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Autore: HadleyTheImpossibleGirl    18/09/2016    6 recensioni
[STORIA INTERATTIVA COMPLETA]
La prima guerra magica è appena finita.
Come si sa, una guerra lascia dietro di sè morte e distruzione.
Ci vorrà tempo per rimettere insieme i pezzi.
Questa storia parla di come i vostri OC si riprenderanno dalla guerra e torneranno alle loro vite, anche se la guerra ti cambia dentro.
Sarà ambientata dal Novembre del 1981 all'Ottobre del 1982
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Ci aveva pensato seriamente, Edward. Sapeva che Kayla era al sicuro da Magnus. Lei era una Burke, essendo in prigione Magnus non aveva potuto riconoscerla e quindi per il momento non poteva vantare nessun diritto su di lei ma Magnus e i suoi compari avevano già distrutto la vita di Elaine e torturato Johanna. Non poteva permettere che succedesse di nuovo. Doveva impedire che Magnus Saintclare uscisse da Azkaban.
Passò una settimana infernale, dormì appena qualche ora a notte e solo quando la stanchezza aveva il sopravvento su di lui. L’unica cosa positiva era il fatto di essere riuscito a far incontrare Johanna ed Elaine. Aveva presentato Johanna come la sua ragazza e si potevano contare sulle dita di una mano le volte che aveva presentato qualcuna a sua sorella e non poté che essere felice che le due, le quali avevano caratteri molto diversi, andassero d’accordo. La cosa non fece altro che aumentare il suo desiderio di proteggere le sue donne.
Si ritrovò a pensare che c’era un solo modo per assicurarsi la sicurezza: uccidere Magnus. Aveva poco tempo, doveva agire prima dell’udienza che si sarebbe svolta alla fine del mese.
Passava quasi tutto il tempo a pensare come fare tanto che una sera, dopo il lavoro, mentre era al Crazy Head, Johanna gli chiese leggermente spazientita “Si può sapere cos’hai? Non hai ascoltato una sola parola di quello che ho detto, prova a negarlo!” lo sfidò.
Edward sbuffò e mandò giù qualche altro sorso di vino elfico prima di rispondere “Sono solo distratto, sarà la stanchezza…”
“Capisco la stanchezza visto che ormai sono le due di notte ma sei sempre distratto ultimamente.”
“Sono già le due? Davvero?”
Johanna appoggiò con forza una mano sul bancone e poi fissò il ragazzo negli occhi. “Non provare a evitare il discorso!”
Edward fece leva sulle braccia per alzarsi un po’ e poi sporgersi a baciare la mora. L’espressione di Johanna, che prima era un po’ contrariata, diventò più rilassata e divertita.
“Smettila di corrompermi con i baci” sentenziò.
“Ma funzionano.”
“No…voglio ancora sapere che ti succede.”
Il ragazzo si guardò intorno per vedere chi c’era ancora nel locale. Come al solito era rimasto il cliente abituale che si sedeva all’angolo.
“Ne possiamo parlare da soli?”
“Sturgis devo chiudere!” urlò Johanna all’uomo che dopo un po’ si alzò e mestamente si avvicinò al bancone per pagare.
“Lascia fare, offre la casa” gli disse la ragazza.
“Grazie Jo. Buonanotte” augurò lui e fece un cenno di saluto abbassando il cappello.
Quando anche l’ultimo cliente se ne fu andato Johanna chiuse a chiave la porta del locale e si sedette sullo sgabello accanto a Edward-
“Allora…spara.”
“Ho intenzione di uccidere Magnus” disse convinto, tutto in una volta e velocemente. La ragazza stentò un attimo a credere a quello che aveva sentito.
“C-cosa?”
“Ho intenzione di uccidere Magnus” ripeté.
Johanna boccheggiò un attimo. “Tu vuoi uccidere un uomo!” lo accusò.
Edward non si aspettava quella reazione. Sapeva che la sua fidanzata aveva sofferto per quello che le era capitato e che anche lei odiava Magnus e la sua combriccola, quindi aveva quasi dato per scontato il suo appoggio, per quanto folle e malsana l’idea fosse.
“Definirlo uomo è fargli un complimento.”
“Ok, è un mostro ma non voglio che tu diventi come lui!” Il tono di voce di Jo tradiva una certa delusione e altrettanto faceva il suo sguardo e fu questo a colpire Edward.

