Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Cathy Earnshaw    11/09/2016    1 recensioni
La Terra dei Tuoni è un luogo popolato da creature magiche ed immortali, e una convivenza pacifica non è facile. L'equilibrio è fragile, la pace è labile e soggetta alle brame di potere. E quando i Draghi attaccano la capitale del Regno dei nani, questi reagiscono con violenza, ponendo i presupposti di una nuova guerra.
Nota: Tecnicamente "La guerra dei Draghi" è il prequel di "La Cascata del Potere", anche se la scrivo ora, a "Cascata" conclusa. Le trame non hanno grossi punti in comune, perciò l'ordine di lettura non deve essere necessariamente quello temporale.
Buona lettura!
Cat
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 11
L’alba del sud
 
 
Horlon si passò una mano sul viso. Quel riflesso costantemente identico nello specchio iniziava ad infastidirlo. Il mondo intorno a lui cambiava in continuazione, ma nulla della sua persona sembrava subirne gli effetti. Erina e Storr aspettavano un bambino. Era stato talmente idiota da non congratularsi neppure. Dopo l’ultimo rapporto da Lenada aveva richiamato Oliandro e Frunn. Era inutile lasciarli così vicini al territorio di Bearkin a rischiare le penne quando la stessa Meowin era a sud a studiare la situazione.
Uno scoppio di grida attirò la sua attenzione. Horlon spalancò la finestra ma il cortile era deserto. Assalito da un brutto presentimento, si precipitò fuori dalla propria stanza. Tentando di raggiungere l’uscita si trovò sommerso da una marea di persone che correva su e giù per i corridoi del palazzo, senza riuscire ad attirare l’attenzione di nessuno per chiedere spiegazioni. Poi il suo udito sensibile captò un ruggito in lontananza e si bloccò.
«Lon!»
Si volse di scatto nel momento in cui Erina gli si lanciava tra le braccia.
«Erina! Stai bene?»
«C’è un drago! Un drago qui, alle mura ovest!»
Horlon sentì le gambe cedere.
«Dov’è Storr?» domandò.
«Non lo so, sta andando là!»
«Va bene» l’elfo si sforzò di parlare con il suo tono più rassicurante. «Andrà tutto bene. Tu vai in un posto sicuro e cerca di stare calma.»
Erina annuì, ma gli occhi le si riempirono lo stesso di lacrime.
«Ma tu andrai da lui, vero?»
«Sì, andrò da lui. Andrà tutto bene.»
Erina si lasciò trascinare via da una delle sue dame di compagnia e Horlon prese un respiro profondo. Doveva recuperare almeno il suo arco.
 
Raggiungere Storr non fu affatto facile. Le persone gridavano e correvano in tutte le direzioni, senza una logica apparente. Dopo essersi armato velocemente, Horlon aveva raggiunto la sua guarnigione nel cortile d’ingresso e si era diretto alla porta ovest. Quando la raggiunse, sfidando le folle in fuga, individuò Storr tre le fila dei maghi ma non tentò nemmeno di avvicinarlo. Non poteva fare a meno di domandarsi come fosse possibile che un drago avesse colto di sorpresa Cyanor con tutti i maghi, gli elfi, i nani e le spie varie che avevano dislocato nei dintorni, e proprio non appena Nastomer si era trasferito a Spleen.
Il drago virò e si abbassò sulla città, sputando una vampa di fuoco nel cielo.
«Sire?»
Horlon degnò appena di un’occhiata l’elfo che gli si era avvicinato.
«Cosa?»
«Dobbiamo tenerci pronti all’attacco?»
Horlon si sforzò di prestargli maggiore attenzione. Era il capo degli arcieri della sua guardia personale.
«Sì, ma non attaccheremo per primi a meno che non lo facciano i maghi. Non mi pare che al momento quel drago si stia dando molto da fare.»
Il drago ruggì di nuovo e il Re captò con un moto di terrore un secondo ruggito, in lontananza. Ne seguì un terzo, più vicino.
«Ora!» gridò Storr dal suo schieramento.
Il cielo si striò di lampi magici, obbligando il drago a scartare.
«Sire?» domandò di nuovo l’elfo.
Horlon sbuffò.
«Hanno sempre una dannata fretta di fare tutto!»
Incoccò una freccia e tese l’arco. Scoccò, imitato dai suoi arcieri, nello stesso istante in cui il drago virò verso di loro. i maghi potenziarono le loro frecce con i loro incantesimi e il drago resto ferito.
