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Autore: mikimac    18/09/2016    5 recensioni
Un cavaliere, due medici ed una ladra, alleati per salvare un amore e spezzare una maledizione.
Ladyhawke in chiave Johnlock.
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La maledizione
La maledizione


La notte aveva avvolto la torre nel suo freddo abbraccio. Mary si girò, di nuovo, nel giaciglio improvvisato, che Mike le aveva preparato, accanto al camino della cucina. Dopo averle raccontato la storia dei due amanti sfortunati, il medico la aveva lasciata sola, affinché potesse riposare. Lui era tornato da John, per accertarsi che tutto stesse andando bene. Malgrado fosse stanca, Mary non riusciva a prendere sonno, a causa dell’adrenalina che le scorreva veloce nel sangue. Gli ultimi giorni erano stati ricchi di avvenimenti e di scoperte, che stavano mettendo in discussione tutte le decisioni, prese nella sua breve esistenza.
Rimasta sola in giovane età, Mary era cresciuta pensando esclusivamente a se stessa. Non si era mai preoccupata per nessun altro. Non si era mai voluta legare a nessuno. Affezionarsi o, Dio non volesse, innamorarsi era troppo pericoloso e fuori discussione. Avrebbe voluto dire rinunciare alla propria libertà e sacrificare una parte di sé per il bene di un altro. Avrebbe significato prendersi cura di qualcuno ed assumersi delle responsabilità nei suoi confronti, mettendo la propria felicità nelle mani di uno sconosciuto ed esponendosi al rischio di essere ferita ed ingannata. In poche parole, soffrire: “Non succederà mai. Non permetterò mai a nessuno di avere tanto potere sulla mia vita. L’unica persona importante sono io. Gli altri non contano nulla.” Questa era stata la filosofia che aveva sempre seguito, fino a quel momento.
Ora… ora, nella penombra del fuoco morente, i suoi pensieri stavano prendendo una piega inaspettata e sorprendente. Si era scoperta a considerare l’idea di accompagnare Sherlock a Londra, per aiutarlo a spezzare la maledizione e ricongiungersi con John, nonostante questo volesse dire mettere a repentaglio la propria vita: “Per chi dovrei sacrificarmi, Signore? Per un uomo che a malapena sorride e che mi considera insignificante? Siamo sinceri, a Sherlock non importa cosa ne sarà di me. Una volta che avrà raggiunto il proprio scopo, lui avrà John, mentre io sarò sempre sola e mi troverò in una città in cui vogliono appendermi ad una corda. Perché dovrei rinunciare alla mia vita per loro, Signore? Per il sorriso di John?”
A questo punto le si strinse il cuore.
John.
John aveva un bel sorriso. Dolce. Sincero. Rassegnato. E stupendi occhi di un azzurro profondo, striati d’oro, come non ne aveva mai visti. Le faceva male vedere l’ombra che li offuscava, quando John pensava che lei non lo stesse guardando.
Le prime luci del mattino avevano trovato Mary in uno stato di agitato dormiveglia, popolato da lupi, falchi, risate diaboliche e sorrisi tristi, quando venne svegliata da un urlo.