 

Era una serata terribilmente afosa, soprattutto considerato che si trovavano nella campagna inglese, quella che solitamente era contraddistinta dalla nebbia.
Lucian stava trascorrendo un paio di settimane a casa di amici, Ezekiel era in missione quindi Victoria si era autoinvitata per farle compagnia e passare con Krystal una serata tra donne.
L’aveva fatto più che altro perché aveva bisogno di raccontare a qualcuno di Francis e il suo migliore amico aveva i suoi problemi a cui pensare, problemi di cui non voleva parlare.
Raccontò a Krys dello scontro e del successivo incontro al parco. E poi del primo appuntamento ufficiale.

Si erano incontrati di nuovo a Saint James’s Park e Francis aveva insistito per farle vivere quella che lui aveva giudicato come un’emozione unica. Era stato stranissimo per Victoria prendere la metropolitana. I due erano scesi a Westminster. La ragazza si guardò intorno all’interno della stazione, si sentiva un pesce fuor d’acqua ma Francis le rivolse quello che ormai poteva essere classificato come il suo solito sorriso rassicurante.
“Vieni” la invitò tendendole la mano mentre saliva il primo scalino di una delle uscite. Victoria prese quella mano agitata come una ragazzina e si lasciò condurre sulla rampa di scale.
Mano a mano che saliva i gradini, la grande torre che ospita il Big Ben entrava nel suo campo visivo e più saliva più guardava in alto, non riuscendo quasi a vederne la punta.
Arrivata alla fine delle scale, all’uscita, dovette sollevare completamente la testa per ammirare la torre dell’orologio in tutta la sua maestosità. Tutte quelle luci che spiccavano nella notte e quell’architettura. E lei che si sentiva così piccola e insignificante ai piedi della torre. Non aveva parole per definire quello che provava in quel momento.
“Ti piace?” le aveva chiesto Francis.
“Immensamente.”
La serata era proseguita in modo altrettanto semplice ma magico. Avevano passeggiato lungo il Tamigi, confondendosi tra i babbani. Lui le aveva offerto un gelato preso in un carretto di un ambulante e poi si erano seduti a mangiarlo su una panchina, in riva al fiume, godendo della piacevole frescura che l’acqua riusciva a trasmettere. Avevano anche guardato gli artisti di strada che si esibivano cercando di racimolare qualche spicciolo.

