Lo Specchio delle Anime.
“And oftentimes, to win us to our harm,
The instruments of darkness tell us truths,
Win us with honest trifles, to betray’s
In deepest consequence”.1
[William
Shakespeare – MacBeth (Banquo, Atto
I – Scena III]
Atto
XVIII
L’uomo che volle essere Re.
Il corridoio in
cui Daisy li aveva trascinati era stato scavato nella pietra, puzzava di muffa
ed era interamente ricoperto di viscidume di cui sarebbe stato difficile
comprendere la natura. I quadri alle pareti dovevano risalire all’epoca Tudor, rappresentavano per la maggior parte Enrico VIII nel
suo periodo di massima bellezza e prestanza, alcuni raffiguravano le sue figlie
e successori, Maria ed Elisabetta, nonostante della
prima ce ne fossero davvero pochissimi. Stando alle lezioni del professor Rüf, Maria la Sanguinaria non era
stata una grande estimatrice della Magia, essendo una Magonò2.
Anna Bolena
aveva ragione, quel tunnel era stato costruito per volontà dell’ex marito e
probabilmente era stato abbandonato alla morte di Elisabetta, poiché
quest’ultima non aveva avuto figli cui tramandare il segreto. C’erano ottime
possibilità che fosse stato uno dei fantasmi Tudor a
portare questo Maestro in quel luogo,
non avrebbero potuto trovarlo, altrimenti3.
«Daisy… perché?» domandò ancora una volta
Hermione, mentre una forza irresistibile la trascinava lungo quel corridoio.
Non riusciva a rassegnarsi all’idea che proprio lei, che era sempre stata
troppo spaventata anche solo per guardarla negli occhi, avesse tradito tutti
loro, vendendoli ad un mostro di cui ancora non conoscevano l’identità. «Mi ero
fidata di te!».
Quelle parole sembrarono colpire
profondamente la donna, che strinse le labbra rosate e sospirò. «Non credere di
sapere sempre tutto, Granger. Non tutti siamo stati così fortunati da diventare
eroi, in guerra» le disse, cupa, con un tono di voce che era così strano, se
usato da lei, da suonare inquietante. «Mi dispiace, ma non ho avuto altra
scelta».
«C’è sempre una scelta» si intromise Malfoy,
che era stato affidato alle cure di Kingsley,
evidentemente sotto Imperio. «E te lo sta dicendo uno che credeva di non aver mai avuto una scelta».
Il Ministro grugnì qualcosa di
incomprensibile, continuando a spingere Draco. Il suo comportamento degli
ultimi mesi era improvvisamente diventato chiaro. Tutti i tentativi di
corruzione, tutta la confusione e l’improvvisa incapacità di governare erano
frutto dell’Imperius
di qualcuno che, naturalmente, non poteva avere la minima idea di cosa
significasse essere un Ministro della Magia4.
Non era Shacklebolt il problema, non lo
era mai stato. Lui era una vittima.
«No, Malfoy, non sempre» rispose la donna, senza guardarlo, mentre davanti a loro si
apriva una luce in fondo al tunnel, una luce fredda, verdastra, molto simile a
quella che Harry le aveva detto esserci nella Sala Comune dei Serpeverde. «Voi
avete la stessa arroganza, anche se provenite da schieramenti diversi. Buoni o
cattivi, siete stati protagonisti e vi è stato riconosciuto il diritto di scegliere,
magari anche di chiedere aiuto. Per noi, invece, non è stato così».
«E allora avete pensato bene di scatenare
una nuova guerra?» sbottò quindi
Hermione, con il tono più disgustato di cui era in possesso, ribellandosi
inutilmente alla magia che la costringeva ad avanzare. Ad ogni passo, lo strano
rumore che aveva sentito non appena era sbucata nel tunnel somigliava sempre di
più al suono di acqua che precipitava dall’alto, come se ci fosse stata una
piccola cascata non troppo lontana. «Daisy, non potete davvero richiamare Voldemort».
La donna scosse il capo, voltandosi solo
un istante a guardarla. Era terrorizzata, Hermione lo capì immediatamente,
nonostante stesse cercando di mantenersi quanto più calma possibile. Lo
spavento nei suoi occhi andava ben oltre quello di qualcuno che temesse per la
propria vita. «Non riuscirai a farmi parlare, Granger. Io non sono uno dei tuoi
indagati» le disse infine, tornando a guardare davanti a sé, mentre la luce ed
il rumore si intensificavano.
«Non
ancora» ringhiò allora Hermione, furiosa. Girare intorno alla questione era
sempre stato il metodo più efficace per far parlare gli scagnozzi incompetenti
come lei credeva fosse Daisy. Evidentemente quella donnina tanto delicata era
ben più decisa di quanto non avesse immaginato.
«Se non vi fermerete, non ci sarà un
domani» si intromise ancora Draco, che tuttavia sembrava preso nel controllare
che Kingsley non lo strizzasse troppo forse, essendo
leggermente fuori di sé. «Non vi rendete davvero di quanto grave sia il pericolo
che stiamo correndo. Ovunque lo Specchio sia stato, è seguito sempre un periodo
di distruzione totale. Se verrà usato per qualcosa di Malvagio, le conseguenze
saranno strazianti».
«Tanto meglio» fu la risposta secca della
donna. «Spero che quel dannato coso li
uccida tutti».
Quando Draco ed Hermione incrociarono gli
sguardi, entrambi furono tentati di stringersi nelle spalle.
Procedettero lungo il corridoio per
qualche altro minuto, la puzza di rancido e muffa era stemperata da quella
ancora più disgustosa di carne marcia e sangue ed il rumore era quasi diventato
assordante. La fonte di quest’ultimo divenne chiara quando, guardando in un
corridoio adiacente, Hermione vide una cascata infrangersi in pozzo naturale.
Le acque del Tamigi erano verdastre per propria natura, ma alla luce delle
lanterne magiche sembravano ancora più malate.
«Il Maestro non vede l’ora di
incontrarvi» comunicò Daisy, mentre l’apertura illuminata sul fondo diventava
sempre più grande e più vicina. «Siete stati una spina nel fianco più dolorosa
di quanto avesse immaginato, tuttavia è solito onorare i nemici che considera
degni con il migliore fra i suoi regali» aggiunse, con una smorfia.
«Sarei tentata di chiedere quale, se non
fosse un problema» sputò quindi Hermione, che si sentiva così nervosa da non poter stare zitta. «Mi farebbe
piacere anche sapere come mai ci avete mandati alla ricerca delle Tracce, se il
vostro intento era di tenerci lontani dallo Specchio».
«Una morte veloce, naturalmente». Daisy
accennò un leggero sorriso, improvvisamente orgogliosa di se stessa. «Il
Maestro avrebbe preferito non coinvolgervi, ma ha convenuto con me nel
realizzare che se non avessimo quantomeno finto
che il Ministro fosse interessato alla situazione ci saremmo ritrovato troppo
al centro dell’attenzione» spiegò, camminando tranquilla nonostante goccioline
di acqua puzzolente avessero iniziato a caderle sul perfetto maglioncino rosa. «Sapete, per rassicurare gli animi».
«Ma perché noi?» domandò allora Draco,
accigliato. «Siamo i migliori nel nostro campo, era ovvio che prima o poi vi avremmo trovati ed avremmo fatto di tutto
per fermarvi!».
«Il Maestro sapeva che non avreste
chiesto rinforzi e da soli, soprattutto contro tutti i suoi seguaci, non
avreste potuto far molto», la tranquillità con cui lei aveva iniziato a
rispondere preoccupava tantissimo Hermione. Non era normale quella
collaborazione, non quando si era già rifiutata di parlare. Sembrava quasi che
stesse partecipando a quell’operazione solo perché costretta, mentre la sua anima
si opponeva a quel fine con tutta se stessa. «Naturalmente, il Maestro non
conosce il vostro potenziale come chi ha assistito all’ultima guerra. Lui non
sa che non esiste nessuno più scaltro di un Malfoy o più intelligente e
coraggioso della Granger».
«Ma tu
lo sapevi». Hermione era sempre più confusa, ma qualcosa, in lei, le diceva che
continuare su quella via avrebbe giovato un po’ a tutti. «Tu sai che in qualche modo noi potremmo
sabotarvi».
«Io?» l’innocenza con cui Daisy pronunciò
quelle parole, mentre si avvicinavano alla fine del tunnel, fece rabbrividire
Hermione. «Io sono solo una semplice segretaria».
***
Colui che si faceva chiamare Maestro era
seduto su di un trono che era evidentemente appartenuto all’ultimo sovrano che
aveva vissuto in quei luoghi. Coperto interamente da un mantello scuro,
sembrava non avesse fatto altro che attendere il loro arrivo.
