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Autore: Newtmasinmyveins    13/09/2016    2 recensioni
Il principe non indietreggiò, le bloccò i polsi, lei continuava a divincolarsi, sferrando pugni innocui. Gridava, mentre tutti guardavano, Richard era appena sceso, fissava la scena con sguardo inespressivo.
«La colpa è vostra! Siete un essere insensibile, » le sue grida agonizzanti, il suo pianto irreparabile, la stanchezza di lottare, ma il coraggio di continuare a sferrare pugni, la rendevano più forte di quanto credeva.
Alfred lasciò la presa, la fissò mortificato, spalancò le braccia,
«Colpite, vi aspetto » il viso piangente di Elena lo rendeva così debole, perché quella donna aveva una tale influenza su lui? «lasciate che paghi per questa colpa che ho»
* PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE*
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Spazio Autrice: Carissimi lettori, sperando che ce ne sia ancora qualcuno :/ So benissimo che non aggiorno da tempo immemore, ma come potete ricordare dal capitolo precedente Elena era in fin di vita. Quindi, dovevo prendere una decisione importante...una decisione che avrebbe decretato un probabile lietofine, un continuo etc...Fino a pochi giorni fa, avevo un'idea poi oggi ho stravolto tutto in pochi minuti. Spero di sentirvi e vi chiedo davvero di perdonarmi ma quando il blocco dello scrittore si fa vivo...è un po' una frittata. Spero che vi piaccia e tanti baci dalla vostra Helen! :) Ps: la frase "Quando vogliamo..." è Elena che parla nel suo stato tra la vita e la morte.





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"Devi morire un po' di volte,
prima di iniziare a vivere davvero."

Charles Bukowski



Diciottesimo Capitolo

 

Quando vogliamo che il tempo passi tutto sembra rallentato, quasi immobile … ma non possiamo restare allo stesso punto per tanto tempo, è necessario  spostare le lancette dell’orologio. Dobbiamo scegliere: sparire completamente o restare ancorati alla terra perché qualcuno ha bisogno di noi.
 

Era giunta l’ora che la neve avrebbe abbandonato il cielo per concedersi alla terra, le temperature calavano con smisuratezza e Alfred, stringendo al suo corpo Elena, aspettava la fine di entrambi. Sarebbero morti assiderati, la tanta foschia impediva una visuale limpida e qualsiasi via di fuga. Non voleva allontanarsi da Elena neanche per cercare il cavallo con cui era arrivata lì. Non si sarebbero divisi per nessuna ragione al mondo, o sarebbero sopravvissuti entrambi o avrebbero salutato la terra per sempre. Non l’avrebbe mai abbandonata, lui la amava come mai gli era successo. Ormai da quando aveva conosciuto quella giovane ragazza della campagna inglese, aveva abbandonato tutte le sue effimere e superficiali abitudini, lei era qualcosa di divino e surreale. E lui per lei doveva essere il meglio. La strinse dolcemente al suo petto e accarezzandole i capelli, tra lacrime e singhiozzi, intonò una ninna nanna.

« It’s the first thing you see as you open your eyes, the last thing you say as your saying goodbye. Something inside you is crying and driving you on. 'Cause if you hadn't found me. I would have found you...» la  commozione era troppa per pretendere di cantare l’intera canzone senza alcuna pausa, tra singhiozzi e lacrime, tutto risultava complicato.

«Elena- proferì con un nodo in gola- ... ricordate che non ci sarà né tempo né spazio che potrà dividerci... » sibilò mentre le lacrime cadendo gli solcavano le guance arrossate dal freddo. Era impossibile che Elena avesse sentito quelle dolci e amabili parole, ormai i suoi occhi erano chiusi e anche se respirava ancora, i suoi respiri avvenivano a intervalli irregolari. Era in agonia e per Alfred non c’era nulla di peggiore che sapere di essere lui la causa di tutto. Giurò al cielo che se Elena si fosse salvata, l’avrebbe riaccompagnata da suo padre. Non sempre si è vicini alle persone che si amano e lui l’avrebbe tenuta lontano non perché non la amava anzi, la amava troppo per rischiare di essere di nuovo un pericolo per lei. Voleva uccidersi, il pensiero di essere stato lui a colpirla gli lacerava l’anima. La strinse a se stesso e chiuse gli occhi per respirare l’odore della neve che toccava il prato ormai bagnato.