Col senno di poi Victoria aveva materializzato che la maggior parte delle ragazze avrebbe giudicato quella serata come piatta, fin troppo normale. Ma lei no. Era stata bene, era stata se stessa. Si era goduta quello sprazzo di normalità in mezzo al casino che era stata la sua vita nell’ultimo periodo.
Aveva raccontato anche di qualche giorno prima, quando si erano usciti di nuovo e all’improvviso lui era dovuto scappare via per lavoro. L’aveva accompagnata a casa ed era andata in missione e lei si era scoperta in ansia, terribilmente in ansia per lui. Era consapevole che le missioni, ora che Voldemort non c’era più, erano molto meno pericolose eppure finché lui non era passato a casa sua per rassicurarla sul fatto che stesse bene lei era stata seduta sul divanetto davanti la finestra a guardare fuori, in attesa.
“Quindi ti piace?” le chiese Krystal.
“Io…non lo so…forse. Mi fa stare bene…ultimamente sono uscita di più, ho riso di più, ho vissuto più di quanto abbia fatto nell’ultimo anno.”
“Oh Vic, sono tanto tanto contenta per te. Quando me lo farai conoscere?” domandò di nuovo Krystal ammiccando a Victoria che era diventata rossa come un peperone.
“Conoscere chi?” le interruppe la voce di Zeek alle loro spalle.
Le due donne si girarono di scatto verso l’uomo che stava in piedi sulla porta che dava sul portico sul retro della casa.
“Zeek…”
“Ma tu non dovevi essere in missione?”
“Ho finito prima e così sono tornato a casa ma apparentemente sono di troppo.”
“Quanto hai sentito?” chiese Victoria un po’ preoccupata. Sì, il suo fratellone voleva che lei si rifacesse una vita ma era anche parecchio geloso. Ci aveva messo mesi a farsi piacere David, figurarsi se avrebbe accettato subito Francis.
“Abbastanza da aver capito di chi si tratta” brontolò lui. Zeek avanzò e si posizionò davanti alla sorella a braccia conserte. “Hai idea di quanti anni abbia Collins?”
“Quasi trentaquattro” rispose subito Vic.
“Appunto! Ha quasi dieci anni più di te!”
“Non vedo dove sia il problema” intervenne Krystal cercando di placare suo marito “Dai suoi racconti sembra un tipo molto interessante.”
L’uomo prese un bel respiro per cercare di restare calmo. “Ha quasi trentaquattro anni e non si è mai sposato per quanto ne so, anzi l’ho visto cambiare spesso ragazza. Non mi piace!”
“Non è a te che deve piacere!” sbottò Vic alzandosi in piedi.
“Lo so” fece Zeek più calmo “Voglio solo proteggerti!”
“Zeek…non ho più quindici anni!” protestò la sorella nonostante il comportamento di lui l’avesse intenerita. Nel frattempo si era alzata in piedi e lo aveva raggiunto.
“Te lo ripeto: io l’ho visto passare da una ragazza all’altra. Chiediglielo e vedi se prova a negarlo.”
Lo sguardo della ragazza si indurì e allora il fratello le disse “Lo faccio per te.”
“Lo so” ammise Victoria “Ma cerca di capirmi…”
Quando Victoria tornò a casa e Zeek e Krys rimasero da soli a rimettere a posto le cose lui fece “Devo parlare con Collins.”
“Non ci provare. Hai già spaventato me, non spaventerai anche lui.”

 

Naomi e May erano uscite presto quella mattina. Erano dirette a casa dei loro genitori. Naomi aveva pregato la sorella di accompagnarla. Aveva bisogno di sostegno.
I genitori delle due ragazze erano tornati a vivere alle porte della Londra babbana pochi mesi prima. Avevano passato diversi anni in Cornovaglia per mettersi al sicuro dalla Guerra Magica.
“Hey ragazze, a cosa dobbiamo questa visita?” le salutò Claire quando andò ad aprire la porta.
Naomi non riuscì a rispondere così May si fece avanti. “Oh niente di che, avevo una mezza giornata libera così ho pensato di venire anche io.”
“Coraggio, entrate. Vostro padre è in giardino, l’ho costretto a estirpare le erbacce, ormai sembrava di essere in una giungla!” raccontò allegra la donna.
Le tre si accomodarono in salotto e poco dopo vennero raggiunte dal capofamiglia che si tolse i guanti da lavoro e sprofondò nella sua poltrona preferita sorseggiando un po’ di tè freddo.
“Allora, cosa dovete dirci?” chiese Nathan. Sapeva benissimo che si presentavano tutte e due le figlie insieme c’era qualcosa che non andava, visto che negli ultimi tempi si ritrovava la famiglia unita solo quando c’era qualche festa.
“Io niente…Naomi deve parlarvi” rispose May guadagnandosi un’occhiataccia da parte della sorella.
Maysilee sapeva che i loro genitori per quanto magari si sarebbero arrabbiati all’inizio alla fine avrebbero cercato di essere comprensivi con la minore delle loro figlie e sapeva che quella era una cosa che riguardava solo Naomi. La ragazza quindi si alzò e diede un veloce bacio sulla tempia alla sua sorellina. “Sta tranquilla” le sussurrò.
Mentre usciva dal salotto l’ultima cosa che sentì era Naomi che scoppiava a piangere e diceva di aver commesso un errore e di aver bisogno di loro.
Quando sentì che le successive parole erano ovattate da quello che probabilmente era l’abbraccio della madre, May si tranquillizzò.
Quel giorno andò a lavoro col cuore più leggero ma non sapeva quanto sarebbero stati difficili i giorni successivi.