La stanza intorno a lui era circolare,
interamente ricoperta da drappeggi di velluto nero, alcuni ricoperti di muffa
mentre altri apparentemente sostituiti da poco, ed al centro esatto c’era
l’oggetto che aveva tormentato le notti di Draco per quasi tre mesi. Lo
Specchio era semplicissimo, circolare, non più alto di un metro e con una
cornice fatta di pietra. La parte riflettente era stata coperta con un velo
scuro, ma i suoni che provenivano dal suo interno erano abbastanza sinistri da
conferirgli un’aura di indicibile malvagità.
Anche
se la magia non è mai malvagia, è solo chi la usa a plasmarne la natura.
«Ah, benvenuti» la voce dell’uomo era
distorta probabilmente a causa della strana maschera che gli copriva il viso.
Draco la riconobbe improvvisamente come quella che nella tradizione era
associata al demonio. «Avevo iniziato a sperare che foste spariti, ma
naturalmente mi sbagliavo».
«Ah, lo sa pure lei, la vita è fatta di
delusioni» sbottò Draco, con una smorfia. «Mi piace come ha arredato questo
postaccio, lo stile horror e fatiscente sta tornando di moda, a
quanto pare».
«Il signor Malfoy ama sempre scherzare»
disse il Maestro, la voce distorta che sembrava improvvisamente divertita ed
irritata insieme. «Shacklebolt, che ne dici di dargli uno scossone per fargli
capire quanto apprezziamo il suo
sarcasmo?».
Con un grugnito e più velocemente di
quanto Draco non avrebbe voluto, il Ministro aumentò la presa sulle sue braccia
e strinse forte, costringendo il giovane a sibilare un paio di insulti per
coprire il sinistro crack che fecero
le sue ossa.
Doveva
avergli incrinato delle costole, il bastardo.
«Lei mi conosce, ma noi non conosciamo
lei» disse allora Draco, mentre Hermione, al suo fianco, sembrava
improvvisamente rapita dallo Specchio che svettava al centro della stanza. Il
fatto che non avesse detto nulla, da quando erano arrivati, era leggermente preoccupante.
«Non so se gliel’hanno detto, ma è davvero da maleducati non presentarsi».
«Tu mi conosci benissimo, Malfoy, così
come mi conosce la tua accompagnatrice Granger» a quelle parole, Hermione si
riprese improvvisamente, alzando gli occhi sul Malestro. «Ma i nomi sono così
sopravvalutati… dopotutto, un uomo si è mai preoccupato di chiedere il nome a
delle formiche? Voi questo siete, per me, nulla più che formiche da
schiacciare».
Simpatico,
l’amico.
«Credo di non averla capita» borbottò
Draco, tirando fuori la migliore fra le sue espressioni impertinenti. «Sa, con
la maschera e tutto quell’apparato5…».
Un cenno del Maestro e Shacklebolt
assestò un altro colpo letale alle sue costole. Forse avrebbe dovuto star
zitto.
«Vuole dirci chi è lei? Oppure dobbiamo
tirare ad indovinare fra tutti i fedelissimi di Voldemort?» con un sibilo,
Hermione si ribellò ancora alla magia che la teneva bloccata, naturalmente
senza alcun successo. «Non le permetteremo di portare a termine il suo piano e
farlo tornare qui, non dopo tutto quello che abbiamo perso per liberarci di
lui!».
«Riportare
Voldemort indietro? Io non voglio avere nulla a che fare con lui» rise il
Maestro, muovendosi a scatti sul suo vecchio trono. In quel momento, Draco notò
una corona dall’aria antica sul suo capo, una corona che era sicuro di aver notato da qualche altra
parte. «Non si esalti troppo, Miss Granger, non ho intenzione di rivelarvi il
mio piano senza prima assicurarmi che non possiate scappare. Morirete entrambi
entro l’alba di domattina, ma quantomeno meritate di morire informati riguardo
cosa vi lascerete alle spalle». Un suo cenno del capo e Daisy, seppur con
l’espressione di qualcuno che avrebbe preferito fare un balzo nell’acido, tolse
loro le bacchette, appellandole e, con un gesto secco, spezzandole in due.
Quello era un danno che neppure Ollivander avrebbe risolto. La bacchetta di Draco era
appena stata riparata, maledizione.
Senza le loro armi, le speranze di
sopravvivere avevano iniziato ad abbassarsi fino a sfiorare lo zero, ma lui non
si sarebbe arreso, non quando aveva così tanti piani per il futuro e non quando
aveva fatto una promessa tanto importante.
Ti
sto affidando il mio papà, Malfoy.
Doveva esserci un modo. C’era sempre un
modo, per quanto la situazione potesse sembrare complicata o disperata, era una
cosa che lui era stato costretto ad accettare da tantissimo tempo, ormai.
Prima di tutto, però, doveva comprendere
quanto grave fosse il guaio in cui erano andati a finire e, soprattutto, chi
fosse il cosiddetto Maestro.
«Se non vuole avere a che fare con lui,
perché lo Specchio? Perché i Mangiamorte? Cos’è
che vuole?». Hermione non sembrava intenzionata ad utilizzare i soliti
giochetti che agli Inquisitori piacevano tanto. Anche lei era strana, nervosa,
quasi quella situazione avesse tirato fuori il lato più vigliacco del suo
carattere, sempre che lei ne avesse mai avuto uno. Era spaventata,
comprensibilmente, ma il modo con cui si guardava intorno, il pallore del suo
viso… qualcosa non quadrava.
«Anche Potter che sta male… se non è a
causa di Voldemort, perché?» si intromise comunque il mago, scuotendo il capo
per allontanare momentaneamente i timori per la salute della fidanzata. Non era
il momento di pensare a lei, se non avesse impedito che la situazione
precipitasse probabilmente non ci sarebbe stato un domani su cui fare progetti su progetti. Si trattava di priorità, i
Serpeverde erano bravi con quelle, di solito.
Stranamente, Hermione ammutolì,
impallidendo ancora di più nonostante il lieve sorriso di trionfo che le
incurvò le labbra.
«Ah, il signor Potter… è stata una mossa
geniale, dovete concordare con me» disse il Maestro, con una risatina crudele,
mentre il suo capo incappucciato si scuoteva leggermente, facendo dondolare
l’antica corona.
L’aveva
vista da qualche parte, ma dove?
«È collegato ai Mangiamorte, immagino. Ed
alle indagini che ci avete spinti a fare, nonostante fosse contro il vostro
interesse» convenne la strega, improvvisamente accigliata. Doveva sapere
qualcosa che Draco ancora ignorava, per forza. Lei non aveva mai tollerato
l’idea di non sapere. «Era tutto un
trucco?» chiese ancora, a labbra strette, voltandosi finalmente verso di lui
per potergli spiegare quell’anello mancante nella ricostruzione del quadro
generale. «Harry non sta male a causa di Voldemort. È stato avvelenato».
«Che
cosa?» se avesse potuto, Draco avrebbe lasciato cadere le spalle con fare
sconfitto. Tanto tempo ad arrovellarsi il cervello con il Dottore per scoprire
cosa accidenti fosse preso al
cervello dello Sfregiato e poi? Avvelenamento. Ma come avevano fatto, i
guaritori, a non rendersene conto? Dopotutto era monitorato notte e giorno! Ed
i suoi disturbi erano presenti da mesi
prima della crisi finale. «E tu come accidenti fai a sapere che l’hanno
avvelenato, Granger?» chiese ancora, mettendo da parte tutte le altre domande.
Quella gli premeva di più, perché avrebbe potuto implicare che lei avesse
sempre saputo e gli avesse mentito per tutto quel tempo, nonostante tutto ciò
che avevano affrontato insieme.
«Deduzione» fu una risposta troppo
veloce, quella di lei, ma non c’era tempo per discutere fra loro e glielo fece
capire molto chiaramente quando tornò a concentrarsi sul Maestro, rimasto in
divertito silenzio ad osservarli. «Allora? Ha promesso di farci morire
informati, si sbrighi a parlare. E magari si tolga quella maschera, voglio
guardare negli occhi il mio assassino».
Quello era un
atteggiamento da vera Corvonero, più che da Grifondoro. Un desiderio di
conoscenza che andava oltre la volontà di vivere era coerente con Hermione Granger. Per esser precisi, lo sarebbe stata
se le loro vite fossero state le uniche in gioco, non anche quelle di tutte le
persone cui poteva aver mai voluto bene.
Non
era normale.
«Se vi rivelassi subito chi sono, dove
sarebbe il divertimento, Miss Granger?» disse il Maestro, tranquillo, mentre
intorno a lui iniziavano a radunarsi tanti uomini e donne mascherati e coperti
da lunghe tuniche nere. Ricordavano i Mangiamorte, ma soltanto vagamente:
c’erano una disperazione ed una sottomissione, in loro, che Draco non aveva mai
visto nei suoi ex compagni, neppure
nel periodo di massimo potere del Signore Oscuro. «Ottima deduzione, però.
