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Autore: Lady Lara    19/09/2016    7 recensioni
"Anno domini MDCCXXVI XV giorno del V Mese . Diario di bordo .."
L'Irlanda e la Scozia subiscono il dominio dell'Inghilterra e le angherie di RE Guglielmo III. L'eroico pirata Captain Hook combatte la sua guerra personale. Qualcuno gli ha insegnato che si combatte per onore, per giustizia o per amore. Lui sceglierà quale uomo essere.
Chi è Lady Barbra, che lo assolda per una missione in incognito? E la donna che tutti chiamano "La Salvatrice"? Killian Jones è troppo scaltro per non capire che c'è altro oltre le apparenze.
Due anime che sanno leggersi l'un l'altra. Che succederà quando intenti e passione si incontreranno?
"Preferisco non averti che averti una sola volta e perderti per sempre .." Il dolore vissuto che rende oscuri e una nuova luce che permetterà loro di trovarsi ed amarsi anche se sembrava impossibile. Ciò che hanno fatto nella loro vita e ciò che faranno sarà per amore. Solo per amore.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Avviso ai numerosi lettori che ringrazio per la loro attenzione e costanza.
Come già dice l’intestazione della storia, nel mio scritto si possono incontrare situazioni di violenza e tematiche delicate. Gli ultimi capitoli sono stati “particolarmente” di questo genere. Non ho dato il rating red poiché mi sembra di usare un linguaggio accettabile. In questo capitolo si parlerà di pedofilia e infibulazione, ma non saranno usati i termini espliciti. Giustamente i due argomenti sono oggi considerati crimini gravissimi, riconosciuti tali dalle leggi mondiali. Vi sarete accorti che spesso, nonostante il contesto storico, inserisco argomenti sociali tuttora attuali. Non voglio scandalizzare ne ferire nessuno. Mi occupo degli argomenti trattati per motivi di lavoro e se le descrizioni vi sembreranno abbastanza dettagliate è spesso a causa di testimonianze vere. Nel racconto i messaggi sottostanti sono molti, lo avete già capito, è il mio modo per sensibilizzare chi legge e far riflettere. A chi teme di essere disturbato da quanto è scritto, sconsiglio di andare avanti con la lettura. Per chi vorrà leggere e recensire chiedo, come al solito, di parlarmi di cosa ha provato durante la lettura.
Un grazie di cuore a tutti.
 

XXXIX Capitolo
La giusta decisione …
 
La luna piena illuminava a giorno lo scenario del massacro. La battaglia era stata veramente furiosa! I corpi dei cinque sconosciuti giacevano secondo il punto in cui ognuno era caduto e morto. Le impronte, sul terreno battuto, rivelarono al Colonnello August l’intensità drammatica di quanto si era svolto dietro la Chiesa di San Patrizio. I suoi sei soldati portavano in mano delle lanterne a petrolio e, tenendole alte sulle loro teste, illuminavano quei cadaveri per consentire al loro Comandante di esaminarli al meglio.
 
Dopo aver avvisato degli eventi August, Jefferson lo aveva accompagnato di persona sul luogo del combattimento, mentre Eduard aveva preferito dirigersi alla taverna di Angus per rassicurare Anny di essere vivo, vegeto e vittorioso.
 
– Vedete Colonnello? Ognuno di loro ha il tatuaggio con la daga dalla lama ondulata! – Si, vedo Jefferson e la cosa mi sembra piuttosto inquietante.  È chiaro come il sole che questi tizi non sono di Storybrook. Non avevano cavalcature con loro e ciò mi fa pensare che non venissero da molto lontano, hanno camminato a piedi. Sono ovviamente dello stesso gruppo o organizzazione o setta, come vogliamo definirla. Parlavano tutti in inglese?
 – Si Colonnello, quello là … lo hanno chiamato Jim, aveva un forte accento scozzese. Probabilmente anche questo che si è presentato come Red era di origini scozzesi, gli altri avevano un tipico accento inglese. Come vi ho detto erano interessati in particolare a Captain Hook. Killian non porta più l’uncino, abbiamo cambiato l’assetto della nave, non l’avevano mai visto in faccia, eppure erano sicuri di trovarlo qui …
 - Sarà necessario trovare Jason e parlare con lui …
- Francamente ho avuto l’impressione che quando ha visto i due suoi Secondi, non li conoscesse affatto, ma poi ha avuto un’espressione compiaciuta …
- Quindi Jefferson?
 – Quindi … forse il ragazzo è stato solo una pedina nelle mani di chi gli ha procurato i secondi!
– Si, ci può stare … Jason non è un gran genio e potrebbe essersi fidato ingenuamente di chi era interessato ad uccidere Jones … dovrò sentire anche il Capitano, magari gli è sfuggito qualche dettaglio che può essere utile all’indagine!
– Killian ora è sulla nave, ha riportato una leggera ferita al collo, inferta da una daga simile a quella del tatuaggio …
- Dov’è l’arma?
 – L’ha portata con sé. In questo momento Frate Benedictus lo starà medicando, gli ha detto che erano necessari almeno due punti di sutura.
August fece un segno di assenso con il capo, poi si voltò verso uno dei suoi uomini.
– Tenente Lewis!
L’ufficiale scattò sull’attenti.
– Comandi Colonnello!
– Vi ordino di prendere con voi tre uomini, tornate alla caserma e avvertire il Maggiore Smoke dell’accaduto. Organizzate una ronda per tutta Storybrook, fermate individui sconosciuti o sospetti e controllate se abbiano sui polsi un tatuaggio come questi. Vanno arrestati immediatamente! Ricercate inoltre il giovane Jason Dulittle, iniziate dalla casa dei genitori, perquisitela da cima a fondo e, se non lo trovate, fatevi dire dai genitori da chi potrebbe essere andato. Io mi fermerò per ora da Padre O’Danag, magari ha visto o sentito qualche cosa, poi farò visita al Capitano Jones. Da un paio di giorni è attraccato un mercantile francese, Il Sergente Brady controlli se il Capitano della nave ha fatto la dovuta registrazione all’ufficio portuale, un’ispezione su quella nave, domani mattina, potrebbe rivelarsi utilissima!

Il tono di August era categorico e i suoi ordini ben chiari. Jefferson provò stima nei suoi confronti, sicuramente il Colonnello August era l’uomo giusto al posto giusto e non stava tralasciando nulla.

– Due dei soldati restino qui, trasporteremo i cadaveri nella Sacrestia, domani Frate Benedictus li esaminerà meglio, poi saranno sepolti in una fossa comune, non li possiamo tenere a lungo in chiesa … ad avvisare il becchino ci penserà Padre Charles!

Il Tenente Lewis partì a cavallo, seguito da altri tre soldati, mentre Il Colonnello e Jefferson si ritrovarono davanti al portale della chiesa, a bussare rumorosamente per farsi aprire da Padre Charles. Il Prete non ci mise molto a far sentire la sua voce burbera e infastidita, dietro la massiccia porta di legno. Dopo aver dato le sue generalità, il Colonnello vide la porta aprirsi. Il sacerdote non si rivelò granché utile, aveva visto passare solo i tre giovani uomini vestiti in pelle nera. Non aveva sentito zoccoli di cavallo, se non quelli di pochi minuti prima, aveva chiuso la porta subito dopo il passaggio dei tre uomini.

– Non avete sentito il clangore delle spade e grida?! La battaglia deve essere stata furiosa!  
– Si, ovviamente, dalla Sacrestia ho sentito, sapevo dai tre irlandesi che avevano un duello, stavo proprio pregando per loro al mio inginocchiatoio …
- Sapete che nel duello era coinvolto il giovane Jason Dulittle?
– Come avrei potuto saperlo? Non l’ho visto passare!
– Jason è fuggito ad un certo punto, quando il duello finito è diventato battaglia. Crediamo che sia stato vittima lui stesso di un raggiro, pedina di un giocatore più grande di lui.
 – Jason non è un ragazzo particolarmente intelligente … non si può dire che sia stupido … ma è spesso sconsiderato e potrebbe “sicuramente” essere finito in un tranello, manipolato da qualcuno senza scrupoli, interessato ad altro … magari non conosce neppure quella persona, non sa chi possa essere e né da dove venga o dove si trovi. Se gli ha dato una possibilità di vincere il duello per avere mia nipote, lui potrebbe aver accettato senza porsi altre domande …

Né August né Jefferson avevano parlato del motivo del duello e Padre O’Danag, il secondo membro attivo della rete Giacobita di Emma, dopo suo fratello Angus, era troppo scaltro per farsi sfuggire quel dettaglio. Jeff, rispetto ad August, non sapeva della parentela di Charles con Angus, ne che fosse un elemento della “Rete Giacobita”, ma dall’occhiata che il prete riservò loro, capirono che Jason era passato da quelle parti, probabilmente ancora era lì, infilato in un buon nascondiglio, aveva chiesto sicuramente asilo, spaventato da quanto era accaduto.
 August fece un sorriso al Prete, aveva capito il messaggio. Jason non sapeva praticamente nulla ed era una vittima, prima di se stesso e poi di uno sconosciuto.

