte continuò:

-E avete intenzione d’andarvene presto?- domandò lui.

-A dir la verità non ho  ancora ben chiara la durata del mio soggiorno qui. Spero solo sia lunga quanto basta. Sapete,la nostalgia di casa comincia già a farsi sentire.-

-Naturalmente, e potrei chiedervi da dove venite? Sempre che non sia indiscreto ovviamente-

La mia testa stava per scoppiare, cosa avrei mai potuto rispondergli!

-Sono di Verona- Affermai.

Infondo dissi una mezza verità perché mio padre era originario di quella città, nonostante io a Verona non avessi mai messo piede.

-Avrete fatto un viaggio tutt’altro che breve immagino-

Stavo per rispondergli che in vita mia non vi era stato “viaggio” più effimero di quello ,ma mi limitai col dire:

-Già, ma posso dire che in questo momento mi sento fresco come una rosa-

-Sono felice per voi. Stavo giusto uscendo a far quattro passi , perché non venite anche voi. Sarebbe una buona occasione per visitare la città. Che ne dite?-

L’idea non mi dispiaceva ,ed anche se conoscevo Venezia a menadito, durante quell’uscita forse  avrei potuto ugualmente  scoprire qualcosa in più riguardo a quello strano anello  che mi aveva trasportato lì e che non aveva nessuna intenzione di staccarsi dal mio anulare. Così accettai l’invito ,ed insieme a Filippo iniziai a percorrere vie ,ponti e canali che i miei talloni avrebbero sfiorato solamente centoventisette anni più tardi.
 
   
 
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