Spalancò gli occhi, mettendosi a sedere di scatto, le orecchie tese, ancora frastornata. Dall’esterno arrivarono urla e ringhi feroci. Mary si alzò e corse verso la porta, spalancandola ed uscendo. Non fece in tempo ad oltrepassarne la soglia, che venne afferrata saldamente e spinta contro il muro, mentre una mano le tappava la bocca ed un corpo la pressava, affinché non si staccasse dalla parete.
“Non fiatare. Qualcuno è entrato nella torre e non ha intenzioni amichevoli,” sussurrò una voce conosciuta.
Mary alzò gli occhi ed avvampò, mentre il suo cuore saltava un colpo. Era John, che la stava tenendo contro il muro. L’uomo si era infilato una casacca chiara su dei pantaloni marroni ed aveva una smorfia di dolore sul viso. La mano, che premeva sulla bocca di Mary, era la sinistra. Tenerla in quella posizione doveva fargli sentire male alla spalla ferita. Nella destra stringeva una spada.
Mary si rese conto di essere cosciente di ogni centimetro del corpo di John, che si trovava a contatto del suo. Ne percepiva il calore. Il leggero profumo di erbe, proveniente da qualche medicamento.
“Abbiamo dimenticato di alzare il ponte levatoio,” mormorò Mike, alle spalle di John.
Mary non osava muovere un muscolo. Osservava John, la sua espressione seria ed attenta. Il suo corpo teso e pronto all’azione. Dall’esterno, provennero altre urla ed altri ringhi. John si staccò da Mary e fece per precipitarsi verso la fonte dei suoni.
“Dove stai andando?” Gli chiese Mike, afferrandolo per il braccio, che impugnava la spada.
“Vado ad aiutare Sherlock,” ribatté John, in tono irritato, liberandosi dalla stretta dell’amico e correndo per le scale.
Mary sentì improvvisamente freddo. Senza riflettere, tornò nella cucina, afferrò un attizzatoio e si precipitò dietro a John. Un piccolo gruppo di soldati era entrato nel cortile della torre diroccata. Il lupo ne aveva aggredito uno, procurandogli ferite mortali, ma altri tre, si erano infilati lungo le ampie scale, che portavano ai piani superiori. John affrontò il primo, ingaggiando uno scontro con le spade. Il lupo aveva azzannato l’ultimo della fila, mentre Mary era sgattaiolata oltre John ed il suo avversario, attaccando il soldato in mezzo, brandendo l’attizzatoio, come se fosse stata una spada. L’uomo, però, si dimostrò troppo abile, per lei. Dopo averla disarmata, stava per colpire Mary, quando John, che aveva ucciso il suo antagonista, intercettò l’arma del soldato e ne bloccò la corsa verso la ragazza. I due uomini lottarono per prendere il sopravvento l’uno sull’altro, finendo contro un’ampia finestra, rimasta senza vetri, che dava sul cortile interno della torre e portava luce alla scala. Nella foga della lotta John riuscì a far cadere l’avversario fuori dalla finestra, ma l’uomo si aggrappò al biondo medico, trascinandolo con sé. L’armigero perse la presa, urlò e si dibatté, ma nulla fermò la sua caduta. John era riuscito ad afferrarsi al bordo della finestra, con la mano destra, ma non riusciva ad alzare la sinistra. Mary afferrò il braccio di John: “Resisti! Ti tiro su!” E cercò di farlo, con tutte le proprie forze. La ragazza tentò di portare John oltre il davanzale della finestra, ma il peso dell’uomo era troppo, per lei. John scivolò lentamente, ma inesorabilmente, dalle mani di Mary.
“Lasciami andare o cadrai con me!”
“Non ti mollo! Non ti lascerò mai andare! Io ti salverò!”
Il lupo, con l’aiuto di Mike, aveva ucciso l’ultimo soldato. Accortosi di cosa stesse accadendo, il medico corse ad aiutare Mary, ma arrivò tardi. Gli sforzi della ragazza per impedire la caduta di John furono inutili. L’uomo precipitò nel vuoto, senza agitarsi, senza urlare.
“NOOOOOOOOOO!” gridò la giovane ladra, allungando le braccia, in un ultimo vano e disperato tentativo di afferrare John. Mary, inorridita, fissò gli occhi dell’uomo che stava cadendo. Erano calmi, sereni, grati, pronti ad accogliere quella morte quasi fosse una liberazione. C’era solo una piccola traccia di rimpianto, come se non avesse avuto il tempo di fare qualcosa e ne fosse dispiaciuto.
Fu in quel momento che il primo raggio di sole illuminò la giornata. Sotto lo sguardo allibito di Mary, John si trasformò in falco e sbatté le ali, giusto in tempo per evitare di schiantarsi a terra, mentre i suoi abiti si libravano nell’aria, vuoti. Allo stesso tempo, una figura alta e slanciata la spostò di peso dalla finestra, senza troppi complimenti. Mary si girò verso il nuovo venuto e spalancò la bocca per la sorpresa. Accanto a lei, Sherlock, completamente nudo, si stava sporgendo alla finestra: “JOHN!”
Il cavaliere allungò un braccio ed il falco vi si posò sopra. Sherlock gli sorrise e lo accarezzò, delicatamente: “Stai bene, sei salvo. Non so cosa farei, se ti perdessi.” Il suo era un sussurro appena udibile. Un mormorio colmo di amore e sollievo.
Mary non riusciva a staccare gli occhi da Sherlock e John. Aveva visto la maledizione prendere forma sotto i propri occhi. Una piccola parte di lei aveva creduto e sperato che Mike le avesse raccontato una favola, una storia ben orchestrata per convincerla a cooperare con loro. Ora sapeva quanto fosse tutto vero.
“Ragazzina, vergognati! Torna in cucina! Di corsa!” la voce irata di Mike la fece sobbalzare.
Sherlock li ignorò completamente, continuando ad accarezzare il falco, come se non ci fosse nulla di strano o di inopportuno nell’essere nudo davanti ad altre persone.
Mary arrossì, bofonchiò qualcosa di inintelligibile e corse in cucina.