 

La routine del reparto Ferite da Creature Magiche venne sconvolta dall’arrivo di un nuovo capo-Guaritori. Era un alto e panciuto uomo sulla sessantina che era stato trasferito da un altro Ospedale Magico e che credeva di essere una spanna sopra tutti gli altri.
Angela lo odiava. Odiava sinceramente quell’uomo presuntuoso che comandava tutti a bacchetta, specialmente le donne. Continuava ad assegnare loro turni estenuanti, soprattutto turni di notte e a relegarle a lavori semplici, addirittura puerili. Non credeva che né lei, né May o nessuna altra loro collega fosse in grado di fare qualcosa di concreto, cosa che invece avevano sempre fatto.
Era una sera come tante, avevano avuto un paio di casi piuttosto tranquilli e poi si erano sistemate tutte nella loro saletta, reperibili per qualsiasi cosa. Angy e la sua collega Sophia si erano accomodate su due sedie su un angolino a dividersi una tavoletta di cioccolato mentre la mora le raccontava del suo ultimo e disastroso appuntamento con un tizio che ancora era praticamente dipendente dalla madre.
May era rientrata poco prima dalla sala da tè e si era accomodata vicino alla finestra ad osservare il temporale estivo che si era scatenato solo una mezz’ora prima mentre sorseggiava il caffè che, Angy ci avrebbe scommesso, era pieno di zucchero, praticamente zucchero al sapore di caffè. Vide un patronus comparirle davanti ma non riuscì a sentire cosa le diceva poi però Angela vide la collega alzarsi velocemente e recuperare la sua borsa.
“Angy io devo andare a casa…potete pensarci voi qui?” chiese alle colleghe.
Angela, notando la preoccupazione negli occhi della bionda, annuì velocemente.
Erano ormai le due di notte quando arrivò un caso di un ragazzino, un bambino in pratica, morso da un animale. Il padre non voleva rivelare di cosa si trattasse, cosa che la portò a pensare che dovesse trattarsi di una qualche creatura magica illegale. In quel caso normalmente la prassi da seguire era denunciare il fatto ma la vita di quel dodicenne era più importante.
Era davvero malridotto. La creatura, di qualsiasi creatura si trattasse, gli aveva praticamente strappato via un braccio e apportato varie ferite. Fu uno spettacolo terribile, soprattutto considerato la giovane età della vittima. Alla fine si rivelò proprio una vittima.
Non era mai facile perdere un paziente e Angy cercava sempre di non prenderla troppo a male. Sapeva che faceva parte del suo lavoro ma quando c’era di mezzo un bambino le prendeva sempre un po’ di sconforto.
Sconforto che non fece che aumentare quando Sophia le fece gentilmente notare che il nuovo capo avrebbe approfittato della situazione per screditarle ancora di più.

 

