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Autore: John Spangler    13/09/2016    1 recensioni
Dopo aver lasciato la piccola città di Cocoyashi, Nami Watanabe e sua madre si trasferiscono nella metropoli di Loguetown, una delle perle della California meridionale, per iniziare una nuova vita. Tra amori, drammi e problemi vari, le loro vicende si intrecceranno con quelle degli altri abitanti di Loguetown, mentre intanto il boss mafioso Crocodile conduce nell'ombra i suoi loschi affari, con la collaborazione del Joker. Come andrà a finire? Lo scoprirete solo leggendo questa storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Pieces'
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Capitolo 14: Dolore

 

5 Gennaio 2016

Loguetown, California, USA

Negli studi di Logue Channel

 

-...e a distanza di dieci giorni da quello che è stato battezzato come il "Massacro di Natale di Loguetown", nonostante gli ingenti sforzi della polizia, della Guardia Nazionale e dell'agenzia Cipher Pol Aigis, le indagini non sono ancora arrivate a una conclusione. Tutte le ricerche effettuate nei vari ambienti della criminalità organizzata e dei gruppi paramilitari di estrema destra hanno dato esito negativo. I terroristi della Baroque Works sono ancora a piede libero, purtroppo.- Paula Rockbell sospirò mestamente e si preparò a leggere la notizia successiva. Gli eventi di cui aveva appena finito di parlare l'avevano colpita profondamente. Nonostante avesse sempre cercato di essere fredda e cinica, non aveva potuto rimanere indifferente di fronte a quel massacro insensato. Un attacco del genere alla sua città, e perlopiù in un giorno di festa...che razza di mostro avrebbe potuto architettare una cosa del genere? Non riusciva a capirlo. Comunque, il fatto che nessuno dei suoi parenti o amici fosse stato coinvolto la rincuorava un pò.

 

- Ora passiamo a una notizia un pò più leggera, anche se non esattamente allegra, soprattutto visto il periodo che stiamo passando.

 

- Nella giornata di ieri si sono tenute le elezioni che, almeno in teoria, avrebbero dovuto decidere il nuovo Governatore del nostro Stato. Purtroppo, come spesso accade, la realtà è stata molto più complicata della teoria.

 

- Infatti, come forse alcuni di voi già sapranno, il gran numero di candidati presenti ha fatto sì che non si riuscisse a determinare un vincitore. Sono però emersi quattro candidati, che, incredibilmente, hanno ottenuto lo stesso identico numero di voti: Gomez Pink, già vice del defunto Newgate e ora Governatore pro tempore della California; Lawrence Cavendish, noto attore di origine inglese; Eli Satch, ex senatore e presidente dell'associazione benefica Moby Dick; e Jonas Petricelli, imprenditore e politico, oltre che attuale sindaco di Loguetown.

 

- Per superare questa situazione di stallo, è stata fissata una nuova votazione la settimana prossima, in cui i cittadini delle California dovranno scegliere tra i quattro candidati di cui prima.- Si schiarì la voce.

 

- Con un pò di fortuna, tra una settimana avremo quindi un nuovo Governatore. Un vecchio sondaggio sulla nostra pagina di Facebook indicava come favorito Jonas Petricelli, e a quanto pare il sindaco è ancora in testa.

 

- Voi cosa ne pensate? Ce la farà? Oppure credete che a vincere sarà qualcun altro? Fatecelo sapere, e restate sintonizzati per ulteriori aggiornamenti sulle elezioni...-

 

***

 

Villa della famiglia Petricelli

 

-...il gran numero di candidati presenti ha fatto sì che non si riuscisse a determinare un vincitore...-

 

Jonas Petricelli, alias Sir Crocodile, seduto sulla sontuosa poltrona del suo salotto con in mano un calice di buon vino, sorrise in maniera sinistra. Un'altra fase dell'Operazione Utopia andata splendidamente. Ancora un pò di pazienza, e il giorno del suo trionfo sarebbe arrivato.

 

Si portò il calice alle labbra e bevve un altro sorso di vino.

 

***

 

Saint Kureha General Hospital

 

Zef Vinsmoke aprì lentamente gli occhi. In un primo momento, vedendo solo forme indistinte, non capì dove fosse. Poi la vista gli tornò del tutto, e si rese conto di essere sdraiato su un letto, in quella che sembrava la stanza di un ospedale.