Il cuore della giovane ladra batteva all’impazzata, quando entrò nella stanza, sbattendo la porta ed appoggiandovisi contro, con la schiena. Mary si lasciò scivolare lungo il battente, sedendosi in terra, con le gambe raccolte al petto e le braccia intorno, a stringerle forte. La sua mente non riusciva a smettere di pensare alla trasformazione di John ed al corpo nudo di Sherlock. “Signore, che cosa mi sta succedendo? Perché mi stai sottoponendo a questa prova?  Se vuoi salvare la mia anima, non potresti farlo senza farmi correre il rischio di perdere la vita o la mia sanità mentale? Capisco che un’espiazione debba essere una specie di punizione, ma non ho mai ucciso nessuno! Se tu dovessi castigare tutti coloro che si sono comportati in modo egoista, passeresti l’eternità a punire l’umanità intera, solo per questo motivo e dovresti tralasciare peccatucci da nulla come l’omicidio o lo stupro o…”
“MARY!”
La ragazza irrigidì la schiena. Non aveva senso non rispondere. Non poteva far finta di non averlo sentito. Sherlock stava gridando praticamente dall’altra parte della porta: “Mary dobbiamo andare. Non ho più molto tempo. Mike mi ha detto che ti ha raccontato ogni cosa. Mi devi aiutare. Ti prometto che farò di tutto per farti lasciare Londra, senza che tu corra dei rischi.”
Mary si alzò ed aprì la porta. Sherlock era perfettamente vestito, di nero, come al solito. Evidentemente, doveva avere un cambio per sé e per John nelle sacche da viaggio. Mary lo osservò, con aria critica: “Non credi che le persone potrebbero trovarti più allegro e simpatico, se, qualche volta, ti vestissi con colori più vivaci? Il nero è così deprimente…”
Sherlock la osservò, lievemente disorientato: “Il colore dei miei abiti non ha nulla a che fare con quello che la gente può pensare di me.”
“Non hai molto senso dell’umorismo, vero?”
“Non ho molti motivi per fare battute di spirito.”
Mary annuì: “Posso fidarmi di te?”
“Capisco che tu non abbia motivi per avere fiducia in me, ma ti dò la mia parola d’onore che non ti tradirò.”
“Allora andiamo.”
Sherlock accennò un sorriso riconoscente e si avviò verso il cortile della torre.


Il sole splendeva alto in cielo. Era una bella giornata invernale, fredda, ma limpida. Il falco si trovava sul pomello della sella di Sherlock, in attesa che lo raggiungessero. Mike accarezzava Golia, in modo pensieroso. Quando Sherlock e Mary arrivarono in cortile, i due uomini non si scambiarono uno sguardo. Il silenzio era teso.
“Mary, oggi starai dietro. Il falco non può sforzare l’ala e lo voglio tenere sul pomello.”
“Sherlock mi devi ascoltare,” lo supplicò Mike.
Il cavaliere ignorò il medico, salendo in groppa a Golia ed allungando un braccio per aiutare Mary.
“C’è un modo per spezzare la maledizione. – insisté Mike – Non è necessario uccidere Irene, per farlo. Anzi, lei deve essere assolutamente viva.”
“Stai vaneggiando. Lascia andare le redini di Golia. Grazie per avere curato John, ma ora dobbiamo andare.”
“Concedimi la tua fiducia, Sherlock. Aspetta solo tre giorni. Allora vi presenterete entrambi al cospetto della strega che ha lanciato la maledizione, in un giorno senza notte ed una notte senza giorno. In quel momento, la maledizione sarà annullata e voi potrete tornare alla vostra vita di sempre. ”
Sherlock lanciò a Mike un’occhiata furiosa: “Sei di nuovo ubriaco, Mike? Mio fratello ti fornisce degli alcolici, invece di legna, per scaldarti nelle notti fredde? Quello che dici non ha senso.”
Mike si ritrasse, come se fosse stato colpito da una sberla, in pieno viso.
“Smetti di cercare di aiutarci. Possiamo fare senza il tuo supporto. Hai già fatto abbastanza danni.”
Con uno strettone, Sherlock liberò le redini dalla mano di Mike, fece girare il cavallo ed uscì dalla torre.
Mentre attraversavano il ponte levatoio, Mary si voltò indietro ad osservare il povero medico, che si era accasciato nel cortile, con la testa abbassata. La ragazza non poteva vederlo in viso, ma tutto dimostrava quanto Mike fosse disperato e ferito. Sherlock era stato duro con lui. Certo, li aveva traditi ed era colpa sua se erano in quella situazione assurda, ma Mike stava cercando di rimediare agli errori che aveva commesso. Era giusto dargli una possibilità di farlo. Tutti meritavano una seconda occasione. E se avesse avuto ragione? Se avesse veramente scoperto come spezzare la maledizione? Quello che aveva detto, però, era privo di senso. Come ci poteva essere un giorno senza notte ed una notte senza giorno? Forse Sherlock aveva ragione. Forse Mike era ubriaco. Oppure era davvero impazzito. Eppure…


