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Autore: AliceMiao    13/09/2016    2 recensioni
Una ragazza nuova arriva in città. Lavora al supermercato e vive con il promesso sposo a Seattle. Questa ragazza però colpisce uno dei nostri vampiri. Chi? Quali saranno le conseguenze che porteranno i sentimenti che uno prova per l’altro?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carlisle Cullen, Esme Cullen, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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La pioggia quella mattina cadeva fitta. Era domenica mattina e la sera precedente era stata la serata peggiore della mia vita. Il mio futuro marito continuava ad avere dei sospetti sul fatto che io non frequentassi nessuno ed era diventato sempre più violento. Quella notte in particolare. Si era approfittato di me a più non posso, dicendo che era una punizione per ciò che avevo fatto. Ma che colpa avevo? Nessuna. Beh ok, forse un pochino sì dato che tra me e il mio angelo biondo i baci non mancavano mai. Ma non andavamo mai oltre. Ci aveva messo quasi una settimana per sbloccarsi dopo quello che era successo a casa mia. Tante volte ero io a prendere l’iniziativa di baciarlo, altrimenti lui evitava quasi ogni contatto tra di noi, come se avesse paura.
Fatto sta che quella mattina avevo quasi paura ad alzarmi dal letto e scendere. Avevo paura del suo sguardo, del suo comportamento, ma soprattutto della sua indole violenta che poteva emergere in qualsiasi momento. Guardai l’ora: le 09.30 a.m. Fissai il soffitto: nonostante cercassi di non farlo, continuavo a pensare al mio angelo. E con il passare del tempo e l’avvicinarsi del giorno del matrimonio quei pensieri divennero sempre più ingombranti e vividi. A volte mi immaginavo persino la sua voce o che lui si trovasse lì con me. Stavo impazzendo, era chiaro.
Dopo aver osservato il soffitto bianco per almeno dieci minuti mi decisi ad alzarmi. Appena arrivai davanti allo specchio vidi i lividi dei vari colpi che Charles mi aveva dato la sera prima e quella prima ancora e così via. Il segno che mi aveva lasciato il mio angelo, sul collo, non c’era più, quasi fosse un segno del destino che dovevo intendere come: dimenticalo, non è alla tua portata.
Eppure non riuscivo a dimenticarlo.
Indossai una semplice camicia bianca con un paio di jeans, un maglioncino grigio con una cintura marrone allegata e degli stivali con tacco del medesimo colore. Indossai anche un paio di orecchini d’oro e una collana. Quando scesi in cucina trovai Mary ad aspettarmi.
“Non c’eri stamattina a colazione, c’è qualcosa che non va?”.
Sì, tuo figlio mi ha usata e picchiata per tutta la notte, avrei voluto risponderle, ma invece dissi: “Non avevo fame e alla fine mi sono riaddormentata”.
“Capisco. Forza preparati, dobbiamo andare a ritirare il tuo abito da sposa!”. Giusto, dovevo ritirare un abito che avrei indossato il giorno del mio matrimonio scelto da LEI e MIA MADRE e NON da me.
“Hai ragione. Andiamo!”, dissi cercando di mostrare entusiasmo.
Ci impiegammo un’ora per arrivare al negozio, non tanto perché era lontano, ma per via del traffico. Il vestito scelto per il mio matrimonio non mi piaceva per niente: era enorme e color avorio, con le maniche in pizzo che richiamavano i ricami sul fondo del vestito.
“Stai benissimo tesoro!”, aveva detto mia madre quando me lo aveva visto indosso la prima volta e lo stesso lo aveva detto Mary. Avevo provato a ribattere, ma non c’era stato verso di convincerle, così mi arresi.
Appena tornate a casa pranzammo e poi presi la mia auto e andai a Forks. Tra meno di un’ora mi sarei rivista con il mio angelo e non vedevo l’ora. Oltretutto aveva anche smesso di piovere il che rendeva il mio umore ancora migliore. Avremmo passato tutto il pomeriggio insieme e come scusa mi ero inventata di dover andare ad un turno extra al lavoro.
Ci incontrammo a casa sua, dove parcheggiai l’auto. Appena lo vidi gli corsi incontro e lo baciai. Sentivo il bisogno di raccontargli cosa faceva Charles con me, ma avevo paura allo stesso tempo. Paura della sua reazione, paura che potesse fare qualcosa di insensato preso dalla rabbia.
“Da dove arriva questo livido?”. Senza che me ne accorgessi mi aveva afferrato il braccio.
“Sono caduta, di nuovo”. Con lui, come facevo con Mary e Oscar, usavo la scusa che ero caduta.
“Devi stare più attenta”, mi disse e sembrava se la fosse bevuta, anche se non ne ero alquanto sicura.
Annuii e ci incamminammo nella foresta, che lui conosceva come il palmo della sua mano. Mi aveva detto di aver trovato una strada che conduceva alla spiaggia in poco tempo, così decidemmo di andarci. Una volta arrivati ci sedemmo sulla sabbia, uno accanto all’altra.
“Tra una settimana ci sposeremo… Onestamente ho paura”.
“E di cosa? Andrà tutto bene”, mi disse raccogliendo una ciocca dei miei capelli.
“Ho paura che non potrò più rivederti… Temo che Charles voglia trasferirsi la sera stessa del matrimonio”, dissi triste.
Lui mi baciò. “Andrà tutto bene vedrai. Ci saranno altre occasioni in cui potremo rivederci”. Si vedeva che nemmeno lui ci credeva molto. Solo in quel momento mi resi conto di volere almeno una cosa da lui: che continuasse quello che aveva interrotto giorni prima.
Lo baciai, facendolo cadere all’indietro per la sorpresa e dopo un iniziale momento di smarrimento ricambiò il bacio.
Lo stringevo e lo baciavo con tutta l’energia che avevo in corpo, come se fosse il mio unico modo di sfogarmi. Lui faceva lo stesso con me, baciandomi l’intero viso e il collo. A un certo punto sembrava volersi fermare, ma lo baciai, incitandolo a continuare. Purtroppo, nonostante tutto il mio impegno, non servì a nulla.
“No… Non possiamo…”, disse.
“Perché no? Non c’è nessuno che può vederci”.
“Non è per quello… Io… Non posso”, disse alzandosi e dandomi le spalle.
“Perché no? Hai forse paura? Oppure hai dei brutti ricordi legati a ciò?”.
“Questo no, sei tu che dovresti aver paura”.
Ridacchiai. “Ora verrai a dirmi che uccidi le donne con cui stai?”, dissi ironica.
“Potrebbe succedere”. Il suo tono serio mi fece preoccupare. “Se non mi controllo potrebbe benissimo succedere”.
In quel momento accadde una cosa che non saprei spiegare: un momento prima era davanti a me e un secondo dopo non c’era più e lo ritrovai dietro di me. Mi voltai e me lo trovai a pochi centimetri di distanza.
“Io sono pericoloso, non dovresti starmi vicino”, disse e poi si mosse, talmente veloce che a stento lo vidi.
“Come fai a correre così veloce?”. Iniziavo a sentire una lieve paura nascere dentro di me, ma cercavo di mantenere la calma.
Invece di rispondermi afferrò un tronco con le mani e lo spezzò in due come se fosse uno stuzzicadenti. Da dove veniva tutta quella forza?
“Come fai ad essere così forte?”, dissi indietreggiando istintivamente.
E in un lampo fu vicino a me. Mi prese la mano con la sua, fredda gelata. “Io non sono quello che sembro. Io sono un vampiro”.
Mi bloccai. Tutto intorno a me scomparve, solo una parola risuonava nella mia testa: vampiro. Lo era davvero? Beh, aveva la stessa velocità e la stessa forza oltre alle caratteristiche fisiche… Sì, lo era per davvero.
Indietreggiai e corsi via, la paura padrona del mio corpo, mentre cercavo invano di trattenere le lacrime.