 – Padre … doveste mai avere occasione di incontrare  … “casualmente” Jason … tenetelo in protezione … temo che la sua vita sia in pericolo. Ditegli che se vorrà accettare di parlare con me … non deve temere, posso andare io dove si rifugia, ascoltarlo come testimone e proteggerlo … ci siamo intesi?

Padre Charles sembrò tirare un sospiro di sollievo, il suo messaggio era arrivato al Colonnello, la risposta ne era una conferma. Il ragazzo aveva finito di confessargli tutto quanto era accaduto la sera prima con Anny e dell’incontro con lo sconosciuto che si era presentato come Robert Smith e gli aveva proposto di aiutarlo. Jason non aveva detto nulla di cosa quell’uomo volesse in cambio. Padre Charles non poteva rivelare il dialogo avuto in confessione, ma qualcosa poteva dire. Il Colonnello e Jefferson stavano andando via, prima di giunge alla porta, il Sacerdote li fermò.

– Colonnello … posso solo dirvi … cercate un uomo che si fa chiamare Robert Smith! – Un nome sicuramente falso!

Rispose velocemente Jeff. Il Colonnello guardò il Prete e poi voltato verso Jeff gli fece un segno affermativo con la testa. Si, sicuramente era un nome fittizio.
***
 
Killian si stava rimettendo la sua camicia nera, i punti sul collo tiravano e il taglio, per quanto minimo, bruciava parecchio.
 “Pazienza!”
Sarebbe guarito in due tre giorni e il giorno della visita da Fra Benny avrebbe rivisto Emma ed il piccolo Henry. Sentiva molto anche la mancanza  del bambino, eppure lo conosceva così poco! Si era affezionato a lui come in un “colpo di fulmine”, ora, sapendo con certezza che era ciò che restava di Milha, lo sentiva ancora più prezioso per lui.
Jack Spugna bussò alla sua porta, informandolo che il Colonnello August chiedeva il permesso d salire a bordo, con lui c’ era anche Jefferson.

 – Eddy non è con loro?
– No Capitano, non è ancora rientrato!

Killian sorrise, il giovanotto ovviamente era andato dalla sua “bella” ne aveva tutte le ragioni!

 – Va bene Spugna, permesso accordato per il Colonnello. Togliete la passerella quando saranno tutti a bordo, di ad Anton di montare di guardia dopo di te e di aspettare Eduard!

Poco dopo Il Colonnello e Jeff si presentarono nel suo ufficio. Scambiandosi una stretta di mano, August gli chiese della sua ferita e il Capitano lo tranquillizzò per la sua innocuità. Il Colonnello gli rivolse domande precise e volle anche la sua versione di come si erano svolti i fatti, ovviamente il racconto dettagliato di Killian corrispondeva perfettamente a quanto già raccontato da Jeff ed Eduard. Tutti avevano avuto, fin dall’inizio, l’impressione che i primi due uomini avessero altre intenzioni oltre a quella di far da secondi a Jason e poi … si era visto il seguito.

– Insomma Killian, non avete la più pallida idea di chi fossero quegli uomini e di chi possa essere il mandante!
– Purtroppo no! Quegli uomini erano dei sicari, significa solo che a Storybrook c’è qualcuno che mi conosce e mi vuole morto!
– Sicuramente vi sarete fatto dei nemici in questi anni di pirateria …
- Sicuramente Captain Hook ha provocato gravi perdite agli inglesi, ma nessuno dei marinai delle navi che abbiamo attaccato ha mai potuto raccontare l’esperienza … mi dispiace Colonnello … io ho portato avanti una guerra contro Guglielmo III e l’Inghilterra, ho depredato i mercantili inglesi che provenivano sia dall’America che dall’Europa e distribuito il bottino in Irlanda a chi stava soffrendo la fame e la tirannia … mi dispiace per le vittime … non sono un sanguinario, ma la guerra è guerra …

August capiva il Capitano Jones e sentiva una certa ammirazione nei suoi confronti, lo considerava un patriota in effetti, ma chi lo voleva morto sembrava avere un conto personale in sospeso con lui. Un sospetto iniziò a farsi strada nella mente del Colonnello. Quegli uomini, venuti chissà da dove, erano soprattutto Scozzesi. Storybrook era una propaggine della Nuova Scozia, al momento August conosceva solo una persona che poteva avercela con Jones, per semplici motivi di gelosia, Neal, suo cognato ed era Scozzese di nascita. Lo aveva visto proferire illazioni su Emma e il bel Capitano, pochi giorni prima, i rapporti tra lui ed Emma erano molto tesi, Belle gli aveva raccontato dell’annullamento delle nozze. Possibile che Neal avesse organizzato quell’attacco?! Caratterialmente lo vedeva troppo debole per una cosa del genere, ma non si poteva mai sapere! Un legame reale tra Emma e Killian c’era, non si poteva assolutamente negare, in più quegli ultimi giorni, Neal era uscito spesso a cavallo, dicendo di aver bisogno di schiarirsi le idee, August si era proposto di accompagnarlo in un’occasione, ma il cognato non lo aveva voluto con sé. Avrebbe dovuto interrogare anche Neal, cosa veramente imbarazzante, ma necessaria!
Gli occhi di August si posarono sulla daga dalla lama ondulata che Killian aveva poggiato sulla scrivania.

– Quella è la daga con la quale siete stato ferito?
– Si, è quella!
 – Posso portarla con me come uno dei reperti?
 – Ovviamente Colonnello, non ci tengo ad averla per ricordo!
                                                                       ***
 
Eddy era arrivato alla taverna, nonostante la sera fosse calata, ancora non era ora di cena, Mary stava preparando e i suoi figli stavano aiutando ad apparecchiare. Agnes fu la prima a vedere entrare il ragazzo e fece uno strillo chiamando Anny. La giovane dai riccioli biondi ramati si voltò di scatto, facendo cadere i piatti che stava portando a sua madre in cucina. Non si curò dei piatti, non le importava nulla se non del suo Eduard. Gli corse incontro e si lanciò tra le braccia del giovane che, pronto, la strinse a sé sollevandola da terra. Lei, perdendo la sua proverbiale timidezza e incurante dello sguardo severo di suo padre e di sua madre, appena uscita dalla cucina, al rumore dei cocci, iniziò a baciare il viso di Eduard, sulla fronte, le guance … finché Eddy non le fermò le labbra con le sue, in un bacio sensuale e languido che ancora non si erano mai scambiati.
Agnes e Angel sgranarono gli occhi e poi si guardarono in viso, Angel fece una smorfia di disgusto, mentre Agnes ebbe un sorrisino malizioso.

– Voi due andate subito al piano di sopra e restateci!

Mary si era rivolta ai suoi due figli più piccoli. Intanto Eddy , continuando a tenere tra le braccia Anny, si separò dalle sue labbra e le disse tutto d’un fiato:

- Anny mi vuoi sposare al più presto? Ho battuto Jason! Il vigliacco non sai cosa ha combinato! Ti voglio proteggere da lui, voglio che tu sia mia moglie tra pochi giorni … dimmi di si Anny … dimmi di si …

Se Angus e Mary avessero avuto loro dei piatti in mano, sicuramente ora erano finiti a far compagnia ai cocci fatti dalla loro primogenita! I due erano rimasti con la mandibola scesa a sentire l’intenzione repentina di Eddy e quando sentirono il “Si” gioioso di Anny, i loro occhi erano al limite del pianto.
Angus cercò di prendere in mano la situazione.