Cavalcarono in silenzio. Sherlock sembrava tranquillo, ma Mary poteva sentire la tensione delle sue spalle. Ogni tanto, il cavaliere accarezzava il falco, mormorandogli qualche parola, che lei non capiva. Il rapace gli rispondeva, con stridi sommessi. Appoggiata con il viso alla schiena di Sherlock, Mary sorrideva, chiedendosi come facessero quei due a comprendersi, malgrado la situazione in cui si trovavano: “Che l’amore sia questo? Capirsi sempre e comunque?”
Nel primo pomeriggio, nuvole nere offuscarono il cielo. L’aria profumava di pioggia ed era carica di elettricità. Mary sentì la voce di Sherlock riverberare attraverso il corpo: “Stanotte pioverà ed anche molto. Non è il caso che vi accampiate all’aperto. C’è una taverna nel bosco. Chiederemo all’oste di poter dormire nella stalla, per non lasciare solo il cavallo. In questo modo, non si accorgerà della comparsa di John e della mia sparizione.”
“Va bene.”
Mary avvertì un’esitazione nel respiro di Sherlock. Era come se volesse dire qualcosa, ma non trovasse le parole giuste. La ragazza fece un sorriso divertito. Non doveva capitare molto spesso che Sherlock Holmes rimanesse a corto di parole. Avrebbe voluto vedere il suo viso, per osservarne l’espressione, piena di dubbio. Quello che l’uomo disse, però, fece svanire il sorriso dalle labbra di Mary.
“Ho bisogno che tu faccia una cosa. Non dire a John che Mike pensa di avere trovato un modo per spezzare la maledizione. Io credo che Mike sia in buona fede, ma che non sappia ciò che dice. Il suo disperato desiderio di aiutarci ed il suo profondo senso di colpa lo fanno straparlare.”
“Perché non vuoi che ne parli a John? È giusto che lui sappia che potrebbe esserci una fine alla vostra maledizione.”
“Quella di Mike è una falsa soluzione e John potrebbe illudersi. Non c’è nulla di peggio di una speranza che viene distrutta.”
Il silenzio tornò a regnare sovrano. Mary ricordò gli occhi di John, mentre precipitava. La rassegnazione ed il sollievo presenti in essi. Quella non era vita. Sherlock e John stavano sopravvivendo, perché sapevano che la morte di uno avrebbe annientato l’altro. Stavano tenendo duro e affrontando un giorno dopo l’altro, solo perché erano insieme, malgrado tutto.
“Mary, posso contare su di te? Posso essere sicuro che non dirai nulla a John? Soffrirebbe inutilmente.”
“Te lo prometto, non gli dirò nulla,” fu il sussurro della ragazza. Non poteva dire altro. Non era sicura che la voce non le si spezzasse, mentre parlava.


Sherlock si era accordato con l’oste per occupare la stalla, durante la notte. Aveva strigliato Golia e preparato degli abiti di ricambio per John. Mary lo aveva osservato svolgere quelle mansioni abitudinarie, con la mente persa nei propri pensieri.
Era giusto non dire a John che poteva esserci una speranza per loro? Era una menzogna non riferire questa cosa? Oramai aveva promesso. Aveva fatto male? Se lei non avesse mantenuto la propria parola, cosa poteva farle Sherlock? Aveva bisogno di lei per il suo piano. Sherlock voleva uccidere quella Irene, pensando di mettere fine alla maledizione. La cosa aveva un suo senso. Una volta uccisa la strega che aveva lanciato il maleficio, perché questo avrebbe dovuto continuare? Però… però… e se questo fosse stato un incantesimo diverso dagli altri? Se Mike avesse avuto ragione? Se per spezzarlo John e Sherlock avessero dovuto essere davanti ad una Irene viva e vegeta? Se uccidendola, Sherlock li avesse condannati ad un eterno dolore?
“Smetti di pensare, Mary! Rimuginando in quel modo, non troverai la soluzione a qualcosa che non è governato dalla logica.”
Mary alzò uno sguardo contrito su Sherlock, come se fosse stata colta a fare qualcosa di sbagliato.
“Mi hai promesso di non dire nulla a John. Mantieni la tua parola. Fallo per lui. Soffre già abbastanza così. Dargli una speranza, sarebbe crudele. Tu non vuoi che lui soffra.”
Mary vide un’ombra dolorosa offuscare gli occhi colore dell’acqua trasparente di Sherlock. Ora era sicura che anche lui avesse i suoi stessi dubbi. Chi era lei per decidere cosa fosse meglio? Cosa sapeva del mondo, della magia e della scienza, lei? Era solo una piccola ladra, ignorante e senza arte né parte: “Non gli dirò nulla,” confermò, in tono convinto.
Sherlock uscì, lasciandola sola con il falco.