Avvelenare lentamente il signor Potter, fondare il mio esercito basandomi su
quello di Voldemort, spargere false notizie sul suo ritorno… un ottimo modo per
non attirare l’attenzione sul mio vero intento, non è vero? Chi si sarebbe
messo ad interrogare un povero Mezzosangue? Chi avrebbe fatto caso a documenti
spariti dagli archivi del Ministero, se questi non avessero avuto nulla a che
fare con la guerra appena conclusa?» la voce dell’uomo era colma di una
soddisfazione quasi fastidiosa. Rise, facendo venire i brividi a Draco. «Il mio
è un piano perfetto, elaborato in oltre sei anni di sofferenze indescrivibili».
Oltre
sei anni. Doveva aver iniziato a progettare tutto nel periodo della Guerra,
probabilmente quando il Signore Oscuro era ancora vivo e vegeto.
«Ma se non vuole riportare Voldemort,
cosa vuole fare con lo Specchio? Si tratta di Magia potentissima, più antica
dei maghi stessi, probabilmente!» il tono della strega era di sdegnata
confusione. «Cos’è che vuole? Ci è
stato sempre ripetuto immortali nella
mortalità, ma nessuno ha ancora avuto il coraggio di parlare».
«Ah, questi giovani d’oggi, non hanno alcun
amore per la cultura, per la storia!» sbottò il Maestro, scuotendo ancora il
capo. Un campanello d’allarme iniziò a trillare nella mentre di Draco, ma lui
riuscì a zittirlo, almeno per il momento. La corona antica continuava ad
attirare il suo sguardo, quasi avesse voluto
esser riconosciuta. «Immortale nella
mortalità è una formula usata dall’antico popolo vichingo poco prima di un
sacrificio propiziatorio6» spiegò, mentre Daisy, ormai lontana da
Hermione, girava intorno allo spiazzo centrale per mantenere la massima
distanza dallo Specchio e poter comunque raggiungere il fianco dell’uomo. «Chi
diventa immortale, dopo la morte, se non le persone importanti? Se non chi ha
lasciato un’impronta nella storia?» chiese, retorico, indicando con un cenno la
trentina di persone che l’aveva raggiunto. «Noi vogliamo questo. Vogliamo essere ricordati per qualcosa di immenso, poiché
fino ad oggi nessuno si è mai curato di noi».
«Siamo stati lasciati da parte, come
pedine in un gioco già concluso» una voce giovane, a Draco sconosciuta,
provenne dalla piccola folla che si era appena radunata. Un attimo dopo, un
giovane con lunghi capelli colo topo si fece avanti, togliendosi la maschera e
rivelandosi ai loro occhi. «Vittime della Guerra ma non abbastanza importanti
da meritare attenzione. Dopotutto, noi non eravamo Potter o Weasley o Malfoy».
«Dennis7» la voce di Hermione
improvvisamente sembrò tremare, come se fosse stata nel panico. «Dennis, cosa stai facendo? Tuo fratello è morto per
combattere una guerra e tu-».
«Ed io combatto affinché anche il mio
nome non venga cancellato e dimenticato, com’è successo a lui» la risposta
velenosa del giovane la zittì, quasi fosse stata bruciata. «Hermione Granger…
mio fratello parlava di te come una persona di gran cuore, eppure non hai mai
detto una parola in sua memoria, oppure in memoria di tutte le altre vittime.
Ma loro non erano importanti, vero? Noi
non eravamo importanti. Non abbiamo ricevuto targhe, non abbiamo ricevuto
aiuto… alcuni di noi hanno lottato ad Hogwarts con voi altri, eppure non siamo
stati chiamati eroi».
«Siamo tutti eroi, Dennis»
Hermione sembrò volerlo supplicare, tanto docile era stata la sua voce. Draco
si voltò appena in tempo per osservare un singola lacrima scendere lungo la sua
guancia, il viso contorto in una smorfia disperata. «Nessuno potrebbe mai esser
dimenticato».
«Se tutti siamo eroi, allora sarebbe come
dire che non lo è nessuno» le fece notare il giovane dai capelli color topo,
con una risatina. «No, non funziona così, non potrà mai funzionare così, finché
ci sarete voi ad oscurarci. Ci avete
messi da parte non appena non avete avuto bisogno di noi… ed ora noi vi metteremo da parte,
definitivamente».
«Dov’erano i grandi Mangiamorte, quando
mio fratello veniva ucciso dai suoi stessi amici?». Un’altra voce, questa volta
femminile, si sollevò dal coro. Draco riconobbe subito la cugina Goldine, accompagnata dal marito. «Dov’erano gli stessi fedeli che avrebbero seguito mio padre
in capo al mondo, quando anche lui venne ucciso per aver chiesto vendetta? Evan
Rosier era stato uno dei fondatori dell’esercito,
eppure nessuno si preoccupò di restituirci il suo corpo, perché, ormai, lui non
era più importante» aggiunse, con un
sibilo ferito che fece tremare le gambe a Draco. Ricordava quando Merrick aveva rivolto quelle stesse domande alla sua
famiglia e ricordava il silenzio con cui suo padre aveva risposto.
«Vedete?» la voce del Maestro sembrò
improvvisamente compiaciuta. «Il vostro voler salvare il mondo non ha fatto altro che portarvi qui, davanti a
tutte le vittime dimenticate di una guerra che non è mai finita davvero»
continuò, allargando le braccia per indicare chi lo circondava. «Ed ora, le
vostre vittime chiedono giustizia. La giustizia che arriverà soltanto quando io riporterò l’equilibrio fra bene e
male, fra sacro e profano».
Profano.
Profano.
Questa
è la corona indossata da Enrico VIII il giorno in cui fondò la sua nuova fede,
divenendone il capo spirituale ed eliminando il profano dal mondo.
L’improvvisa immagine di dipinto del
sovrano Tudor gli tornò alla mente, facendolo
irrigidire. Si trattava di un originale risalente agli ultimi anni di vita del
Re in questione, un ritratto che Draco era sempre stato convinto dovesse essere
stato toccato dalla magia, poiché più
volte era stato convinto di averlo visto ammiccare. 3
Un ritratto che lui aveva visto in un
ufficio da professore universitario.
All’università St.
Andrews.
Voi
maghi siete la rappresentazione vivente del concetto di profano, Malfoy.
«Rochester!».
***
Quando il Maestro si tolse la maschera,
rivelando il volto grinzoso dello stesso professore universitario che Draco
aveva incontrato tante volte, negli anni precedenti, un brivido d’orrore
attraversò le spine dorsali dei due prigionieri, spingendo Hermione a
trattenere bruscamente il respiro e lui, che già credeva di aver espresso tutto
il suo sdegno pronunciando il suo nome, ad imprecare con una tale convinzione
da far invidia allo scaricatore di porto della nave più malfamata dell’intera
Londra.
«Lei? Come… com’è possibile? Come ha
potuto…» la Granger sembrava aver completamente perso la capacità di parola,
mentre fissava sbalordita il vecchio storpio che, mesi prima, aveva fornito
loro le prime informazioni sullo Specchio, cacciandoli in malo modo per paura
che potessero fargli del male.
Menzogne,
tutte menzogne.
«Ah, Miss, sono riuscito a sorprenderti
alla fine» rise il professore, raddrizzando le spalle ma senza muovere le
gambe. Solo in quel momento l’immobilità innaturale dei suoi arti inferiori
risaltò agli occhi di Draco. «Immagino che per una ragazza come te, tanto
votata alla giustizia ed all’equilibrio, l’idea che una vittima possa farsi
giustizia da sola debba essere assolutamente inconcepibile» continuò,
divertito, mentre i suoi scagnozzi restavano immobili, senza dimostrare alcun
sentimento. «Sì, sono stato io ad architettare tutto, fin dal giorno in cui il
vostro Voldemort ha reso evidente ai
miei occhi l’esistenza della magia, torturandomi fino a rendermi uno storpio».
«Ma come?
Come ha fatto a reclutare tutti loro? Come ha fatto a mettere sotto
incantesimo il Ministro?» lo sdegno
di Hermione era palpabile nell’aria, come se ogni sua parola fosse stata
accompagnata da una vampata di fuoco e ghiaccio insieme. Se avesse usato quel
tono con lui, Draco probabilmente
avrebbe chiesto scusa anche per qualcosa di cui avrebbe potuto non avere idea.
«Cosa vuole?».
«Tutto al suo tempo, mia cara, tutto al
suo tempo» la redarguì il professore, la voce macchiata da una punta di severità.
Sembrava quasi che Hermione fosse stata una studentessa un po’ troppo
impaziente durante una lezione. «Vedete, Voldemort oltre a mettermi davanti
alla innegabile esistenza della magia, ebbe modo di confermarmi l’esistenza
dello Specchio e del suo inestimabile potenziale. Lo desiderava, così da poter
sfruttare la conoscenza dei defunti e ottenere la vita eterna».