Nel caos di grida, ruggiti ed esplosioni, Horlon riuscì a focalizzare solamente le grosse gocce di sangue scuro che piovevano su di loro, mentre il drago lanciava fiamme che non riuscivano ad infrangere la barriera magica che li proteggeva. Al ruggito del drago ferito rispondevano altri ruggiti, sempre più vicini.
«Lon!»
Storr emerse dalla calca, gesticolando.
«Ne stanno arrivando altri due. Dobbiamo mandare un contingente ad ogni porta!»
«Dov’è Kirik?» domandò l’elfo.
«Alla porta est. Ma i nani sono armati di balestre, maledizione! Cosa ce ne facciamo delle balestre?!»
Il drago ferito virò di nuovo e iniziò a precipitare.
«Frenate quel drago!» latrò Storr.
I maghi rallentarono la caduta del drago e la deviarono verso l’ampio anfiteatro della città. Storr si passò un braccio sulla fronte.
«Bene, ora voglio dieci maghi con me alla porta nord, dieci alla porta est dai nani, dieci alla sud con Richard, dieci qui e gli altri pronti a correre dove serve!»
Horlon osservò i maghi che si dividevano velocemente, poi si volse alle sue truppe.
«Anche noi: venti arcieri da Kirik a est, venti a nord con Storr, venti a sud con Richard e i restanti qui con me. Fanti e cavalleria si occupino dei civili, svelti!»
Gli elfi eseguirono e presto Horlon si trovò circondato da una quindicina di arcieri e qualche mago volenteroso. Qualcuno aveva avuto la pietà di dare il colpo di grazia al drago agonizzante, così gli unici ruggiti che si potevano ancora udire erano quelli dei due draghi pronti all’attacco.
«Forse non è stata una brutta idea quella di attaccare per primi» mormorò.
«Come dite, Sire?» domandò un elfo accanto a lui.
«Parlavo da solo.»
Giunse l’eco di un’esplosione da est e Horlon trattenne il respiro, rimpiangendo di non poter essere in più posti contemporaneamente.
 
Quando l’ultimo dei cinque draghi piombati su Cyanor batté in ritirata era ormai pomeriggio inoltrato. Horlon e il suo distaccamento rientrarono a palazzo stanchi e nervosi. Tre draghi erano morti e due erano fuggiti, ma i danni alla città erano pesanti: edifici crollati, quartieri in fiamme, almeno una ventina di morti tra elfi, nani e umani.
Nel salone principale, ancora sporchi di polvere e sangue, sedevano Storr, Richard, Kirik, Regen e una decina di sconosciuti in vesti da battaglia. Horlon scambiò un’occhiata affranta con Storr e si lasciò cadere sulla sedia accanto al mago. Una ragazza si avvicinò con un calice di vino, ma l’elfo lo respinse.
«Dell’acqua, per favore» disse con una voce rauca che stentava a riconoscere propria.
Aveva gridato talmente tanto da sentire solo fiamme al posto della gola, e non riusciva a liberarsi del sapore acre del fumo.
«Lieto di vederti vivo» gracchiò Kirik spingendo una cesta di frutta verso di lui.
«Altrettanto» rispose prendendo una mela e rigirandosela tra le mani.
«Sono arrivati da sud, tutti e cinque» iniziò Storr. «Due di loro hanno sorvolato la pianura di Torat, gli altri sue sono passati da ovest, seguendo il corso del fiume Morgael. Sembra incredibile, ma sono arrivati qui prima dell’allarme. Lon, anche Spleen è stata attaccata. Di nuovo.»
Horlon si sentì svenire.
«Notizie?» domandò con un filo di voce.
«Tutto a posto. Ci ha contattati Tom per dirci che i danni sono contenuti, e pare non ci siano morti. Era un drago solo ed è riuscito a metterlo in fuga, anche se ci ha impiegato un po’ più del previsto dal momento che non sono rimasti molti maghi, là» sospirò. «Senti, Lon… hai qualche novità sulla tua indagine a Shiren? Perché mi pare evidente che Bearkin sapesse della partenza di Tom, e che quel suo drago servisse solo ad impedire che il nostro stregone venisse in nostro aiuto.»
L’elfo abbassò lo sguardo sulla mela. Aveva una piccola imperfezione.
