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Autore: babyluna    16/09/2016    1 recensioni
"Dammi un solo motivo per cui, ora, non dovrei essere qui.
Solo uno, e giuro che ti lascerò sola, se è quello che vuoi.
Ma se non hai motivo, allora sappi che resterò qui e non me ne andrò mai più."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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DUE MESI DOPO

.

.

 

“Sono usciti bene, quegli uccellini.”
 

Hermione si voltò di scatto: dietro di lei c'era Ron, che la fissava con uno sguardo dolce. Hermione sorrise.
 

“Hai intenzione di scendere a fare colazione?” le chiese, sedendosi per terra di fianco a lei.
 

Hermione guardò per qualche secondo gli uccellini che cinguettavano tranquilli sullo schienale del divano, poi si girò verso di lui, trovandolo più vicino di quanto si aspettasse.
 

“Sì... Ora vengo. Dammi solo un secondo per capire come farli sparire.”


Ron ridacchiò e le passò il libro di incantesimi.


“Fa' pure.”


Hermione lo sfogliò febbrilmente, pagina per pagina, e circa verso la fine lo chiuse di scatto facendoselo cadere sulle ginocchia.


Deleo.”


I canarini sparirono immediatamente in un turbinio di piume color crema. Hermione ripose con cura la bacchetta nella tasca della felpa e porse una mano a Ron, aiutandolo ad alzarsi da terra.

Quando anche lui fu in piedi, le diede un bacio sulla testa e avvolgendole un braccio attorno alle spalle entrò assieme a lei nel buco del ritratto.

 

Il passaggio era stretto.

La mano di Ron sulla spalla le faceva caldo, stringeva troppo. I suoi occhi si spalancarono cercando di distinguere qualcosa nella penombra del tunnel. Poteva sentire il respiro di Ron, vicino, troppo vicino. Con uno strattone si divincolò dalla sua presa, poi si affrettò per uscire subito dal passaggio.

Oltrepassò il quadro e trasse un sospiro di sollievo, respirando l'aria più fresca del corridoio. Ron la raggiunse e le si affiancò nuovamente, con un'espressione incredula, ma non osò dire niente.

Non si poteva dire nulla a Hermione, ultimamente.

Proseguirono per le scale che conducevano alla Sala Grande, seguendo il vociare sommesso dei ragazzi che facevano colazione godendosi la domenica.

Questa volta, però, non le cinse le spalle.

 

 

                                                                                                                                                  *

 

Al tavolo di Grifondoro, Harry si rigirava lentamente la forchetta fra le dita. Osservava i riflessi sul metallo prodotti dalla luce del cielo, che quel giorno era di un celeste pallido e senza nuvole. Ci mise qualche secondo ad accorgersi che Neville si era interrotto a metà della sua ciotola di porridge e lo stava fissando preoccupato.

Quando lo vide, si riscosse e si affrettò a infilarsi in bocca qualche pezzo di uovo e pancetta, ingoiando il tutto senza percepire alcun sapore.

Accanto a lui, Ginny chiacchierava amabilmente con Calì Patil, seduta di fronte a lei.

La ragazza le stava raccontando di come sua sorella Padma fosse riuscita a passare l'esame di ammissione a Beauxbatons, dopo che i genitori avevano praticamente obbligato le figlie a cambiare scuola, considerando Hogwarts non più sicura come un tempo.

Ginny sorrideva di rimando e ogni tanto annuiva; ogni volta che muoveva la testa, i suoi capelli lisci e rossi si agitavano come piccole fiamme, attirando lo sguardo di Harry.

 

“E tu come mai invece sei rimasta a Hogwarts?” chiese Ginny in quel momento.

 

Harry cercò di seguire pigramente la risposta, ma trovò decisamente più interessante restare a guardare i capelli di Ginny. Quando si accorse che la conversazione era finita, prese Ginny per i fianchi e, ignorando le sue proteste, la fece sedere sulle sue gambe, mentre la ragazza rideva.

 

“Davanti a tutti?” gli sussurrò, sfiorandogli una guancia.

 

“Non mi importa” rispose lui, posandole un bacio a fior di labbra.

 

Ginny mise una mano nei suoi capelli, mentre con l'altra gli tracciava distrattamente piccoli cerchi sul collo.

Harry affondò il viso nello spazio fra il mento e la clavicola, inspirando quel profumo di fiori che lo inebriava e gli ricordava i lunghi pomeriggi distesi sul prato alla Tana, quell'estate.

Non credeva di avere mai trascorso momenti migliori.

Stare con lei, semplicemente con lei, era qualcosa di indescrivibile. Poteva sentire la sua gioia infantile entrargli dentro e riscaldarlo con lo stesso effetto di un Patronus, quando lei rideva come una bambina chiedendosi a cosa assomigliasse questa o quella nuvola.

E i giorni alla Tana passavano così, come bolle di sapone, lui e Ginny liberi di stare insieme senza un limite, mentre Ron e Hermione...

Hermione.

Il viso della ragazza lo riscosse dai pensieri.