 

- Ma che diavolo...-

 

- Oh, finalmente si è svegliato, signor Vinsmoke. Stava cominciando a farci preoccupare, sa?-

 

A parlare era stato un medico appena entrato nella stanza. Zef lo riconobbe: era il dottor Trafalgar, lo stesso che si era occupato di accertare il suo effettivo stato di salute, qualche tempo prima.

 

- Dottore...cos'è successo?- mormorò l'anziano.

 

- Non ricorda niente?-

 

- L'ultima cosa che ricordo è che ero in chiesa ad ascoltare la messa di Natale. Come ci sono finito qui?-

 

- Hmm...una piccola perdita di memoria. Dovuta al trauma, senza dubbio.- borbottò tra sè e sè il medico.- Comunque, per farla breve, un terrorista si è fatto esplodere nel bel mezzo della chiesa. Lei è stato ferito gravemente, e ha riacquistato i sensi solo adesso. A proposito, oggi è il 5 Gennaio. Buon anno.-

 

Zef strabuzzò gli occhi. Le parole del medico gli avevano fatto riaffiorare qualche ricordo, anche se erano perlopiù immagini confuse.- Ha detto...gravemente?-

 

- Sì, ma non c'è più da preoccuparsi. Ormai l'abbiamo curata. Dovrà solo stare a riposo per qualche giorno. Ma a parte questo, signor Vinsmoke, la dichiaro ufficialmente fuori pericolo. E' libero di andare. Chiamerò la sua famiglia.-

 

Il proprietario del Baratie tirò un sospiro di sollievo.- Meno male...un attimo, e la mia famiglia? Loro stanno bene?-

 

- Un paio di loro erano un pò ammaccati, ma per il resto stanno tutti benone. Li avesse visti, erano tutti così preoccupati per lei, specialmente sua figlia...- Il dottor Trafalgar sospirò.- Comunque, al momento sono tutti in sala d'attesa. Da quando lei è arrivato, si sono praticamente accampati lì. Se la sente di vederli, o vuole aspettare un pò?-

 

- No, li faccia...li faccia venire.-

 

- Come vuole.-

 

Dopo neanche due minuti, Zef vide la stanza invasa dai membri della sua famiglia.

 

- PAPA'!- gridò Kaya lanciandosi verso il letto e abbracciando il genitore. Gli altri parenti si sparpagliarono tutti attorno al letto. Con la coda dell'occhio, Zef vide che erano presenti anche Koala e Usop, il fidanzato brasiliano di Kaya.

 

- Signorina Vinsmoke, le consiglierei di non stringere troppo, a meno che non voglia soffocarlo.- giunse la voce del dottor Trafalgar.

 

La ragazza si staccò dal padre e si asciugò una lacrima.- Eravamo così preoccupati, papà...-

 

- Come ti senti, Zef?- gli chiese Koala.

 

- Meglio, adesso che vi vedo. State tutti bene?-

 

- Io ho avuto il braccio fasciato per qualche giorno, ma per il resto stiamo bene.- rispose Sabo.

 

- Ci hai fatto prendere proprio un bello spavento, sai, vecchio?- intervenne Sanji, facendo ruotare una sigaretta spenta tra le dita.- Cominciavo a pensare che stessi per tirare le cuoia.-

 

Tutti gli altri guardarono di sbieco il secondogenito dei Vinsmoke, tranne Zef. Conosceva bene Sanji, e sapeva che quando faceva così era per nascondere ciò che provava davvero.- Ti sarebbe piaciuto, eh? Così avresti avuto campo libero col Baratie. Chissà come me l'hai ridotto nel frattempo, il mio povero ristorante...- disse, fingendosi irritato.

 

- Qualunque cosa io possa fare, non potrà mai essere peggio di quello che hai fatto tu.-

 

Zef guardò Sanji per un attimo, per poi scoppiare a ridere. Dopo un pò anche gli altri si unirono alla risata (Tranne il dottor Trafalgar, che si limitò a guardare la scena a braccia conserte, con appena l'accenno di un ghigno).

 

- Vieni qua, Sanji.- Zef fece cenno a suo figlio di avvicinarsi per abbracciarlo. Ma appena il biondo gli fu accanto, gli mollò un pugno colossale dritto sul cranio. Si sentì perfino lo scricchiolio delle ossa.

