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Autore: Kaiyoko Hyorin    09/09/2016    0 recensioni
[La Saga di Riftwar]
Delle molteplici razze che popolano il mondo, due in particolare sono legate dal filo rosso del destino, condannate a camminare l'una accanto all'altra ed a non incontrarsi mai.. non pacificamente. O almeno è questa la credenza ineluttabile, perché come può esserci pace e comprensione se l'una è succube del Sentiero Oscuro e l'altra predica la via della Luce?
Ma le cose non sono così semplici ed è sotto l'oscura ombra di un pericolo ben più grande di quanto si possa immaginare che i cambiamenti più impensabili possono compiersi, come un incendio nasce da una piccola e fugace scintilla. Sta tutto alla volontà dei singoli, ed è di questa che vi voglio mostrare la forza.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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2. Welcome to Elvandar


– Buona fortuna.
Martin ricambiò quell'augurio con un cenno del capo ed Aredhel abbozzò un lieve sorriso di commiato. Quindi l'uomo e l'hadati porsero i loro ultimi saluti alla regina e si allontanarono, scortati da un paio di guardie elfiche che li avrebbero accompagnati sino ai confini di Elvandar.
La giovane eledhel fece per muoversi a sua volta in quella direzione, ma un'occhiata di Varsel la anticipò.
– No, Aredhel – le disse suo fratello.
Quella sola negazione da colui che era un suo diretto superiore bastò alla ragazza perché sopprimesse sul nascere qualunque tipo di reazione contrariata e, seppur senza convinzione, voltò le spalle ai pochi rimasti e si diresse nella direzione opposta, senza una parola.
Varsel era il primogenito e l'erede della diretta approvazione paterna, ma questo non aveva impedito all'elfo di instaurare un particolare legame con la sorellina. Era stato lui ad ispirarla, così come era lui quello che da sempre aveva avuto la tendenza a proteggerla e giustificarla di fronte alla disapprovazione del loro genitore, ed era questo il motivo per cui Aredhel non avrebbe mai sognato di ribellarsi alla sua parola.
Per quanto in cuor proprio covasse un'indole che molti eledhel avrebbero definito difficile, la stima che covava per lui era la chiave della sua devozione alla causa elfica ed il motivo scatenante che l'aveva condotta al suo apprendistato presso Tarlen. Non poteva deludere anche lui.
Con un sospiro emulato con discrezione, Aredhel lasciò che ogni sentimento inquieto scivolasse fuori dal proprio corpo e quando tornò a sollevare gli occhi chiari individuò Lorren in compagnia di una delle guardie elfiche al comando di suo fratello. L'afflusso di elfi accorsi a dare il benvenuto al nuovo eledhel sembrava essersi già placato e la ragazza, senza pensarci più d'un secondo, si avvicinò ai due.
– Puoi andare, ci penso io qui – affermò con un ampio sorriso, comparendogli al fianco.
Il soldato non ebbe un sussulto ma dallo sguardo che le rivolse ella comprese di averlo sorpreso, cosa che le causò un piacevole senso di soddisfazione che le fece piegare un poco di più un angolo delle labbra verso l'alto. Dopo un paio di secondi di pacato scetticismo ed uno sguardo ammonitore, l'elfo si allontanò con un saluto, lasciando il nuovo arrivato a lei.
A quel punto la sua attenzione fu completamente per Lorren, così come era stato nel primo momento in cui l'aveva visto. In realtà non v'era nulla di esteriormente insolito in lui, né era particolarmente avvenente, ma ciò che rappresentava era fonte di interesse notevole per una come lei: il suo istinto le diceva che doveva essere un tipo interessante ed era sempre stata un'elfa piuttosto curiosa, in special modo nei confronti di tutto ciò che riguardasse la vita al di fuori della Foresta di Elvandar, caratteristica che in effetti le aveva causato alcuni guai in passato.
Altri popoli vivevano oltre i loro confini, non soltanto uomini, ed in particolar modo la questione dei Fratelli Oscuri era ancora fonte di svariati interrogativi, nonostante le molteplici spiegazioni che le erano state date dagli elfi anziani.
