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Autore: Unissons    07/09/2016    8 recensioni
[Suicide squad]
Dal capitolo 9:
"Oh no, non voglio ucciderti" disse, mentre mi infilava in bocca la cintura [...]
"Voglio solo farti male" [..]
"Molto, molto male"
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Romantic indifference.

 

Ebbi un tuffo al cuore.

Mi toccai il viso, poi i capelli e chiusi gli occhi, sperando che tutto questo fosse solo un brutto sogno. Quando li riaprì, però, quello spettacolo orribile era ancora li.

Dietro il mio riflesso nello specchio, apparve il mio Puddin, che con una spalla si poggiò allo stipite della porta e si mise le mani nelle tasche dei pantaloni. Il mio cuore perse un battito e mi mancò il respiro. Dopo il bagno nell’acido mi aveva portata direttamente a casa sua, senza chiedermi se volessi stare con lui, li o se tornarmene a casa. Mi aveva lasciata tranquilla a fare una doccia, sparendo nella stanza accanto. Non avevo avuto molto tempo per visitare la casa, ma ne avrei avuto nei giorni successivi. Mi ero lasciata cullare dall’acqua calda, ricordando le sue labbra sulle mie e il senso di libertà che esse mi avevano regalato. Sapevo di aver compiuto un gesto davvero importante per il mio Jokerino e anche lui ne aveva fatto uno altrettanto speciale per me. Sicuramente ero la prima persona che si degnava di salvare e non lasciava morire.

Sospirai.

Eccolo dietro di me, ora, senza maglia e con solo un paio di pantaloni di un pigiama che, sicuramente, costava quanto casa mia. Lasciai che i miei occhi indugiassero sui suoi vari tatuaggi e immaginai di percorrerli con le dita e con la lingua.

“Ti piace ciò che vedi?” chiese l’uomo dietro di me, con voce divertita, mentre se ne stava li fermo, senza dar segno di volersi avvicinare. Avrei pagato oro per fargli fare solo un passo verso di me, ma sarebbe stato inutile farlo con un uomo che poteva avere tutto ciò che voleva.

Era la seconda volta che quella stessa domanda mi veniva posta. La prima volta non avevo avuto il coraggio di rispondere, troppo sciocca per capire che sin dalla prima volta lo avevo amato. Folle o meno. Questa volta, senza indugio, mi voltai dando le spalle allo specchio e allo spettacolo osceno che vi si specchiava e dissi un fiero e fermo:”Si”.

Dalla sua gola uscì una delle sue famose risate, inquietanti al punto giusto, ma a cui mi ero abituata e perfino innamorata.

Quando smise di ridere, finalmente, si avvicinò a me e mi prese delle ciocche di capelli tra le dita, voltandomi verso lo specchio, in modo tale che potessimo vederci entrambi. Averlo così vicino a me, in quello specchio, dove sembravamo una coppia innamorata ripresa da un pittore o da un fotografo, mi fece sorridere. Nella mente del mio Puddin, però , non osavo immaginare cosa stesse passando in quel momento. Ero così ammaliata da non notare nemmeno quando iniziò a tirarmi i capelli, piano, ma aumentando sempre più d’intensità.

Serrai i denti sulle labbra e lo guardai attraverso lo specchio. Dritto negli occhi.

“A parer mio così sei più originale, pasticcino. Fatteli sempre così i capelli” ordinò, per poi tirarmi i capelli ancor di più, spingendomi a girarmi verso di lui. Con il cuore che batteva a mille e la vista leggermente annebbiata dal dolore, sentii la mano di Joker dietro la mia nuca che premette forte, avvicinandomi al suo viso.

Infilò la lingua nella mia bocca, regalandomi il suo sapore e poi mi morse la mia. Graffiò con i denti le mie labbra e poi le succhiò avidamente. Mi aggrappai disperatamente ai suoi capelli, tirandolo verso di me, sperando che questa tortura non finisse mai. Le sue mani tirarono ancora di più i miei capelli, facendomi scoprire la gola e allontanandomi dalla sua bocca. Anche li mi iniziò a graffiare con i denti e succhiare avidamente, mentre io nella bocca sentivo il sapore metallico del sangue. Dopo qualche istante, la mia schiena sbatté contro la parete dura del bagno e io sospirai, prima che la bocca dell’uomo tornasse sulla mia, ricominciando quella tortura tanto piacevole.

Quando si staccò, mise su il suo solito ghigno, scoprendo i denti, sporchi del mio sangue.

“Sapevo che il tuo sangue avesse un buon profumo” disse, con un tono di voce distorto, per poi andarsene dal bagno senza aggiungere altro.

Io caddi a terra, con lo sguardo perso nel vuoto e una sensazione di bruciore ovunque fossero passate le sue labbra. Un assalto con i controfiocchi, che aspettavo da quando eravamo tornati a casa. Non capivo cosa fosse cambiato. Prima del bagno nell’acido non aveva ricambiato i miei due baci, mentre ora eccolo a darmi tutto ciò di cui ho bisogno.

Sospirai ancora una volta, veramente felice e mi presi i capelli per guardarli.

Nell’acido in cui mi ero buttata non mi ero corrosa la pelle, bensì erano stati i vestiti a perdere tutti i loro colori. Infatti,sia io che Puddin quando ne uscimmo, avevamo i vestiti bianchi ed io mi ritrovai anche un’altra sorpresa: i capelli colorati. Si, mi si era creato una sorta di shatush temporaneo, blu e rosa, sui miei capelli biondi ulteriormente schiariti dall’acido. Quando, poi, avevo alzato lo sguardo su Puddin, ero rimasta a bocca aperta: era ancor più meraviglioso da bagnato e con i vestiti completamente bianchi. Non avevo idea, in realtà, se esistesse un modo o una maniera che lo facesse risultare meno sexy.