Quella stessa sera Freya e Sebastian erano usciti di nuovo insieme. Ormai era diventata un’abitudine, ma non erano andati mai oltre qualche bacio non troppo approfondito. Non fino a quella sera. Non fino a quando scoppiò il temporale mentre loro si trovavano a chiacchierare in un parco.
All’improvviso aveva iniziato a piovere a dirotto e i lampi illuminavano il cielo quasi come se fosse giorno. I due iniziarono a correre per allontanarsi dal parco. Freya suggerì di ripararsi a casa sua e di May, visto che era lì vicino, appena fuori dal parco. Neanche ci pensarono a smaterializzarsi e invece iniziarono a correre sotto la pioggia torrenziale che aveva reso inutile anche l’incantesimo impermeabile che avevano provato a fare.
Quando entrarono nell’appartamento, finalmente al riparo, si guardarono sollevati poi Sebastian scoppiò a ridere.
“Che c’è, perché ridi?” chiese Freya quasi offesa.
“Aspetta, hai un rametto tra i capelli” ridacchiò lui prima di allungare una mano verso i capelli biondi di lei ed estrarne un rametto di legno con ancora un paio di foglie attaccate.
“Ecco qui” sorrise trionfante Sebastian. Notò come gli occhi di Freya studiavano la camicia bianca che aveva aderito perfettamente ai suoi muscoli.
La ragazza si stava mordendo il labbro inferiore e Sebastian non resistette alla voglia di baciargliele quelle labbra. Fu un bacio lento e appassionato, le loro lingue si cercarono e incontrarono più volte. Sebastian realizzò di aver dolcemente spinto Freya contro il muro del salotto solo quando sentì il leggero impatto della schiena di lei contro la parete.
Freya lì per lì non si accorse che le mani di Sebastian erano passate sotto la sua maglietta e percorrevano la sua schiena e i suoi fianchi. Fu un attimo e qualcosa le scattò nel cervello. Venne travolta dal ricordo di mani più vogliose e violente su di sé. Ricordava come un uomo le teneva fermi i polsi mentre l’altro violava il suo corpo. Improvvisamente le mancava il fiato. Provò a pregare Sebastian di smettere ma non una parola riusciva a uscire dalla sua gola. E più si faceva vivido il ricordo più lei voleva ribellarsi. Con una forza inaudita per lei scagliò via Sebastian, che andò a sbattere violentemente contro una mensola che cadde a terra.
Il frastuono degli oggetti che si rompevano riempì il silenzio della stanza.
La ragazza impallidì quando vide il sangue che scorreva lungo il braccio di Sebastian sporcandone la camicia a partire da un taglio in cui si er.
Sebastian si sentì un attimo confuso e spaesato. I suoi occhi chiari si spostarono su Freya che stava addossata al muro a tremare di terrore.
Il ragazzo cercò di avvicinarsi ma lei gli urlò: “No! Non ti avvicinare! Non voglio ferirti di nuovo!”
“Ok…sto qui” disse calmo “Vuoi che chiamo qualcuno? Jo? May?”
“May va bene” rispose lei con voce tremante.
Sebastian mandò un patronus a Maysilee e poi si diresse verso il bagno per cercare di sistemarsi.
Quando May arrivò all’appartamento fece fatica a credere ai suoi occhi. Freya non fece avvicinare molto neanche lei.
“Mi ricordo tutto May! Adesso mi ricordo tutto…ho ferito Seb. L’ho fatto di nuovo…oddio, io al Janus Thickey dovrei starci come paziente altro che Guaritrice!”
“Calmati…” le sussurrò dolcemente “Sebastian dov’è?”
“In bagno, credo. Ti prego aiutalo!”
May annuì e si diresse verso il bagno dove il ragazzo stava seduto sul bordo della vasca da bagno senza sapere bene cosa fare. Mentre gli medicava la ferita May cercò di spiegare il comportamento di Freya e alla fine raccontò a Sebastian tutto quello che era successo all’amica. Finito di bendare la ferita al ragazzo lo tranquillizzò. “Tranquillo, alla fine si è rivelato un taglio meno brutto del previsto. Nel giro di poco si rimarginerà, non ti preoccupare.”
“Non è per me che sono preoccupato” sospirò lui.
Un attimo dopo uscì dal bagno e tornò verso il salotto ma Freya lo pregò di nuovo di non avvicinarsi. Il ragazzo si accovacciò per mettersi al suo livello. Freya era seduta a terra, con le lacrime che le rigavano silenziosamente il viso e gli occhi.
“Mi dispiace, mi dispiace tanto.”
“Guarda” la invitò lui allargando leggermente le braccia “Sto bene. Va tutto bene. Non è successo niente di grave.”
Continuò a ripeterle che andava tutto bene ogni volta che lei si scusava e lo stesso faceva May.
“Freya lo so che sei spaventata…” iniziò l’amica.
“Sono pericolosa. Aveva ragione” disse Freya riferendosi al suo ex.
“Non è affatto vero…” replicò Sebastian “Noi siamo qui per te…ok?”
“Non ce ne andiamo.”
Ci mise tempo ma alla fine Sebastian riuscì ad avvicinarsi quel tanto che bastava per allungare le braccia verso di lei. E Freya ci si rifugiò, abbandonandosi a quell’abbraccio.