«Ma non è quello che vuoi tu» sbottò
ancora la strega, con un sibilo. «Hai già la Pietra Filosofale, non è vero?».
Il professore sembrò stupito da quella
sua intuizione ed un attimo dopo lo confermò, battendo allegramente le mani
come a farle un complimenti. «Chapeau,
mia cara. Cosa è stato a tradirmi?» le domandò, incurante di rivelare le
proprie intenzioni tanto quanto di star tenendo un comportamento inadatto alla
situazione. Quella non era un’aula accademica ed in gioco non c’era soltanto il
rendimento scolastico della Mezzosangue.
«Se il veleno di Harry non è stato
trovato con i criteri normali e se delle dosi giornaliere non l’hanno reso
immune, deve trattarsi per forza di un veleno alchemico di incredibile forza,
probabilmente figlio di una deviazione della Panacea» la spiegazione di
Hermione arrivò immediata, quasi lei avesse saputo
che prima o poi qualcuno le avrebbe posto la fatidica domanda. Messa sotto
quella luce, la situazione di Potter sembrò così banale, a Draco, da spingerlo
a chiedersi come avesse fatto a non rendersene immediatamente conto.
«Eccellente davvero!» l’allegria con cui
il professore acclamò quella sua scoperta ricordò molto l’entusiasmo di Silente
quando Potter era solito tornare vivo da una delle sue missioni suicide ed
assolutamente contro il regolamento. Aveva la stessa faccia del vecchiaccio
prima di dare ventimila punti immotivati a Grifondoro. «Hai ragione, Miss
Granger, io ho già la Pietra e, se l’avessi voluto, avrei già potuto recuperare
la funzionalità delle gambe, oltre ad ottenere l’immortalità».
«Ma non è quello che lei vuole, non è
vero?» fu Draco a parlare, quella volta, sentendo che tutti i pezzi del puzzle
avessero finalmente iniziato a trovare il loro posto. «Guarire vorrebbe dire dimenticare e lei non lo desidera.
L’immortalità è inutile, se non può avere la vendetta. È lo stesso motivo per
cui il Signore Oscuro si è sempre rifiutato di cercare attivamente lo Specchio, voleva prima uccidere Potter e
vendicarsi, per potersi godere l’Immortalità».
«Voldemort ed io condividevamo molte
idee, sì» convenne il professore, con un vago sorriso. Tornò a voltarsi verso
Hermione, probabilmente poiché riteneva che lei fosse l’allieva migliore. «Adesso comprendi, Miss
Granger? Non mi serve la Pietra, non finché non avrò utilizzato lo Specchio per
avere la mia vendetta. Non finché non avrò raso al suolo la vostra razza e
tutta la civiltà umana, riemergendo poi come l’unico vero potente».
«La nostra razza?» il panico nella voce
della strega non poté essere mascherato, nonostante lei avesse tentato. «Vuole
uccidere tutti i maghi?».
«Ma certo che no, mia cara» il tono
carezzevole dell’uomo fu viscido come la carezza di una lingua di serpente
sulla pelle. «Non tutti. Qualcuno
dovrà pur mantenere l’ordine, nel mio nuovo mondo».
La risata folle del professore rimbalzò
per le mura della stanza, facendo tremare tutte le ossa del corpo di Draco.
«Lei è un dannato folle!» sbottò
Hermione, con un urlo isterico. «Non può farlo, non… per l’amor di Dio, tutti
voi! Volevate diventare qualcuno ma siete pronti ad uccidere le vostre famiglie, per farlo? Cosa vi
rende diversi da Voldemort?».
«Non credo riuscirà a convincerli, Miss
Granger» la fermò il professore, tranquillo, facendo un cenno ad un uomo
affinché scoprisse il collo. Quando ubbidì, Draco vide chiaramente un piccolo
tatuaggio a forma di rosa8, abbastanza piccolo da poter essere
facilmente coperto. Un simbolo che lui aveva già visto. «Questo è stato un
prestito di sua Maestà Enrico VIII, un simbolo d’altissimo potere magico capace
di imbrigliare la volontà umana. La mia cara Apprendista mi ha gentilmente
fatto la cortesia di prendersi cura del lato magico della questione» nel dire quella parola indicò Daisy, che
abbassò il capo come se si stesse vergognando di se stessa «Tutti loro sono miei, anche se non se ne rendono conto!
E lo saranno sempre, fedeli come i più devoti sudditi, pronti a lanciarsi nelle
fiamme per me9» il sorriso del vecchio si allargò. «Oppure a
tagliarsi le vene, come faranno adesso».
«Cosa?» a parlare era stata proprio la
bionda segretaria, il bel viso contratto in una smorfia di disappunto. «Non
erano questi gli accordi!» aggiunse, sdegnata, facendo un passo avanti quasi
avesse voluto fronteggiare il suo Maestro.
«Gli accordi sono cambiati, Daisy» la
tranquillità con cui le rispose non aveva nulla dell’uomo nevrotico che Draco
credeva d’aver conosciuto. Erano state
tutte bugie. «Devo ricordarti il grandissimo favore che ti ho concesso? Non
costringermi a rimangiarmi la parola, mia cara, sai bene che lo farei
volentieri e per il tuo piccolo David sarebbe la fine».
Quelle parole frenarono la donna, i due
la videro gelarsi sul posto e poi arretrare, gli occhi bassi e le mani strette
in pugni tremanti lungo i fianchi. Lei non aveva il tatuaggio, probabilmente
era quello il motivo della ribellione.
Era
costretta a partecipare.
«Daisy, non devi starlo a sentire» tentò
quindi Draco, un moto di speranza ad animargli il petto. Forse avrebbe potuto
confonderla al punto di farle cambiare idea. «Puoi ancora risolvere tutto!
Basta distruggere lo Specchio ed interrompere l’incantesimo su tutti loro…
Daisy, tu puoi scegliere».
«No, non posso» il tono risolutivo della
giovane donna lo interruppe, i suoi occhi chiarissimi lo fulminarono sul posto.
«Io non ho altre possibilità, il mio bambino non ha altre possibilità».
«Andate, il vostro momento è finalmente
giunto» disse, tranquillo, il professore, facendo un cenno al gruppo in modo
che raggiungesse il centro della stanza. «Andate, donate voi stessi come
sacrificio e allora sarete anche voi immortali
nella mortalità».
Nel silenzio sbigottito di Draco ed
Hermione, tutti i maghi e le streghe presenti estrassero un pugnale dalle loro
vesti e, uno alla volta, si avvicinarono allo specchio, recidendosi di netto la
gola. Non emisero un fiato, non si lamentarono, semplicemente posero fine alle
loro vite poiché così era stato richiesto da una volontà molto più forte della
loro, oltre che incredibilmente più crudele.
Voltandosi verso Daisy, Draco la trovò in
lacrime, presa da una disperazione che nessuno avrebbe mai potuto comprendere.
Era
tutta colpa sua.
«Adesso tocca a voi» con una gentilezza che era agghiacciante in quello scenario di
dolore, il professore si voltò verso Draco ed Hermione, sorridendo. «Vedete,
quello che i miei predecessori non sapevano, riguardo lo specchio, è che questo
ha bisogno di sangue vivo per esser
davvero controllato. Ha bisogno di un sacrificio, affinché il suo potere possa
essere incanalato e non generare distruzione una volta finito il suo compito».
«Ha bisogno di un contenitore?» fu
l’immediata domanda di Hermione, stranamente ansiosa oltre che incredibilmente
immediata, anche per qualcuno con un’abilità nel ragionamento pari alla sua. «Lo Specchio ha bisogno di un tramite».
«Esattamente, mia cara, esattamente!» la
gioia del professore sembrò incontenibile. «I morti vogliono tornare a vivere,
quindi quale potrebbe essere un modo migliore di controllarli, se non offrendo
loro tanti gusci vuoti ed uno ancora caldo
per incanalare la magia?».
Sarebbero
morti tutti.
Era una certezza, a quel punto. Il
professore li aveva privati di qualsiasi difesa ed a breve li avrebbe usati da
contenitore per gli spiriti magici più saggi mai esistiti. Li avrebbe resi un
collegamento vivente fra i due mondi.
«Naturalmente, avrò bisogno soltanto di uno di voi» continuò l’uomo, voltandosi
finalmente verso Draco. «E tu, Malfoy, non mi servi».
Un attimo dopo, Kingsley
lo scagliò violentemente contro un muro, facendogli perdere i sensi.
***
Il velo sopra lo specchio aveva iniziato
a tremare nel momento stesso in cui il primo fra i fedeli si era reciso la gola, le voci erano aumentate a dismisura,
un coro che reclamava una libertà che mai avrebbe dovuto ottenere.
Hermione aveva paura, ma non più per se
stessa. La morte era già stata messa in conto, non era un concetto che la
spaventava, per quanto ritenesse ingiusto doversi separare da tutti i suoi
affetti dopo così poco tempo dalla sua ripresa. Non avrebbe avuto modo di
stringere il bambino di Ginny ed Harry e non avrebbe mai stretto i suoi bambini. Non avrebbe abbracciato
mai più il suo migliore amico e non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori.