 – Ragazzo! Hai dimenticato che sei in casa mia e la mano della sposa la devi chiedere a suo padre?

Il giovane si distaccò dalla sua amata ma la prese per mano e si diresse verso l’oste.

– Scusatemi Signor O’Danag … avete ragione! Ho rischiato la vita per vostra figlia, e non solo a causa di Jason, aveva dei complici che ci hanno attaccato con l’intento di ucciderci. Abbiamo visto la morte in faccia e siamo sopravvissuti! Non voglio più perdere un attimo della mia vita, voglio passarla con Anny, vi ho già detto che se il Capitano Jones partirà, intende farlo presto, io resterò qui, dov’è la famiglia della mia donna …

Angus doveva convenire che il discorso del giovane non faceva una piega, si era battuto per l’onore di sua figlia, aveva vinto, l’amava e lei amava lui, era un “uomo d’onore” un gran lavoratore ed era educato, non esisteva motivo alcuno per negargli la mano della sua “bambina”.

– Se mia figlia ha già detto di si, non vedo perché le devo negare questa felicità, quando intendi sposarla?
– Ho bisogno di trovare una sistemazione per noi due, è giovedì oggi, penso che tra una settimana, per domenica, potremmo sposarci, parlerò con il prete di San Patrizio.
– Mio fratello Charles non avrà problemi a sposarvi e, tutto sommato, in una settimana possiamo riuscire ad organizzare una bella festa. Saremo costretti a chiudere per la metà della settimana prossima, dobbiamo rinfrescare il locale, il pranzo lo faremo qui da noi, le tre ragazze ci daranno una mano e credo che Miss Agata Fergusson aiuterà Anny per il vestito da sposa!
 – Ah! Se è per il vestito! A quello ci penserà la sua mamma!

Mary aveva detto la sua e si era avvicinata per dare un bacio ed una carezza a sua figlia che la ricambio con un sorriso raggiante e felice.

 – Abbiamo il tempo per invitare gli amici più intimi marito mio? Mi piacerebbe se ci fosse anche Lady Barbra!
– Forse potremmo avere l’onore di avere tra noi la Principessa! Vedremo con i “nostri amici”, quale sarà la decisione migliore!
– Io avrò con me i miei compagni della nave, chiederò al Capitano se mi farà l’onore di essere il mio testimone!
 
***
 
Lady Belle aveva parlato con Emma ed era stata informata per sommi capi di ciò che Frate Benedictus le aveva riferito. Era molto tardi e il suo amato August non aveva cenato con lei e la sua famiglia. Sentì gli zoccoli del suo cavallo, aspettò che salisse al suo ufficio e poi andò da lui.
August, seduto alla sua scrivania, esaminava la daga dalla lama ondulata; era un’arma raffinata, aveva una lavorazione ad intaglio che si srotolava sulla lama a partire dall’elsa. Qualcuno bussò alla porta, automaticamente inserì la daga nel cassetto della scrivania.

– Si? Avanti! … Belle! Amore … pensavo che stessi dormendo ormai!
 – Amore mio, non potevo andare a dormire senza vederti! Emma mi ha raccontato.
 - Brutta storia  Tesoro … brutta storia … stiamo indagando. Domani Frate Benedictus esaminerà in dettaglio i cadaveri … ma mia cara perché ti sto raccontando questa cosa?! Vieni ti accompagno nella tua stanza …

August prese per mano Belle e insieme risalirono le scale che portavano agli appartamenti della giovane. Si ritrovarono davanti alla porta di Belle. Lei timidamente sollevò gli occhi verso il suo fidanzato, lui le sorrideva e sembrava  rilassato. La timidezza di Belle gli faceva molta tenerezza. Nonostante la raggiunta intimità con lei, era necessaria, da parte sua, molta delicatezza e costanza. Non le chiese se poteva entrare, non le chiese di passare la notte con lei, lo avrebbe per altro desiderato tantissimo! Lasciò a lei l’iniziativa, se non avesse detto nulla le avrebbe dato un casto bacio sulla fronte e l’avrebbe lasciata entrare in quella stanza.

 – Allora … buonanotte August …
“Peccato!”

Lei non aveva preso l’iniziativa …

- Buonanotte Belle …

Le depose il bacio che si era proposto sulla sommità della fronte e si distaccò da lei per andar via.

 – August!

Belle gli aveva afferrato la mano, il Colonnello si voltò a guardarla negli occhi, vide il suo sorriso ora malizioso e il desiderio che le illuminava gli occhi. Non ce la fece a star lontano da quel sorriso. Velocemente l’afferrò per la vita, sollevandola e baciandola con passione. Spinse con un piede la porta, era aperta, la richiuse appoggiandosi con la schiena, posando a terra Belle e continuando a perdersi sulle sue labbra. Lei iniziò ad aprire lentamente i bottoni della sua camicia. Lui la prese per le gambe e se la portò sulla spalla. Belle rimase sgomenta ma divertita, scoppiò a ridere. La portò a letto, la depose delicatamente, si mise al suo fianco poggiandosi sul braccio, mentre lei aveva la testa adagiata sul cuscino e i capelli sparsi su quel candore, si persero a guardarsi in viso, poi si baciarono ancora, le mani viaggiarono dolcemente sui loro corpi, iniziarono le loro reciproche, sensuali, carezze, fino ad arrivare a quell’acme dell’eccitazione che induceva, imperioso, il bisogno di un soddisfacimento carnale, dato dal fondersi in una  sola cosa.
***
 
Arrivò il venerdì mattina. Per Killian la notte non era stata tranquilla. Non era riuscito a dormire, mille pensieri gli frullavano per la testa. Eddy era rientrato e gli aveva annunciato il suo matrimonio con Anny per la settimana seguente, gli aveva chiesto di essere il suo testimone, ovviamente aveva accettato, ne era onorato ed era felice del coronamento di quel sogno per il giovane.
 I pensieri negativi riguardavano la presenza a Storybrook di un nemico nell’ombra. Aveva pensato a Neal, era il suo rivale in amore, poteva tranquillamente aver organizzato l’attacco per toglierlo di mezzo! Poteva essere il tipo? Certo che con Emma non si era comportato bene, l’aveva violentata, tradita, svilita, era figlio di suo padre e, visto quel “Macellaio”, cosa ci si poteva aspettare da suo figlio? Inoltre era preoccupato anche per Emma, non aveva ancora chiarito con lei … avrebbe forse potuto vederla per il lunedì, quando sarebbe andato dal buon Frate. Temeva che fosse successo qualcosa proprio con Neal, aveva detto che aveva firmato l’annullamento, ma perché poi lei lo aveva strappato? Mistero! Era forse stata ricattata? Era in pericolo Emma? L’ultima ipotesi gli aveva fatto passare del tutto il sonno e quella mattina si alzò prima del solito. Fece la sua toeletta, si infilò una camicia pulita, panciotto e pastrano e uscì sul ponte. Ottobre volgeva al termine, era fredda l’aria, c’era un po’ di foschia, ma la giornata sarebbe stata serena, stavano uscendo delle belle giornate, ma presto, con Novembre alle porte, sarebbero iniziate le piogge. Pensò ancora a Neal … e se non ci fosse entrato per niente in quella storia? Un altro al mondo era il suo nemico mortale, ma non era possibile che fosse lì, o si? Fosse stato quello l’”amico” che avevano detto Black e Red, doveva essere vicino anche il suo “compare” pirata!

 Riprendere la via del mare, per esplorare i dintorni, cacciare e scovare il nemico, ingaggiare una battaglia navale … il tutto come quando era un ufficiale della Royal Navy, in un compito per cui era stato addestrato per anni, poteva essere un modo per allontanare da Storybrook il suo nemico acerrimo e concludere la partita una volta per tutte, facendo in modo che stessero lontano da Emma e Henry.

Si … Henry poteva essere la chiave! Se chi stava tirando i fili  fosse stato l’”amico” che temeva, questi avrebbe avuto un grande interesse a riprendersi il piccolo … era suo figlio!
 Quale era la decisione giusta da prendere? Doveva parlare delle sue varie supposizioni al Colonnello e alla stessa Emma! Era così lontano il lunedì!