 

Era un torrido giovedì mattina quando Victoria entrò a passo di marcia al Quartier Generale degli Auror. Sapeva che quel giorno Francis avrebbe lavorato praticamente da solo e lei aveva passato diversi giorni a torturarsi pensando a ciò che le aveva detto Zeek riguardo Francis Collins. Si era fatta almeno mille film mentali su quello che era successo o su come potevano andare le cose.
Non voleva assolutamente soffrire di nuovo. Il suo cuore si era indurito, come un terreno che non veniva coltivato da tempo, ma innamorarsi di un uomo che l’avrebbe fatta soffrire significava gettare sale su quel terreno.
Bussò alla porta dell’ufficio di Francis e appena sentì la voce di lui rispondere entrò chiudendosi la porta alle spalle.
“Buongiorno” lo salutò lei.
“Hey, proprio a te pensavo” ridacchiò Francis. “Mi dispiace che questa settimana ci siamo visti poco ma qui è stato un vero delirio…ti ho pensato perché è un po’ che tuo fratello mi guarda male ogni volta che mi incrocia lungo i corridoi. È geloso per caso?”
“E’ molto protettivo, tutto qui” replicò Victoria in tono più duro “Mi ha detto che ti ha visto cambiare ragazza piuttosto spesso…” buttò lì cercando di sembrare distaccata e quasi disinteressata, ma in realtà era tutto tranne che disinteressata.
“Vicky” la chiamò con quel soprannome che fino a poco tempo prima utilizzava solo suo nipote. L’uomo si alzò e passò oltre la scrivania per raggiungerla.
Quando Francis prese quelle mani piccole tra le sue Victoria abbassò timidamente lo sguardo. Era partita convinta e quasi arrabbiata ma ora si sentiva insicura e debole.
“Guardami” la pregò lui.
La ragazza tirò su piano lo sguardo e vide che Francis le sorrideva dolcemente. “Ecco, così va meglio.”
“C’è una cosa di cui non ti ho parlato.”
Al sentire quella frase Victoria sentì le sue gambe molli e la terra cedere sotto ai suoi piedi ma la presa delle mani di Francis sulle sue era talmente ferma da farle da ancora di salvezza.
“Ai tempi di Hogwarts avevo una ragazza, Melanie. Eravamo dei ragazzini ma eravamo così innamorati. È stata il mio primo amore. È per lei se sono diventato Auror, avevo visto come cominciavano ad andare le cose e volevo essere capace di proteggerla, ma non ce l’ho fatta. È morta prima che potessimo realizzare i nostri desideri di un futuro insieme.”
“Francis mi dispiace tanto” lo interruppe lei.
“So che puoi capirmi” disse, ricordando quando lei le aveva raccontato di David e di Harry, il bambino di cui aveva potuto seppellire solo un’ecografia e una scarpina, mentre con una mano andava ad accarezzarle il viso. A quel tocco gentile Victoria chiuse un momento gli occhi e posò anche lei una mano sopra a quella che lui teneva sulla sua guancia.
“Ad ogni modo, dopo che ho perso Melanie io mi sono sentito molto solo e i primi tempi ho provato a colmare quel vuoto con varie ragazze, lo ammetto, ma nessuna era all’altezza di Melanie.”
Il cuore di Victoria si strinse quando vide quegli occhi verde chiaro lucidi. “Ci ho messo un po’ per capire che era come se il mio cuore si fosse fermato. Si era rotto e fermato ma poi, molto tempo dopo, mi sono scontrato con una maldestra e bellissima ragazza” e dicendo quelle parole Francis sorrise.
L’uomo prese l’altra mano di Victoria e le fece appoggiare il palmo sul suo petto, all’altezza del cuore.
“Lo senti? Batte di nuovo.”
Victoria rimase zitta, sentendo il ritmo cadenzato del cuore di Francis contro la sua pelle.
“Abbiamo tutti e due un passato importante alle spalle ed è una cosa che ci porteremo dietro per sempre… ma appunto è lì, alle nostre spalle. Io voglio davvero provare a voltare pagina e iniziare un nuovo capitolo della mia vita e voglio provare a farlo con te ma solo se tu te la senti. Te la senti?”
Senza alcun dubbio Victoria annuì prima con la testa e poi sussurrò un debole “Si” che fece sorridere Francis.
“Ok, adesso ho un’altra domanda: se provo a baciarti mi fermerai?”
“No”
E a quel punto Francis piegò leggermente la testa avvicinandosi alla bocca della ragazza e prendendo le labbra tra le sue e spostando la mano che teneva sulla guancia di lei verso quella massa di morbidi capelli scuri.
Il cuore dell’uomo aveva accelerato contro la sua mano ma il cervello di Victoria non se ne era minimamente accorta, annebbiata com’era dal profumo della sua acqua di colonia.