(Carlisle)

Quando aveva scoperto la mia vera natura era fuggita. Esattamente come volevo che facesse. Non potevo vederla soffrire, sarebbe stata meglio lontana da me. Ma soprattutto non volevo che si facesse male per causa mia, come stava già succedendo.
Un altro temporale arrivò quella sera, mentre me ne stavo rintanato in studio, perso nei miei pensieri.
“Gliel’hai detto?”. La voce di Edward mi distolse dai miei pensieri.
“Sì. Credo che non ci rivedremo mai più, è scappata terrorizzata”.
Annuì. “Sei sicuro?”.
Stavolta fui io ad annuire, anche se dentro di me sentivo un dolore che non avevo mai provato prima, qualcosa di sconosciuto. “Quando hai creduto che Bella fosse morta cosa hai provato?”.
“Non so descriverlo… Una sensazione strana e dolorosa”. Non so per quale motivo, ma lui sorrise. “Ti manca non è vero?”.
Annuii. “È la cosa giusta”, dissi e uscii a caccia, dovevo distrarmi in qualche modo, prima che il mio corpo mi dicesse di tornare da lei.

(Esme)

Vampiro. Anche dopo una settimana quella parola continuava a rimbombarmi nella testa. Non avevo più rivisto Carlisle da quando mi aveva rivelato di non essere umano. Non perché avessi paura, ma perché semplicemente non ci riuscivo, c’era qualcosa che mi bloccava.
Il giorno del mio matrimonio il sole aveva deciso di onorarci con la sua presenza, distruggendo la mia speranza che lui venisse al matrimonio. Mia madre e Mary mi avevano truccato, pettinato e vestito come se fossi una bambola, a loro piacimento.
L’ansia che provavo, mista a una dose di paura, era una cosa che non avevo mai provato.
Il piano in giardino iniziò a suonare: feci un passo.

Note: nel dialogo in cui Carlisle chiede a Edward cosa ha provato quando ha perso Bella, mi sono appoggiata alla versione di Eclipse. Spero vi piaccia!
Baci AliceMiao

   
 
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