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Autore: Cristal_Lily    14/09/2016    5 recensioni
- Non andartene - Sephira guardò Anne negli occhi, facendo un passo verso di lei. Per la prima volta in tutta la sua vita sentiva che non poteva starsene immobile senza fare niente, non poteva lasciarla andare.
- Devo farlo. Non posso restare qui, lo sapete bene - il sussurro della giovane dai capelli color del fuoco era fioco, delicato. Eppure lei non poteva semplicemente lasciarla andare, no. E avrebbe usato tutte le sue carte affinché non accadesse.
- Te lo ordino. Resta qui con me - disse dura, irremovibile. Sapeva che lei lo odiava, ma sapeva anche che non poteva dirle di no. Lei era la principessa. Anzi, oramai era divenuta regina. Nessuno poteva più dirle di no.
- Non lo fare Sephira. Non dopo tutto quello che abbiamo passato. Per favore - sussurrò piano, supplicandola ma lei non avrebbe desistito.
- No. Resterai. Troverò un modo. Risolverò tutto io. Fidati di me - cercò di essere il più rassicurante possibile e, alla fine, la giovane annuì, ubbidiente. Sephira sorrise e si avvicinò, carezzandole la guancia. Si, lei avrebbe risolto tutto. Poteva starne certa.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Migliorarsi, partendo da te;


Sephira si sentiva particolarmente infastidita dalla presenza dell'uomo. La regnante forse stava esagerando eppure il fatto che lui rivolgesse tali attenzioni ad Anne non era un qualcosa che riusciva a sopportare.
Non sapeva cosa le stesse prendendo in realtà, l'unico desiderio che aveva in quel momento era di esiliarlo dal palazzo e dal proprio regno, rompendo così quell'impegno che l'avevano costretta a sottoscrivere con l'uomo. Non le piaceva, lei non si fidava di lui. Per quale motivo farlo, di grazia? Non la convinceva tutta quella gentilezza, quella cordialità che rivolgeva a chiunque lì a palazzo..
Certamente la regnante non aveva idea degli atteggiamenti comuni di quel regno confinante al loro con cui avrebbero stretto quell'alleanza, eppure Sephira poteva vantare di conoscere molto bene l'animo umano. Poteva affermare con certezza che nessuno del loro rango si comportava con cotanta gentilezza senza bramare qualcosa in cambio.
Lei stessa si comportava in tale modo con la serva. Per quale motivo intrattenersi con la fanciulla, se non desiderava un ritorno in cambio? Sephira non si vergognava ad affermare che la usasse, per il semplice gusto di passare le sue giornate in compagnia. Generalmente la regnante mal tollerava la presenza altrui, eppure la giovane riusciva a distrarla dalla sua vita, a farla sentire una persona quasi..differente. Inoltre doveva ammettere che la divertisse parecchio metterla in difficoltà. Era forse maligno da parte sua, eppure le piaceva quando era la vedeva titubante, pronta a ribellarsi eppure tanto piegata dalle regole da non ribellarsi ai suoi desideri.
No. In realtà Sphira si rendeva conto che quello non era completamente vero. Tal volta era capitato che, dopo le sue azioni scorrette agli occhi altrui, il suo animo fosse stato turbato dal senso di colpa. Era una menzogna dire che le piacesse mettere sempre in difficoltà la giovane ragazza. Difatti, nel momento in cui la regnante le aveva tolto quella ridicola maschera in pizzo e aveva notato che quelle magnifiche gemme erano gonfie, arrossate, tanto vicina all'orlo delle lacrime, aveva provato una forte repulsione per le sue azioni tanto scorrette.
Per la prima volta aveva capito di essere stata totalmente egoista nei confronti della giovane, mettendo come faceva sempre i propri bisogni di fronte a quelli altrui. Non era un comportamento da Principessa, eppure era nella sua indole egocentrica comportarsi in tale maniera. Alla fine, Sephira aveva abbandonato la stanza per quel motivo, senza proferire parola. L'aveva lasciata sola, affinché potesse proseguire con le sue pulizie.
La futura regina aveva deciso di uscire dalle mura del suo palazzo, sotto la pioggia, la mente lontana, persa nei pensieri. Le sarebbe piaciuto essere una donna diversa, molto più gentile e compassionevole come era sempre stata sua sorella Mangolia. Lei, quella sorella maggiore che era spirata fin troppo prematuramente per la sua età, era sempre stata la regina perfetta, la donna che tutti desideravano e quella che tutti compiangevano, ogni giorno, dopo la sua morte. Ogni giorni Sephira sentiva sussurri che rimpiangevano la meravigliosa governante dalla pelle ambrata e gli occhi verde smeraldo. Ancora tutti si domandavano come fosse potuto accadere, cosa le fosse accaduto per spirare così giovane. Si domandavano perchè fosse accaduto proprio a Magnolia. E Sephira sì, dentro al proprio cuore sapeva che tutti nel regno avrebbero preferito la sua morta a quella della sorella maggiore.