«Ho richiamato Oliandro. Ha scoperto che Lantor si trova con Bearkin sugli Alti Nidi, riverito come un ospite. Ho dedotto di essere stato tradito da un mio parente. Il suo plotone, ora, è nelle mani del tenente Eskin, che ci ha raccontato di una presunta lettera che la notte dell’attacco a Shiren avrebbe confuso le idee a tutti preannunciando l’arrivo di alcuni draghi a Lenada. La notizia ha ritardato la partenza delle truppe, ma si trattava di un falso allarme, e ora quella lettera è scomparsa» si massaggiò le tempie. «Io credo che Lantor stesse già architettando qualcosa, ma perché? E, soprattutto, che scopo aveva attaccare una cittadina insulsa come Shiren?»
«Quindi anche Impialla sta rientrando?» domandò Kirik.
«Lasciarli là sarebbe stato un rischio inutile.»
«Shiren doveva essere un pretesto» disse Storr. «Tutti ci siamo concentrati su Shiren, ma deva essere successo qualcos’altro… qualcosa a cui non abbiamo prestato la giusta attenzione.»
«Oppure era un modo come un altro per minare la popolarità degli elfi nel sud-est» intervenne Regen.
«Nah» sbottò Horlon. «Mi pare troppo infantile anche per Lantor.»
L’elfo cercò di concentrarsi sul pensiero del ritorno imminente di Oliandro e di Frunn. Glenndois l’aveva abbandonato nel momento peggiore.
«È successo qualcos’altro nel periodo di Shiren? Qui, intendo. Qualcuno di nuovo ha fatto la sua comparsa a corte?» mormorò.
Storr si passò le mani su viso.
«Niente di eclatante.»
Una dama di Erina entrò nella sala e si accostò al mago.
«Sire, non riusciamo a trovare Selene. È scomparsa.»
 
Horlon prese un respiro profondo. Dalla finestra aperta entrava l’umidità della sera. Starsene rinchiuso nella sua stanza lo faceva sentire un codardo, ma Storr non aveva voluto alcun genere di interferenza nella ricerca della nipote acquisita. Aveva detto che la ragazza era un’anima inquieta, che certamente sarebbe ricomparsa affermando candidamente di essere stata in chissà quale tempio dell’Aria. Non era la prima volta. Ma Horlon si sentiva un po’ ansioso: un’altra scomparsa nella cerchia familiare di uno dei Re sulla scacchiera, concomitante con un attacco coordinato e alla partenza di Tom. Si trovò a domandarsi se Selene potesse aver incontrato Lantor durante la recente visita a Cyanor di quest’ultimo. Scosse il capo. Era un pensiero ridicolo.
Qualcuno bussò alla porta e il Re sobbalzò.
«Zio! Sono Dodo!»
Horlon si concesse un sorriso.
«Entra, ti aspettavo!»
L’elfo entrò e si richiuse la porta alle spalle. Horlon si sedette e suo nipote gli si accomodò accanto. Con quell’aria abbacchiata assomigliava tremendamente a Glenn.
«Vuoi qualcosa da bere?»
«No, grazie.»
Il Re esitò.
«Stai bene?»
Oliandro fece un mezzo sorriso.
«Sono stanco e frustrato. È stato un viaggio inutile.»
«Mi dispiace, ma non potevamo evitarlo.»
«Lo so. Le hai detto tu di andare a sud?»
«A Mei? No, è stata una sua iniziativa. Sono quasi sempre sue iniziative.»
«Questo non lo rende meno pericoloso.»
«So anche questo. Ho temuto che avresti interferito con la sua missione…»
Oliandro si irrigidì.
«So stare al mio posto, zio.»
«Certo, è naturale. Sei figlio di Glenn… Come sta Frunn?»
«Bene. Sta consegnando messaggi di Mark e Impialla ai rispettivi Re.»
«Messaggi?» domandò perplesso.
«Sono rimasti a sud, hanno deciso di indagare autonomamente nei territori dei draghi.»
Horlon si sentì mancare.
«Senza autorizzazione?! Perché mai hanno fatto una cosa simile?»
Oliandro si strinse nelle spalle.
«Non sanno stare al loro posto?»
 
Il sole sorgeva dietro alle montagne che segnavano i confini del Regno dei Nani. L’aria pizzicava nell’alba del sud e Mark si lasciò scappare un brivido. Davanti agli occhi suoi e di Impialla si estendeva la terra dei draghi: picchi e valli sottoposti al controllo diretto di Bearkin e sovrastati dal Monte Alba, la cui vetta si perdeva tra le nubi e sul quale erano stati costruiti gli Alti Nidi.
«Siamo sicuri che sia stata una buona idea?» domandò.
«Assolutamente no» rispose il nano. «Ma presto o tardi Kirik muoverà qui le truppe e certamente gli servirà un appoggio.»
Mark annuì.
