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Autore: josephine seele black    12/09/2016    1 recensioni
Black in Mind è la mia visione introspettiva degli eredi Black. Quando Regulus, Sirius, Bellatrix , Andromeda e Narcissa erano nient'altro che i rampolli of the most ancient and noble house of Black. Dedicando ad ogni episodio una canzone ( secondo la mia mente contorta) e rivivendo con loro un percorso intimo ed emotivo su quelli che erano i loro sogni, ambizioni e sensazioni fino ad arrivare all'elisione delle loro vite spezzate nel bene o nel male. 5 Vite legate da un nastro nero, un destino che li spezzerà schiacciandoli col peso del cognome che portano. Per poi cadere nella rovina; la fine di ogni aspettativa; la loro oscura eclissi. Il loro Black-Out.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Lucius/Narcissa, Sirius Black/Bellatrix Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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“I forgot how you talk, i forgot how to talk..
Can this place help me?
Your memory's unlocked but mine is locked..
Can someone help me?
Your hands in my pocket they warm me like summer sun
And i remember being unlucky from my first day till now
I suppose that i told, i suppose that you heard..
I try to find what i don't need.
I never liked being taught, i never even thought..
We'll get so close to it
Your hands in my pocket they warm me like summer sun
And i'm so fed up with being held don't try to hold me now

 
                                                                         Things I Don't Need - HUMAN TETRIS


Una stanza buia nonostante fossero le quattro del pomeriggio, silenzio attorno al tintinnio del ghiaccio nel bicchiere, solo il ticchettio astioso della pioggia che si infrange nei vetri delle finestre. Seduto in una poltrona di ottima tappezzeria, con qualche buco qua e là di sigarette e con i mossi capelli neri fin su gli occhi, troppo inerme per sporgerli indietro, stava seduto Sirius.
Sul tavolo alla sua destra, nel quale poggiava un gomito noncurante, una lettera, scritta con inchiostro nero e bagnata dal fondo del bicchiere pieno di whisky che teneva in mano e ogni tanto poggiava dove capitava prima.
Un insolito venerdì pomeriggio nei pressi di un motel ad Hogsmeade. Tra qualche giorno avrebbe ripreso ad andare ad Hogwarts; il suo ultimo anno, il suo e di Bellatrix.
Aveva preso dei soldi dal comò della credenza, quelli che sua madre lasciava agli elfi domestici per le commissioni; uno zaino mal ridotto con qualche indumento preso alla rinfusa, senza attenzione; ed era andato via.
Aveva bisogno di una boccata d'aria lontano dalla sua famiglia e da quella casa a Grimmauld Place, dove si sentiva stretto e incarcerato in convenzioni che detestava e a cui aveva dovuto far fronte per tutta l’estate.
Certo, sarebbe potuto andare da James, i Potter lo adoravano ma non era dell’umore adatto per sorridere e giocare a quidditch nel cortile di casa loro in quel momento.
Era come in un limbo di inquietudine dal quale non riusciva ad emergere e ciò che lo rendeva più nervoso era il cercare di capirne il perché. Tentando di fare il punto della situazione, la prima immagine ad affiorargli in mente era la cena di beneficenza per l’ospedale San Mungo, dai Malfoy; l’aveva vista flirtare con Lestrange. Non che significasse qualcosa. Lei civettava sempre con tutti. La faceva sentire potente, la conosceva troppo bene, ma quelle urla stridule alle sue orecchie durante tutti i loro litigi gli mancavano, quando scendeva il silenzio. Sirius alzò lo sguardo scrollando un po’ i capelli dalla fronte e rigirò il fondo del bicchiere…  quest’ansia che lo pervadeva a cosa era dovuta? Alle parole che avrebbe voluto dirle? O forse era il presentimento di cosa lei potesse avere in mente? Digrignò i denti stringendo il vetro tanto da sentire il ghiaccio come dentro la sua mano. Già, non ci voleva una fervente immaginazione per capire cosa balenasse nella sua testa: Un matrimonio altolocato, un bel gruzzolo di soldi (da poter aggiungere ai suoi di famiglia) da qualche rampollo che le sbavava dietro e chi, meglio di Lestange, l’uomo beta per eccellenza, cosi calmo e pacato, cosi malleabile sotto i suoi pensieri, cosi inutile da essere un accessorio perfetto da sciorinare in giro.