Ordinò l’attracco. La ciurma ritirò l’ancora, cazzarono le rande e, sfruttando la leggera brezza che spirava verso la costa, si diressero in direzione del porto.  
Diede gli ordini del giorno ai suoi uomini, ispezionò il ponte della nave e si ritrovò sulla prua a guardare verso il porto. La Rocca si vedeva tra la foschia, la donna che amava stava ancora dormendo probabilmente. La immaginò tra le lenzuola, con il capo poggiato sul suo petto, immaginò di darle un bacio sulla fronte, mentre le carezzava la schiena nuda e lei che si svegliava lentamente, guardandolo, assonnata, negli occhi e schiudendo le labbra per dirgli buon giorno e ricevere da lui un bacio più dolce, su quelle labbra sorridenti.

 “Emma … amore mio … quanto ancora per averti di nuovo tra le braccia?”

La nostalgia che provava era forse più forte delle preoccupazioni, ma queste erano sicuramente più urgenti. Decise di tornare nel suo ufficio per aggiornare il Diario di bordo, c’era tanto da scrivere sugli ultimi avvenimenti! Si voltò per tornare sottocoperta e non vide la figura a cavallo che si stava dirigendo lungo il molo, nel  punto esatto in cui la “Stella del Mattino” sarebbe stata attraccata.
 
Emma aveva passato la notte a contare le ore che la separavano dal momento in cui avrebbe incontrato l’uomo che amava, non era riuscita a dormire, presa tra la preoccupazione per lui e il desiderio. Si era alzata, alla fine, prima del solito. Aveva indossato i suoi pantaloni da cavallerizza e l’equipaggiamento necessario per non risentire del freddo mattutino. Il mantello nero di lana le copriva le spalle, regalandole un bel tepore. Aveva indossato la parrucca nera e si era inoltrata nel passaggio segreto. Non aveva intenzione di stare via molto, giusto il tempo per vedere Killian, accertarsi della sua salute e chiarirsi di ciò che non era riuscita a dirgli, due sere prima, a causa della sua reazione furiosa.

 Nella scuderia della “Villa” sellò il cavallo e lo imbrigliò, poi partì per il porto. Giunse al punto dell’attracco. La mattina era nebbiosa, il sole non era spuntato ancora, ma un movimento sulla prua le fece distinguere l’inconfondibile  figura elegante del suo uomo. Il cuore accelerò i battiti, stava bene, certo lo aveva detto anche Frate Benedictus! Ma vederlo era un’emozione di  gioia tale, che non avrebbe mai smesso di sentire al suo cospetto.
Attese minuti che le sembrarono infiniti, poi, finalmente, gli ormeggi furono annodati e la passerella venne agganciata a terra.  Impaziente salì lungo quelle tavole di legno e si trovò Spugna davanti.

 – My lady, così presto!
Spugna era così sorpreso che non l’aveva salutata neppure.
– Buon giorno anche a te caro Jack, il capitano è nel suo ufficio?
 – Sissignora, è sceso pocanzi …
- Vado da lui …
- Ma …
Non diede il tempo al brav’uomo di rispondere e si precipitò sottocoperta, lasciando Spugna, sgomento e “preoccupato”.
Bussò decisa alla porta e sentì quella calda e profonda voce maschile che amava, dire:

 – Avanti!

Aprì e lo vide seduto alla sua scrivania, con la penna d’oca nella mano, intento a scrivere sul diario di bordo, aveva una buona cera, notò la fascia intorno al collo, ma fu cosciente che il suo fascino era immutato. Occupato nello scrivere, Killian non alzò subito lo sguardo verso di lei, convinto che fosse uno dei suoi.

– Killian …

A sentire la sua voce, il Capitano scattò velocemente in piedi.

 – Swan!

La sua espressione passò in un secondo dall’incredulo alla gioia più profonda. Senza fiato, sorrisero i suoi occhi insieme alle sue labbra. Per lui era entrato il sole nella stanza. Emma fece due passi verso di lui, con lo stesso sorriso raggiante negli occhi e sul volto, lui le andò incontro, poi si bloccò improvvisamente, cambiando drasticamente espressione facciale, indurendo lo sguardo e la mascella.

 – Lady Barbra! Non avete chiesto il mio permesso per salire sulla nave, cosa diavolo fate qui a quest’ora? Spugna mi sentirà adesso!
– Ma … Killian?!
“Possibile che sia ancora così arrabbiato con me?! Eppure un secondo fa era felice di vedermi, no non può trattarmi così, che diamine! Anche se con questa parrucca, sono sempre io!”

Emma era ferita da quell’atteggiamento e il suo orgoglio sanguinante non stava promettendo nulla di buono!
– Credo che il buon Spugna, non abbia colpe, sono stata precipitosa nel salire … sono venuta a saldare il compenso per i servigi della missione nel Maine, anche se avevi detto che non volevi nulla, ai tuoi uomini dei soldi possono far sempre comodo.
– Sai che non era necessario!

L’espressione di Killian era ancora dura. Emma posò il sacchetto di pelle con le monete d’oro sulla scrivania, abbassò lo sguardo ferito, ma non riuscì a dire una bugia.

– Avevo bisogno di vedere come stessi … vedo che stai bene … posso andare ora …

Si voltò senza aspettarsi repliche da parte del Capitano e si avviò verso la porta.

“No! Sta andando via … maledizione! Non doveva andare così … idiota che sono!”

La mano destra di Emma era già sulla maniglia, in un balzo Killian le fu alle spalle, l’avvolse alla vita e la strinse al suo petto, chiuse gli occhi affondando il viso tra i capelli neri della parrucca, poi sfiorò con le labbra il suo collo e le sospirò all’orecchio:

 – Emma … non te ne andare … resta …

Lei sentiva il calore del suo corpo e la stretta intorno alla vita, le sue labbra, sfiorandola e la sua voce roca e vibrante la emozionarono profondamente e la scossero in un brivido. Per un secondo si abbandonò in quell’abbraccio agognato da giorni, chiuse anche lei gli occhi, deglutì per sciogliere il groppo che le si era formato in gola.

 “No, non puoi trattarmi così Killian! Non puoi prima ferirmi e poi lenire le ferite con il tuo abbraccio, lo sai bene che effetto hai su di me … non posso permetterlo, ho anche io una dignità, non sono la tua bambola senza un’anima!”

Doveva rispondere a ciò che lui aveva chiesto e lo fece con il dolore che sentiva, provocandogli lo stesso dolore. Con le mani si sciolse dal suo abbraccio, non si voltò nel parlare.

 – Lady Barbra non ha nessun motivo per restare Capitano. Ho saldato il tuo compenso, il nostro rapporto di lavoro è concluso … mi dispiace di non aver chiesto il permesso di salire a bordo, avevo creduto che non fosse necessario, è evidente che sbagliavo. La nave è tutta tua …
Killian era gelato, non riuscì a rispondere nulla. Vide la bianca mano di Emma aprire la porta e, senza voltarsi, andar via velocemente con il  mantello nero che ondeggiava dietro di lei.
 
Emma percorse il corridoio ed il ponte della nave, più velocemente di quando era arrivata, gli occhi le bruciavano, aveva una gran voglia di piangere. Passò davanti ad alcuni dei marinai e neppure vide il loro saluto. Scese dalla passerella, rimontò a cavallo e corse a perdifiato tornando da dove era venuta.
 
Killian era rimasto come pietrificato, davanti alla porta chiusa del suo ufficio e si stava chiedendo cosa diavolo avesse combinato. Erano due giorni che voleva parlare con lei e stringerla tra le braccia, la sognava ad occhi aperti ed ora che era stata lì, da lui e per lui, cosa le aveva detto? Si era messo a polemizzare sul fatto che lei non avesse chiesto il permesso di salire sulla nave! Un bambino di un anno si sarebbe comportato meglio di lui in quella circostanza, che diavolo gli era passato per il cervello? Pensando e rimuginando accigliato, non sentì Jeff chiedergli il permesso di entrare.