 

- Così imparerai a essere meno impertinente, giovinastro!-

 

Il povero Sanji si massaggiò la parte lesa e annuì, imprecando dentro di sè. Ma in fondo era contento. Suo padre stava bene.

 

Nella stanza riecheggiò una nuova risata corale, a cui stavolta partecipò anche il dottor Trafalgar.

 

***

 

Un'altra parte dell'ospedale

 

Se l'atmosfera nella stanza di Zef Vinsmoke era allegra, altrettanto non poteva dirsi per altre parti dell'ospedale.

 

Zoro camminava lungo il corridoio, cercando di ignorare l'atmosfera pesante che lo circondava. Uomini e donne che piangevano, medici dall'espressione torva che facevano avanti e indietro, e un paio di volte barelle con corpi coperti da lenzuoli. Quella era la parte dell'ospedale dedicata ai casi più gravi. Il fatto che Koshiro fosse ricoverato lì non era di buon auspicio.

 

Dopo l'attentato di Natale, Zoro era andato a trovare il suo maestro ogni volta che poteva. Erano venuti anche i suoi colleghi, perfino coloro che non frequentavano la palestra. Lo avevano fatto per Tashigi.

 

Tashigi...Zoro si ricordò che, in tutto quel tempo, non aveva parlato molto con la ragazza. Non aveva nemmeno pensato a cosa dirle, a come risolvere il problema tra loro due. C'era da dire che l'occhialuta sembrava essersi dimenticata della cosa. Non che ci fosse da meravigliarsi, con tutto quello che era successo. Lui aveva ritenuto opportuno aspettare.

 

Non poteva andare avanti così all'infinito, però. Prese una decisione. Se...appena Koshiro si fosse ristabilito, avrebbe parlato con Tashigi. Sperando che tutto andasse bene.

 

Svoltò l'angolo e arrivò davanti alla stanza in cui era ricoverato Koshiro. Proprio in quel momento, Tashigi aprì la porta. La ragazza era senza occhiali, e aveva l'aria di chi non ha dormito molto negli ultimi tempi.

 

Gli sguardi dei due poliziotti si incrociarono, e ci fu un attimo di silenzio.

 

- Hmm...ciao, Tashigi.-

 

- Ciao, Zoro...- La ragazza sbadigliò senza coprirsi la bocca.- Scusa, ma sono stanca morta. Mi reggo in piedi per miracolo.-

 

- Non preoccuparti.- disse lui comprensivo.- Come sta tuo padre?-

 

L'espressione della ragazza si fece ancora più triste.- Non bene. I dottori fanno quello che possono, però...- Singhiozzò.- Zoro, ho paura che non ce la farà.-

 

Il poliziotto esitò un attimo prima di rispondere.- Non dire così. Tuo padre è l'uomo più tosto che io conosca. Se la caverà di sicuro.-

 

Tashigi accennò un sorriso.- Tu e il tuo ottimismo, Zoro...- Sbadigliò di nuovo.- Senti, io stavo andando a prendermi un caffè. Rimani tu con Oto-san?-

 

- Certo.-

 

Zoro osservò la ragazza allontanarsi ed entrò nella stanza.

 

C'erano due letti, di cui uno vuoto. Quello occupato da Koshiro era accanto alla finestra.

 

- Sensei...-

 

Il proprietario della palestra aveva davvero una brutta cera, ma sorrise lo stesso vedendo il suo allievo.- Zoro...sei venuto anche oggi.-

 

Roronoa si avvicinò all'altro uomo.- Come si sente?-

 

- Nè meglio nè peggio di ieri.-

 

- I medici cosa dicono?-

 

- Eh...le solite cose.- Koshiro si rabbuiò.- Ma non parliamo di questo, per favore.-

 

Così, per rallegrare un pò il suo maestro, Zoro iniziò a raccontargli alcune disavventure capitategli negli anni, molte delle quali avvenute proprio nella palestra Shimoshiki.

 

-...e così alla fine sua figlia mi atterra con un calcio volante.- I due risero di gusto.