L’avrebbe fatto? L’avrebbe sposato? Una parte di lui conosceva quella Bella un po’ appassionata e sensibile ma la realtà era che si sentiva cosi spiazzato perché conosceva la parte predominante di sua cugina, quella cattiva, quella velenosa, quella abietta, quella che l’avrebbe portata a comandare il mondo intero se solo fosse riuscita a trovare la strada giusta. La sua ambizione e la sua bellezza non avrebbero mai cessato di essere le sole caratteristiche che la sovrastavano e lui ne era tanto infastidito quanto ammaliato. Si alzò di scatto lasciando che il bicchiere si schiantasse a terra. Prese il cappotto e uscì.
La pioggia lo infracidì fin dai primi passi per il vialetto che dal suo motel lo conducevano in centro. Cercò il pub che gli sembrasse più screditato ed entrò.
Ragazze seminude servivano burrobirra calda e acquaviola, e tipi loschi sedevano al bancone, “perfetto” pensò “neanche a Notturn Alley”. Amava quei posti cosi decadentisti ed equivoci. Forse perché credeva di riconciliarsi di più con la sua anima in un ambiente del genere che da Madama Rosmerta.
In realtà pensava di poter essere salvato da un posto del genere, o per lo meno, stava cercando di trovare cose di cui non aveva bisogno, che potevano eliminare dalla sua testa il pensiero di lei. D’altra parte cosa si aspettava? Lui non era cosi fantoccio da stare al suo fianco, era sempre stato uno ribelle, stare con Bella significava essere ammaestrato, fare parte di quel mondo da cui cercava di scappare, essere nella cerchia elitaria dei maghi purosangue, ricchi e di nobile casata, che in realtà era quello che era davvero ed era anche ciò che la sua famiglia pretendeva da lui, il peso della carne, alienarsi in uno stile d vita che aveva sempre deriso, dalla quale stava davvero pensando di fuggire. Per sempre. Che si fottessero tutti, si anche lei! Ma si… diseredato, senza nessun legame con nessuno, solo “e quasi quasi cambio pure cognome” pensava tra sé. E i suoi pensieri venivano inghiottiti dalle scene di sesso di due giorni prima, lei… il suo profumo… i suoi lunghi capelli… il suo seno sodo sotto il macramè... le sue labbra carnose…che poi quante donne si era portato a letto? Cosa aveva lei di tanto speciale? Giacché era sempre la stessa storia che durava da anni, scoparne duecento per pensare sempre a lei.
<< Eccoti… ti ho cercato dappertutto, ma dovevo immaginare che ti avrei potuto trovare solo in un bordello del genere.. >> un mormorio alle sue spalle.
Sirius voltò la nuca con cinismo.
<< Remus. Niente di meglio da fare mentre aspetti la luna piena?>>
Lupin gli stava davanti. Aveva i capelli legati dietro da uno spago. Era magro e pallido, quasi febbricitante…il suo solito aspetto insomma. Si sedette di fronte a lui osservando con dissenso il bicchiere di gin che Sirius teneva in mano, dando una rapida occhiata alla bottiglia mezza vuota al centro del tavolo.
<< Andromeda mi ha mandato a cercarti. E’ in ansia per te. Dice che sei sparito da casa dei tuoi che, a proposito, sono in allerta… e lei è tanto in pena. Perché non sei andato a parlarle? Potevi almeno rispondere alle sue lettere!>>
<< Sei penoso, Remus. Sei qui con questo temporale, a km da casa tua, con la luna piena alle porte.. solo perché speri ancora di entrare tra le cosce di mia cugina. Tornatene a casa dille che sto bene e continua a fare il suo messaggero in pegno d’amore…. Andromeda non starà mai con te.>>
Remus arcuò lo sguardo, e sospirò.