Quando minuti dopo riaprì gli occhi quasi come un miraggio c' era Maurice lo sparviero in sella a un cavallo bruno che avanzava. L’uomo scese agilmente dal quadrupede e senza fare domande fissò Alfred con sguardo indecifrabile. Era stranito, il duello era tra il suo sovrano e il cadetto eppure chi stava morendo dissanguato, era la contessa Elena; seppure confuso decise di non fare domande, lei era in fin di vita e Alfred per quanto fosse forte era davvero shockato. Maurice doveva avere sangue freddo.

Cercò di mantenersi desto e, con delle pacche sulla spalla, cercava di tranquillizzare Alfred che continuava a incolpare una divinità inesistente. A bagnargli le guance erano lacrime amare, si sentiva distrutto, se tutto fosse finito, la colpa sarebbe stata soltanto sua, che paradosso! Elena era andata lì per salvarlo e lui l’aveva ridotta in fin di vita.
 
 L’amore è il peggiore dei mali pensò e mai come allora desiderò che i suoi occhi potessero chiudersi per sempre.

«Vostra altezza, non datevi pena … c’è ancora una speranza! » esclamò Maurice, cercando di convincere Alfred a non arrendersi.

Il sovrano si voltò e lo fissò con sguardo perso «Aiutami a prenderla in braccio. » proferì freddo e succinto, lo sparviero fece sì col capo e insieme stando attenti al corpo minuto e ferito di Elena, la sollevarono per adagiarla in groppo al cavallo, Alfred la abbracciò e tenendola al caldo, ordinò al cavallo di partire.

La nebbia fitta continuava a scendere e tutto all’apparenza era bianco e puro. Alfred ed Elena erano in sella al cavallo di Maurice e quest’ultimo, era in groppo al purosangue arabo bianco, il destriero che aveva condotto Elena alla morte.

Alfred amorevolmente stringeva al petto la sua regina e sempre più sicuro avanzava, non temeva che il terreno sottostante potesse essere causa d’impedimento per raggiungere al più presto il palazzo, per lui non ci sarebbero stati ostacoli. Doveva riuscire a salvarla a qualunque costo.

 

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Il nobile non poté credere ai suoi occhi, sebbene ci fossero stati tanti impedimenti e ostacoli di diverso genere assieme ad Elena e allo sparviero Maurice, era ritornato al castello. Sulle scalinate di marmo bianco ad attenderli vi era la maggior parte della servitù, tutti scossi per la salute della giovane inglese.
Subito si diedero da fare per avvisare il miglior medico in tutta la Scozia. Trascorse una buona mezz’ora prima che i due stallieri tornassero con il laureato, nel frattempo le balie avevano già sistemato Elena nella sua camera. Ad Alfred fu consigliato di restare fuori, nervoso camminava spedito per i corridoi, Lorry nonostante la sua anziana età cercava di stargli dietro e per quanto potesse, tentava di tranquillizzare il suo signore
.
«Vedrete che ce la farà …» furono le uniche parole che riuscì a proferire cercando di apparire calmo sminuendo la drammaticità della circostanza.

«Lo prego … se finisse, finirei anch’io. - rispose Alfred, Lorry corrucciò la fronte, confuso. - se finisse la sua vita, finirebbe anche la mia. » specificò poi.

«Vostra altezza non dannatevi, non è colpa vostra.»  lo scopo di Lorry era quello di calmare le acque ma non fece altro che agitarle maggiormente, Alfred si voltò di scatto, con una seria espressione, gli occhi accecati dall’ira e con i denti digrignati.