Come poteva esistere un astio tanto profondo e radicato in creature tanto simili a loro? Davvero la loro esistenza era tutta incentrata sull'influenza che aveva il Sentiero Oscuro sulle loro anime? Possibile non ci fosse altro, oltre all'odio, nei loro cuori?
Magari, parlando con quel nuovo eledhel, avrebbe appreso qualcosa di nuovo sulla vita dei moredhel, qualcosa che l'aiutasse, se non a comprendere fino in fondo, a placare la propria irrequieta voglia di sapere.
I loro sguardi si incontrarono, argento vivo contro castano scuro, ed Aredhel distinse un singolare guizzo di curiosità in quell'iridi e provò un'insolita empatia nei confronti del loro proprietario. Gli sorrise, un sorriso incoraggiante e solare, e questi dopo un attimo la ricambiò con un'espressione altrettanto amichevole.
– Benvenuto ad Elvandar, Lorren – esordì, seppure un istante dopo si pentì delle parole usate: era un Ritorno, pertanto le circostanze imponevano che usasse la formula “Bentornato”; per non parlare della banalità di quel saluto: doveva senz'altro essergli stato rivolto sino alla nausea.
Eppure l'altro, seppur non senza inarcare un sopracciglio in un primo momento, non smise di sorriderle con sincerità e subito la ricambiò.
– Grazie... – il moro accennò un inchino del capo e lasciò la frase in sospeso in un modo caratteristico e la ragazza non ebbe dubbi.
– Aredhel... Aredhel Duhlyn. Lieta di fare la tua conoscenza – concluse per lui, presentandosi.
– Il piacere è il mio.
– Penso ti troverai bene qui... – esordì, in un tentativo di conversazione piuttosto blando.
Lorren annuì con un cenno del capo – Sì, lo credo anche io.
– Vieni – gli disse dopo un momento di silenzio, senza lasciarsi vincere dall'insicurezza di quel primo incontro – Ti mostro il tuo alloggio... la tua nuova casa – si affrettò a correggersi, rendendosi conto di avere non poche difficoltà ad interagire in maniera naturale con quell'eledhel.
Strano, si ritrovò a pensare corrucciandosi in volto. Solitamente dava miglior prova di sé.
Gli fece strada, conducendolo su per la scalinata più vicina e poi fra i pontili intagliati e gli spessi rami che conducevano in alto, nella zona adibita a dimora del popolo di Elvandar. Procedettero dapprima in silenzio e man mano che avanzavano, passo dopo passo, Aredhel si rese conto con crescente sollievo che l'impaccio andava sciogliendosi e ben presto si ritrovarono a sostenere una conversazione spigliata e dai toni leggeri. Altri elfi nell'incrociarli li salutarono con sorrisi ed educati cenni del capo, eppure anche in essi la formalità dei loro gesti non venne meno e, seppur fosse un comportamento a cui la ragazza-elfa era abituata sin da bambina, il suo subconscio non mancò di notarlo.
Scacciando quella sensazione da sé, Aredhel si ritrovò a sorridere quando una voce conosciuta li trattenne e quando entrambi si voltarono videro un'elfa dall'aspetto non più giovane e dalla corporatura più robusta della media ferma sul pianerottolo di uno degli accessi ad una delle dimore famigliari. Aveva in mano una ramazza ed il richiamo con cui li indusse ad avvicinarsi non aveva quella velata cortesia distaccata che sino a quel momento era stata loro riservata.
– Tu devi essere quello nuovo – esordì una volta che i due l'ebbero raggiunta, cordiale, rivolgendosi a Lorren – e vedo che hai individuato la nostra gemma più preziosa...
Lo sguardo furbo che l'elfa scoccò ad Aredhel la fece arrossire.
– Per favore signora, non esageri come al suo solito – cercò di ribattere quella, già pentita per la propria scelta. Per quanto trovasse piacevole il temperamento insolitamente schietto ed aperto della signora, se avessero preso un'altra via all'ultimo bivio avrebbero evitato facilmente quell'incontro che si prospettava tutt'altro che innocuo.