<< Sirius davvero, sono preoccupato per te, puzzi di alcol, quanti giorni sono che bevi? E che non ti lavi??? La tua stanza al motel è piena di bottiglie scolate gettate qua e là.. non si riesce più a vedere il pavimento. Sei solo ubriaco e ti stai buttando via.. per quale motivo? Sei bello, popolare, pieno di soldi, pieno di ragazze.. sei SANO.. nessuna maledizione che ti affligge. Perché non ti vivi una vita normale invece di fare sempre il melodrammatico? Scappi di casa.. fai stare in pena chi ti vuole bene! James ti sta cercando a Notturn Alley… perché non sei venuto da noi? A volte penso che non ti capirò mai. Davvero. Sembra che ci godi a farti del male.>>
<< Sono un sadico Remus, non un masochista.>> Rispose Sirius sorridendo; lo sguardo nel vuoto.. compiutamente disinteressato alle parole dell’amico. Fissava il fondo del bicchiere distrattamente, e si accese una sigaretta poggiando le spalle allo schienale, dopodiché spostò lo sguardo sul soffitto. Remus continuava a parlare ma lui non lo ascoltava già da un pezzo. Vagheggi... Scenari, sensazioni... i brividi che lo crogiolavano al pensiero di lei.. con le sue mani aggraziate dentro la sua tasca…lì a tavola davanti a tutti…il modo in cui lo toccava… come lo provocava. Era solo un gioco eccedente per loro. Eppure lui ad ogni suo tocco si sentiva riscaldato come dal sole d’estate e in quel momento avrebbe voluto quelle mani pallide e squisite sul suo membro per trovare un po’ di calore sotto i brividi della pioggia che lo aveva infracidito.
Si riempì il bicchiere fino all’orlo e lo buttò giù in un sorso troppo lungo.
Sentiva la gola bruciargli proprio come gli bruciava il cuore…ed era stufo di Remus che adesso vedeva sbiadito e di cui sentiva solo l’eco delle parole distorte dal chiasso degli altri li al bancone, lo sguardo si posava sui culi delle cameriere seminude ed una in particolare stava facendogli da più di mezzora gli occhi da cerbiatto.
 Sospirò. Di quei respiri corrosivi, che ti fanno assaporare il niente… come quando inspiri più aria del necessario ma ti senti asfissiare lo stesso.
 Era stufo di questo gioco tra lei e lui. Si esattamente. Bellatrix Black doveva smetterla di trattenerlo, doveva finirla di possederlo in questo modo…doveva essere solo sesso... declassato, sfregiante, marginale e privo di significato sin dall’inizio! Questo ossessivo dominio di Bella nei suoi pensieri doveva dissolversi senza indugio.
Le apparve davanti agli occhi, in una frazione di secondo, quella che ci serve per morire un po’; annebbiata, con il vestito rosso della festa a casa Malfoy, in quell’angolo approssimato allo specchio, che sorrideva..a chi non ricordava ma di certo non a lui.. e anche lui sorrise .. Come a controbattere quel ricordo futile e vaneggiante che inebriava la sua perplessità e distruggeva tutti i suoi buoni propositi… << E ORA PERCHE QUEL SORRISO DA EBETE SIRIUS?! MA MI STAI ASCOLTANDO??>> gli urlava Remus, intanto che lui era rapito da quel riso falso e demoniaco, una conturbante visione che solo lui vedeva di sua cugina, socchiuse gli occhi un attimo e tra di sé sussurrò “non puoi trattenermi ancora per molto”.
Balzò con violenza in piedi, fece trasalire Remus che lo dava più in coma etilico che scattante; senza curare che il gin si versasse dal bicchiere al tavolo di noce graffiato, oltrepassando una sedia che era in mezzo alla sala… << E ora dove vai Sirius?!?!>> esclamò Remus svilito; Sirius si spostò i capelli dal viso, con la classe e la sensualità innata di sempre, baciò la mano della cameriera in topless che gli aveva fatto gli occhi dolci durante tutto il suo delirio interiore, e voltandosi verso l’amico con lo sguardo altezzoso si diresse verso la porta. << Alla Stamberga Strillante. Tu hai da fare con la luna giusto? Credo che manchi poco…. Ci si vede da James… prima o poi. >>
Sparì dietro la pioggia, e di lui non si seppe più nulla per altri tre giorni.
   
 
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