Non
avrebbe più baciato Draco.
Era ingiusto il suo destino, ma lei lo
aveva accettato. Tuttavia, la possibilità di diventare un portale fra due mondi
metteva tutto sotto un’altra prospettiva. Non poteva semplicemente morire. Non in quel modo.
La sua unica speranza, in quel momento,
era la donna disperata accanto al professore.
«Daisy» la chiamò, con
urgenza. «Daisy, ti prego, tu non vuoi tutto questo!» la supplicò, tentando
inutilmente di ribellarsi contro la magia che ancora le impediva di muoversi.
Ogni istante era un passo forzato più vicino a quell’oggetto maledetto. Ogni
istante era un istante in meno per far sì che il mondo venisse salvato. «Non so
cosa ti abbia promesso, ma pensi davvero di poterti fidare di lui? Ha ucciso i suoi seguaci e probabilmente ha
risparmiato te solo perché è la tua magia a tenerci tutti sotto controllo».
«Non darle ascolto, ragazza. Presto il
nostro piano arriverà a compimento e tu sarai al mio fianco nel nuovo mondo che
governerò. Tu e David, insieme e felici, ancora una volta» il professore
intervenne con un tono stranamente ansioso, mostrandosi forse un po’ troppo affettuoso rispetto a quanto non avesse
fatto fino a quel momento. «Ricorda perché hai fatto tutto questo! Ricorda chi deve davvero essere salvato!».
Daisy era terrorizzata, i suoi occhi
chiari saettavano confusi da Hermione all’uomo, mentre si allontanava da
entrambi con passi incerti. Ancora una volta, la strega sentì quel brivido che
solo la sofferenza incredibile sapeva portare con sé. Miss Stumplevill
aveva patito le pene dell’inferno e quella sua indecisione altro non era che la
lotta fra il dolore della vittima e la possibilità di divenire finalmente un
carnefice. Hermione aveva provato quella stessa indecisione, quando Harry le
aveva chiesto cosa fare di Ronald.
Ma lei non era un mostro e non aveva
voluto ucciderlo. E lo stesso poteva dirsi di Daisy, ne era assolutamente
certa.
«Lui può riportare indietro mio figlio,
Miss» la voce della donna era spezzata, affranta, disperata quasi quanto lo era
il suo sguardo. «Lui può ridarmi il mio David, me lo ha promesso… io non posso
rinunciare a lui» esalò, arretrando di un paio di passi. Lo Specchio copertò tremò, quasi le anime avessero voluto ruggire la
loro approvazione. Le avrebbero ridato il
suo bambino, ma ne avrebbero presi tanti altri. «Mi dispiace, io… io non
posso rinunciare a lui».
Improvviso, il ricordo di un articolo di
giornale di quasi sette anni fa fulminò Hermione sul posto. Un bambino, un bambino
di appena un anno, era stato sbranato vivo da Greyback
durante un attacco a Diagon Alley.
Un bambino innocente, la cui madre era stata ricoverata al San Mungo per mesi,
a causa dello shock.
David
Stumplevill.
Tutto, in quel momento, ebbe finalmente senso
agli occhi di Hermione. La paura di Daisy durante gli incontri con i
rappresentanti delle Creature Magiche, il suo strano comportamento l’unica
volta in cui aveva incontrato Teddy, quando Harry lo
aveva portato con sé al lavoro, e la velocità con cui Kingsley
si era sbrigato a giustificarla, facendola allontanare. Il professore doveva
averla avvicinata nel periodo in cui erano stati entrambi al San Mungo10,
incantandola con le sue chiacchiere riguardo un potere così immenso da poter
riportare indietro chiunque e realizzare qualunque desiderio.
Hermione capì il perché del suo tormento:
se le avessero proposto di riportare indietro il suo bambino mai nato, fin dove
si sarebbe spinta?
«Daisy» tentò allora, stringendo per un
attimo le labbra per paura di dire qualcosa di orribilmente sbagliato. «Daisy,
lo so che stai soffrendo, io ti capisco. Anche io ho perso il mio bambino a
causa di un uomo orribile» le mormorò, dolcemente. «Non è questo il modo
migliore per riaverlo indietro, però».
«Non ci sono altre possibilità!» esalò la
donna, arretrando ancora finché le sue spalle non si ritrovarono bloccate
contro il muro. Era pallida, le lacrime avevano fatto sciogliere il trucco
perfetto che l’aveva sempre caratterizzata. Per la prima volta si mostrò debole
com’era sempre stata, come tutti l’avevano percepita sotto le mentite spoglie
di ragazza perfetta. «Solo lui può riportare il mio David indietro».
«Chi ti assicura che lo farà? Hai visto
cos’ha fatto! Potrebbe fare lo stesso con te!» la dolcezza di Hermione stava
lentamente scadendo nell’isteria. Lo Specchio tremava, davanti a lei, ed i
centimetri che li separavano diminuivano sempre di più.
Non
c’era tempo.
«Io rispetterò la parola data, Granger»
si intromise il professore, con un ghigno sardonico. «Diversamente da voi, dal
vostro Ministero, io voglio davvero mantenere la mia promessa, non la lascerò
mai più sola». Allungò la mano verso Daisy, come a chiederle di unirsi a lui e
fare fronte unico contro la loro vittima. «E nel nuovo mondo, libero dalla
Magia se non quella che io terrò per me, David potrà tornare a vivere insieme a
sua madre!».
«E quanti bambini innocenti dovranno
morire, per permettergli di realizzare questo piano folle?» la domanda di
Hermione fu rivolta direttamente alla giovane donna, che la fissò con orrore.
«Chiediti se sei pronta ad avere milioni e milioni di bambini sulla coscienza,
Daisy, perché non avrai altre possibilità! È quello il mondo in cui vorresti crescere tuo figlio? Vuoi davvero
che sua madre diventi complice della più grande strage della storia?» continuò,
alzando sempre di più la voce. «Daisy, tu
puoi salvarli tutti!» urlò alla fine, esasperata, quando la donna sembrò
non riuscire più a sentire le sue parole.
«Daisy» la voce stanca e sofferente di
Draco li fece voltare tutti verso l’angolo in cui si era accasciato dopo che Kingsley, ancora sotto incantesimo, lo aveva ripetutamente
fatto sbattere contro il muro. Aveva una brutta ferita alla testa, il viso
completamente tumefatto e gli abiti sporchi di sangue proprio e dei fedelissimi
che si erano già uccisi. «Credimi, il senso di colpa non passerà mai. Anche quando penserai di esser
felice, di aver ottenuto ciò che volevi… il
senso di colpa ti perseguiterà» le disse, cercando di rimettersi in piedi,
con incredibile fatica. «Saranno tutti lì ad aspettarti, ogni volta che
chiuderai gli occhi. Tutte le vite che avrai collaborato a concludere… tutti i
bambini senza genitori, tutti i genitori senza più figli. Saranno tutti lì e ti tormenteranno. Non fare a te stessa quello
che io ho fatto a me, tu puoi cambiare le
cose».
«Non starli a sentire» il professore non
sembrava minimamente toccato dai loro tentativi, così sicuro di vincere da
avere il coraggio di ridere loro in faccia. «Sappiamo entrambi che questo è
l’unico modo per ottenere ciò che vuoi. Nessuno ti ridarà tuo figlio e nessuno
pagherà perché ti è stato tolto. Questa è l’unica via affinché David non venga
dimenticato».
La giovane donna sembrava divisa tra due
fuochi fra i quali le sembrava impossibile scegliere il meno doloroso. I suoi occhi quasi trasparenti si posarono
sul Maestro, poi su Draco, infine su Hermione. Quando parlò, la sua voce era
ridotta a poco più che un pigolio. «Fa male»
le disse, tremando. «Fa così male che la mattina spero sempre di non
svegliarmi. Sono passati anni, eppure mi sembra sempre di averlo appena perso».
«Continuerà a far male» fu la pronta
risposta di Hermione, che sentiva di condividere almeno in parte quella pena
terribile che doveva agitarsi nel suo petto. Anche lei si svegliava la mattina
con la sensazione di star ancora sanguinando e probabilmente avrebbe continuato
ad avere degli incubi per tantissimo tempo ancora, se la sua vita non fosse
stata ad un passo dall’essere spezzata per sempre. «Farà male per sempre, ma è
un male necessario, Daisy. Solo così
potrai tenere il suo ricordo sempre con te. Solo così saprai sempre quale sarà
la scelta migliore da fare» prese un respiro profondo, imponendo a se stessa di
non piangere. «Se andrai avanti lungo questa strada, tantissime madri perderanno
i loro figli a causa di un mostro impossibile da combattere e tu, Daisy, tu sarai il mostro».