«Non è colpa mia? Non dovrei dannarmi?- imperò- l’ho condotta io alla morte, possibile che non lo capiate? Io sono il mostro, sono la bestia. E quel bastardo aveva ragione … - affievolì la voce, strinse i pugni e fissò il pavimento- ho ucciso l’unica donna che mi vedeva diverso. » una lacrima gli scese dall’occhio destro e non gli importò. Mai Alfred  Grayson aveva pianto davanti la servitù o più precisamente non aveva mai pianto, neanche per la sua Mira, gli era dispiaciuto ma allora era troppo giovane per comprendere  appieno il dolore. In quel momento non gli importava mostrare le sue debolezze,  non gli importava più niente.

«So che tutte le mie parole saranno vane in un momento funesto come questo ma sappiamo entrambi il motivo per cui la signorina Elena è venuta al lago. Le vostre strade si sono incontrate per una ragione ben precisa. Prendetela come un dono del cielo, un dono che qualcuno ha voluto farvi per … - si fermò non trovando il termine adatto- … per farvi comprendere il significato dell’amore, quello bello, quello in grado di migliorarci radicalmente. »

«È questo il problema- disse freddo tenendo le mani sul davanzale della finestra- quando non hai qualcosa non le dai importanza,  neanche ci pensi, il peggio è quando l’hai e poi la perdi. E io ho paura che Elena possa andarsene per sempre. - si morse il labbro e irrigidì i muscoli delle braccia, stette in silenzio interminabili minuti poi- Lorry non sai come vorrei che fosse un sogno, che con il tuo caffè mattutino busseresti alla porta della mia stanza rimembrandomi  di avere un bilancio da controllare, e che, camminando per i corridoi troverei Elena con un fiore di ciliegio nei capelli e con i suoi continui dispregiativi che tanto adoro. Elena, con la sua innocenza e quel pizzico di gelosia che la rendeva per l’ennesima volta diversa da tutte. »

Alfred sentì l’aria mancargli nei polmoni, il pavimento sembrava sprofondargli sotto i piedi, quanto poteva soffrire pensando ai lori momenti? Si erano sempre scontrati, sempre a litigare e quelle incomprensioni continue li avevano portati a non conoscersi profondamente, a creare attriti inutili. Il nobile si voltò in direzione del valletto e senza pensarci due volte né tantomeno chiedergli il permesso, gli si buttò tra le braccia, abbracciandolo e stringendolo a sé. Quello era il segnale di resa. Grayson, aveva abbandonato l’esercito di ghiaccio per mostrare la sua vera natura: un uomo debole desideroso di amare e di amore.

«Perdonami anche tu Lorry, tutte le volte che sono stato scontroso, che ho trattato te e gli altri come delle pezze. Il mio essere egoista e nobile- fece spallucce- per quello che si può dire mi ha fatto dimenticare che prima di tutto siete delle persone. Non conta per nulla il ser, il lord, l’altezza se poi dentro sono vuoto.  So solo che mesi fa non avrei mai pensato minimamente a un discorso del genere, non avrei mai pensato a un cambiamento, sono sempre stato attratto dalla mondanità , quello che sono diventato, quanto sono cresciuto e migliorato, devo tutto a Elena.»

Lorry si asciugò una lacrima con il guanto bianco e cercando di ricomporsi mugolò «Siete un uomo nobile in tutto e per tutto, ho sempre saputo che vi fosse un animo nobile sotto quella corazza da cattivo. »

Alfred fissò Lorry e vedendolo commosso, si sentì bene. Smorzò un sorriso, un sorriso di traguardo. Elena era entrata nella sua vita per volontà sua, ma l’aveva cambiato contro la sua volontà.

Passò una buona mezz’ora prima che il miglior dottore della Scozia abbandonasse la stanza della giovane; a dispetto di come si pensava, la situazione era meno grave del previsto: la lama del pugnale non aveva scavato in profondità e quindi Elena se la sarebbe cavata con qualche settimana di riposo e una cicatrice lunga circa 4 cm che col passar del tempo a detta del dottore si sarebbe anche sbiadita fino a diventare quasi invisibile.

«Quindi … è fuori pericolo? » domandò Alfred con lo sguardo illuminato.