John si stava vestendo, quando dalla locanda iniziò a provenire della musica.
“Sherlock sta bene? – domandò, mentre si infilava la maglia – È rimasto ferito, nello scontro con i soldati?”
“No, puoi stare tranquillo John. Lui sta bene.”
John uscì da un box per cavalli, il cui ingresso era stato chiuso con una coperta, in modo che potesse trasformarsi e vestirsi senza mettere in imbarazzo Mary.
“Sta mangiando? Sai lui, non mangia mai molto. Non vorrei che, preoccupato per questa situazione, non mangiasse a sufficienza.”
“Se non mangia molto non è certo per la preoccupazione. Sherlock è un cuoco veramente pessimo, lo sai?”
John fissò Mary e vide un lampo irridente, nei suoi occhi azzurri: “Ti sei lamentata con lui della sua cucina?”
“Fossi matta! Sarebbe capace di costringermi a cucinare. Ed io sono una cuoca peggiore di lui!”
John scoppiò a ridere. Una risata sincera e di gusto. Mary, felice di avere rallegrato il giovane biondo, si unì alla sua risata. Quando smisero, nella stalla risuonò ancora la musica. Mary era seduta su una balla di fieno. Dondolava i piedi e muoveva la testa a tempo con il motivo, canticchiando. John la osservò per qualche secondo, poi si avvicinò a lei, allungando una mano ed esibendosi in un elegante inchino: “Permette questo ballo, damigella?”
Mary lo fissò, arrossendo: “Non so ballare,” confessò a voce bassissima.
Con un sorriso complice, John allungò di più la mano: “Confessione per confessione. Nemmeno io sono un gran ballerino. Quello bravo è Sherlock, ma, se ti accontenti, potremmo fare quattro salti.”
Il viso di Mary si aprì in un sorriso raggiante. Saltò giù dalla balla e prese la mano di John, ricambiando l’inchino: “Accetto volentieri, cavaliere.”
John cinse Mary, circondandole i fianchi con un braccio, ma mantenendo più distanza possibile fra loro. Alzò l’altra mano e cominciò a muovere i primi passi, seguendo la musica. All’inizio, i ballerini erano impacciati, ma riuscirono a farsi trascinare dall’allegra melodia, sciogliendosi e divertendosi. Mary osservava il viso sorridente e disteso di John, ammirandone i profondi occhi azzurri ed i lineamenti morbidi: “Cosa farebbe, se io lo baciassi? Mi ricambierebbe o mi tratterebbe come una donnaccia?” Mary accorciò la distanza fra il suo corpo e quello di John, decisa a tentare. Non c’era nulla di male in un bacio, no? Nessuno avrebbe mai saputo nulla. Sarebbe stato un segreto fra loro due. Lei non lo avrebbe certo detto Sherlock, mentre John non avrebbe potuto farlo, nemmeno volendo. Forse John l’avrebbe biasimata, ma se un suo bacio avesse spezzato la maledizione, non la avrebbe amata? Almeno un po’? A causa dell’amore per Sherlock, John stava soffrendo tanto. Non sarebbe stato più felice con lei? Non seppe mai cosa sarebbe accaduto. La porta si spalancò. John si mise fra la porta e Mary, staccandosi da lei, pronto a difenderla da un eventuale assalitore: “Chi sei?” domandò, in tono perentorio.