I loro occhi si incontrarono per un lungo
istante, dopo quelle parole. Il professore rideva, convinto che non ci sarebbe
stato alcun pericolo per lui, che per sei anni aveva mosso i fili della volontà
della donna praticamente indisturbato, spingendola a manipolare tutto il
Ministero. Draco, con qualche lamento, era riuscito a rimettersi in piedi e
stava tentando di avanzare, nonostante le diverse costole rotte ed il viso
completamente distrutto.
Hermione e Daisy si fissarono, marrone
nell’azzurro, e ritrovarono l’una nell’altra quel dolore che nessun uomo
avrebbe mai potuto capire davvero. Non erano sole, non lo sarebbero mai state,
ma avrebbero potuto impedire che altre madri innocenti provassero il loro
stesso dolore.
«Cosa stai facendo?» quando la donna fece
i primi passi avanti, diretta allo Specchio, ed Hermione venne improvvisamente
rilasciata dagli incantesimi restrittivi, il professore si raddrizzò sul suo
trono e mostrò i primi segnali di ansia. Dietro di lei, Hermione sentì
distintamente il suono di Kingsley che cadeva al
suolo e, finalmente libero da un’Imperius di
lunghissima durata, imprecava senza alcun ritegno. «Daisy, torna indietro!».
«No» la sua risposta fu secca, ma non si
voltò a guardarlo così come non prestò attenzione ai cadaveri intorno a lei. Il
sangue aveva formato una grande pozza intorno allo Specchio, che sembrava
avervi trasmesso la propria vita. Ribolliva, mentre l’odore disgustoso del
ferro si diffondeva per quel corridoio. «Ho collaborato fin troppo con te, non
ho intenzione di continuare» gli disse, con un ringhio.
«Così non rivedrai mai più tuo figlio»
minacciò il vecchio, muovendosi nervosamente sul trono, impossibilitato a
muoversi o intervenire. «Non fare la stupida, puoi salvarlo!».
«Lui è
già salvo. Ed è al sicuro». Daisy si voltò per un solo istante verso di
lui, il bel viso macchiato di lacrime per la prima volta fermo e deciso. «Ed io
metterò al sicuro tutti gli altri bambini!».
Prima che qualcuno potesse fermarla, si
avvicinò allo Specchio e spinse in avanti, facendolo cadere al suolo con un
fragore di vetri infranti.
Un attimo dopo, si scatenò l’Inferno.
***
Draco non credeva d’aver mai visto nulla
di simile, in oltre ventiquattro anni di vita. Era scappato da millenarie
trappole egizie, era sopravvissuto alle maledizioni dei Templi Inca11,
eppure quello scenario che gli si presentò davanti alla rottura dello Specchio
gli fece tremare le ginocchia per il terrore, costringendolo a reggersi al muro
per non cadere. Al suo fianco, il Ministro era ancora intento a proclamare una
serie infinita di imprecazioni, poiché probabilmente erano tutto ciò che la sua
mente era stata in grado di produrre una volta libera dall’Incantesimo.
Poverino, si ritrovò a
pensare, guardandolo. Dopo mesi e mesi si
ritrova improvvisamente al centro dell’Inferno.
Nel momento stesso in cui lo Specchio
aveva toccato il suolo, infatti, il sangue dei cadaveri si era sollevato in un
turbinio bordeaux, vorticando come un tornado impazzito nella piccola stanza
circolare. Urla di migliaia e migliaia di anime scoppiarono in un istante solo,
assordandoli tutti con la propria rabbia e il ringhio di giubilo per l’ottenuta
libertà.
Daisy ed Hermione, che l’onda d’urto
aveva fatto finire in un angolo poco lontano da Draco, si tirarono con
difficoltà a sedere, guardandosi intorno con l’orrore negli occhi. La
Mezzosangue la stava confortato, dicendole qualcosa come “hai fatto la scelta giusta”, ma lui non avrebbe saputo dirlo con
certezza, il rumore era troppo e l’oscurità sembrava volersi fare ogni istante
più fitta.
Il turbine di sangue ed urla vorticava
per la stanza, senza una meta, tirando al suo interno qualsiasi cosa non fosse
stata ancorata alle pareti. I quattro maghi presenti furono costretti a cercare
un appiglio al muro, ma qualcun altro non fu altrettanto rapido o fortunato:
con un urlo straziante, il professor Rochester venne
strappato via dal suo trono, insieme alla corona appartenuta ad Enrico VIII che
aveva sempre tenuto in un angolo del suo ufficio, dimenticata da tutti ma non
dal massimo conoscitore di Storia dell’Arte in circolazione.
Così, come se fosse diventato egli stesso
puro sangue, venne inghiottito dal tornado, sparendo dalla loro vista.
Fu in quel momento che la terra tremò ed
un’esplosione di luce, improvvisa quanto potente, accecò tutti i presenti,
mettendo fine al coro straziante delle urla dei defunti che si erano ritrovati
intrappolati nello Specchio stesso.
Dal canto suo, Draco si rese conto di
aver momentaneamente perso i sensi solo quando il Ministro, fortunatamente con
delicatezza, iniziò a scuoterlo, riportandolo alla coscienza. «Malfoy!» lo
chiamò, con urgenza. «Hermione, è ancora vivo» disse poi, rassicurando la giovane,
quando lo vide aprire un occhio con una certa difficoltà. «Coraggio ragazzo,
tirati a sedere».
Dolorante, Malfoy accettò l’aiuto di
Shacklebolt, sbattendo le palpebre per poter individuare immediatamente la sua
Mezzosangue, seduta a pochi passi di distanza e china verso Daisy, altrettanto
viva ma decisamente più spaventata. «È finita? Cos’è successo a Rochester?» domandò, quando lei si voltò a sorridergli,
decisamente più sollevato. Il sangue intorno a loro era sparito e con quello
anche i cadaveri.
Tutti tranne uno.
«Ha avuto ciò che meritava» sputò Daisy
stessa, con cattiveria, osservando detto corpo con tutto lo sdegno di cui
doveva essere in possesso. Si rialzò in piedi, con l’aiuto di una stranamente
taciturna Hermione, e si diresse verso i due uomini. «Per quello che vale, mi
dispiace. Accetterò qualunque condanna il Tribunale vorrà riconoscermi»
mormorò, a testa bassa, voltandosi per un istante verso il Ministro. «Mi
dispiace, signore. Lei si è fidato di me ed io…».
Shacklebolt, dimostrando un sangue freddo
che Draco non credeva avrebbe potuto dimostrare, nella sua stessa situazione,
alzò la mano per impedirle di continuare. «Lasciamo che la giustizia faccia il
suo corso. Io ti ho vista rischiare tutto per porre fine a questo orrore, sono
certo che anche il Winzegamot saprà fare le scelte giuste».
«Lo hanno fatto anche con gente molto più
colpevole di te» intervenne Draco, tornato in piedi grazie all’aiuto del
Ministro. Il riferimento a se stesso e, soprattutto, a suo padre era implicito
nelle sue parole. «In un certo senso, hai messo fine a questo orrore».
«Io
non ne sarei tanto sicuro, al posto vostro» una voce agghiacciante, che di
certo non apparteneva ad alcuno dei quattro maghi, fece venire la pelle d’oca a
Draco. Nell’esatto istante in cui comprese che la fonte fosse il cadavere di Rochester, questo si librò in aria e si raddrizzò,
lasciando che due profondi occhi neri si puntassero su di loro. «Ah, Daisy… sapevo che mi avresti liberato,
in qualche modo» si complimentò la creatura – lo Specchio? – guardando in direzione della giovane donna, che
trattenne bruscamente il respiro. «Ho
sempre pensato che Rochester sarebbe stato perfetto,
come contenitore. E tu mi hai liberato!» una risata agghiacciante,
terribilmente simile al rumore di unghie sulla lavagna, costrinse i quattro a
coprirsi le orecchie.
«Io… io non lo sapevo…» disperata, la
giovale afferrò Draco per un braccio, non riuscendo tuttavia a staccare gli
occhi dal mostro. «Dovete credermi, io... non
lo sapevo».
«Lo Specchio è un esperto manipolatore,
non potevi saperlo» la rassicurò immediatamente Hermione, che fra tutti
sembrava la meno sorpresa da quell’improvvisa resurrezione. Che se lo fosse
aspettato? «Immagino tu ti sia fatto trovare da quell’uomo di proposito, non è
vero?» chiese alla creatura, una smorfia disgustata sul viso. «Sapevi che Daisy
non sarebbe arrivata fino in fondo ed avrebbe spezzato lo Specchio, liberandoti
dalla tua prigione».
«Prigione?» Draco non sapeva se essere
più confuso o spaventato. I suoi occhi grigi saettavano da Hermione a Rochester, senza poter decidere chi, fra i due, meritasse
maggiore attenzione. «Hermione, di cosa diavolo stai parlando?».