«Questo non rende le cose più semplici.»
Impialla sogghignò.
«Andiamo, ragazzino, e ricorda di trattenere i tuoi entusiasmi magici. Se ci beccano ci arrostiscono.»
Il mago deglutì a vuoto.
«Lo so. Allora? Dove si va?»
«Qualunque cosa accada, teniamoci vicini alle pareti rocciose, ma evitiamo le caverne.»
«Ma tu ci sai arrivare agli Alti Nidi?»
«Ho fatto parte della sortita che ha distrutto le loro uova.»
«Significa sì?»
«Non ti facevo così fifone, ragazzo» si guardò intorno. «Alcuni draghi sono stati abbattuti, altri saranno in ricognizione, un certo numero non si allontana mai dalle uova. Tuttavia il territorio sarà ben sorvegliato dopo il nostro attacco. Certo, siamo solo in due, quindi non dovrebbe essere troppo difficile nasconderci in caso di necessità, soprattutto finché non sapranno che siamo qui.»
«Una cosuccia da nulla» sbottò Mark.
Non che si fosse pentito di aver assecondato Impialla nella sua idea di andare a Sud, ma l’idea di entrare in territorio nemico senza alcuna scorta iniziava a mettergli l’ansia. Se l’avesse saputo sua madre avrebbe fatto un colpo, e di certo nemmeno Storr avrebbe fatto i salti di gioia. Il nano si stava esponendo di meno, considerati i piani del suo Re per il futuro.
«Mark.»
«Uhm?»
Impialla gli indicò un sentiero scavato nella roccia e lo imboccò.
«Quanti anni hai?»
«Che razza di domanda! Ti pare il momento?»
«Rispondi e basta.»
«Ventidue.»
Il nano si rabbuiò.
«Troppo giovane per morire.»
Imprecando tra i denti, Mark gli si fece più vicino.
«Si è sempre troppo giovani per morire!»
«Dove credi che siano le spie di Horlon?»
Spiazzato dal repentino cambio di argomento, il mago farfugliò:
«Di che spie parli?»
«Hai ben ventidue anni, non penserai davvero che il Re degli elfi, quel Re degli elfi, abbia richiamato i suoi delegati senza prendere le dovute precauzioni… Suo cugino l’ha venduto e lui richiama tutti a Cyanor senza accertare perché, come e chi altri è coinvolto? Non me la bevo. Certamente non avrebbe mai acconsentito a mandare in un posto del genere suo nipote e il suo indispensabile segretario, ma sono certo che ci siano degli elfi qui da qualche parte, intenzionati ad indagare come noi.»
Mark si rabbuiò.
«Anche se fosse? Non ci vedo niente di male.»
Impialla sorrise.
«Nemmeno io, in realtà, è logico. Al suo posto farei lo stesso» si fermò e puntò il dito verso qualcosa davanti a sé. «Andiamo verso il Monte Alba. Attento a tutto, tieni le tue orecchie magiche bene aperte. E stai pronto a scappare o a combattere in qualunque momento.»
Mark deglutì di nuovo e annuì.
Forse davvero non era stata una buona idea.
 
Le albe del sud erano senza dubbio le preferite di Meowin. Il suo ingrato incarico le aveva permesso di girare in largo e in lungo la Terra dei Tuoni, e poteva affermare con certezza che una luce così bella non la si poteva trovare da nessun’altra parte. Certo, si sarebbe goduta meglio il momento se non avesse saputo che il nano e il mago stavano cercando di farsi ammazzare a poche miglia da lei. Così avrebbe dovuto occuparsi anche di loro, oltre che delle indagini. Avrebbe dovuto incaricare qualcuno dei suoi di seguirli, che seccatura! A mano a mano che si avvicinava al Monte Alba, le sentinelle si facevano più numerose. Senza aiuto, quei due non ne sarebbero mai usciti vivi. Prese un respiro profondo e si rimise in marcia: dopo un attacco diretto a Cyanor, i maghi avrebbero certamente accelerato il precipitare degli eventi.
 
Horlon bussò alla porta di Frunn e attese impaziente che questi gli aprisse. Aveva tutta l’intenzione di incontrare il suo segretario prima della riunione del Consiglio, ma era certo che sarebbe stato Frunn a farsi vivo, prima o poi. Ormai, però, era l’alba, e lui aveva perso la speranza e anche la pazienza. Fu costretto a bussare di nuovo prima di captare qualche movimento oltre la porta.
«Ho capito, ho capito, un momento…» biascicò il segretario scostando l’uscio.