– Suvvia non fare quella faccia o finirai per somigliare a un pesce rosso – ribatté l'altra con quei modi amichevoli e gioviali per cui era rinomata. Aredhel la conosceva da molto tempo, sin da quando era bambina, e la considerava una sorta di eccentrica zia acquisita, e come tutte le parentele vantava pregi e difetti tutti suoi.
Restava comunque il fatto che l'aveva vista crescere e diventare la giovane elfa che era, cosa che Aredhel non poteva affatto rinnegare, nonostante il bonario rimprovero che questa amava rivolgerle di frequente. Rimprovero che comunque la diretta interessata non poteva prendere sul serio.
– Se non fosse per il tuo animo spericolato e la tua propensione alla carriera militare, avresti una fila di pretendenti davanti alla tua porta ogni mattina.
Lorren nel mentre, osservatore silenzioso e discreto come la più delicata delle brezze, aveva in volto un'espressione che tradiva dietro una piega seriosa delle labbra un guizzo oltremodo divertito negli occhi scuri e sembrava del tutto intenzionato a non perdersi un solo dettaglio di quella conversazione inaspettata.
– Mia cara signora, un giorno ringrazierà la mia propensione per la vita da soldato – rispose a quel punto Aredhel, cercando di darsi un contegno dinanzi ad occhi estranei, battendosi una mano chiusa a pugno sul petto con fare orgoglioso.
– Ne sono sicura, cara – ribatté con noncuranza l'altra elfa, prima di farsi pensierosa e dopo un istante schiarirsi all'improvviso in volto, come rianimandosi – Quasi dimenticavo! – poggiò la ramazza di fianco alla porta aperta ed entrò in casa, per uscirne meno di un minuto dopo recando con sé un un cesto intrecciato ricolmo di dolcetti elfici.
Aredhel spalancò gli occhi dalla sorpresa.
– Sarai affamato dopo il tuo viaggio fino a noi – si rivolse direttamente a Lorren, porgendogli il cestino – Non fare complimenti ed accettali come dono di Bentornato, caro.
Seppur un poco sorpreso, Lorren accettò con un sorriso – Grazie, signora.
– È un piacere... ma chiamami pure Lihara.
– Come vuole, signora Lihara – fece allora lui, mentre entrambi si congedavano con un breve inchino.
Allontanandosi Aredhel scoccò un'occhiata in tralice all'ex moredhel e non riuscì a frenarsi dallo sfoggiare un sorrisetto sghembo.
– Hai fatto colpo su Lihara, i miei complimenti. Di solito è molto gelosa dei suoi manicaretti: a me ne regala un piattino di tanto in tanto, di ritorno da una spedizione, ma a te ne ha dato addirittura un cestino!
Lorren non parve affatto scomporsi ma ricambiò la sua espressione con un'occhiata d'intesa, rispondendole a tono – Credo sia stata anche la tua compagnia a farmeli guadagnare... o sbaglio? – domandò furbescamente, ridendosela palesemente sotto quell'aria compassata.
Aredhel fece spallucce e tornò a guardare avanti a sé, senza tuttavia smettere di gongolare fra sé e sé nell'aver trovato tanta complicità in un nuovo elfo di Elvandar.
– In effetti non posso darti torto – ammise alla fine, agguantando un biscotto con un movimento improvviso e tornando a rivolgergli un mezzo sorrisetto ironico – Sapeva che non avrei resistito alla tentazione!
Doveva aver fatto un'espressione alquanto buffa perché l'ex moredhel scoppiò a ridere e lei finì per seguirlo a ruota, contagiata da tanto buonumore. Stavano ancora ridacchiando e scambiandosi battute di spirito quando giunsero davanti ad uno degli accessi della dimora elfica che era la loro meta. Questa era stata modellata in parte all'interno del grosso tronco ed in parte costruita all'esterno, con l'ausilio di lisce assi di legno finemente lavorato dalle mani dei fabbricanti di Elvandar. L'atrio e la balconata sospesa antistante sembravano in tutto e per tutto parte della maestosa pianta a cui erano fissati per colore ma anche per foggia, ed era un'arte di cui potevano vantarsi solo loro, anche grazie all'ausilio della magia insita in quel luogo.