 

Erano passati giorni in cui Johanna e Edward non si erano parlati. Lei continuava a fingere che non ci fosse alcun problema di fondo ma non riuscì a fregare Sebastian a lungo e alla fine si decise a chiedere consiglio al suo migliore amico. Gli rivelò l’idea di Edward di uccidere Magnus e la litigata che ne era seguita.
“Io odio quell’uomo!” sbraitò Jo riferendosi a Saintclare “Lo odio ma non voglio che Edward diventi autore di un omicidio!”
Sebastian rimase un minuto in silenzio nel tentativo di pesare bene quello che stava per dire, si preparò mentalmente una frase ma se la scordò guardando la sua migliore amica che faceva avanti e indietro lungo la stanza per poi buttarsi sulla poltrona con uno sbuffo.
“Quello che vuole fare Ed non è un omicidio, è giustizia” disse duro “Se quell’uomo torna in libertà finirà per rovinare di nuovo la tua vita, quella di Edward, di sua sorella e di sua nipote e di molte altre persone.”
“So che salverebbe molte vite”
“Vedi? Ti sei data una risposta da sola…una vita contro molte…è matematica. Fossi in lui anche io lo vorrei uccidere. Tu non faresti di tutto per proteggere le persone che ami?”
“Si” affermò Johanna.
“Allora vai a sostenerlo” le consigliò.
Mezz’ora più tardi Johanna si materializzò davanti casa di Edward e andò a bussare. Appena vide il ragazzo aprire la porta gli si tuffò praticamente addosso, premendo le labbra contro quelle di lui. Dopo un attimo di spiazzamento Edward prese il viso della ragazza tra le mani e rispose al bacio; quando si staccarono, con il fiato corto Johanna disse convinta: “Sono dalla tua parte, qualsiasi cosa tu decida di fare.”
Il ragazzo le sorrise, sinceramente grato di avere il suo appoggio.
“Entra” e le fece strada fino al salotto dove Elaine stava cercando di calmare una Kayla che urlava e piangeva disperatamente.
Quando finalmente la neonata si addormentò Edward annunciò che sarebbe andato ad Azkaban.
“Vengo con te” affermò Jo alzandosi in piedi.
“No, non esiste. Apprezzo il tuo supporto ma ho progettato la cosa per me da solo.”
“Ed è pericoloso!” protestò Elaine
“Per questo voglio andare da solo. Meno gente è coinvolta in questa storia meglio è!”
“Ma io voglio essere con te!”
“Possiamo parlarne in privato?” domandò Edward trascinando una Johanna alquanto contrariata nell’ingresso.
“Ascoltami Jo, sarà una cosa pericolosa…potrebbero scoprirmi e arrestarmi, potrebbero succedermi mille altre cose…non posso permettere che tu venga con me perché se ti succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.”
Il tono del ragazzo aveva un che di disperazione che fece sciogliere anche il cuore di pietra di Johanna Johnson.
“Ma io voglio aiutarti…”
“C’è una cosa che puoi fare per aiutarmi: ho bisogno di un alibi. Qualsiasi cosa succederà ci potrebbero essere degli interrogatori…tu ed Elaine dovete sostenere la stessa versione. Ho bisogno di qualcuno che mi copra…”
Johanna prese un bel respiro. “Bene…rimarrò qui. Tu però vedi di tornare, intesi?”
“Intesi” concordò lui.
Edward salutò sua sorella e la sua nipotina poi tornò all’ingresso per abbracciare Johanna. La tenne stretta a se per un po’.
Stava per andare ad uccidere una persona, sperando di farla franca. Le cose sarebbero potute anche andare male e in quel caso rischiava di non vedere mai più la giovane. Aveva bisogno di dirglielo, aveva bisogno di dirle quelle due parole. Era presto, sapeva che era presto ma quella ragazza gli era entrata nel cuore il giusto che l’aveva vista entrare nell’aula delle udienze forte come una supereroina.
“Ti amo” le disse dopo aver sciolto l’abbraccio e si smaterializzò subito. Non le diede il tempo di replicare, aveva paura di sentire la risposta. Era abbastanza coraggioso da andare ad uccidere un Mangiamorte ma non abbastanza da dire “ti amo” ad una ragazza e vederne la reazione.