Horlon sgranò gli occhi davanti all’insolita visione di un Frunn privo di occhiali, spettinato e sommerso da un maglione stropicciato e decisamente troppo grande.
«Che ti è successo?!» balbettò.
L’elfo ci mise un attimo a mettere a fuoco, ma quando lo riconobbe si coprì la bocca con le mani.
«Sire! Che cosa ci fate qui a quest’ora? Venite dentro, vi prego… Cioè, non state in corridoio!» balbettò arrossendo sempre di più. «Perdonatemi, sono impresentabile» disse disseppellendo gli occhiali da un mucchio di carte e indossandoli.
Horlon si guardò i piedi, senza riuscire a fare a meno di sentirsi in imbarazzo. L’idea che Frunn non avesse fatto rapporto perché aveva bisogno di dormire non l’aveva minimamente sfiorato.
Come intuendo i suoi pensieri, il segretario disse:
«Di solito non ne ho bisogno, ma sono stato talmente inquieto da quando sono partito che ieri sera sono crollato. Accomodatevi pure se trovate posto da qualche parte.»
Il Re si guardò intorno alla ricerca di un posto qualunque per sedersi. L’ambiente era estremamente caotico: ogni superficie libera era coperta da calamai, pergamene e libri, il bagaglio giaceva abbandonato in un angolo e in fondo al letto erano ammucchiati gli abiti con i quali Frunn aveva viaggiato.
«Un momento» disse liberando una poltroncina da un grosso volume rilegato. «Scusate il disordine…»
Horlon sorrise.
«Smettila di scusarti e raccontami qualcosa sul vostro viaggio.»
Si accomodò sulla poltrona mentre il segretario si issava sul davanzale della finestra, unico altro poso agibile.
«È stato lungo e poco gratificante, ma credo fosse necessario.»
«Davvero? Dodo non la pensa così.»
«Beh, è stato importante mostrarci interessati al problema e incontrare personalmente Eskin. La situazione dei vostri uomini non è molto positiva, là.»
«Ci credo! Guarda che figura abbiamo fatto!»
Frunn annuì meccanicamente, poi sembrò mettere a fuoco qualcosa e si fece serio.
«Ci hanno raccontato della battaglia di ieri! Voi state bene?»
«Io sì, ma la città ha subito parecchi danni. Temo che ci saranno dei risvolti.»
«Che genere di risvolti?»
Horlon distinse un’ombra di paura sul viso di Frunn e si pentì di averlo detto.
«È probabile che ora Kirik muoverà davvero l’esercito verso sud. Inoltre, un attacco frontale a Cyanor mi fa temere per la stessa Lumia. Devo decidermi a mandare qualcuno a controllare la situazione… e che sia qualcuno di fidato perché ormai siamo circondati da brutta gente.»
«Quindi manderete Oliandro?»
Horlon si irrigidì.
«Come fai a sapere sempre ciò che sto per dire?»
«Mi limito a seguire il vostro ragionamento.»
«A volte mi inquieti.»
Frunn sogghignò, per nulla toccato dal commento.
«È bene che sia lui ad andare. In questo momento non posso lasciare il Consiglio, e molto probabilmente lui sarà il prossimo Re» esitò. «Ha senso, non credi?»
«Ne avrà se i vostri sudditi lo prenderanno sul serio.»
«Non dovrebbero?»
Frunn si strinse nelle spalle.
«È parecchio, ormai, che Dodo abita lontano dalla capitale. Molti si ricorderanno di lui come di un ragazzino… Dipende tutto dal carisma che riuscirà a metterci.»
Horlon annuì. Non aveva valutato quel tipo di possibilità, che suo nipote non venisse considerato all’altezza del compito. Un problema in più da aggiungere alla sua interminabile lista. Sospirò.
«Verrai al Consiglio di questa mattina, vero?»
«Certo, Sire.»
«Bene. Anzi, benissimo!»
«Perché?» domandò facendosi guardingo.
«Perché sarà una seduta lunga e difficile, e litigheremo.»
«Non mi state invogliando…»
Horlon sorrise e balzò in piedi.
«Sono davvero contento che tu sia tornato. Mi sento molto meno abbandonato al mio destino! Su, su, preparati! Il tempo stringe! Ci vediamo alla riunione!»
Frunn rise.
«Se dite così penserò di essere diventato il vostro badante!»
Horlon si chiuse la porta alle spalle, incapace di trattenere una risata.



**************
Frunn ringrazia Hareth per averlo convinto a fare l'idiota... di nuovo XD
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Cathy Earnshaw