«Sì … ma ciò non toglie che possono riscontrarsi problemi, ad esempio un’infezione o qualsiasi altra cosa … in uno stato del genere non dovete sottovalutare nulla vostra Altezza.»

Il Principe voleva sorridere e piangere allo stesso tempo, non era pronto per una notizia bella come quella, dopotutto da una situazione tragica come quella, c’era solo da prepararsi al peggio.

«Ditemi cosa devo fare ed io lo farò. » proferì con tono missionario.

«Ho dato tutto alle domestiche, la paziente dovrà mangiare molte verdure, prendere delle medicine, e ogni sera le dovranno fare impacchi con erbe medicinali che velocizzeranno la cicatrizzazione della ferita. » rispose il dottore come sempre esaustivo.

«Vi ringrazio, grazie per aver salvato la mia vita.» deglutì Alfred profondamente toccato dalla bravura del laureato, questi, invece, era piuttosto scettico. Tutti conoscevano l’indelicatezza di Alfred Grayson eppure in quell’istante anche agli occhi del dottore parve un uomo comune con sentimenti e paure.

Dopo che Alfred era passato nella stanza di Elena per assicurarsi che stesse bene, radunò servi e cavalieri , scusandosi personalmente per tutte le cattive azioni che avevano marcato il suo passato da bestia. Precisò ai soldati che non avrebbe mai attaccato guerra, che la vita è un bene troppo prezioso per  perderla in un gioco stupido come la battaglia corpo a corpo, ma c’era un però: prima di chiudere i battenti necessitava mettere a riposo la sua più grande preoccupazione: Marco e un suo possibile ritorno. Mobilitò intere truppe, tutti erano sulle sue tracce: soldati, servi e cittadini; per le strade su ogni muro era affisso il suo manifesto con persino una taglia su di lui. Chi l’avrebbe consegnato al Principe di Scozia avrebbe avuto una soddisfacente ricompensa.

 

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Le giornate passavano veloci e Alfred le trascorreva tutte uguali: di mattina era in giardino ad ammirare il cielo, il pomeriggio lo dedicava ai conti e quando qualcuno bussava, gli si drizzavano le orecchie pensando fossero notizie del cadetto, i pasti li saltava quasi tutti e la sera- il momento della giornata che preferiva -la dedicava alla sua donna,  quando era certo che Elena non avrebbe aperto gli occhi, andava nella sua camera per vegliarla. Si inginocchiava a terra di fianco al letto e la fissava in silenzio.

“Sto contemplando una creatura divina” pensava ogni volta e ancora più erano i dubbi sull’umanità della ragazza “Dopo tanto dolore, dopo tanta sofferenza, come riesce a essere così bella?”

Era una divinità, una visione surreale a cui non avrebbe mai voluto rinunciare.
Quando sentì che i domestici erano pronti per andare a coricarsi, si alzò di scatto e come un fantasma accecando una fugace buonanotte abbandonò la stanza.
Si recò nella sua stanza e inevitabilmente i suoi pensieri caddero su Marco; ormai era trascorsa una settimana dall’accaduto e di quel virile ancora non c’era traccia, continuava a fissare lo skyline dalla finestra e si chiedeva che fine avesse potuto fare, dove si fosse rifugiato e quale tra le tante morti sarebbe stata quella più adatta a lui, quella più lenta e dolorosa.

«Vostra altezza …» pronunciò una voce appena entrata nella stanza.

«Lorry» Alfred si voltò un po’ sorpreso.

«Non volevo interrompere i vostri pensieri ma volevo il vostro permesso per andare a dormire, in questi giorni è tutto molto movimentato e … mi sento molto stanco a dire il vero. » avvisò dispiaciuto il servo.

«Permesso? Lorry non dire sciocchezze è concluso e sepolto il tempo che sottostavi a me. Siamo sullo stesso livello, non c’è davvero motivo di preoccuparsi. -Enunciò con sorriso rassicurante.- E fai bene a riposare, domani toccherà alzarci presto, devo inviare un telegramma a Herthford. » si schiarì la voce e d’un tratto lo sguardo si incupì.