Del resto Sephira non era mai stata adatta per quel ruolo, tutti ne erano a conoscenza ma nessuno aveva il coraggio di ammetterlo a voce alta.
Era sempre stata una guerriera, fin dalla giovane età. La giovane era stata cresciuta per vincere la guerra, per combattere, non per governare un regno. I suoi genitori, quando l'avevano concepita, avevano decretato fin da subito che lei fosse tagliata per le armi, per il confronto corpo a corpo con il nemico. Per questo mai l'avevano spronata ad essere maggiormente diplomatica, a sacrificarsi per il proprio regno. O meglio, le avevano insegnato un tipo di sacrificio, come arrivare alla morte, pur di difendere il proprio popolo. E la giovane guerriera preferiva una valorosa morte in battaglia, piuttosto che doversi sposare con il saccente principe del regno di Pyos.
Quella responsabilità era un fardello a lei non indifferente, che le gravava sul capo, pronta a condannarla ad una vita che mai aveva desiderato. Era talmente presa da sé, era talmente egoista che Sephira era fermamente convinta del fatto che lei fosse l'unica a soffrire, testardamente certa che nessuno potesse trovarsi in una situazione peggiore della sua.
Eppure in quegli occhi aveva letto una tristezza che mai prima di allora aveva scorto negli altri. C'era il vuoto dentro la giovane serva, come se l'anima all'interno di quel corpo fosse stanca di lottare per sopravvivere, per continuare quella vita fatta da sacrifici. Per un istante Sephira aveva temuto che Anne fosse sull'orlo del baratro. E per lei era impossibile comprendere come potesse una giovane creatura come lei essere così devastata, così stanca da quella vita.
Cosa le nascondeva quella bellissima fanciulla? Sephira si era sempre immaginata una vita relativamente dignitosa per la ragazza, circondata da amore e armonia, fatta da una piacevole monotonia che a lei mancava. Ma vedendola in quello stato d'animo le veniva naturale domandarsi come fosse veramente la sua vita. La futura regina del regno del resto non aveva informazioni su di lei, non aveva mai indagato a fondo sulla vita della giovane, la conosceva solamente in quel contesto lavorativo. Per Sephira la giovane era semplicemente una ragazza gentile e silente, forse fin troppo legata a delle sciocche regole che la rendevano rigida, tanto da sconvolgerla perchè le aveva tolto quella maschera durante il sonno. Ma doveva esserci molto di più, legata, probabilmente, alla sfera familiare.
La Principessa, dunque, mentre lasciava che quel maltempo tanto odiato le rovinasse gli abiti, bagnata dalla forte pioggia che cadeva con sempre maggiore intensità, si era ripromessa di conoscere meglio la fanciulla dai capelli rossi. Si era ripromessa di trattarla in modo migliore, di essere maggiormente gentile solamente per farla stare meglio, sperando, quasi, di riuscire ad instaurare un vero rapporto con la più giovane. Voleva cercare di rendere felice almeno lei. Infondo Anne poteva ambire alla libertà che a lei era stata preclusa, per il bene del regno. Voleva..fare qualcosa per la serva. Per una volta, voleva essere una persona migliore. Forse quello era il primo passo che le avrebbe permesso di divenire una regnante migliore.
Sephira sentiva un forte desiderio di protezione nei confronti della ragazza oramai impressa nei suoi pensieri, voleva proteggerla da qualsiasi cosa che potesse arrecarle danno. Ecco perché non voleva che lui le si avvicinasse. Non voleva che lui le parlasse, che la traviasse. Oh, poteva immaginare che alla rossa potesse piacere l'idea di un mondo ove le serve fossero trattate in modo differente, ove la moda era molto più sobria, in cui le persone potessero parlare tranquillamente, senza soffermarsi sul ceto sociale. Ma, la domanda che sorgeva spontanea alla Principessa era: le cose erano realmente come lui le narrava? Aveva forse delle prove?
Agli occhi della regnante le parole di Thyeran potevano essere vere, come potevano essere una mera menzogna per far colpo agli occhi della serva. Chiaramente Anne bramava una vita differente, e forse la Principessa poteva capirla. Qual'era la donna che si poteva sentire appagata lavorando in quel mondo esagerato, fatto di sciocche regole non scritte, ove doveva lavorare per lunghe ore, rassettando camere a dir poco perfette? E da quel poco che aveva udito, lui le aveva narrato di come le cose fossero completamente differenti da lì, dalla moda all'atteggiamento che i nobili avevano nei confronti dei servitori. Ma la realtà era veramente quella?