La pioggia aveva iniziato a cadere, abbondante, poco prima del tramonto. L’uomo, non troppo alto e grassoccio, che entrò, aveva il mantello ed il cappuccio bagnati di pioggia.
“Sono io, John. Chi vuoi che vada in giro con questo tempo da lupi, se non un pazzo come me?” L’uomo scostò il cappuccio, rivelando il volto sorridente di Stamford.
“Mike! Cosa ci fai qui? Non sapevo che Sherlock avesse deciso di farti venire con noi.”
“Infatti, Sherlock non sa che io sia qui. Se lo sapesse, sono certo che mi ucciderebbe.”
“Non capisco…”
“Credo che sia il caso che tu vada alla locanda, Mike. – lo interruppe Mary, che aveva capito perché il medico li avesse raggiunti – Sono sicura che abbiano una stanza per te. Sarebbe sospetto se decidessimo di dormire tutti nella stalla, invece che in comodi letti, non credi?”
“Gli hai detto che so come spezzare la maledizione?”
Nella stalla cadde il silenzio. Persino la musica e la pioggia sembravano lontane, come se avessero abbassato il volume dei loro suoni. Mary sbirciò il viso di John, non avendo il coraggio di guardarlo negli occhi, che fino a pochi secondi prima le avevano sorriso.
“Cosa… cosa stai dicendo? Hai trovato un modo per spezzare il maleficio? Sherlock lo sa? Perché non mi hai detto nulla, Mary?”
La ragazza era arrabbiata con Mike. Aveva interrotto il ballo ed aveva rivelato a John quello che Sherlock non voleva che lui sapesse. Mary vedeva la speranza, negli occhi John. Come poteva spegnere quella luce?
“Mary, rispondimi! Perché non mi hai detto che avete trovato un modo per spezzare la maledizione?”
“Sherlock mi ha fatto promettere di non farlo.”
La speranza si gelò e svanì dagli occhi di John: “Sherlock… perché…”
“Pensa che Mike si sbagli e non voleva darti delle false speranze. Non voleva che tu soffrissi.”
John fissò lo sguardo spento lontano, nella notte: “Sì. Questo è da lui,” mormorò.
“Non mi sto sbagliando! – intervenne Mike, con veemenza – Io sono sicuro di quello che ho trovato. Solo perché è criptico e poco chiaro, non significa che non sia la soluzione giusta.”
“Cosa è che non si capisce?” Chiese John.
“Il brano che ho trovato, dice che questa maledizione sarà spezzata, se entrambi vi troverete al cospetto di chi la abbia pronunciata in un giorno senza notte ed in una notte senza giorno.”
John aggrottò la fronte: “Quello che dici non ha senso. Come può esistere un giorno senza notte ed una notte senza giorno?”
“Lo so che sembra assurdo, ma il testo è scritto da un esperto, che indica le date in cui sarà possibile spezzare il maleficio! Una di queste cadrà fra due giorni.”
“Ne sei sicuro, Mike? – il tono di John era disperato – Se ti dovessi sbagliare e cadessimo nelle mani degli uomini del re, sarebbe la fine delle nostre esistenze. Se questo lo possiamo definire vivere. In realtà, è un trascinare avanti le nostre vite, in attesa che qualcosa ci permetta di tornare normali. Vorrei che quella freccia mi avesse ucciso o che quel raggio di non sole non fosse giunto in tempo a salvarmi. Forse, se io morissi, la maledizione si spezzerebbe e Sherlock potrebbe, finalmente, tornare a Londra, alla sua vita.”
“Non dire queste cose! – lo rimproverò Mary – Sherlock morirebbe, se ti accadesse qualcosa.”
“Cosa ne sai tu di cosa proverebbe Sherlock, ragazzina?” sbottò John, irritato.
Era la prima volta che John rispondeva male a Mary. Il tono le strinse il cuore, ma la giovane ladra non si offese. Poteva solo lontanamente immaginare quanto soffrisse John… e Sherlock, certo… anche Sherlock. “Io non lo conosco, ma so quanto tenga a te. Quando il falco è stato ferito, mi ha detto di portarlo in salvo, perché, senza di lui, la sua vita non aveva più motivo di essere vissuta. Mi ha fatto promettere di non dirti nulla per evitarti il dolore di una speranza spazzata via dalla dura realtà. I suoi occhi si illuminano solo quando parla con te… di te. Forse non saprò molto di Sherlock, ma conoscono le persone e so che lui non sopporterebbe di vivere senza di te.”
“Scusami, hai ragione. – sospirò John – Questo è il motivo per cui non ho ancora messo fine alla mia vita, pur avendone avuto tante occasioni. Come io non potrei vivere senza di lui, se gli accadesse qualcosa, so che per lui sarebbe la stessa cosa.”
“Devi aiutarmi a convincerlo che la mia soluzione sia quella giusta,” lo sollecitò Mike.
Lo sguardo angosciato di John spezzò il cuore di Mike e Mary: “Se anche pensassi che tu abbia ragione, come posso convincere Sherlock che deve darti retta?”
La discussione venne interrotta dalle urla che, improvvisamente, arrivarono dalla locanda. Attraverso la porta aperta, anche i tre nella stalla poterono sentire quello che veniva detto: “Vi dico che c’è un lupo enorme, che si aggira nei paraggi. Dobbiamo ucciderlo, prima che arrivi ai nostri figli ed al nostro bestiame.”
“Andiamo! Prendiamo le balestre, le spade e le lance. Uccidiamo la bestia giunta dall’inferno.”
“Sherlock…” sussurrò John, precipitandosi fuori dalla stalla.
“John, fermati! Potrebbe essere pericoloso!” urlò Mary, ma l’uomo biondo era scomparso nel bosco. La ragazza lo seguì, mentre Mike raccolse velocemente le loro cose, le caricò sul carro, con cui era arrivato, e prese Golia. Radunato tutto, li seguì.