Si fermarono entrambi sulla soglia e Lorren ebbe così occasione di guardarsi intorno, ammirando il panorama che da quell'altezza si apriva sulla città elfica e sulla foresta che ne era parte integrante ed anima.
– Elwar ne sarebbe rimasto impressionato... – commentò dopo un po' l'elfo al suo fianco, facendosi sfuggire un sospiro ed un vago sorriso malinconico a incurvargli le labbra.
Aredhel inarcò un sopracciglio, voltandosi a guardarlo.
– Chi è Elwar?
Incrociandone i profondi occhi castani l'elfa venne travolta da un mare di rimpianto e senso di perdita che le mozzarono il fiato, stringendosi in una morsa al centro del petto.
– Era il mio migliore amico.
A quella mesta replica ella serrò le labbra rosee in una piega sottile, non trovando nulla da replicare a quel dato di fatto, così si ritrovò a deviar lo sguardo argenteo in un punto indefinito oltre il parapetto, nelle varie fasce di verde e oro che tinteggiavano lo sfondo.
Pensò a come avrebbe potuto sentirsi lei al suo posto e realizzò, non senza una punta di biasimo per sé stessa e la propria precedente superficialità, che la scelta di Lorren non doveva esser stata così facile come l'aveva inconsciamente considerata. Sicuramente aveva dovuto rinunciare a qualcos'altro insieme all'influenza del Sentiero Oscuro, qualcosa a cui era legato nella sua vita precedente.
– E sono convinto – riprese a parlare Lorren all'improvviso, con un tono più leggero e sereno – che gli saresti piaciuta anche tu!
Tale affermazione ebbe il potere di far tornare quell'atmosfera carica di complicità che li aveva accompagnati da metà viaggio sino a quel momento, e fu facile per entrambi tornar a vestire quei sorrisi divertiti e spontanei.
– Ma dai! – si schernì la ragazza, arrossendo un poco e portando la sua attenzione sulla porta.
Lorren si avvicinò a sua volta, il cestino di dolcetti mezzo vuoto saldo in una mano, mentre l'altra ne pescava l'ennesimo per mangiarselo.
Aredhel lanciò un'occhiata al contenuto e strabuzzò gli occhi nel non vederne più nessuno: vuoto. Lorren teneva fra le mani l'ultimo dolcetto elfico.
Dalle labbra le uscì un gemito sommesso.
– Davvero buoni questi biscotti. La signora Lihara aveva ragione – affermò senza badar a lei il nuovo eledhel. Sembrava del tutto incurante della reazione della giovane elfa ancora ferma a fissarlo con sgomento, mentre questi era in procinto di dargli il primo morso. All'ultimo si fermò, la bocca aperta e la mano alzata, finalmente degnandola di attenzione, cosa che andò a suo vantaggio: invece di ultimare il movimento scoppiò invece a riderle in faccia, divertito un'altra volta dalla vista d'una espressione tanto eloquente.
Le palpebre d'ella a quel punto si socchiusero, riducendo gli occhi a due fessure taglienti, mentre un inquietante sorrisetto le si dipinse sulle labbra.
Intuendone le intenzioni, Lorren portò il suo bottino lontano dalla portata di lei, sollevando il braccio sopra la testa.
– Spiacente: è troppo buono per cedertelo così facilmente.
– Su, andiamo. Fa il cavaliere! – Lo incalzò lei, imbronciandosi, prima di cercare di sottrarglielo.
Fra i due iniziò una sorta di balletto costituito da saltelli e girotondi, che vedeva come premio l'ultimo dolce, fra risate e sotterfugi per ottenerne il possesso. La ragazza tentò perfino di fargli il solletico, ma ben presto quella tattica le fu rivoltata contro ed alla fine fu costretta ad arrendersi.