«Tutto bene?» domandò Lorry retorico, la tristezza sul volto del nobile era palese.

«In parte … Non mi sembra corretto nei confronti di Richard Hemsworth che a una settimana dell’incidente ancora non ne sappia nulla. Appena Elena si rimetterà completamente, tornerà nella sua casa, nella sua terra. »

«Credo di non comprendere … state rinunciando a lei? » il valletto spalancò le orbite e la bocca, incredulo.

«Qualcuno lassù me l’ha salvata … ed io la salverò da me stesso. » abbassò lo sguardo un po’ dispiaciuto e un po’ fiero per quella frase a effetto e che al tempo stesso incuteva paura.

«Se è quello che credete giusto vostra altezza …»

«È giusto per Elena ... merita il meglio che il mondo possa offrire. - sorrise compiaciuto- ora vai pure Lorry e buona notte.» il valletto gli augurò lo stesso e dopo aver accennato la riverenza  sparì dietro la porta.

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Alfred controllò la legna nel camino e prima di chiudere la porta iniziò a sbottonarsi il bavero che nonostante reputasse un indumento odioso, lo aveva sempre indosso. Forse temeva che senza non fosse stato presentabile per Elena. La sua Elena … si era svegliata nei giorni precedenti e affiancata da due balie, aveva fatto piccoli passi,  ma ancora non si erano visti o meglio lei ancora non l’aveva visto.  Se fosse stato per lui, avrebbe di certo rimandato l’incontro, non avrebbe sopportato vederla flebile e trasandata.

Sbuffò, rendendosi conto di quanto fosse critica la situazione.

«Perché ?- domandò al muro portando le mani nei capelli.- Perché occupa sempre i miei pensieri?Perché sacrificherei la mia vita per la sua? Perché mi rende instabile? Sono sempre stato convinto di non cadere mai nel gioco dell’amore e ora mi ritrovo come un ragazzino con la sua prima cotta. L’hai uccisa, ti rendi conto Alfred?- domandò a se stesso- No, è stato un errore. Un errore madornale. Un atto senza alcuna volontà, intenzione.- rispose profondamente dispiaciuto- Deve tornare in Inghilterra e dobbiamo dimenticare tutto. »

«Come se potessimo …» parlò una voce alle sue spalle.

Grayson si voltò e ancora per una volta il mondo sembrò fermarsi.

In tutta la sua grazia e innocenza allo stipite della porta vi era Elena, con indosso una vestaglia bianca simile a quella del giorno dell’incidente. Nonostante la sofferenza, le sue guance erano rosee illuminate dal candore delle candele. Non sembrava per nulla che meno di una settimana prima aveva rischiato di morire. Era sempre bellissima capace di incantare anche uno sciacallo, era magia incompresa. Avanzò verso Alfred lentamente. Per quanto rispondesse bene al dolore, qualche fitta c’era sempre e l’equilibrio non era dei migliori.

«Elena … - scappò un dolce e meccanico suono dalla bocca di Alfred, le orbite gli si spalancarono leggermente e un’espressione da pesce lesso caratterizzava la sua faccia in quell’istante; voleva aiutarla, evitare che potesse cadere, ma l’ultima volta che si era avvicinato aveva tentato di ucciderla e così rimase fermo, incapace di capire cosa fosse giusto fare.- voi dovreste... »

«Riposare?» lo anticipò, nella sua voce era presente un pizzico di ironia. Continuò ad avvicinarsi a piccoli passi.

«Non dovreste starmi vicino …»

«Temete che possa vendicarmi?» stuzzicò lei, anche se non sembrava ferita dal maledetto ricordo.

«È un dolore per me sapere che ricordate …» si interruppe e abbassando lo sguardo fissava una mattonella.

«Non vi odio se è questo che volete sapere e vi prego di credermi, altrimenti non sarei qui. È tutto strano per me dopo ciò che è successo. » deglutì, non sapeva neanche lei stessa la destinazione del suo discorso.