“SHERLOCK!” urlava John, incurante della pioggia, che gli cadeva addosso da ogni dove. La paura che quei contadini potessero trovare il lupo ed ucciderlo, gli faceva battere il cuore all’impazzata. Lui sapeva che Sherlock gli stava sempre vicino, ovunque lui si trovasse. Era cosciente che fosse pericoloso per Sherlock, aggirarsi nei pressi di villaggi e fattorie, quando era un lupo, ma non aveva mai potuto parlargli, per convincerlo a stare lontano ed i messaggi, che gli aveva lasciato, non avevano mai sortito l’effetto desiderato. Ora, doveva tenere al sicuro il lupo, lottando contro chiunque avesse tentato di ucciderlo. Lungo il percorso, si trovò davanti un torrente, le cui acque erano impetuose, a causa delle abbondanti piogge di quel periodo. Un tronco, posto di traverso sul torrente, gli permise di attraversarlo. Mary fece lo stesso, raggiungendolo: “Devi tornare indietro. Non possiamo trovarlo, in questo modo. Vedrai che Sherlock sarà al sicuro, fino al momento della trasformazione.”
“Quegli uomini sono decisi a scovarlo ed ucciderlo. Non si fermeranno fino a quando non lo avranno fatto. Non permetterò che accada.”
Un ringhio sommesso provenne dall’altra parte del torrente. Pochi secondi dopo, il lupo nero dagli occhi chiari apparve al limitare del bosco. Senza esitazione, il grosso animale iniziò ad attraversare il torrente, passando sul tronco. La pioggia, però, lo aveva reso scivoloso. A metà percorso, il lupo scivolò giù dal tronco, con la parte posteriore del corpo. La forza dell’acqua gli impediva di tornare sul tronco, minacciando di trascinarlo via. Il lupo cominciò a guaire, per la paura e la disperazione.
“NO! SHERLOCK!” urlò John, andando verso lui, ma Mary lo fermò: “Quel tronco non reggerà entrambi. Lascia andare me. Tienimi saldamente per i fianchi, in modo che non cada anche io nel torrente. Lo tirerò fuori.” Avrebbe voluto aggiungere “Per te,” ma non lo fece. John annuì.
Mary si sdraiò sul tronco ed afferrò il lupo al collo, saldamente, tirandolo su, mentre faceva forza sulla schiena e sulle gambe. John la teneva stretta, in modo che non scivolasse nel torrente. Il lupo era terrorizzato e cercò di arrampicarsi sulla ragazza, per mettersi al sicuro, conficcando gli artigli nella schiena di Mary, che urlò per il dolore, ma continuò a mantenere la presa sull’animale, che, lentamente, riuscì a tornare sul tronco e finì di attraversare il torrente.
John aiutò Mary a rimettersi in piedi: “Fammi vedere cosa ti ha fatto.”
“Non è nulla.”
“Sei un medico, ora?”
John la fece girare, in modo da poterle esaminare la schiena. Mani delicate e gentili si mossero prudentemente sul corpo di Mary, facendola rabbrividire. Il lupo si accucciò al loro fianco.
“Dobbiamo tornare alla taverna. Nelle sacche di Golia c’è qualche medicamento.”
“Non possiamo tornare là. – lo contraddisse Mary – Sherlock ci seguirebbe e sarebbe in pericolo. Dobbiamo rimanere nel bosco.”
John stava per ribattere, quando si sentì il cigolio di un carro. Mike li aveva raggiunti. Aveva anche smesso di piovere. Sembrava quasi che il cielo avesse deciso di stare dalla loro parte.
John medicò Mary, mentre Mike accese il fuoco e preparò qualcosa da mangiare, oltre che i giacigli, per la notte. Il lupo non abbandonava il fianco di John, appoggiando il muso sulle sue gambe, ogni volta che ne avesse l’occasione. John lo accarezzava, immerso nei propri pensieri. Si alzò, per raggiungere il proprio giaciglio, ma si voltò verso Mike, fissandolo intensamente: “Stiamo per mettere, di nuovo, le nostre vite nelle tue mani, amico mio. Spero tanto che tu non ti stia sbagliando. Dì a Sherlock, da parte mia, che io voglio crederti,  che possiamo aspettare un giorno in più, se tutto avrà fine, ma aggiungi che ho piena fiducia nella sua capacità di giudizio e scelta. Quello che lui deciderà, andrà bene anche per me.”
“Grazie John. Non te ne pentirai. Te lo giuro.”
“Lo spero, Mike. Lo spero, per Sherlock… per me… questa non è vita.”
“Andrà bene. – intervenne Mary, con un sorriso – Convinceremo Sherlock.”
John annuì e si allontanò dal fuoco, con il lupo sempre al suo fianco.