– Ahah! No! Ahah! Basta! Basta, hai.. ahah! Hai vinto! – riuscì finalmente a dire, fra una risata e l'altra, riuscendo così a far cessare quella tortura. Tenendosi la pancia con ambo le mani e cercando di riprendere fiato, scoccò un'occhiata in tralice all'avversario – Tieniti pure il tuo biscotto!
Lasciandola libera, Lorren le lasciò i suoi spazi per riprendersi e nel mentre divise l'oggetto della contesa a metà, prima di porgergliene una.
– Te la sei guadagnata – affermò ancora sogghignando.
Aredhel accettò, ridacchiando a sua volta, e soddisfatta infine aprì la porta.
Davanti ai loro occhi si palesò un piccolo corridoio, al termine del quale scendeva una scala che conduceva ai piani inferiori. Ai lati di esso si accedeva ad altre due stanze che erano rispettivamente il salotto e la sala da pranzo. Il tutto era finemente arredato con intagli negli stipiti e quadri raffiguranti fiori e gwali ed altri piccoli animali e tutto ciò che un elfo poteva considerare degno d'essere immortalato.
La luce era introdotta grazie a delle caratteristiche finestre a goccia e, al calar della notte, alcune luminarie naturali rischiaravano l'ambiente altrimenti tetro, emettendo una luce verde-azzurrina che contrastava coi colori predominanti, che andavano dal marrone al rosso fuoco del sole al tramonto.
Eppure, mentre Lorren a quella vista venne accolto da una sensazione di familiarità e dal pensiero irrazionale di essere giunto a casa, Aredhel non poté far altro che reprimere il vago senso di inadeguatezza ormai familiare natole nel momento esatto in cui si era ritrovata a dover muovere passo all'interno di quella dimora.
– Vivono almeno cinque famiglie per albero, qui ad Elvandar – affermò per scacciare quell'emozione dalla propria mente, accompagnando l'elfo verso quella che sarebbe stata la sua stanza – Quello da dove siamo passati era uno dei tre accessi disponibili, gli altri due sono situati più in basso e ci si arriva da vie alternative – si fermò un attimo, accorgendosi che il discorso stava diventando un po' complesso da spiegare e gli rivolse un sorriso di scuse, prima di aggiungere – Magari poi te li mostrerò. Questo dal quale siamo entrati è il più accessibile rispetto alla strada che abbiamo percorso. Le altre due invece sono meno dirette e si spostano su più livelli.
Lorren annuì, quindi la ragazza-elfa continuò, riprendendo a camminare.
– La tua stanza è più vicina a questo comunque. La mia è situata un livello sopra di questo, semmai dovessi venire a cercarmi – snocciolò brevemente – Ogni elfo ha una stanza personale, ad eccezione delle aree comuni, come quella che abbiamo attraversato poco fa.
Si fermò davanti ad una porta di legno bianco finemente intarsiato e finalmente tornò a voltarsi a guardare il suo compagno, donandogli un nuovo sorriso amichevole.
– Ecco: questa è la tua stanza.
Lorren annuì, ricambiandola – Grazie Aredhel.
– Se hai bisogno di qualcosa fammi sapere – ribatté lei di rimando, prima di accennare ad allontanarsi – L'addestramento mi aspetta, ma... ci vediamo, d'accordo?
Lorren annuì ancora una volta, poi Aredhel gli voltò le spalle e lo lasciò a quella nuova vita.
Ancora non sapeva che quell'incontro non era altro che il preludio di una serie di eventi che avrebbero stravolto la sua, di vita.




continua...


Ehi eccomi qui!
Finalmente un po' di tempo per aggiornare la storia! Mi spiace averci messo così tanto ma sono stata costretta a posticipare la pubblicazione di questo primo vero capitolo a causa di impegni universitari.. e poi era estate, molto probabilmente è stato meglio così!
Non mi dilungherò oggi, spero solo che questo pezzo valga la pena di qualche piccola recensione o faccia anche solo sorridere qualcuno come ha fatto sorridere me nello scriverlo. Sperando di aver reso giustizia ai personaggi coinvolti, vi lascio! Alla prossima puntata capitolo!

Kaiy-chan
   
 
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