 

La notizia della morte di Magnus Saintclare si diffuse a macchia d’olio all’interno del ministero. Una squadra Auror venne incaricata di sentire le persone più vicine all’uomo, cioè sua moglie e suo cognato.
Quando William venne convocato per fare un interrogatorio e si ritrovò di nuovo davanti Elaine Burke ebbe quasi un colpo al cuore neanche lontanamente paragonabile a quello che ebbe però quando lesse, nella mente della giovane, la verità sulla morte di Magnus Saintclare.
Vide il terrore nei suoi occhi e non riuscì a dire ai suoi superiori che Edward Burke aveva ucciso Magnus Saintclare, si limitò a sostenere la versione che la ragazza aveva raccontato a voce e la stessa cosa fece per Edward.
Trovò la ragazza ad attenderlo nel suo ufficio. Era di spalle e guardava fuori dalla finestra magica che ogni giorno proiettava un panorama diverso, quel giorno sembrava di essere immersi in una foresta.
“Elaine…che ci fai qui?”
“Perché lo hai fatto? Perché mi hai protetta?”
“Perché so che ti ho ferita e mi dispiace ma tengo a te. Non voglio che la tua famiglia soffra ancora.”

 

L’ultimo caso, la sua ultima perdita non aveva fatto altro che svilire ancora la sua posizione di fronte al nuovo capo. Lei e Sophia erano state costrette addirittura a svolgere qualche lavoro di bassa manovalanza, lavori da inserviente. Quel giorno ad esempio Angela dovette trasportare un paziente dal suo reparto a quello per lesioni da incantesimi in quanto non era stato il suo animale a procurare al paziente una ferita che non ricordava come si era fatto ma si trattava di un incantesimo mal lanciato.
Mentre usciva da una stanza vede una figura, un uomo camminare verso l’ascensore. Per un nanosecondo pensò di aver avuto un’allucinazione o di stare sognando ma poi realizzò che era tutto vero.
L’avrebbe riconosciuto tra mille, nonostante lui fosse di spalle e fossero passati anni.
Con il cuore che le batteva a mille Angy cercò di passare tra le persone e la barelle per raggiungerlo. Si scontrò con qualcuno ma non ci fece neanche caso. Era lui. Era sicura che si trattasse di lui. Doveva raggiungerlo, doveva vederlo.
Purtroppo l’ascensore si chiuse alle spalle dell’uomo, ancora di spalle, e lei lo vide praticamente sparire sotto ai suoi occhi, quando era arrivata a solo una decina di metri da lui.

 

 

 

Buonasera gente!

C’era chi voleva il capitolo velocemente ed eccolo qui. Spero che vi sia piaciuto, è carico di feels e immaginando la parte di Freya ammetto di aver pianto, così come mi sono commossa con la storia di Francis… che ci volete fare, sono una sadica dal cuore di panna…
Mi dispiace solo di aver inserito poco William in questo capitolo, ma non volevo allungarlo ulteriormente. Signorina, consideralo in ostaggio fino alla realizzazione dei Malek… (si, è una minaccia)
Chi sarà la persona che Angela ha cercato di inseguire? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Per la cronaca: mancano due capitoli (Settembre e Ottobre) + l’epilogo.

A presto
H.

  
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