«Sono stupito anch’io- rispose alzando leggermente il capo- avverto un senso di vuoto realizzando che questa è una delle nostre ultime conversazioni se non l’unica.- Elena restò prima in silenzio per poi roteare gli occhi, stizzita.- Non muore nessuno ma credo che sia ora che le nostre strade si dividano. Io continuerò a governare e voi a sognare il vostro cavaliere sul destriero bianco pronto a salvarvi.-lei continuò a tacere- Dovete odiarmi. Non guardatemi con aria indifferente, non  riesco e non ce la farei a sopportarlo. »

«Vorreste che vi odiassi? » domandò perplessa.

«Di gran lunga …chiunque mi odierebbe e farebbe bene, si alleggerirebbe questo macigno che ho nel cuore sempre che ne abbia uno. Non potete far finta di niente. »

«Io non sto facendo finta di niente, Alfred.-proferì alterata omettendo il titolo.-quello che sembra che vuole dimenticare tutto siete proprio voi!- aveva riacquistato il suo tono di sfida e lo guardava fisso, il respiro era irregolare a causa degli sporadici singhiozzi, Elena inevitabile non era stata capace di sopprimere la tristezza e le lacrime.- Ancora una volta mi reputate un giocattolo spedendomi a casa di mio padre a vostro piacimento? - lui la guardò di stucco, allibito. – Dovrei calpestare, in questo modo, i sentimenti di una giovane le cui attese e la cui reputazione andrebbe in frantumi per un mero capriccio? Il vostro capriccio? Tutti devono obbedire ai vostri disegni? Ogni vostro volere deve essere soddisfatto perché il vostro piccolo mondo continui a ruotare intorno a voi? È tutto un gioco per sua altezza?- fece una pausa, era furente.- Perché vorreste lasciarmi andare proprio adesso? Perché mi avete voluto qui con voi e adesso desiderate liberarvi di me? » Domandò lei, sembrava aver abbandonato la rabbia per passare all’angoscia.

«Mi avete opposto ogni stenua resistenza- cadenzò ciascuna parola.- Cerco di mettervi in salvo da me stesso. »

«In salvo? Da voi stesso?- accennò una risata nervosa- Avreste dovuto pensarci mesi fa.»

«Vi ho offerto carte bianche, Elena: siete libera. Sappiamo entrambi che la Scozia per voi è stata una prigione, appena sarete in grado di affrontare un viaggio tornerete nella vostra cara campagna. Che cosa bramate di più? Siete già da adesso una donna libera. La mia coscienza» proferì ma lei lo interruppe immediatamente.

«Coscienza? Perché, ne possedete una? Se sono così arrabbiata con voi non è di certo perché avete tentato di uccidermi, no … sappiatelo. Ciò che non riesco a sopportare è la vostra capacità di liquidare ciò che c’è stato tra noi. Affidare tutto al tempo e dimenticare. Che ne è stato del “ricordate che non ci sarà né tempo né spazio che potrà dividerci?” » Era rossa in volto e gli occhi, ancora bagnati di lacrime, le brillavano.

«Avete sentito quelle parole?... » domandò scioccamente.

Elena abbassò lo sguardo in segno di assenso.

«Credo che questa sia la radice del problema … Ho dato sempre e troppo peso alle vostre parole, ai vostri gesti e non importa che proprio voi avete tentato di uccidermi, in realtà avevo iniziato a morire già da tempo, precisamente da quando avevo scoperto della baronessa. In quel momento che l’angoscia mi struggeva il cuore per il decesso di mia madre, voi non eravate con me, voi avevate ben altro da fare, e allora mi chiedo, a cosa sarebbe servito invitandovi a restare? Ci sono tante cose che dovrei dimenticare … e come ben notate, non l’ho fatto. »

«Non fermatevi … me lo merito. » deglutì cercando di sopprimere la voglia di urlare quanto si odiasse.