 

“Buongiorno” le disse Ginny, scendendo dalle gambe di Harry e facendole spazio fra loro.

“ 'Giorno”, rispose Hermione con un debole sorriso.

Harry la scrutò per qualche secondo, poi tornò al piatto che qualche minuto prima aveva abbandonato.

Aveva delle ombre scure sotto gli occhi, pensò, che fino a qualche settimana prima non c'erano. I suoi capelli corti ricadevano sciupati in ciocche disordinate. Non si era ancora abituato del tutto al suo nuovo aspetto. Perché, inutile negarlo, la guerra l'aveva cambiata. Le aveva tolto quel luccichio dagli occhi che l'aveva sempre distinta, rendendoli uguali a tutti gli altri.

E quella mattina, gli sembrò ancora più stanca del solito. Si girò nuovamente verso di lei, deciso a dirle qualcosa, ma in quel preciso momento Ron li raggiunse e si sedette accanto ad Harry, impedendogli di parlare con Hermione.

 

Lo avrebbe fatto più tardi, in Sala comune, quando sarebbero stati soli; non se la sentiva di parlarle davanti a Ron, non voleva preoccuparlo più di quanto già lo fosse, perché ovviamente se ne era accorto anche lui. La sera, quando Hermione e Ron stavano abbracciati sulla grossa poltrona di pelle vicino al fuoco, Harry riusciva a vedere che Hermione tremava. Era quasi impercettibile, ma le sue spalle ogni tanto erano attraversate da un fremito, e come per scacciare un brutto pensiero la ragazza si stringeva più forte a Ron, tenendo gli occhi chiusi. Harry non capiva. Sebbene avesse tentato spesso ultimamente di parlare con Hermione, lei trovava sempre il modo di rigirare il discorso o di svicolare, così che in un modo o nell'altro riusciva ad evitare le insistenti domande dell'amico. Non ci sarebbe riuscita ancora per molto, pensò Harry.

 

Il braccio di Ron lo oltrepassò per servirsi da un piatto di pasticcini. Il vassoio era lontano, e per sbaglio, mentre ne afferrava uno, ne fece cadere alcuni, che rotolarono sul tavolo e caddero con piccoli tonfi sordi sulla gonna di Hermione.

 

“Oh no, Hermione, scusa!”

 

Ron si alzò e, con la bacchetta puntata verso di lei, tentò un “Tergeo” che non riscosse molto successo. La ragazza nel frattempo si era spostata lentamente dal tavolo e aveva stretto le labbra; poi, con pazienza, si era messa con la bacchetta a pulire le macchie di cioccolato sulla gonna, ignorando il tentativo di Ron. Lui rimase lì in piedi, senza sapere bene cosa fare; quando si rese conto che era perfettamente inutile stare a fissarla, si risedette al suo posto e si servì del porridge, rosso in faccia. Ginny lo guardava turbata da dietro la spalla di Harry.

 

Lui si girò verso l'amico e gli rivolse un sorriso rassicurante.

 

“Ron, non è niente.”

 

Quest'ultimo non rispose, ma continuò a mangiare a testa bassa. Harry sospirò.

 

“Ascolta, sono pasticcini. Pasticcini. Non dirmi che ti fai problemi per qualche macchia di cioccolato.”

 

Ron lo guardò incerto. Nell'ultimo periodo, aveva notato Harry, l'amico non parlava quasi mai con Hermione, si limitava ad abbracciarla; come se parlandole potesse rovinare tutto. Trattava la sua ragazza come un oggetto fragile e prezioso, che poteva rompersi in qualsiasi momento; per questo la maneggiava con cautela, evitando di infastidirla in qualsiasi modo. Si limitava a starle accanto fisicamente, ma Harry non era sicuro che fosse il comportamento migliore. E pensava questo perché ogni volta che Ron la toccava, lei si ritraeva quasi involontariamente. Aveva qualcosa che non andava.

 

Hermione si alzò dalla panca, lasciando davanti a sé solo un bicchiere d'acqua mezzo vuoto. Harry se ne accorse in quel momento: non aveva toccato cibo.

Si diresse verso le scale con la schiena dritta, senza salutare i suoi amici, ma camminando lentamente fra i tavoli.

Non ne poteva più del frastuono della Sala, in quel momento desiderava solo essere nel suo letto caldo, magari ripassare gli appunti di incantesimi per la verifica del giorno seguente.

O forse no, forse voleva solo dormire. Passare inosservata fra i tavoli e dormire.

 

Ma quando era ormai sul primo gradino della scala, percepì uno sguardo puntato sulla sua schiena. Si girò per vedere chi fosse, ma tutti erano immersi nelle loro conversazioni, mangiavano, camminavano ai lati dei tavoli.

Eppure, era sicura che due occhi verde chiaro avessero smesso di fissarla da appena un secondo.

.

.

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Eccomi ancora qui :) Sono stupita da me stessa per la mia velocità nell'aggiornare *si stringe la mano da sola*

Sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo, ma mi raccomando, lasciatemi qualche recensione e ditemi cosa ne pensate! A presto,

babyluna

 

 

 

   
 
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