 – Killy si può sapere che accidenti hai fatto ad Emma?
– Perché?
– Perché?! È andata via come una furia! Sembrava che stesse per piangere, non mi ha nemmeno guardato in faccia … allora?! Che hai combinato?
– L’ho rimproverata di non essersi fatta annunciare e di non aver chiesto il permesso di salire sulla nave …
 - Sei serio Killian?! Dimmi di no, per favore, perché non ti riconosco! È o no la donna che hai sposato a Neverland?
– Certo! Che domanda!
– Ma … Killy! Ci fai o ci sei?!
– Vedi di non giudicare Jeff … tu non sai niente … la sera che ho scoperto di Henry … dopo … le cose non sono andate come dovevano … ero offeso e arrabbiato … non l’ho fatta neppure spiegare e sono andato via … volevo tornare su ma ho sentito Eddy che si stava azzuffando con quell’altro e da quella sera siamo arrivati a questa mattina …

Jeff lo guardava con compatimento, un sorriso sghembo sulle labbra e scuotendo la testa.

– Quindi il tuo orgoglio ferito ha fatto in modo di ferire lei …
- In pratica …
- Sei un maledetto idiota Killian Jones, lo sai?! Quella donna si è presentata a quest’ora per vederti. Suo fratello o forse meglio Fra Benny le avranno detto dell’accaduto, sei stato ferito … per quello che la conosco non avrà dormito questa notte per pensare al suo uomo … e tu? Mate … mate … ti sei comportato come un ragazzino! Non so che cosa non è andato due sere fa e non mi interessa saperlo, sei uno straccio quando non la vedi  e sicuramente morivi dalla voglia di abbracciarla … lei era qui … beato te! Non so che farei io per avere la mia Giglio Tigrato con me! E tu che fai? Ti metti a fare l’orgoglioso?! Giuro che ti prenderei a schiaffi! Se ami veramente qualcuno … sappi che l’orgoglio è il peggior nemico dell’amore … bisogna imparare a chiedere perdono, ne so qualcosa io! Se alzi i muri con quel tipo di calce … lei farà lo stesso e se non vi sbrigate a chiarirvi, diventerà ogni momento più difficile abbattere quelle barriere! Prendi “la giusta decisione” Killian e abbassa le penne, per una buona volta! Lei non tornerà di certo da te dopo questa mattina … quindi …
Jefferson guardò il suo fraterno amico con un’ultima occhiataccia, non finì la frase, si era fatto capire, girò sui tacchi e uscì dal suo ufficio.
Killian era pienamente cosciente di quanta verità avevano detto le parole di Jefferson, si sarebbe preso a schiaffi da solo! Ovvio che dovesse chiederle scusa! Da due giorni voleva farlo, era andato a prendere Bardo anche lui proprio per aver occasione di darle appuntamento alla villa. Non era ancora tornata alla Rocca e quando lei era arrivata alla baia si erano visti da lontano. Si erano scambiati quel “Ti amo” silenzioso, con il movimento delle labbra.
“Anche lei voleva scusarsi … ora ne sono sicuro … Dio mio Emma! Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo ed è evidente che per te è lo stesso! Possibile che facciamo gli stessi errori? Perché la persona che feriamo maggiormente è proprio quella che amiamo di più e ci ricambia? Amore mio … come posso incontrarti adesso? Come mi presento alla Rocca? Devo aspettare per forza lunedì! Troppo tempo … che starai pensando ora? Ti prego non piangere … non lo sopporterei … perché sarebbe colpa mia … sii più intelligente di me Emma, non fare i miei errori …”
 
Correre a cavallo aveva sempre un effetto calmante sulla Principessa Emma Swan. Svuotava la mente da ogni pensiero e godeva del vento sul volto e tra i capelli. Quel giorno non era così. Nella sua mente appariva di continuo il volto di Killian, illuminato dalla sorpresa che diventava gioia nel vederla e poi il suo cambio di espressione. Quale era il vero volto dell’uomo che amava? A lei era successo lo stesso, era passata dalla gioia e dal sollievo nel vederlo, all’accigliarsi e a tirar su un muro per non sentirsi ferita.

 “Maledetto il tuo orgoglio Killian … e maledetto anche il mio! Eri felice di vedermi… quello era il tuo vero volto amore! Hai spezzato tutto con quella stupidaggine del “permesso di salire a bordo” e io più stupida e permalosa di te mi sono offesa … dovevo riderci su … dovevo sdrammatizzare e seguire il mio istinto … dovevo saltarti al collo e baciarti, quello desideravo da appena ti ho visto alla tua scrivania … La mia “regale” dignità mi ha impedito di avere ciò che volevo e ciò che, era evidente, volessi anche tu. Ti eri già pentito … mi hai abbracciata e chiesto di restare … mi avevi chiamata per nome … Ho fatto il tuo stesso errore! Non vale la pena piangerci su … mi prenderei a schiaffi! Ci siamo feriti a vicenda! Ora? Che scusa invento per rivederti? Spero che lunedì tu venga da Fra Benny, mi ha detto che ti dovrà visitare … Signore Santo! È ancora venerdì … mi sembrerà una vita!”

 
“Reine de France”, due sere prima …

Sapeva come soddisfare il desiderio di Rumbl di “concludere in bellezza la serata”. Tamara era quella che poteva definirsi una “professionista del sesso”, conosceva dettagliatamente i modi per dare piacere ad un uomo. A Parigi aveva affinato anche l’arte della seduzione ed aveva imparato a sfruttare l’eleganza del suo corpo, avvolgendolo in lini e sete costose, cosa che si poteva ben permettere grazie ai suoi lauti guadagni. Riusciva sempre a mantenersi emotivamente distante dai suoi “Clienti”, in realtà li disprezzava, come globalmente disprezzava gli uomini! Per lei erano soltanto un modo veloce di arricchirsi. In quegli amplessi mercenari, lei non provava nessun piacere … era solo “Lavoro”. Con Rumbl era stato diverso. L’aveva cercata poiché incantato dal quadro che quel giovane pittore squattrinato le aveva fatto qualche tempo prima

Ricordava il giovanotto! Così spaesato in quel malfamato quartiere di Parigi! Lo aveva incontrato lungo la strada, mentre lei acquistava delle mele da una vecchia fruttivendola; si era accorta che il giovane moro non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, aveva capito che non sarebbe stato un buon cliente, i suoi abiti logori lo dimostravano ampiamente e quando l’aveva avvicinata, lo aveva scoraggiato, dicendogli subito che lei era una donna costosa e non era “merce” alla sua portata. Il giovane si era presentato e le aveva detto che mai al mondo aveva visto una donna della sua etnia, di simile bellezza. Le aveva detto di essere un pittore e che voleva ritrarre l’essenza di quella bellezza, la bellezza di una “Venere nera”, come lui stesso l’aveva definita sospirando.  Era stato così galante quel ragazzo che accettò. Lo incontrò nella stanza che il giovane condivideva con un altro pittore, più squattrinato di lui, per essere la sua “Musa”, per essere la sua “Modella”. L’aveva ritratta in uno splendido nudo. Era un giovane di talento e si comportava in modo professionale, non mostrava intenzione di voler approfittare di lei. Tamara restava immobile tra le lenzuola, per ore, mentre osservava gli occhi del ragazzo andare da lei alla tela e la sua mano muovere, con grazia, il pennello, su quel panno grezzo, steso sul telaio rettangolare. Si incontrarono diverse volte per completare il dipinto. L’ultima volta, lei aveva ammirato il lavoro finito ed era rimasta colpita dalla maestria del giovane e dalla “passione” che aveva messo nel realizzarlo. Non poteva pagarla per il suo lavoro da modella, se fosse riuscito a vendere quel quadro, lo avrebbe fatto. Tamara era sicura che avrebbe mantenuto la parola, ma non le importava di quei soldi. Il ragazzo era povero in canna e lei francamente aveva racimolato un bel bottino da quando era fuggita dal Maine ed era arrivata a Parigi.  Lo aveva guardato con il suo sguardo più seducente, gli aveva sorriso e aveva iniziato ad aprirgli la camicia logora, accarezzandogli i giovani e tonici pettorali. La reazione fisica del pittore era stata immediata, ma non si era azzardato a toccarla e fu lei allora a dirgli, con voce sensuale, cosa voleva in cambio dei soldi.

 – Vorrei che tu usassi le tue mani su di me … nello stesso modo gentile che usi quando dipingi … sono la tua tela adesso … dipingimi d’amore!