Era semplice mentire quando il suo regno era tanto lontano e lui l'unico esponente presente all'interno del palazzo. Dunque sì, la Principessa non si fidava e non voleva in alcun modo che lui gli si facesse vicina, che la ingannasse. Voleva proteggerla, da qualsiasi cosa che potesse nuocere la sua salute. Sephira voleva che quella ragazza, per quanto poco, potesse essere felice. Dopo quel che aveva notato in quelle gemme dal colore dell'argento, desiderava solamente farla stare meglio, anche se molto probabilmente l'infelicità che provava era causata dalla Principessa stessa. Eppure non poteva farvi nulla, lei..era una persona difficile da capire, da comprendere. Lei pretendeva sempre, ma solamente perché non era abituata a mostrarsi in modo differente. Una guerriera, nel campo di battaglia, non era gentile, non poteva permettersi certe sciocchezze. Non era come il rampollo che aveva di fronte, privo di spina dorsale, che la guerra neppure sapeva cosa fosse. Lei era nata per difendere il proprio paese, non poteva semplicemente decidere di snaturarsi completamente solamente per cercare di migliorarsi come persona.
Aver visto assieme la sua serva e il principe che doveva sposare, l'aveva innervosita. Era per quello che l'aveva cacciata dalle proprie stanze in quel modo. Era rimasta delusa dall'atteggiamento della bella rossa, sembrava quasi lusingata dalle attenzioni del Principe e, anche se era rimasta silente, aveva visto una tranquillità che con lei non c'era mai stata.
In parte l'aveva sorpresa il fatto che Anne non avesse detto nulla, che non si fosse ribellata al suo ordine che le impartiva di andarsene. Non sapeva se per mancanza di coraggio o semplicemente perché fosse una situazione a lei scomoda, ma se ne era andata, lasciando i due soli.
La donna guardava l'erede dell'altro regno con aria di sfida, i loro petti tanto vicini, i loro visi alla stessa altezza in quanto la mora era sempre stata di alta statura, tanto da poter reggere il confronto con il biondino senza alcun problema.
Lui non sembrava intimorito in realtà, ed era un punto a favore che, sfortunatamente, la regnate doveva concedergli. Molti nella sua situazione si sarebbero semplicemente scusati, mortificati, sparendo probabilmente dalla vista, senza aggiungere altro. Lui no, non sembrava essere in difficoltà.
Lo credeva molto più codardo, più incline a nascondersi sotto le gonnelle proprio dell'esercito in quanto incapace di utilizzare una qualsiasi arma. Infondo era risaputo che tutti i nobili componenti del regno di Pyos erano molto più portati per l'economia ed il commercio. Non avevano un esercito forte, unito. Certo, avevano la possibilità di difendersi, ma era grazie a tutti i mercenari che erano stati costretti a reclutare per andare in supporto a quegli esseri deboli e totalmente incapaci che loro possedevano come soldati.
Ma l'assenza di un esercito equilibrato non era mai stato un loro punto debole. Grazie alle menti brillanti che comandavano Pyos, grazie alla loro innata capacità di fare affari con tutti i regni confinanti, il loro regno prosperava, al contrario di quello di Sephira che stava soffrendo. La giovane guerriera aveva preferito spendere il denaro per la guerra, affinché la città non crollasse di fronte all'arrivo della battaglia, ma ciò aveva portato il bilancio in una situazione critica, tanto che il popolo moriva di fame, e lei non aveva idea di come aiutarlo. Era per quello che stavano organizzando quel matrimonio, era per quello che la Principessa non poteva sottrarsi a quell'unione. Doveva farlo se non voleva ritrovarsi a capo di un popolo decadente, pronto alla ribellione.
- Sephira, per favore, non voglio alcuno scontro con voi. Sappiamo entrambi che non vi sfiderei mai ad un combattimento, soprattutto perché non sarebbe un inizio ideale per il nostro futuro accordo matrimoniale – in qualche modo Thyeran cercava di risolvere in modo pacifico quel loro scontro, ma non capiva che, se non si fosse fatto da parte, lei non si sarebbe arresa. Lei non avrebbe accettato tanto semplicemente una tregua: doveva capire con chi aveva a che fare in quanto presto sarebbero stati sposati. E, a tal proposito, se davvero fossero arrivati a quel passo, la regnante doveva mettere ben in chiaro che mai e poi mai avrebbe permesso all'uomo di avvicinarsi alla giovane dai capelli rossi come le lingue ardenti del fuoco.
- Allora non vi avvicinate più e non intrattenetevi più con la ragazza. Abbiamo una vastità di giovani fanciulle che possono intrattenervi con gioia. Scegliete una di loro e state alla larga da Anne – gli sibilò, in viso, lo sguardo truce. Non stava scherzando, non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi alla giovane. Certo, per quel che ne poteva sapere aveva già un uomo nella propria vita, che l'aspettava a casa, che l'amasse e che la facesse sentire la creatura più importante del mondo, come infondo meritava. Eppure non le interessava, non voleva che nessuno del palazzo le desse noia, che le procurasse ulteriori problemi. Bastavano quelli che le arrecava la regnante stessa. Era l'unica che poteva permettersi di vederla senza maschera, che potesse stuzzicarla, darle il tormento.
- Non sapevo di questo vostro interesse per la giovane. Vi piace parecchio dunque – il sorriso di lui la fece irrigidire e, con uno scatto, la Principessa indietreggiò e gli diede le spalle, così da non mostrargli quel lieve rossore che le aveva imporporato, per la prima volta forse in vita sua, le gote. Lei? Piacerle? No, non era quello. Lei non era interessata a quella bellissima donna solamente per un mero desiderio di possessione, come l'uomo chiaramente aveva inteso in quel momento.
- Nessun interesse, la dovete solamente lasciare stare. Se volete che questo matrimonio vada in porto ovviamente – era sulla difensiva, eppure non avrebbe demorso. Avrebbe continuato, non gli avrebbe mai permesso di averla. Si avvicinò alla finestra e, con un lieve imbarazzo, guardò ostentamene fuori dall'alta finestra, fingendosi particolarmente interessata alla pioggia che cadeva sul giardino del palazzo. Non voleva mostrare al Principe quel rossore che non riusciva a far sparire dal proprio volto.
- Non vi interessa, eppure siete pronta a portare alla rovina il regno purché io non mi avvicini a quella ragazza. Rifletteteci, perché se la vostra richiesta non mi è stata posta per gelosia o possessione nei confronti di Anne, non vedo il motivo per cui dovrei privarmi della sua piacevole compagnia. Buon pomeriggio – con quelle parole, l'uomo uscì dalla grande stanza riccamente arredata, lasciandola così sola, le labbra schiuse e la voglia di estrarre la propria spada per poterla far trapassare tra quelle carni inutili, odiose. Come osava?
Non gli piaceva, più il tempo passava e più Sophira mal tollerava il Principe e dubitava fortemente che quel matrimonio potesse andare in porto.
Forse ne doveva parlare con Alkator. Lui sicuramente avrebbe trovato una soluzione, l'avrebbe aiutata a ragionare, a capire se potersi veramente fidare di quell'uomo. Perché era inutile, Sephira, più il tempo passava, e meno si fidava del rampollo del regno attiguo al loro. Non le piaceva, aveva qualcosa di sospetto, che non la convinceva.
Scosse il capo e, senza pensarci, si cambiò frettolosamente, asciugandosi lievemente i capelli che, in parte, erano ancora umidi per via della pioggia che aveva preso poco prima.
Nessun vestito formale, nulla di troppo elaborato. Generalmente doveva curare il proprio aspetto per vagare per il palazzo, ma in quel momento non aveva né la voglia, né il tempo per porre attenzione sul cosa indossare. Del resto non voleva far altro che far visita al suo vice, al suo secondo in comando. Aveva bisogno di lui, Sephira sentiva la necessità che lui indagasse, che controllasse il passato dell'uomo che presto avrebbe dovuto sposare.
Si affrettò, tra i corridoi, evitando quelli maggiormente affollati dai nobili, muovendosi agilmente per le ali del palazzo meno frequentate. Quel palazzo era molto grande, tanto che c'erano passaggi utilizzati solamente di rado, vuoti, ove vi si poteva incontrare solamente le serve intente a spolverare i soprammobili. Le serve erano le uniche che mai avrebbe potuto evitare: dovendo tenere tutto in perfetto ordine per rispettare i canoni imposti da chissà chi lì dentro, le si trovava in ogni stanza della reggia. Ma oramai si era abituata alla loro costante presenza, tanto che molto spesso non si accorgeva neppure di passare accanto ad una di quelle fanciulle.
Quando la regnante entrò finalmente nell'ufficio del suo vice, non bussò, né si presentò. L'uomo, in realtà, era abituato ai modi bruschi della Principessa. Quando infatti la regnante aveva fatto il suo inatteso ingresso, non era rimasto basito da quel suo comportamento così poco signorile. Al contrario, era certa che il giorno in cui
i suoi comportamenti si fossero resi più malleabili, maggiormente delicati, portandola a comportandosi come una di quelle madamigelle da compagnia, avrebbe temuto il peggio.
- Dobbiamo parlare – disse, brusca, avvicinandosi alla scrivania in legno chiaro, appoggiando le lunghe ed affusolate dita sulla superficie pregiata ricoperta di carte e documenti reali.
Alkator passava gran parte del suo tempo all'interno di quell'angusta stanza che Sephira trovava soffocante, sempre sommerso da molteplici documenti dall'aspetto importante. Non era un lavoro per un guerriero tanto dotato come lui, e molto spesso la regnante lo aveva udito lamentarsi che preferiva di gran lunga la battaglia con le tenebrose creature oscure pur di restare relegato a vita all'interno di quella stanza soffocante.
Se non fosse stato per quella piccola finestra alle sue spalle che lo collegava al mondo esterno, probabilmente l'uomo sarebbe totalmente impazzito.
Eppure era quello il lavoro che ora doveva compiere, Sephira non poteva farvi nulla. Forse, avrebbe potuto alleggerire il peso che portava sulle spalle, aiutandolo a compilare la maggior parte di quei documenti di cui chiaramente doveva occuparsi lei, eppure non era in grado di assumersene la responsabilità. Sephira non faceva altro che delegare, nella speranza che, un miracolo, la salvasse da quel destino che oramai odiava. Lei non voleva divenire regina, eppure...sapeva che quella sarebbe stata la sua strada, e che presto o tardi, avrebbe dovuto essere incoronata, e prendere così definitivamente il posto di sua sorella.
- Dimmi, cosa ti turba quest'oggi Sephira? - le chiese, bonariamente, appoggiando l'elegante piuma che teneva tra le dita, il capo inclinato, osservandola con attenzione. Lui la conosceva meglio di chiunque altro, all'uomo bastava un istante per capire che la regnante era particolarmente stressata e che aveva bisogno di un favore.
- Devi indagare ancora su Thyeran. Voglio sapere tutto quello che riguarda lui e Pyos, il suo regno. Voglio sapere gli usi del suo regno, comprendere come viene governato il suo palazzo. Voglio sapere le sue fantasie più recondite: tutto. Voglio sapere con chi abbiamo a che fare. Non mi fido, e più si mostra così...disgustosamente cordiale e gentile, e meno mi fido. Ci nasconde qualcosa – disse, sicura delle proprie parole, convinta che il suo vice l'avrebbe seguita, come del resto aveva sempre fatto, pronto a sostenerla, in qualsiasi situazione.
Lo guardava, i lunghi capelli raccolti che le scivolavano di lato, sulla spalla sinistra, mentre le dita picchiettavano, incessantemente, su quel tavolo pregiato. In quel momento aveva bisogno di dar sfogo alla sua rabbia: Sephira provava il forte desiderio di uscire per potersi allenare o, in alternativa, trovare qualche malfamato individuo da poter stendere e rinchiudere nelle prigioni.
- Ancora? Sai che abbiamo indagato, altrimenti mai te lo avremmo proposto. Credi che sia il primo rampollo che ci è capitato tre le mani? Ne abbiamo esaminati centinaia, e alla fine lui era il partito migliore. - non vi era cattiveria nella sua voce, Alkator, come sempre, le rivolgeva un grande rispetto. Eppure la donna capiva, dalla sua voce, che non comprendeva a pieno il suo bisogno di ulteriori indagini. - Dammi una buona motivazione per questa tua richiesta, perchè vuoi che le spie tornino laggiù per continuare ad indagare? - chiese, sull'attenti, pronto ad ascoltarla, e a supportarla, se le motivazioni fossero state valide. Sephira sbuffò, pesantemente, senza però proferire parola. La regnante era consapevole che, se fosse entrata nel dettaglio, l'uomo non avrebbe compreso. Certo, la conosceva, ma non così a fondo. Lei stessa non era in grado di comprendere il suo morboso desiderio di tenere quell'uomo lontano da Anne, non sapeva come potergli riferire quel suo stato d'animo. Ne provava imbarazzo ma non era certa di come potergli spiegargli le sue motivazioni senza che ci fossero ulteriori fraintendimenti. Inoltre era riservata, per l'uomo non doveva essere importante il perchè, ma semplicemente che lei voleva nuove indagini.
Si rifiutava di dirglielo.
Eppure lui sembrava aver intuito qualcosa, aveva notato nel proprio sguardo quella titubanza nel volersi confidare, cosa che mai, prima d'ora, era accaduta.
- Ti prego, dimmi che non centra quella serva tanto discussa negli ultimi giorni e che sta facendo impazzire tutti nel palazzo. Dimmi che non sei mossa da un'assurda gelosia nei confronti di quella ragazza dai capelli rossi - Sephira scattò, immediatamente, ritirandosi da quella piccola scrivania, neppure se quelle parole l'avessero colpita, come uno schiaffo in pieno viso. Incrociò le braccia al petto, e, mantenendo quel silenzio che avrebbe fatto impazzire Alkator, iniziò a camminare nervosamente per la stanza, il rumore dei tacchi degli stivali che riecheggiava nello studio del bell'uomo.
Sephira non riusciva a guardarlo negli occhi, non riusciva a fermare quella camminata, lo sguardo che rifuggiva in ogni direzione per poter evitare gli occhi penetranti dell'uomo a lei tanto caro. Sentiva quelle gemme celesti perforarle la schiena, attendendo semplicemente che la Principessa trovasse il coraggio di parlare.
- La motivazione non deve essere di tuo interesse Voglio ulteriori indagini. E' un ordine della tua futura regina – gli impose tagliente, fermandosi, senza guardarlo ancora. Lei era la Principessa, non era tenuta ad esporre le proprie motivazioni .Quel che lei chiedeva, doveva essere solamente eseguito, senza tentennamenti.
- Sephira... - quel sussurro, appena accennato, quella voce bassa e imponente che in una supplica le chiedeva di aprirsi, di sfogarsi, la fece voltare e, nel momento esatto in cui la guerriera notò l'apprensione nel volto del suo compagno, si sciolse appena, abbandonando quella maschera di rabbia e cocciutaggine che aveva eretto per tenerlo lontano da quell'ammasso confuso quale erano i suoi sentimenti.
Piano si appoggiò al muro, lo sguardo appena spento, le braccia abbandonate lungo il corpo. Lo sconforto stava prendendo il possesso del suo corpo, tutto quello la stava destabilizzando ed era certa che le sarebbe bastato poco per esplodere.
- Fallo e basta, ti chiedo solo questo. Devo sposarlo, non posso farlo se non sono sicura al cento per cento di chi sia. Voglio capire con chi ho a che fare, non riesco a credere che sia davvero così – nonostante tutto, c'era sincerità in quelle parole, in quella richiesta che gli aveva fatto. Non era l'unica motivazione che la spingeva a chiedergli tutto ciò, però lo richiedeva anche per quello.
Sephira non aveva la forza di sposare quell'uomo se non avesse saputo tutto su di lui. Sapeva perfettamente che, se dalle indagini fosse emerso qualcosa di sospetto in lui, comunque avrebbe dovuto renderlo il proprio compagno ma, almeno, lo avrebbe tenuto maggiormente sotto controllo. Avrebbe saputo come rapportarsi veramente a lui.
- Va bene. Farò quest'ultima indagine, per te. Poi basta - la Principessa annuì e, semplicemente, si voltò, pronta a tornare in camera sua, esausta. - Sai che se potessi ti libererei da quest'incombenza. Sai che se fosse nelle mie capacità io... - Sephira non gli permise di continuare. Alzò appena la mano, e, voltando il capo, gli rivolse un lieve sorriso. - Lo so. Grazie – replicò, prima di chiudersi la porta alle spalle.

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Quella ragazza aveva qualcosa di speciale. La giovane dalla pelle diafana e i capelli dal colore del fiore del fuoco aveva un potere recondito, nascosto dentro di sé, che il principe voleva carpire così da poterlo utilizzare a proprio vantaggio.
Lo sentiva. Non era un grande esperto di magia, del resto non gli era mai stato possibile approfondire i propri studi per quel che riguardava le arti occulte: nel suo regno erano pochi che possedevano quella dote naturale che li rendeva speciali, unici. Ed erano ben nascosti, attenti quasi a non farsi scoprire. Temevano di essere studiati, come cavie, ingabbiati in qualche oscuro sotterraneo sino alla fine dei loro giorni. Ed avevano ragione a temere una cosa simile.
Il principe, in realtà, non era arrivato per caso in quelle terre. Era arrivato appositamente da Pyos in quella terra desolata, devastata dalle guerra e resa grigia dalle piogge e, quando era giunto di fronte al palazzo della Principessa Sephira, si era calato nella parte, fingendo di essere arrivato lì per mera coincidenza. No, lui era arrivato lì solamente per un motivo: conoscere meglio la sua futura sposa.
La conosceva solamente grazie alla sua grande fama di guerriera, ed aveva accettato quel matrimonio combinato solamente perchè poteva essergli utile, un giorno. Ancora non sapeva come, ma lui non lasciava mai nulla al caso.
Eppure, quando era arrivato in quel palazzo popolato da creature vestite come i peggiori pagliacci di corte, tanto superficiali da non rendersi conto che la loro via fosse futile, inutile, era convinto che mai avrebbe trovato qualcuno da poter essere definito interessante, tanto da poter accendere la sua curiosità.
Ammetteva che Sephira fosse bellissima, i racconti che aveva sentito sulla bellezza peculiare della regnante del popolo caduto oramai in disgrazia erano veri.
I lunghi capelli scuri creavano un interessante contrasto con la pelle chiara, diafana, e quegli occhi, che nel proprio regno erano presagio di morte e distruzione, donavano alla donna un tocco mistico che lui apprezzava sempre.
Thyeran subito si era reso conto che non fosse semplice trattare con la Principessa: fin da subito aveva compreso che si trovava di fronte ad una donna forte, per nulla lieta di doversi sposare con quello che trovava uno straniero arrivato per distruggerle l'esistenza. Eppure era certo che, con la giusta pazienza, alla fine l'avrebbe fatta ricredere.
In quelli che erano i suoi piani, però, non credeva possibile incontrare quella ragazza dai capelli rossi, dal carattere introverso, eppure con il potere di rendere quasi succube la sua futura moglie. Sephira sembrava stregata dalla giovane, totalmente divorata dal desiderio di possessione nei confronti della giovane bellezza che conosceva appena. Thyeran poteva in realtà comprendere la futura Regina, era cristallino il motivo per cui la donna sembrava succube della serva. L'aspetto della giovane Anne era delizioso, tanto da ricordargli quei frutti che crescevano rigogliosi nelle proprie terre, succulenti eppure tanto rari che li si poteva raccogliere solamente ogni mille lune.
Non era invadente come tutte le serve che adornavano quel palazzo, fastidiose come quella pioggia che non avrebbe dato tregua al paese per un mese abbondante.
Era rispettosa, sapeva quale fosse il suo posto, e quasi sembrava a disagio quando qualcuno tentava di mettere in evidenza la sua persona. Gli piaceva. Aveva un fascino a lui sconosciuto che gli faceva quasi sospettare che, in quella giovane fanciulla, ci fosse molto più di quel che mostrava.
Voleva, anzi, doveva parlarci ancora. Non poteva accettare semplicemente l'ordine della regnante di quel paese, non aveva intenzione di tenersi lontano solamente perché Sephira glielo aveva imposto. Eppure sapeva che doveva trovare un modo per poter stare con lei, senza essere notato troppo. Non voleva mettere in pericolo il loro matrimonio per una serva che poteva rivelarsi bella quanto inutile.
Stava camminando per i corridoi di quel palazzo, la mente lontana, eppure le orecchie ben tese, pronto a captare ogni segreto di quella terra, quando avvertì due sussurri bassi, provenienti da una stanza poco distante.
Si fermò, immediatamente, appoggiandosi alla parete, le braccia conserte mentre, con nonchalance, carpiva la discussione che stava avvenendo tra quelli che sembravano due uomini, chiusi, o meglio, nascosti nella stanza.
- Chi hai scelto, dunque, per questa notte? - chiese, uno dei due, la voce carica di malizia e curiosità.
- Oh, c'è una servetta nuova, dai capelli biondi e dalle curve abbondanti. Dirò a Ryasmond che questa notte voglio lei – incuriosito dall'argomento, il Principe, entrò senza annunciarsi nella stanza meravigliosamente ammobiliata, zittendo immediatamente i due uomini vestiti in modo ridicolo, dai colori fin troppo vivaci per essere ritenuti di buon gusto. Si domandava come potessero non provare vergogna per quelle vesti e per quelle capigliature che avrebbero fatto perdere la libido anche alla donna più seducente del paese.
- Scusate il disturbo, spero di non interrompere nulla – si mostrò immediatamente sorpreso di incontrare i due nobili nella stanza e, con un cenno di scuse, si finse mortificato per l'interruzione. Ma del resto, se voleva capire meglio quel che quei due stavano disquisendo, in qualche modo doveva entrare nel discorso.
- Vostra grazia, è un onore – con una riverenza, si piegarono entrambi per un istante, prima di avvicinarsi, viscidi come pochi.
- Sapete, mi duole ammettere di aver avvertito le vostre parole, dietro quella porta. Stavo passeggiando, quando casualmente vi ho sentiti parlare di.. - si interruppe, facendo loro capire che, chiaramente, aveva udito i loro discorsi e, incuriosito, bramava conoscere l'argomento discusso in quella stanza in penombra.
Il Principe non si domandò per quale motivo le tendere di un intenso porpora fossero chiuse, come non si domandò per quale motivo quella stanza fosse stata chiusa. Aveva quasi notato un'avversione per le porte all'interno della grande reggia: erano poche le stanze che permettevano della privacy, all'interno del castello.
I due uomini si guardarono, a vicenda, silenzi, prima di richiudere la porta alle sue spalle. Gli fecero un lieve cenno, invitandolo a sedersi con loro sul grande divano che, aveva un colore simile al pesante tendaggio. Solo un lume, situato al centro di un piccolo tavolino posto accanto al soffice sofà, illuminava la stanza, creando inquietanti ombre tutto attorno a loro.