 

- Ha...me lo ricordo come se fosse ieri.- mormorò Koshiro. Subito dopo aggiunse: - Zoro, vorrei chiederti una cosa...-

 

- Sì, Sensei?-

 

- So che probabilmente dovrei farmi gli affari miei, ma...come va tra te e mia figlia?-

 

Zoro capì immediatamente cosa intendeva.- N-non abbiamo più parlato di quello, Sensei. Ho preferito aspettare. Mi...mi sembrava fuori luogo parlare di certe cose, con quello che è successo.-

 

Koshiro lo guardò negli occhi.- E' innamorata di te.-

 

- Lo so, Sensei.-

 

- E tu?-

 

Roronoa abbassò un attimo lo sguardo.- Io...- Per la prima volta dopo tanti anni, Zoro arrossì. Parlare col suo maestro di certe cose lo stava mettendo in imbarazzo.

 

Prima che potesse continuare, Koshiro gli poggiò la mano sul braccio.- Ho sempre pensato che voi due stareste benissimo, insieme. Ma non voglio interferire con le vostre vite o le vostre scelte.

 

- Ti chiedo solo una cosa, Zoro. Anche se non ricambi i suoi sentimenti...per favore, stalle vicino.-

 

Zoro annuì solennemente.- Lo farò, Sensei.-

 

Koshiro sorrise e tossì un paio di volte.- Grazie. Ho sempre saputo che sei un bravo ragazzo...ti voglio bene come se fossi mio figlio...-

 

- G-grazie, Sensei.- rispose leggermente imbarazzato il poliziotto.

 

In quel momento Tashigi rientrò nella stanza. La ragazza si avvicinò ai due uomini e si sedette accanto a suo padre, sul bordo del letto.

 

Zoro decise che era arrivato il momento di andarsene.- Ora devo andare. Ci vediamo domani alla stessa ora?-

 

- Certo. Oh, e salutami gli altri, al distretto.- disse Tashigi.

 

Roronoa annuì.- D'accordo.- Fece un cenno di saluto ad entrambi e si avviò verso l'uscita.

 

E proprio quando stava per chiudersi la porta alle spalle, l'urlo di Tashigi lo bloccò.

 

- OTO-SAN!-

 

Il poliziotto rientrò di corsa nella stanza.- Cosa...-

 

Tashigi era china su Koshiro. In un primo momento Zoro pensò che il suo maestro avesse avuto un malore. Ma poi si accorse che il petto dell'altro uomo non si muoveva. Il silenzio calò nella stanza e un'ondata di panico lo travolse, mentre sperava di sbagliarsi, che non fosse nulla di grave. Si avvicinò, e una rapida occhiata eliminò quelle vane speranze.

 

Koshiro era morto.

 

Il silenzio fu subito rimpiazzato dal rumore del pianto di Tashigi.

 

***

 

Ancora un'altra parte dell'ospedale

 

-...e alla fine il soldatino con una gamba sola sconfisse il Demone Celeste. Lui e la principessa Dressrosa si sposarono e vissero per sempre felici e contenti.- Nami chiuse il libro e guardò la figura immobile distesa sul letto. Sospirò.- Niente anche oggi.-

 

Stupida, cosa credevi?, si rimproverò. Non è mica come nelle favole!

 

Quel fatidico giorno di Natale, dopo che la polizia era arrivata e aveva tolto di mezzo il cecchino della Baroque Works, Robin era stata portata in ospedale. I medici erano riusciti a stabilizzarla, ma purtroppo la ragazza era entrata in coma. Da allora, Nami era andata a trovare la sua amica tutti i giorni, con la speranza che da un momento all'altro si svegliasse.

 

E invece, dieci giorni dopo, Robin era ancora in coma.

 

I dottori avevano preferito non fare ipotesi su se e quando Robin si sarebbe risvegliata. Ma la rossa non si era fatta scoraggiare. Lei, il signor Ivankov e Padre Urouge continuavano a sperare in un miracolo. Del resto, la speranza era l'unica cosa che gli era rimasta.

 

Con l'idea di facilitare le cose, un paio di giorni dopo il ricovero della mora Nami aveva portato con sè un libro di cui la sua amica le aveva parlato spesso, "I racconti del Poignee Griffe". Era un antico libro di favole, a cui Robin era molto affezionata. La giovane Watanabe sperava che, leggendolo, sarebbe in qualche modo riuscita a risvegliare Robin, o perlomeno a facilitare le cose. Finora non aveva avuto risultati, ma non aveva intenzione di demordere.

 

Vale sempre la pena tentare, continuava a ripetersi.

 

Un colpo di tosse la distolse dai suoi pensieri, e la rossa si accorse dell'arrivo di Sergei Ivankov.