Il ragazzo era incredulo, si era innamorato della bellezza del suo corpo, amava la bellezza in generale, quello cercava nella natura e quello cercava di dipingere.  Nella richiesta di Tamara, fece come lei voleva, l’amò, accarezzandola delicatamente e baciando, adorante, ogni lembo della sua splendida pelle, calda e nera, finché, ambedue, giunti al punto del non ritorno, si unirono in un amplesso estremamente desiderato e voluto. Per la prima volta in vita sua, Tamara aveva trovato un uomo che, con passione e vera ammirazione, si era prodigato per darle il massimo del piacere, non pretendendolo per sé, né costringendola, né pagandola. Da quel giorno non si erano più frequentati, ma seppe che aveva venduto il quadro, quando Rumbl si presentò da lei.

Il Duca doveva essere un cliente come gli altri, ma non fu così! Quell’uomo gli ricordava qualcuno o qualcosa. Neal? Di cui scoprì che era padre? No! Non somigliava affatto a Neal! Evidentemente quel giovane che aveva amato aveva ripreso dalla propria madre! Rumbl le ricordava il “potere”, ”l’oscurità” che ad esso si poteva collegare in modo da renderlo malvagio. Era abituata ai vizi dei clienti, non si scandalizzava per le loro richieste, spesso contro natura. Era lavoro,  solo lavoro …

Molto stranamente, nonostante Rumbl l’avesse presa in modi bestiali, spingendosi violentemente in lei e pretendendo di esplorare orifizi alternativi, stranamente lei ne aveva goduto. Si era chiesta cosa le avesse fatto perdere la concentrazione professionale, per farla abbandonare a sentire quel piacere innaturale. Ebbe la risposta mentre lo guardava, disteso al suo fianco, mentre fumava un sigaro, dopo l’appagamento. Rumbl le ricordava, nel suo modo di porsi e fare … Master Jack, l’uomo che aveva distrutto la usa infantile innocenza e l’aveva portata nell’oscurità.
 
La bambina Tamara era nata schiava, in una piantagione di cotone, in Luisiana. Diversamente da lei, sua madre Lula era nata libera. Quante volte sua madre le aveva raccontato della sua cattura e di come era arrivata in quel paese di uomini bianchi! Le aveva detto di essere nata in un villaggio chiamato Ngoru Kiry e di appartenere al clan dei Watussi. Sua madre era appena quattordicenne quando cadde in una rete e quattro uomini bianchi si avventarono su di lei. Vestita con un corto gonnellino e un collare variopinto, ignara, a seno nudo, come le altre donne del suo villaggio, stava cacciando con la lancia, insieme al suo fratellino di otto anni. Non aveva visto la trappola, ben mimetizzata dai bianchi e vi era finita dentro, portata in alto dalla rete e restando a penzolare, mentre suo fratello cercava di liberarla. Un colpo e del fumo erano usciti dallo strano bastone tonante, che uno dei bianchi si era portato vicino all’occhio e, dopo quell’improvviso rumore, il suo fratellino era caduto a terra con la testa sanguinante, non rialzandosi più. I quattro uomini bianchi ridevano, mentre lei si divincolava per fuggire, terrorizzata per quello che avevano fatto al bambino e per le mani che quegli uomini le stavano mettendo in ogni parte del corpo. Era una giovane molto alta, snella. La sua pelle nera era lucente al sole. L’avevano immobilizzata e la guardavano interessati e ammirati. Poi il loro pensiero fu quello di approfittare di lei. Con un coltello uno di loro, per sbrigarsi, le tagliò via il piccolo perizoma che le copriva l’intimità. A turno, mentre due di loro la tenevano ferma, gli altri la violarono. Poi, soddisfatto il loro bestiale e malvagio istinto, l’avevano legata di traverso su un cavallo. Era stata condotta con altri prigionieri, dopo giorni di marcia forzata, ad una grande casa di legno galleggiante. In quella casa era rimasta per tante lune, incatenata e sdraiata su dei ripiani di legno, insieme a uomini e donne della sua razza, non tutti del suo villaggio. Durante quel viaggio furono poche le volte che respirò l’aria alla luce del giorno, su quello che i bianchi chiamavano “Ponte”, giusto il tempo per far sì che i tavolati venissero lavati dei loro escrementi e i morti tolti e buttati, dati in pasto a quei grossi pesci che comparivano, con le loro fauci spalancate adornate di denti triangolari, ogni volta che si sentiva odore di sangue.

Sua madre Lula non le raccontava solo della prigionia e di come fosse giunta alla tenuta di Buana Jack, come lo chiamava lei. Le raccontava del suo meraviglioso paese! Della bella e rigogliosa terra dove era nata e cresciuta, degli animali che solo lì esistevano. Le aveva detto di quanto cavernosa e potente fosse la voce di “Simba”, capace di far tacere tutti gli animali della savana! Di quanto fosse grande e forte Tantor, con il suo lungo naso e le quattro zampe, grandi come le colonne della casa di Buana Jack. Di quanto fossero belli i cavalli a strisce bianche e nere e che eleganza possedevano altri animali dal collo lunghissimo …

Tamara fantasticava meravigliata a quei racconti, in seguito, grazie ad Emma, scoprì che quel paese incantato si chiamava Africa e quegli animali, che la Principessa le mostrò in un libro, si chiamavano: Leone, elefante, zebra, giraffa …
Già, Emma! La perfetta Emma! Quella che l’aveva fatta sentire sporca … immonda e l’aveva trattata come un cagnolino ammaestrato! Ma che ne sapeva l’innocente e casta Emma di cosa era stata la sua vita? E cosa sapeva lei stessa del male che aveva ricevuto e che aveva fatto?! Certo ad Emma non aveva mai raccontato nulla …
 
Aveva appena sei anni quando Master Jack, il cinquantenne proprietario di sua madre e della piantagione, la prese in braccio e la portò con sé nel fienile. Sua madre aveva visto la scena e non disse nulla. L’uomo l’aveva tenuta su una gamba, mentre si apriva la patta dei pantaloni e si toccava, poi aveva insegnato a lei a farlo. Non le era sembrata una cosa strana, Padron Jack diceva che era un “bel gioco”, lei non lo capiva quel gioco, ma aveva capito che a Master Jack piaceva tanto giocare così. Con il tempo il gioco cambiò, perché al Padrone non bastò più e cominciò a toccarla a sua volta. Ricordava la sensazione delle sue dita rapaci che la esploravano tra le pieghe della sua infantile intimità, le diceva che lei era bellissima, che era bello ciò che stavano facendo insieme e le diceva che, con quel tocco, la stava preparando ad “un gioco più bello” e piacevole. Dopo aver “giocato”, di solito, le regalava un dolcetto. Era l’unica bambina con la quale giocava in quel modo e quel gioco stava diventando piacevole anche per lei, finché arrivò il momento che il suo corpo prese una forma sempre più femminile.

Quel giorno la Padrona, con suo figlio Little Master, erano partiti di buonora con la carrozza, ospiti della famiglia di possidenti confinanti. Sua madre l’aveva convinta, nel tempo, che fosse un onore ricevere le attenzioni del Padrone, era fortunata, poiché la sua bellezza l’avrebbe salvaguardata dal duro lavoro nei campi. In effetti Master Jack non la faceva lavorare con gli altri, preferiva tenerla in casa, ad aiutare la cuoca. In realtà era un modo per averla a disposizione in qualsiasi momento lui volesse, specialmente quando sua moglie Amelie era ubriaca di cherry e non si accorgeva di ciò che capitava sotto il suo tetto. Quel giorno l’aveva cercata in cucina, Tamara aveva appena compiuto i nove anni d’età e precoce come tutte le bambine della sua etnia, aveva avuto da poco il suo primo “sangue di luna”. Era stata fortunata ad essere la prediletta del padrone, poiché lui non aveva voluto che la “Mama” le facesse quello che faceva di solito alle altre bambine, già dai cinque sei anni. Tamara aveva visto morire sua sorella a causa del taglio che “Mama” le aveva fatto ai genitali. Lula le aveva detto che a volte capitava, ma la maggior parte delle volte “Mama” era abbastanza brava da arrestare quel sangue, ricucendo i lembi di carne mozzata, con fili vegetali e alla bambina non succedeva nulla, anche a lei lo avevano fatto nel suo villaggio, era un’ usanza normale! Non ne era affatto convita Tamara e fu felice quando Master Jack si arrabbiò con “Mama”  e la fece frustare, le disse che non doveva più permettersi di fare “quella cosa” alle bambine, non voleva perdere le sue schiave! Per lui valevano soldi, era più facile far riprodurre gli schiavi e più economico che comprarli!