Tornai a concentrarmi sui miei capelli e se piacevano così al mio Puddin, me li sarei fatta per sempre così. Ma chissà quanto fosse lungo per lui il ‘per sempre’.

Mi alzai in piedi, con questa domanda in mente e cercai con lo sguardo qualcosa da poter indossare invece di quell’asciugamano e il mio sguardo cadde ancora una volta sullo specchio. Affascinata dalla mia immagine, mi ci avvicinai e osservai tutto ciò che aveva comportato l’attacco del mio amore. Feci scorrere un dito sulle mie labbra. Sembrava che io indossassi un rossetto che avesse sbavato sul contorno. Le sentivo gonfie e pulsanti. Sorrisi. Alzai il collo e guardai la mia gola, che tanto facilmente lui si era preso. Anch’esso era rosso e pieno di graffi. Sorrisi ancora. Distolsi lo sguardo, prima di correre nell’altra stanza da lui e chiedergli, supplicando, di continuare, e capii che in quel bagno non ci sarebbe stato nulla da indossare per me. Presi un respiro e aprii la porta del bagno, uscendone in asciugamano e guardando cosa stesse facendo il Joker. Se avessi notato che fosse stato impegnato, non gli avrei detto niente, me ne sarei tornata a casa perfino con i vecchi vestiti sporchi di acido.

Scorsi il mio Puddin sdraiato a terra, su quello che sembrava il pelo di un qualche animale, sicuramente scuoiato. In mano aveva un bicchiere con del liquido viola al suo interno e sembrava estremamente incantato al fuoco che gli divampava davanti nel camino.

Desiderai avere una macchina fotografica per potergli fare una foto da tenere con me. Per sempre. Sembrava una statua di marmo, una qualche divinità greca scolpita da uno scultore del tempo. Il fatto, però, era che lui era vero e io sentivo di essere legata a lui per sempre.

Un privilegio.

A quel punto, inoltre, immaginai me vicino a lui, con quello stesso calice, con lo stesso liquido, ma con una vestaglia di seta poggiata sulle spalle appena molestate dalla sua dolce violenza. immaginai fuoriuscire dalle sue labbra perfette un ‘Harley’ sussurrato, mentre osservava il fuoco proprio come in quel momento. Scuotendomi da quel sogno, decisi una cosa.

Addio Harleen Quinzel, benvenuta Harley Quinn.

Con una nuova sicurezza in corpo, iniziai a camminare lentamente verso di lui e osservai la stanza che mi circondava. Era molto ampia, con un letto a baldacchino che riempiva la stanza al centro e due divani rosso fuoco al suo fianco. Le pareti della stanza erano bianche, con un drappeggio color oro e su di esse vi erano vari quadri, alcune dei quali non capivo nemmeno cosa rappresentassero. Pensai, semplicemente, che fossero pezzi unici, sia artisticamente che economicamente. Attaccato ad una parete, inoltre, vi era un enorme armadio, ed immaginai che fosse pieno del profumo dell’uomo che amavo, oltre che dei suoi bellissimi abiti.

Così, tornai a guardare la mia mise.

Non sapevo se lui possedesse abiti da donna e la sola possibilità che li ve ne fossero, mi fece montare dentro una rabbia ceca. Chiusi gli occhi e quando li riaprì, più tranquilla di prima, il Joker si era voltato verso di me, sempre rimanendo sdraiato e notai che non solo le mie labbra sembravano gonfie, ma persino le sue, di quel colore scarlatto intensificato, mi attraevano ancora di più.

“C’è qualcosa che posso indossare anch’io?” chiesi, indicando il mio asciugamano e con la gola molto secca. Immaginai che lui facesse scorrere nella mia gola quel liquido che aveva nel bicchiere e poi mi baciasse intensamente.

Sembrò rifletterci qualche secondo sopra e poi disse:”Il tuo intimo è già stato lavato, anche se ti preferirei senza, zuccherino. Se poi vuoi metterti altro, quello è il mio armadio, infilatici e prendi ciò che ti pare”

Per poi girarsi e tornare a bere dal suo bicchiere, nella sua solita romantica indifferenza.

 

 

 

 

Angolo autrice.

Rieccomi ragazzi! Allora, prima di tutto, volevo chiedervi scusa per i vari disagi, anche se non sono stati a causa mia, non ho potuto aggiornare  e quindi mi sento in dovere di porgervi le mie scuse. Tornerò più spesso ad aggiornare, perché tra poco inizierà l’università e non so se tra i vari impegni scolastici e lavorativi, riuscirò a stare dietro alla storia. La cosa positiva è che sono già pronti altri sette capitoli, perciò per ora sono tranquilla e dovete esserlo anche voi.

Questo capitolo è una sorta di calma prima della tempesta, non so se mi spiego. Ovviamente non potevo far accadere tutto molto velocemente, quindi questo capitolo aveva lo scopo di mostrarvi quanto Harl sia ormai presa definitivamente dal suo amore. Ed inoltre, come non notarlo? Ormai ha deciso di convertirsi definitivamente al Joker cambiando il suo nome. Diamo il benvenuto ad Harley Quinn!

Alla prossima!

Un bacio, Unissons.

 

   
 
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