«Del
diavolo, naturalmente» gli rispose lei, immediatamente, facendo un passo
avanti. «Di tutti i mali del mondo,
se vuoi usare un’altra definizione» continuò, così tranquilla da far quasi
paura, facendo un altro passo avanti. Draco, spaventato, la afferrò per un
braccio e tentò di tirarla indietro, senza riuscirci. Quando lei si voltò a
guardarlo, la sua pelle era pallida come l’alabastro ed i suoi occhi dei pozzi
d’oro.
Non
era Hermione. Era l’Arazzo.
«Cosa cazzo sta succedendo?» domandò
allora lui, sentendo la terra tremargli sotto ai piedi. Kingsley
e Daisy, che dovevano aver colto la sua debolezza, si fecero avanti e lo
afferrarono un braccio per uno, rendendolo nuovamente stabile. «Perché sei qui?
Cos’hai fatto ad Hermione?» continuò, sentendo il panico prendere possesso di
lui con la stessa velocità con cui le forze volevano abbandonarlo. Se non
svenne fu solo per forza di volontà.
«La tua Hermione non ha resistito alla
tentazione ed ha posto un’altra domanda» gli rispose la creatura davanti a lui,
che diventava più eterea ad ogni secondo. «Mi ha chiesto dello Specchio, mi ha
chiesto come eliminarlo, ha accettato di dare se stessa, pur di porre fine a
quest’orrore» spiegò, tornando a voltarsi verso Rochester,
che non aveva smesso un momento di ghignare.
«Lo Specchio non è mai stato un Portale,
ma una prigione» disse proprio la creatura nel professore, con una risatina
inquietante. «Una prigione per tutti i mali del mondo, gli stessi che si dice
fossero contenuti nel vaso di Pandora»
continuò, allegro, fluttuando verso di loro. «Ho tentato di fuggire dall’alba
dei tempi, ho corrotto, ho devastato… ma nessuno è mai stato abbastanza sciocco
da liberarmi, fino ad ora» nel pronunciare quelle parole, ammiccò in direzione
di Daisy, che emise un gemito disperato. «E non c’è più nulla che tu» indicò il
corpo di Hermione, in quel momento ancora ben ancorato al suolo, «o chiunque
altro possa fare per fermarmi. «Siete deboli».
«Ed è qui che ti sbagli, fratello» gli rispose l’Arazzo,
separandosi definitivamente dalla presa di Draco per fluttuare a sua volta
verso Rochester. Occhi negli occhi, Specchio ed
Arazzo si fronteggiarono per la prima volta dall’Alba dei Tempi. «La Magia è
fatta di opposti, di male e bene, di distruzione» nel dirlo lo indicò, «e di
conoscenza». Si voltò verso i tre maghi, accennando un piccolo sorriso.
«Hermione è stata molto coraggiosa ed ha scelto di rinunciare a tutto pur di
dare una possibilità a tutti voi. Soltanto io posso intrappolarlo di nuovo, ma
voi dovrete scappare il più lontano possibile, o verrete risucchiati insieme a
lui».
Draco, sentendo quelle parole, ritrovò
sufficiente forza da raddrizzare le spalle. «Io non me ne andrò di qui senza
Hermione!» urlò, con la disperazione artigliata al suo cuore già sanguinante.
«Ho lottato tutta la vita per diventare degno di lei. Non puoi portarmela via,
non così!».
«Oh, che carino» lo sbeffeggiò lo
Specchio, con una risatina crudele. «Mi fa quasi più pena di te, fratello» aggiunse, ammiccando verso
Hermione. «Lui non ha ancora capito che, per far spazio a te, la ragazza è già
morta da un pezzo, mentre tu… tu sei così sciocco da credere di essere
abbastanza forte da distruggermi!».
Draco, senza riuscire a trattenersi,
emise un rantolo disperato, le ginocchia ormai prive di qualsiasi volontà di
reggere il suo peso. Quando Kingsley lo afferrò, per
evitargli di cadere, le costole rotte emisero un urlo di protesta, che tuttavia
lui silenziò. Quel dolore non era nulla,
rispetto ciò che gli si stava agitando nel petto.
Hermione,
la sua Hermione.
«Non sono abbastanza forte da
distruggerti, hai ragione» concordò l’Arazzo, dando le spalle ai tre maghi e
togliendo a Draco l’unica possibilità di poter ancora osservare il viso
dell’amore della sua vita, che non poteva
esser davvero morta. Non lei. «Ma non hai sentito ciò che ti ho detto prima? Io
non ho mai parlato di distruggere. Non potrei, il male è necessario affinché la
Magia possa continuare ad esistere».
«Tendo a non ascoltarti, ti fa sentire
intelligente e rischio di incoraggiarti a continuare» sbottò Rochester, con una risatina maligna, liquidando l’altra
creatura con un gesto della mano. La sua attenzione era tutta per Malfoy,
naturalmente. L’unico a soffrire davvero, in quel momento. «Guardalo, guarda
come l’hai reso miserabile… sicuro di rappresentare il bene e la conoscenza,
fratellino? Credo tu l’abbia ferito molto più di quanto non abbia fatto io.
Sono invidioso» aggiunse, ridacchiando.
Draco, dal canto suo, non sentì neppure
il desiderio di ribattere qualcosa. Se l’avessero lasciato morire lì, in quel
momento, non avrebbe mosso una singola protesta.
Non
le aveva detto addio.
«Draco sa che la scelta è stata di
Hermione e che è stata una scelta consapevole12» furono le parole
dell’Arazzo, che tuttavia non si voltò verso il diretto interessato. «Se
davvero l’amava, allora lui sa che il
bene, in qualche modo, riesce sempre a vincere. Anche quando non sembra esserci
alcuna via, la speranza trionferà»
continuò, ma la sua voce era diversa sia da quella neutrale che lui aveva già
sentito in Grecia sia da quella che apparteneva ad Hermione e di cui lui si era
innamorato. Era una voce conosciuta, una che era stata con lui in tutti i
momenti di oscurità.
«Rosemary?» chiese, alzando gli occhi al
cielo solo per essere fulminato da un lampo azzurro come il cielo. L’Arazzo era
ancora Hermione, ma era al tempo stesso Rosemary, quasi come se le immagini
fossero state sovrapposte. Oltre lei, Draco vide altri visi, altri sguardi,
alcuni conosciuti ed altri no. «Chi siete?».
«Il
bene è forte perché non giunge mai da solo» disse la creatura, che aveva un
solo corpo ma tante, tante anime, allargando le braccia come se avesse voluto
stringere Rochester in un abbraccio. «Ed il bene trionfa sempre. Cos’è la morte,
davanti al vero amore? Che sia per un uomo» quell’ultima parola risuonò
come se a pronunciarla fosse stata solo Hermione, «un padre» la voce di Rosemary, «oppure
un familiare o un amico» tante voci insieme, alcune femminili ed altre
maschili, tutte unite in un unico coro di speranza. «Il bene trova sempre il modo di trionfare». Riabbassato un braccio,
l’Arazzo portò la mano nella tasca della giacca di Hermione, tirandone fuori
una scatola dall’aria familiare.
Il
vaso di Pandora.
«Cos’è quello?» ringhiò lo Specchio,
allarmato, la sua voce rimasta singola, solo più rasposa
e forte rispetto a quella del debole professor Rochester.
«Non ti permetterò di intrappolarmi di nuovo!».
Quando il vaso venne aperto, lingue di
fuoco del colore dell’oro, simili a catene, si librarono nell’aria, incendiando
ciò che il sangue non aveva già attirato e stringendosi intorno al Professore,
per immobilizzarlo. Le pareti di roccia iniziarono a tremare, il boato che
preannunciava un crollo iniziò a risuonare per il lungo corridoio. Gocce
d’acqua, fredde quanto putride, si fecero largo lungo le insenature che quel
terremoto aveva causato, anticipando l’invasione del Tamigi, che scorreva sopra
di loro.
«Dovete
andare via, adesso» ordinò, con un urlo, l’Arazzo, voltandosi per un
istante verso i tre maghi. «Andate via di
qui, altrimenti non potrete più scappare».
«Io non me ne vado senza Hermione! Meglio
morire con lei che tornare indietro da solo!» fu la risposta di Draco, furiosa,
simile al ringhio sofferente di un leone messo all’angolo da una morte
inevitabile. Non l’avrebbe mai lasciata da sola. Non avrebbe mai consentito che
morisse da sola. Avrebbero regnato
all’Inferno, se quel mondo non era adatto a loro, ma l’avrebbero fatto insieme.
«No,
lei non lo desiderava e neanch’io» gli rispose la
Creatura, mentre Rochester, avvolto nelle fiamme,
veniva lentamente trascinato verso il vaso, emettendo urla agghiaccianti e
imprecazioni irripetibili. La sua voce stava cambiando e, per un istante, Draco
pensò di aver sentito Voldemort in persona. «Vai, Draco, e ricorda che il bene vince sempre, anche quando tutto
sembra perduto. Abbi fede».