Tamara non era stata mutilata come le sue coetanee, Master Jack la voleva sana per i suoi intenti. Quel giorno, solo in casa, l’aveva portata nella sua camera da letto. Come sempre, inizialmente, aveva voluto “giocare” con lei nei modi che le aveva insegnato, ma quella volta la spogliò completamente e si tolse anche lui del tutto gli indumenti. Diversamente dalle altre volte il gioco fu doloroso, le disse che, da quando “giocavano”  insieme, l’aveva preparata abbastanza, se pur piccola ora lo avrebbe “ospitato” facilmente. Nonostante Tamara piangesse, sentendosi lacerare, lui continuò fino ad arrivare dove voleva. Quando l’uomo, ormai sazio e soddisfatto della sua depravazione, si abbandonò nel suo letto russando, la piccola fuggì via. Andò a cercare sua madre. Le raccontò, piangendo ancora per il dolore, cosa era accaduto. La donna, con la prominente pancia di un’ennesima gravidanza, sospirando rassegnata, cercò di consolarla, dicendole che le volte seguenti, quando il padrone l’avesse ancora voluta, non sarebbe stato così, le sarebbe piaciuto, doveva fare in modo che le piacesse, se voleva sopravvivere! Quella era l’unica consolazione che anche gli altri schiavi avevano. Dopo il duro lavoro, la frusta e la prigionia, darsi il piacere l’un l’altro, era la sola cosa che restava a quei poveri esseri trattati come bestie da soma o da riproduzione.

Tamara non sapeva chi degli schiavi fosse suo padre, probabilmente neppure sua madre ne era certa, visto che Master Jack la considerava come una “giumenta” per la riproduzione. In breve tempo Tamara capì che sua madre aveva detto il vero e si rese conto che sfruttare il proprio corpo, per il suo tornaconto personale, poteva essere l’unica cosa da fare per sopravvivere. Il Master continuò a volerla, anzi, più lei cresceva e più l’uomo sembrava da lei ammaliato. La copriva di regali, vestiti, profumi e saponi. Lady Amelie era sempre più disperata ed alcoolizzata. Il giovane Padrone, loro figlio, era stato mandato via per studio e quando tornò, alto e bello, nei suoi vestiti eleganti, Tamara aveva circa diciotto anni.  Little Master, non ci mise molto a capire la tresca di suo padre con la bella schiava e iniziò a cercarla con gli stessi scopi. A lei il giovanotto piaceva, come le piaceva ciò che facevano insieme. Trovavano ogni occasione per appartarsi, in casa, dentro uno stanzino, nella rimessa degli attrezzi o in camera del giovane, quando, di notte, tutti in casa dormivano. Suo padre aveva ormai una certa età, ma la passione per Tamara non gli era passata, anzi era diventata un’ossessione, soprattutto perché sospettava che lei avesse rapporti con altri. Ignorava che quella notte suo figlio e Tamara, nella camera del giovane, si stessero amando con passione sfrenata. Lady Amelie era crollata sbronza sul divano del salotto e Padron Jack era uscito a cercare Tamara nella baracca che occupava con sua madre e i due fratelli più piccoli. L’avrebbe fatta sua lì, nella baracca, non gli importava se davanti a sua madre e ai bambini, non sarebbe stata la prima volta in fin dei conti! Non la trovò nel suo giaciglio e colpì forte Lula per farsi dire dove era andata “quella sgualdrina” di sua figlia.

All’ennesimo calcio che Lula ricevette al “pancione”, sapendo che avrebbe perso la creatura che portava in grembo, volle ferire a sua volta il Padrone.

 – Cerca nel letto di tuo figlio Padrone … troverai quello che cerchi!

Gli sibilò contro quella verità. Master Jack sgranò gli occhi e barcollò come se fosse ubriaco. Poi, accecato dalla gelosia, uscì lasciando aperta la porta della baracca e corse verso la sua bella villa coloniale. Si precipitò su per le scale, raggiunse la stanza di suo figlio e spalancò la porta con forza. Quello che vide gli strinse il cuore in una morsa d’acciaio. La schiena nera e liscia di Tamara, con i suoi lunghi capelli che le oscillavano sulle spalle, fu la prima cosa che vide, poi realizzo che la giovane era posizionata, cavalcioni, sul bacino del suo unico figlio, il giovane le teneva le mani sui fianchi, guidandola, mentre lei ritmicamente si muoveva su di lui, dai versi che emettevano era chiaro il piacere reciproco che i due si stavano regalando. L’anziano cuore di Master Jack non resse a quella verità, la gelosia lo aveva fatto esplodere. Al rumore improvviso della porta che si apriva e sbatteva contro il muro, i due giovani si distaccarono improvvisamente e saltarono sul letto, Tamara cercando di coprirsi con un lenzuolo e Little Master cercando una scusa. Non ci fu bisogno di inventare nulla … Master Jack era crollato a terra, stroncato da un infarto cardiaco.

Quanto aveva pianto Tamara, nel momento in cui Little Master la allontanò da sé! Averla davanti tutti i giorni gli ricordava che a causa sua aveva ucciso suo padre. Sua madre voleva farla impiccare, lui non lo permise, si era innamorato di Tamara, non avrebbe potuto farlo. Non volle farla neppure frustare, non sopportava l’idea di quella pelle liscia, sfregiata dalla frusta. La “giusta decisione” fu, per lui, di venderla. Seppe da un commerciante di schiavi che aveva avuto la richiesta di trovare una schiava sui diciotto anni, in buona salute e di gradevole aspetto, doveva essere un regalo per una giovane nobildonna che il 15 Novembre di quell’anno avrebbe compiuto diciotto anni. Little Master non volle sapere altro, ne chi era l’acquirente, né dove vivesse, non voleva avere la possibilità, né la tentazione, di rintracciare Tamara. Presto avrebbe preso moglie, l’avrebbe dimenticata tra le braccia di colei che avrebbe sposato.

Fu così che Tamara diventò il regalo di compleanno di Lady Emma Swan Charming Pendràgon. Prima di giungere al suo cospetto fu lavata, profumata e vestita con  begli abiti. La  madre di Emma la condusse da lei. Tamara si aspettava una padrona viziata e viziosa, pronta a darle ordini in ogni momento e a chiederle di soddisfare ogni capriccio o insana voglia. Emma non era affatto così. Nonostante fosse una Principessa, non teneva alle differenze sociali, disse a sua madre che non voleva assolutamente schiavi, quella ragazza poteva diventare per lei una giovane amica, era sua coetanea. Aveva deciso di restituirle la libertà, poteva andare via se voleva o restare come sua dama di compagnia, nel caso avrebbe avuto uno stipendio. Tamara non poteva credere che al mondo esistesse una persona così. Emma era tutto ciò che poteva essere la perfezione ai suoi occhi. Bella di animo e corpo, bianca, aveva capelli come l’oro, era una principessa, era buona, simpatica, un po’ ribelle, non le piaceva l’etichetta di corte e le piaceva stare a contatto con la natura. Più la conobbe è più la sua ammirazione diventò invidia. Restò come sua dama di compagnia, cercò di imitarla nei modi di fare, le faceva compagnia durante le ore che passava a studiare il liuto e altro. Tamara era sicuramente di intelligenza vivace e quando Emma si accorse che non sapeva leggere ne scrivere, si mise d’impegno ad insegnarle lei di persona, sia lettura e scrittura, sia il francese. Era una gioia per Emma vedere i suoi progressi ed il suo impegno, ma lei diventava ogni giorno più cupa, più imparava e più diventava consapevole di ciò che era stata la sua vita e ciò che era diventata.