Da quando aveva incontrato Sherlock e John, la vita di Mary era divenuta molto complicata. Era diventato difficile persino prendere sonno. Quella notte non fece eccezione. John era un ottimo medico, ma il dolore per le ferite, riportate sulla schiena, non accennava a diminuire. Mary cercava una posizione che le permettesse di addormentarsi, ma le era impossibile trovarla. Lei e Mike erano vicino al fuoco, mentre John ed il lupo erano più distanti. John si era appisolato con un braccio sul lupo, che era accucciato accanto a lui e non si muoveva. Mary li osservava, stupita ed un po’ invidiosa: “Quanto amore ci vuole, per restare insieme anche in queste condizioni? Quanto amore si deve provare, per non scappare lontano da chi è la causa del tuo dolore? È sempre così l’amore? Oppure sono loro due ad essere così speciali?”
L’alba si stava avvicinando. La luce del sole stava rischiarando la notte buia. Non c’erano più nubi che oscurassero il cielo.
John si mosse. Si era svegliato, quasi avvertisse l’approssimarsi del nuovo giorno. Il cielo era sempre più chiaro. Il giovane medico biondo si tolse la coperta di dosso e coprì il lupo. Mary pensò che la mossa di John fosse insensata, ma capì perché lo avesse fatto, quando lo vide accadere.
Il lupo cominciò a tremare, come se fosse vittima di una forte febbre. Lo stesso accadde a John. Le due figure si sfuocarono, come se fossero circondate da un banco di nebbia, ma di una innaturale luce bianca.
Mary sbatté le palpebre diverse volte, per cercare di mettere a fuoco le immagini, ma non servì a nulla. Più il giorno si faceva chiaro, più quella strana nebbia circondava i due esseri che aveva davanti. Improvvisamente, la figura del lupo venne sostituita da Sherlock.
Il cavaliere era lì.
Davanti a John.
E si guardavano.
Occhi chiari come l’acqua trasparente in occhi del colore dell’oceano.
Il cuore di Mary fece un salto ed il suo viso si illuminò in un sorriso di gioia. I due amanti si erano riuniti! La maledizione era stata cancellata! Forse Mycroft Holmes aveva trovato un modo per sconfiggere Irene Adler e tutto era finalmente finito!
John alzò una mano, con il palmo aperto rivolto verso Sherlock. Il suo sorriso era triste, gli occhi pieni di una malinconica rassegnazione. Sherlock alzò una mano, per toccare quella di John. Il dolore e la disperazione, che colmavano gli occhi del giovane Holmes, sembravano senza fine. Le loro mani si avvicinarono desiderose ed bramose di toccarsi.
Mary era perplessa. Non capiva la tristezza e la disperazione presenti negli occhi dei due uomini. Si stavano vedendo, nella loro forma reale! In pochi istanti si sarebbero toccati! Era tutto finito!
La strana foschia avvolgeva sempre più i corpi di John e Sherlock, rendendoli quasi splendenti, in modo magico. Le dita cercavano di sfiorarsi, di afferrarsi, ma erano ancora immateriali, trasparenti. Era come se cercassero di prendere e stringere la nebbia.
Il cuore di Mary iniziò a battere sempre più velocemente. Il sorriso si spense, mentre un nodo le stringeva la gola, impedendole di deglutire. C’era qualcosa che non andava.
Le figure di Sherlock e John stavano diventando più materiali, meno evanescenti, ma loro non erano felici. Le loro dita stavano finalmente per toccarsi, quando il primo raggio di sole illuminò il cielo.
John sparì, mentre il falco volò via, stridendo per il dolore.
Sherlock, nudo sotto la coperta, sfogò la rabbia e la disperazione, con un urlo furioso, picchiando il terreno con i pugni chiusi.
Il falco era lontano, in alto nel cielo.
Mary si chiese se sarebbe tornato indietro o se avrebbe deciso di fuggire via.
Sherlock rimase immobile, i pugni piantati in terra, le spalle e la testa piegate, sotto un peso insopportabile da sostenere, per non mostrare il dolore, che gli stava devastando il cuore.
Mary sentì le lacrime, inarrestabili, solcarle le guance. Non tentò di fermarle. Non le asciugò: “Signore, tutto questo si ripete ogni mattina? Ad ogni alba John e Sherlock si vedono per pochi secondi, senza potersi nemmeno toccare? Senza potere sentire il calore emanato dal corpo dell’altro? Signore, tutto ciò non è giusto! È crudele e disumano. Nessuno merita una punizione così, qualsiasi sia la colpa che debba scontare. Soprattutto, non due persone il cui unico peccato sia amarsi tanto, come si amano John e Sherlock. Ti prometto che farò qualsiasi cosa in mio potere per aiutarli a tornare insieme, mettendo fine a questa tragedia. E stavolta non ci saranno sotterfugi. Non mi rimangerò la parola che ti ho dato. Non cercherò un modo per aggirare la promessa che ti ho fatto. Dovessi impiegare tutta la vita, dovessi sacrificare la mia stessa esistenza, farò di tutto affinché quella strega paghi per quello che ha fatto. Romperemo la maledizione. Fosse l’ultima cosa che farò, nella mia inutile vita, John e Sherlock torneranno insieme.”


Angolo dell’autrice

Per prima cosa, sono imperdonabile, lo so, ma domenica scorsa mi sono dimenticata di ringraziare chi stia leggendo e segnando la storia in qualche categoria  e chi abbia lasciato un commento. Purtroppo, me ne sono accorta troppo tardi, per rimediare. Cosa volete? L’età che avanza non è una cosa da poco!
I ringraziamenti non sono una formalità, per me, ma sono fatti con il cuore, perché è grazie a voi che io continuo a divertirmi, scrivendo racconti sui nostri personaggi preferiti.
Quindi, grazie a chi stia leggendo la storia, a chi la stia segnando in qualche categoria e grazie a 0803Anna, Blablia87, AkaNagashima, adlerlock,, naisia, emerenziano, klonoa75 e Koa_ per i commenti ai vari capitoli precedenti.

Mary si è infatuata di John, ma, state tranquilli, qui non lo sposerà!
L’ultima scena è presente nel film. Ho sempre pensato che fosse la scena più romantica ed angst, che avessi mai visto. Spero di essere riuscita a trasporla su carta come merita.

Chi volesse lasciare un commento, è sempre benvenuto.
A domenica prossima, per la fine della storia.
Ciao! 😊
   
 
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