«Se non ho dimenticato tutte le sofferenze come faccio a dimenticare la vostra voce rotta dall’emozione quando ero in fin di vita, la ninna nanna melodiosa, il vostro dolce cullare che mi rendeva tutto meno spaventoso, le carezze mentre dormivo. Il dolce risveglio con il fiore di ciliegio, la neve, il vostro cambiamento... » la giovane aveva completamente abbandonato l’ira, l’aria sognante occupava il suo volto e i suoi muscoli che prima erano irrigiditi pian piano stavano ritornando alla classica dolcezza. Alfred era sempre più teso e nonostante la situazione avesse preso una piega del tutto inaspettata, sapeva che adesso toccava a lui manifestare i suoi pensieri. Avrebbe voluto dire tante cose ma in un primo mento gli scappò quasi come un sibilo.

«Ho paura- proferì impacciato, si aspettava che Elena lo deridesse ma non fu quella la sua reazione anzi, ella si avvicinò  eliminando così la distanza che c’era tra loro. Calò il silenzio nella stanza e con un po’ di coraggio Alfred riprese- Ho paura di dire qualsiasi cosa, Elena … ho paura di sbagliare tutto con voi e voi meritate il meglio, avete bisogno di un uomo che sappia rendervi felice e che soprattutto non sia un attentato alla vostra vita. Dal primo momento che vi ho visto, ho desiderato che vi fosse ignaro tutto il dolore e tutta la sofferenza.  Avrei voluto proteggervi dalla tristezza e dai dispiaceri e, invece, ne ho causato uno dopo l’altro … - lei restò a fissarlo mentre chiazze di rossore causate dalla timidezza e dall’emozione si presentavano sulle sue guance rosee. Non avrebbe mai pensato che “Alfred uomo di ghiaccio” avesse tutte quelle cose da dire, tanti piccoli segreti. –Voi siete la vita, la luce, la perfezione. E giuro che farei di tutto per vedervi felice anche rinunciare a voi.  Avrei voluto tanto dimenticarvi … ma per quanto mi riguarda, io - enfatizzò- non posso dimenticare la donna che mi ha riportato in vita. – fece una pausa- Forse tutto è iniziato per gioco, ma non lo è, dovete credermi. Mai prima d’oggi ho detto questo a qualcuno, non sono io a parlarvi, Elena. Sapete chi è?- lei lo fissò sognante- è la parte migliore di me, il frammento che voi avete salvato dalle fiamme dell’inferno.  Anche se vi lascerò andare … io- la voce era rotta dalla commozione, gli occhi erano due stelle e lei lo guardava ammirata- io vi amerò.»

Elena irrigidì la mascella, le si indurirono le gambe, non aveva mai provato quella sensazione. Si commuoveva facilmente per le dichiarazioni d’amore che vi erano nei libri che tanto amava, ma non ne aveva mai ricevuta una così bella e reale.
 
«Allora, non lasciatemi andare …» scongiurò lei. Si avvicinò ma Alfred le diede le spalle, rivolgendo lo sguardo alla luna pallida che intravedeva dalla finestra.

«Debbo.-proferì conciso, ed Elena capì che insistere non sarebbe servito a niente. -Andate, prima che vi rinchiudi nelle segrete e vi lasci marcire lì. – imperò, proferiva quelle parole dolorosamente, sofferente.- Le vallette hanno sistemato i vostri bagagli … se siete pronta, anticipiamo la partenza. » Elena fissò le spalle di Alfred, contrarsi, sapeva che stava mentendo ma ormai era stanca. La ragione doveva prevalere sui sentimenti o si sarebbe uccisa.

 Trattenne le lacrime e con voce lineare gli rispose.

«Sono pronta. »  A quelle parole Alfred chiuse gli occhi, sentì i passi di Elena allontanarsi, uscire dalla stanza, e la porta chiudersi. Sì voltò ma era troppo tardi: lei non c’era più. Un forte gelo si presentò nel petto marcando così un vuoto incolmabile.

Elena alla fine aveva accondisceso, ma lui … lui sentiva che senza quegli occhi vispi, quei battibecchi che gli trasmettevano serenità, quella tenerezza, sarebbe tornato la bestia di sempre.

«Ho anteposto il suo bene al mio … non è forse questo l’amore? »

 

   
 
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