«No! No, Hermione…».
«Hai sentito, ragazzo» Kingsley, con la sua presa ferrea, lo agguantò per le
braccia e lo costrinse a guardarlo. «Hermione desidera che tu sopravvivi. Si
sta sacrificando anche per te ed io non permetterò che tu mandi al diavolo ciò
che ha fatto, non per puro egoismo! Andiamo
via».
Fu Daisy a smaterializzarli via, al
sicuro sull’altra sponda del Tamigi, mentre ancora avevano negli occhi le
fiamme dorate che inghiottivano, in un lampo, entrambi i corpi sospesi per aria
ed il sancta sanctorum di
Enrico VIII che crollava, portandosi via i suoi segreti e le prove del
sacrificio che era stato compiuto per salvare il mondo.
Tutto ciò che Draco riuscì a fare, prima
di perdere i sensi, fu urlare un nome, lo stesso che avrebbe ripetuto in
continuazione fino al giorno della sua morte, che non sarebbe mai giunta
abbastanza in fretta.
«Hermione!».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati,
cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Ragazzi, non uccidetemi, io sono solo un
veicolo, la storia si è scritta da sola!
Rimane solo l’Epilogo, io praticamente non
riesco a crederci.
Per chi non l’avesse ancora saputo, ho pubblicato la one-shot rossa relativa al capitolo 23
(Ragione e Sentimento): A thousand kisses – Lo Specchio delle Anime.
Ah, ho pubblicato una one-shot sulla coppia
James/Lily, che credo proprio sarà il “prequel” per
la mia prossima long. Vi lascio qui il link: L’estate eterna.
Punti importanti:
» 1 – “Spesso
gli strumenti della Tenebra per trarci alla rovina si servono di piccole verità,
dei più innocenti trucchi, per poi tradirci in più serio malanno”. Io adoro Macbeth, come credo di aver già accennato qui e lì. Macbeth in questo caso è Rochester,
tratto in inganno dallo Specchio come il Re scozzese dalle tre streghe.
» 2 – Enrico VIII ha avuto tre figli “legittimi”, Maria
la Sanguinaria è la sua primogenita, figlia di Caterina d’Aragona, definita
sanguinaria a causa delle violente ritorsioni contro di protestanti. Dal mio
punto di vista, la Regina era una Magonò che quindi
ha perseguitato anche la popolazione magica. Elisabetta, d’altro canto, è stata
una grandissima sovrana sia per i protestanti che per i maghi. Io adoro la
storia della famiglia Tudor.
» 3 – Doppio riferimento, in questo
caso. Quando ha scoperto dell’esistenza della Magia, il professore ha chiesto
l’aiuto di Daisy per raggiungere il tunnel, trovando lì il quadro, che Draco ha
visto nel suo ufficio, e la corona. Il quadro è davvero magico, anche se non si
muoveva in presenza di estranei, e non ha fatto altro che avvelenare la mente
di Rochester, sotto l’impulso dello Specchio. Dov’era
lo Specchio? Nessuno lo sa, Rochester è il massimo
esperto, nessuno meglio di lui avrebbe potuto rintracciare la sua ultima
posizione. La sua influenza lo ha spinto a diventare più psicopatico di quanto
già non fosse e non gli ha fatto vedere quanto, in realtà, fosse lui vittima.
» 4 – Daisy ha messo il Ministro sotto Imperius
circa un anno prima degli eventi trattati nella storia. Lei non ha conoscenze
sul governo e, scusate se è poco, tenere sempre sotto incantesimo un omone come
Kingsley non è di certo semplice. Non portatele
rancore, alla fine si è redenta.
» 5- “Citazione” da Star Wars, Episodio VII. Per
chi, come me, è ossessionato, il riferimento è alla conversazione fra Poe e Kylo Ren, quando il primo viene
catturato e interrogato. Draco, in questa situazione, è decisamente ispirato a Poe, con tutta quell’impertinenza.
» 6 – Una stronzata, lo so, ma tanto ne ho
dette troppe scemenze storiche, una in più o una in meno non ucciderà nessuno.
Ovviamente non è qualcosa che i vichinghi erano soliti dire, semplicemente ho
dovuto giustificare in qualche modo.
» 7 – Dennis Canon, il
fratello di Colin. Come accennato nel capitolo 24
(Atto XV – La fine del mondo), Dennis ha partecipato
all’attentato di Diagon Alley
ed è sfuggito alla cattura da parte degli Auror (fra cui c’era Dean Thomas).
» 8 – Altro riferimento – questa volta oscuro
– a Star Wars. Per chi di voi abbia qualche
conoscenza al riguardo: esattamente come il microchip impiantato nella testa
dei cloni li ha spinti a tradire i Jedi e fare strage
(Ordine 66, Episodio III). Per chi non avesse idea: il tatuaggio serve per
controllare la mente delle persone, in questa versione è stato inventato da
Enrico VIII e migliorato dalla figlia Elisabetta per assicurarsi la fedeltà
assoluta della loro corte. Il quadro ne ha parlato a Rochester
e lui a costretto Daisy ad imporlo agli altri. Lei ovviamente non ce l’ha
perché non può imporlo a se stessa. I “Mangiamorte” hanno scelto di farsi fare
il tatuaggio, ma non avevano idea delle conseguenze.
» 9 – Essenzialmente è come un Imperius
perenne che richiede il consenso. Il Ministro non ne ha uno perché lui non lo
avrebbe mai accettato
volontariamente, quindi si sono dovuti accontentare.
» 10 – Verso la fine della Guerra, Rochester è
stato salvato e ricoverato al San Mungo, perché le sue erano ferite derivanti
da magia oscura. Qui ha conosciuto Daisy, ricoverata a causa del forte shock per
la morte del figlio. Avendo sfruttato la sua debolezza, Rochester
è riuscito ad assicurarsi la sua fedeltà. Nei cinque anni successivi alla fine
della guerra, Daisy ha collaborato portandogli informazioni e fungendo da
bacchetta umana. Solo nell’anno precedente ha avuto inizio la parte “pratica”.
» 11 – Non dimentichiamoci che Draco Malfoy è la controparte magica di
Indiana Jones. Non gli ho mai chiesto se anche lui ha
un fedora ed una frusta…
» 12 – Cosa è successo? Nel capitolo in cui Malfoy incontra l’Arazzo,
questo prende possesso di Hermione e gli rivela dove si trova lo Specchio.
Quello che lui non sa, però, è che Hermione non ha resistito alla tentazione ed
ha chiesto sia cosa accidenti sia successo ad Harry (e come aiutarlo) e sia
come distruggere lo Specchio. Al riguardo, l’unica possibilità era concedere al
potere opposto a quello crudele dello Specchio (poi spiegherò meglio), quindi
l’Arazzo, un contenitore umano per poterlo nuovamente intrappolare in un luogo
da cui non avrebbe potuto più fuggire (il Vaso di Pandora). Hermione ha
accettato di sacrificare la sua vita per fare da tramite, motivo per cui sa di
essere sempre “seguita” dalla magia dell’Arazzo e sa bene come aiutare il suo
migliore amico (ecco perché aveva la formula della Pietra Filosofale).
» Hermione, quindi, ha ospitato l’Arazzo, annullando se stessa. Fino ad ora
è sempre stato detto che la Magia non è buona e non è cattiva, tutto dipende da
chi la usa: ecco, non è propriamente vero. La Magia, come tutto in natura, è
composta da due opposti: Magia buona e Magia cattiva, Conoscenza e Potere. Lo
Specchio è la fonte della Magia oscura, la fonte di tutti i mali diciamo, ed ha
sempre cercato di trovare il modo di fuggire alla sua prigione (lo specchio,
appunto) per dominare nel mondo. Ha cercato per tutta la sua esistenza i
personaggi più potenti ed è riuscito a diffondere dolore e disperazione fra di
loro, senza mai poter essere liberato (Tutti questi personaggi – Alessandro
Magno, Gertrut il vampiro, Maria
Antonietta e gli altri – sono riusciti a limitarne il potere e non si sono
fatti controllare perché non erano deboli
come Rochester). L’Arazzo, bloccato per secoli e
secoli nell’Agorà (colpa di Alessandro Magno, che aveva ascoltato la voce del
Male, convinto di poter impedire che altri raggiungessero la sua grandezza ma
praticamente impedendo al Bene di proteggere l’umanità) ha trovato in Hermione
il canale per lasciare la sua prigione ed intrappolare il Male per sempre.
» Non odiatemi, la scelta è stata di Hermione, non mia. Io sono innocente.
Signori, questo era l’ultimo
capitolo. La storia è finita, il dado è tratto, ormai manca solo l’epilogo. Non
inizierò il papello commovente adesso, anche perché
probabilmente tutti vorrete farmi la
pelle. Io vi adoro.
Il bene trova sempre il modo di
trionfare.
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie