Anima
Ero
scossa. Dopo
che il dolore svanì rimasi ancora per qualche minuto,
immobile, inginocchiata.
Respiravo a fatica, tremando senza controllo, cercando vanamente di
calmarmi.
Dopodiché, contai fino a dieci e mi sollevai piano, senza
staccare gli occhi dalla radura che mi stava di fronte: sentivo il
sudore
scorrermi sulla schiena, ma non m’importava. Avrei tanto
voluto capire cosa mi
stesse succedendo, invece.
Rientrai in casa e, nonostante avrei voluto sbattere la
porta, alzare la voce, forse urlare, feci il più piano
possibile per non
attirare attenzione su di me; però, arrivata sulle scale,
l’impulso di correre
fu più forte del resto, e mi ritrovai in camera, che era
accogliente, ma in
quel momento così estranea.
Mi gettai sul letto e lì rimasi, i capelli sparpagliati
dappertutto, le braccia accanto alla testa, il petto che si alzava e si
abbassava regolarmente, nonostante i dubbi e le domande che mi si
agitavano
dentro. Non capivo, e questo aveva il potere di frustrarmi
più del resto.
«Calma, Nessie», mormorai a mezza voce.
«Ragioniamoci su.
Cosa hai provato?»
Mi sollevai di scatto, e in un balzo piuttosto goffo – per
poco non mi storcevo una caviglia – fui accanto alla
scrivania, presi un
foglio, stappai con forza una penna e cominciai a scrivere di getto.
Step 1: Esco fuori.
Step 2: Respiro. Sono piuttosto serena.
Step 3: Le foglie cominciano a muoversi. L’aria si ferma.
Step 4: Non riesco a respirare. Fitte violente.
Sotto aggiunsi:
C’è da capire se:
- prima di uscire faccio pensieri negativi;
- esco sempre in alcuni determinati momenti della giornata;
- tutto ciò è casuale.
D’un tratto la porta
che si apriva di scatto mi
riscosse da quelle congetture, facendomi sobbalzare. La penna mi cadde
dalle
mani e colpì con un tonfo sordo il legno della scrivania.
«Allora, pupa, si va?» la voce allegra di Jake
risuonò
limpida nella stanza, ma ero ancora troppo tesa e spaventata, e non
riuscii a
sorridere.
«Ness…?» la sua voce e la sua
espressione facciale erano
il ritratto dell’incertezza, e l’assenza di
spiegazioni lo fece leggermente
innervosire. «Va tutto bene, piccola?» mi chiese
con dolcezza, inginocchiandosi
accanto a me e prendendomi la mano.
Scossi la testa lentamente. «Non lo so neanche io»,
sussurrai.
Il suo sguardo cadde sul foglio, e i suoi occhi percorsero
velocemente la mia grafia rotonda. Non sorrideva più, aveva
assunto
un’espressione compunta e preoccupata. Lo guardai con affetto.
Si schiarì la voce e cominciò a parlare, incerto.
«Questa
è la stessa cosa che mi dicevi…»
bisbigliò. «Alcuni giorni fa, intendo».
Annuii. Lo vidi arrossire, e sulle prime non capii il
perché.
«Non sapevo che fosse così grave,»
mormorò.
«Non è grave, Jake» risposi, cercando di
non far trapelare
il sarcasmo dalla mia voce «però è
esattamente come te l’ho raccontato».
«Lo so» ribatté lui piano, evitando il
mio sguardo.
Gli sollevai il viso con una mano. «Non sentirti in colpa,
dai» sorrisi lievemente «non potevi
saperlo».
Non rispose e picchiettò lievemente sull’ultima
parte del
foglio: «Cerca di capire meglio questi tre punti, eh? Se
accade per caso o c’è
davvero una spiegazione».
«Non mancherò» risposi stancamente. Era
ovvio che una
spiegazione c’era, e anche plausibile. La mia frustrazione
derivava dal fatto
che ancora non era in mio possesso, e ciò mi sconcertava e
spaventava insieme.
«Allora,
andiamo?»
chiese nervosamente, grattandosi lievemente il capo.
Alzai lo sguardo verso di lui. «No,» sussurrai.
«Scusami,
Jake, oggi non me la sento».
«Nessie, sono due settimane che non andiamo a
caccia»
protestò lui impaziente, «potresti sentirti
male».
«Una settimana e due giorni» precisai stancamente,
«e
comunque non mi sentirò male, davvero. Tra meno di un mese
è il mio compleanno,
potrò resistere…»
«Nessie, ti prego…» supplicò
Jacob «non costringermi a
portarti fuori. Magari ci andiamo a fare una passeggiata, non
cacciamo… ma
almeno esci, respira un po’…»
Sorrisi lievemente, scuotendo i riccioli bronzei. «No,
Jake» mormorai tranquillamente.
Sbuffò, ma il suo sguardo si era intristito. «E va
bene…
cosa dico ai tuoi?»
«Assolutamente niente» risposi, leggermente agitata
«non
sanno nulla e per il momento non voglio che vengano a conoscenza di
qualcosa».
Era già sulla porta, l’espressione stizzita che
tentava di
mascherare. Mi lanciò uno sguardo ironico, alzando i
sopraccigli. «Come se non
lo sapessero già», soffiò.
Non me ne curai. Dopotutto avrebbe sbollito molto presto
la stizza che provava, ne ero certa.
No… il problema era un altro. Nello stesso momento in cui
la porta si richiudeva dietro Jake, mi resi conto che stavo, per una
volta
buona, scegliendo io. Quel giorno mi sentivo stanca, e a dir la
verità anche
leggermente triste, ma questo non importava. Ora importava solo la
sensazione
di stare diventando grande, che mi pervadeva interamente, irradiava il
mio
petto e la mia anima, riscaldandomi. Tra meno di un mese, pensai,
trionfante,
potrò davvero scegliere io della mia
vita.
Già, la mia vita…
Quello che non mi era ancora chiaro, però, in tutto quel
turbinìo di sensazioni che provavo, era la questione
dell’immortalità. Davvero ero
pronta a vivere per sempre? E se questa eterna esistenza fosse stata
piatta e
monotona? Se mi fosse scivolata tra le dita come acqua, senza emozioni
particolari?
Prima di divenire immortale avrei voluto vivere qualcosa
di emozionante. Ecco il motivo di tutta quell’inquietudine.
Ma, almeno quel
giorno, ero venuta a capo di qualcosa, ero stata in grado di guardarmi
dentro e
capirmi un po’ di più. Questo mi
rasserenò, e mi stiracchiai contenta sulla
sedia.
Con Jake avrei chiarito più tardi.
Aggiorno
in ritardissimo XD
ma l’ispirazione è tornata, più viva
che mai! *_*
Spero vi piaccia questo secondo capitolo, mi scuso davvero tanto, ma cercherò da ora in poi di postare regolarmente :)
Ringrazio Padfoot_07 per la recensione, spero tu mi voglia seguire ancora XD e chi mi ha letto o semplicemente aggiunto nei preferiti! ^^
A presto,
chronophoenix