- Oh, non potremmo parlarne, però siamo sicuri che voi siete un ottimo intenditore, giusto? - con aria complice, i due si guardarono con quegli occhietti piccoli e privi di vita, iniziando immediatamente a ridere sguaiatamente, facendo sorridere appena il Principe che, con molta diplomazia, si fingeva interessato.
- Vedete, qui a palazzo ci sono regole molto rigide. Le serve non possono essere toccate, quando lavorano. Sarebbe sconveniente – l'uomo che stava disquisendo, dalla voce bassa, resa roca dai fumi che introducevano nel loro corpo, alzò appena gli occhi al cielo chiaramente in disaccordo con quella politica. - Ma, per chi è interessato, la sera alla fine del loro turno, ha la possibilità di richiederne una per..passare qualche piacevole ora. - il sorriso che allargò il viso quadrato del primo uomo, vestito di un blu acceso che lo rendeva ancor più paffuto di quanto già non fosse, disgustò Thyeran a tal punto che, in un primo momento, aveva avuto l'impulso di alzarsi ed uscire dalla stanza, così da liberarsi dal fetore che i due emanavano. Però, le sue parole, si rivelarono interessanti; tanto che decise di resistere così da poter continuare ad indagare.
- Qualsiasi serva? - chiese, soltanto, incuriosito dall'argomento. Se quelle parole erano veritiere, se poteva avere davvero la possibilità di domandare qualsiasi fanciulla tra la cerchia delle serve del palazzo, avrebbe potuto chiedere, o meglio, pretendere proprio lei, l'oggetto del suo interesse, per studiarla, lontano da occhi indiscreti. Dubitava infondo che qualcuno gli avrebbe negato quel desiderio, era il futuro re di quel popolo, perchè rifiutare tale proposta?
- Certamente. E potete farci tutto quel che desiderate, loro non dicono mai di no – aggiunse libidinosamente l'uomo più magro, le vesti tinte di un verde tanto invasivo da risultare quasi accecante anche nella penombra della stanza. I due uomini, convinti di aver la complicità di Thyeran, gli fecero l'occhiolino, un ghigno disgustoso sul volto.
Non aveva idea di come venissero gestite le cose lì dentro, come non aveva idea se la Principessa avesse idea di quell'usanza che, in realtà, in una situazione differente non avrebbe approvato. Trovava tutto ciò rivoltante, soprattutto quei due uomini che, chiaramente, usufruivano di quel servizio più volte. Eppure il principe rivolse loro un placido sorriso, e, con una lieve riverenza, si congedò, senza proferire parola, pensieroso. Camminava ora nuovamente per i lunghi corridoi finemente arredati di quel palazzo, un piano che lentamente stava prendendo forma nella propria testa.
Forse poteva ottenere quel che desiderava, e la soluzione, era lì, a portata di mano.
 

* * * 

Ed eccomi qui! Vi avevo detto che non avevo intenzione di sparire a lungo. Sì, l'ora, almeno per me, è indecente ma ho finito adesso la revisione.
Spero in realtà che vada tutto bene in quanto sono esausta e oramai mi si incrociano gli occhi, dunque se c'è qualche errore scusatemi immensamente ma volevo pubblicare il capitolo. Del resto è pronto da ieri, ed era praticamente già finito domenica sera, ma mi sono presa il tempo per rileggerlo. Ho aggiunto tanto e spero di non aver fatto qualche malanno. Oh, e scusate se è tremendamente lungo, me ne sono accorta solo ora in fase di pubblicazione.
Bene, qui ho voluto aggiungere, per la prima – e chissà, l'ultima volta? O forse no? - il punto di vista anche del principe. Il motivo? Beh, spero che sia chiaro.
Ma parliamo prima di Sephira. Chiaramente è gelosa. Non sopporta che il Principe dedichi tante attenzioni ad Anne, ed è molto infastidita che lei sembri apprezzare. E sospetta di lui. Crede che ci sia qualcosa di marcio in lui e nel suo regno.
E' in crisi perchè chiaramente non è da lei comportarsi così, e non sa come rapportarsi ad Anne in quanto è abituata a sentirsi al centro dell'attenzione.
Inoltre c'è il Principe, non è esattamente la persona gentile che vuole far credere a tutti. Ed è interessato a sua volta ad Anne, ma per motivazioni ben diverse da Sephira.
Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre sono ben lieti i vostri commenti =)
P.s: voglio ringraziarvi ancora perchè, dopo un anno, siete ancora qui, a leggere la mia storia nonostante sia una disgraziata che vi ha fatto attendere a lungo. Non sapete quanto è stato bello leggere le vostre recensioni e ammetto che in parte ho cercato di pubblicare il più velocemente possibile anche per questo. Ora dovrò rallentare perchè, per chi lo sa, ho altre due storie ferme a cui vorrei dedicare un capitolo ma prometto che non sparisco! A presto e buona notte a tutti!

  
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