 

- Signor Ivankov...salve.-

 

- Ciao, cara. Come vanno le cose?-

 

Nami fece spallucce.- Niente di nuovo, purtroppo.-

 

Ivankov guardò Robin e annuì.- Capisco. E tu, invece? Come stai?-

 

- Io...- La rossa sbadigliò.

 

- Sei qui da molto, eh?-

 

- Già. Sono arrivata ieri sera, per dare il cambio a Padre Urouge. E...yawn...sono sveglia da allora.-

 

Ivankov le mise una mano sulla spalla.- Ti stai affaticando un pò troppo, cara. Non ti fa bene.-

 

La rossa non rispose, continuando a guardare Robin.

 

- Senti, perchè non te ne vai a casa? Hai bisogno di riposarti. Non puoi mica stare qui in eterno.-

 

Nami sbadigliò di nuovo.- E...Robin?-

 

- Me ne occupo io. Sennò che sarei venuto a fare?-

 

La ragazza annuì.- Mi sa che ha ragione...yawn...-

 

Ivankov le accarezzò benevolo la chioma rossa.- Vai pure, Nami. Ci sto io con Robin.-

 

Con un pò di riluttanza, Nami seguì il consiglio di Ivankov. Salutò il suo datore di lavoro, diede un'ultima occhiata a Robin e uscì dalla stanza. Prima di lasciare l'ospedale, decise di fermarsi un attimo nella sala d'attesa per prendere qualcosa da bere dal distributore. Arrivata a destinazione, si fermò davanti alla macchinetta e optò per una bella cioccolata calda, aggiungendovi parecchio zucchero.

 

Appena il distributore ebbe finito di preparare la bevanda, Nami afferrò il bicchiere e bevve la cioccolata con un solo sorso (Quasi ustionandosi la gola, ma era talmente giù di corda che non ci fece caso) e gettò il bicchiere nel cestino. Si lasciò cadere su una delle sedie di plastica della sala e sospirò. Rimase per un pò con lo sguardo rivolto a terra, senza prestare attenzione a quello che la circondava.

 

- Ciao, signorina.-

 

Nami si girò e vide che una bambina dai capelli neri si era seduta accanto a lei.

 

- Ciao.-

 

- Io mi chiamo Mocia, e tu?-

 

- Sono Nami.- Notò che la bambina indossava un piccolo camice bianco.- Sei ricoverata qui?-

 

- Sì. sono al reparto dei bambini. Mi hanno portata qui qualche giorno fa per un trapianto, e mi lasciano andare domani.-

 

- E come mai sei qui? Non dovresti stare nella tua stanza?-

 

- Mi annoiavo, e ho pensato di andare un pò in giro.- Ridacchiò.- I dottori non mi hanno vista.-

 

- Non dovresti andare in giro da sola. Rischi di perderti, o di farti male.-

 

La bambina sbuffò e mise il broncio.- Sarò anche piccola, ma so badare a me stessa.-

 

Nami le accarezzò la testolina.- Buon per te.-

 

In quel momento, Mocia notò il libro in mano a Nami.- Quello che cos'è?-

 

- E' un vecchio libro di favole. Si intitola "I racconti del Poignee Griffe".-

 

- Che nome strano.-

 

- Hai ragione, è davvero strano.-

 

- E' tuo?-

 

- No, è...è di una mia amica. E' ricoverata anche lei qui. Avevo pensato di portarlo e leggerle qualche storia, giusto per rallegrarla un pò.-

 

- E ha funzionato?-

 

Nami decise di non dirle la verità sulla condizione di Robin.- Sì, ha funzionato.- annuì sorridendo.

 

La bambina sembrò riflettere per un attimo.- Non è che lo faresti anche per me? E' da tanto che qualcuno non mi legge una favola.-

 

- Uhm...non so. Queste sono favole molto vecchie, e potrebbero non piacerti...-

 

- Per favore...-

 

Di fronte allo sguardo supplichevole della bambina, la rossa non potè fare altro che cedere.- E va bene.- Mocia sorrise e le si avvicinò per ascoltare meglio. Nami aprì il libro e iniziò a leggere.- Dunque, c'era una volta...-

 

 

NOTA DELL’AUTORE: Per chi non se lo ricordasse, Mocia faceva parte del gruppo di bambini che Caesar Clown usava per i suoi esperimenti a Punk Hazard.

  
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