Tamara ricordava che, il giorno del suo compleanno, Emma avrebbe voluto conoscere il giovane Tenente che aveva fatto visita con suo fratello ai suoi genitori, il Principe James e la Principessa White Margaret. Per un contrattempo non ci era riuscita, non ne aveva visto il viso, lo aveva visto solo di spalle. Per Tamara era una cosa veramente ridicola, ma Emma le aveva fatto una testa i giorni seguenti con quel Tenente … era come innamorata … come poteva se non lo aveva nemmeno visto in faccia?! Quella sera aveva conosciuto invece il giovane Duchino Neal Mc Cassidy. Ad Emma non piaceva granché, ma lui era “cotto” di lei. Tamara lo vide spesso andare a trovare Emma, aveva avuto il permesso dal Principe di frequentarla. Quante volte aveva raccolto i sospiri e le fantasticherie di Emma sul giovane Tenente, Jones … si, si chiamava Killian Jones! Emma aveva un fratello adottivo, un bel ragazzo, August. Suo fratello stravedeva per lei, Tamara lo aveva capito bene. Era un fratello adottivo, forse l’affetto che aveva per Emma andava oltre quello fraterno.
Un giorno che Emma la stava assillando con le sue fantasticherie sul solito “Killian” le chiese a bruciapelo:

– Da chi vorresti essere toccata e chi vorresti dentro di te tra Killian, August e Neal!

Emma era rimasta a bocca aperta, gli occhi sgranati, era prima impallidita e poi era diventata rossa come un pomodoro maturo.
 – Co - cosa stai dicendo Tamara?!
 – Beh! Cosa ho detto di strano? Da chi dei tre vorresti essere posseduta?
– Io …io …
- Emma non hai mai avuto un uomo tra le braccia e tra le gambe?!
 – Che … che vuoi dire?
– Ma sei ancora vergine?!
– Io … io …si!

Tamara era scoppiata a ridere, era sicura che Emma non avesse conosciuto piaceri carnali, rise di scerno per la sua ingenuità, per il rosso che le imporporava le guance, per la sua purezza di spirito più che del corpo!

– Dai non dirmi che con August non avete mai …
- Ma sei impazzita Tamara?! Io … io non so che ti prende oggi … August è mio fratello … in verità fratellastro …ma per me è un fratello a tutti gli effetti, sarebbe un incesto … non si fa una cosa del genere! È un peccato mortale! Neal è un caro amico … non mi attrae in quel senso … non ci penso proprio … e Killian … Killian …
- Già, il tuo adorato Killian … non è qui … altrimenti sono sicura che con lui le gambe le avresti aperte e come!
– Smettila Tamara … ora mi stai facendo arrabbiare … non si fanno queste cose … con Killian lo farei dopo sposata … come si conviene ad una donna per bene!
 - Emma non ti arrabbiare! Non sto dicendo cose strane! Non ti accorgi di come ti guardano Neal e August? Tu li vedi uno come un amico e l’altro per te è un vero fratello … per loro non mi sembra che sia così!
 – Si … Neal, lo ammetto, mi sono accorta che per lui non è solo amicizia … ma su August ti sbagli proprio!
– Mah! Forse sbaglierò … comunque ti sta parecchio vicino e mi sembra geloso di Neal!
– Neal non gli piace, me lo ha detto! Dice che non è il tipo adatto a me … Oddio!!
 – Che c’è adesso?
 – Signore perdonami!
– Ma … che?
 – Tamara … se è vero un po’ quello che dici … ho fatto una grossa pazzia con mio fratello …
- Che pazzia?!
– Oh! Tamara, amica mia! Il giorno del mio compleanno … sai … ero curiosa di conoscere Killian … sai … se poi avesse voluto baciarmi …
 - Mmm … interessante! Vedi che con il Tenente ci saresti stata subito?!
– Smettila ti prego!
– Beh insomma che è successo?
– Ho chiesto a mio fratello di insegnarmi a baciare, gli ho detto i miei intenti, lui ha risposto che un Tenente di Marina, gentiluomo, non mi avrebbe mai baciato appena conosciuta e che io a comportarmi così non avrei fatto una bella figura di donna per bene!
 – Ah!
 – Si … ma io ho insistito e lui alla fine mi ha fatto vedere come si fa!

Tamara scoppiò a ridere nuovamente buttandosi sul letto.

 – Povero August! Immagino l’effetto che ha avuto la cosa su di lui!
– Dici che lo ha un po’ turbato?
 – Turbato?! Tu non conosci proprio le reazioni fisiche di un giovanotto Emma … sei proprio “piccola”!
– Mio Dio! Cosa gli  ho fatto?! Sarà per quello che è andato via da me pochi giorni dopo il mio compleanno?
– Tu “sciocchina” che dici?

Emma aveva pianto per il pentimento, “anima ingenua e candita”. Poi seppero della morte dei due ufficiali Jones e la vide piangere ancora. Neal continuava a frequentarla e spesso restava ad attenderla insieme a Tamara. Emma era depressa per la morte del Tenente e pensare che non lo conosceva nemmeno! Neal era un caro ragazzo, veramente simpatico e Tamara si era innamorata di lui. Fu un grande dolore vederlo infine sposare Emma, lei alla fine gli si era affezionata e aveva accettato la sua proposta. Tamara sperò con tutto il cuore che il giovane amico di August, il Barone Jamie Fraser, riuscisse a conquistare Emma, in quei pochi giorni di soggiorno a palazzo, ma il giovane era già promesso e con Emma non scattò proprio nulla, se non una bella amicizia.

La prima notte di nozze di Neal ed Emma, li aveva sentiti litigare, lui le aveva dato della stupida, immaginava fosse di sicuro per l’inesperienza della sposa. Lo aveva sentito uscire dalla stanza. Lei non era riuscita a prendere sonno nella stanza adiacente a quella degli sposi. Si stava rodendo per la gelosia e l’invidia, avrebbe voluto essere lei tra le braccia di Neal. Uscì dalla sua stanza e se lo trovò davanti, vestito solo con la vestaglia. Anche lei portava solo la vestaglia. Aveva cercato di sedurlo, ci era quasi riuscita, sfoderando tutta l’esperienza sessuale accumulata in quegli anni, tra Master Jack, suo figlio e gli altri giovani schiavi della piantagione. Neal era pronto per essere suo, eccitato all’inverosimile, ma all’ultimo momento l’aveva rifiutata. Era troppo innamorato di Emma. L’aveva veramente ferita nell’orgoglio, le aveva detto che lei non era come Emma. Già! Ne era pienamente consapevole, Emma era tutto ciò che lei non era e non sarebbe mai stata!

 Non aveva mai potuto raccontare delle sue esperienze ad Emma poiché, da come l’aveva sentita parlare di incesto e rapporti solo dopo il matrimonio, l’avrebbe trattata come una donnaccia.

Solo ora, mentre Rumbl Mc Cassidy si muoveva dietro di lei, nel suo modo alternativo, facendola gemere mentre l’ afferrava per i fianchi per possederla più in profondità, dandole quel godimento perverso che solo un altro era  riuscito a darle, Tamara si rendeva conto di quanto odiasse Emma, per ciò che rappresentava, per ciò che era ai suoi occhi. Nella splendida infanzia vissuta da Emma, amata e vezzeggiata, la bionda Principessa era la conferma che lei era stata una bambina abusata da un depravato, uno come Rumbl, uno che l’aveva riempita, per anni, con il suo seme di depravazione, facendo passare il tutto per un bel gioco, uno che aveva distrutto la sua purezza e la sua innocenza. Una purezza e un’innocenza che invece erano insiti nel cuore di Emma, qualità che nessuno, neppure violandola, le avrebbe portato via. In lei purtroppo, con quell’immondo seme, era germinata una pianta maligna, Rumbl apparteneva allo stesso ceppo, la somiglianza tra lui e Master Jack l’aveva attratta in quel rapporto perverso. Nonostante la violenza subita, incoscientemente, quella depravazione alla fine le era piaciuta e l’aveva fatta diventare quella che era.

Quando Emma aveva scoperto che in qualche modo era stata con suo marito, cosa che lei le aveva lasciato credere ampiamente, l’aveva cacciata via. Non poteva restare nel Maine, non voleva avere la possibilità di vedere Emma e Neal insieme, sicuramente sarebbero stati felici, sicuramente lei lo avrebbe perdonato, lui le avrebbe detto la verità .

 Aveva trovato un passaggio su un mercantile, pagando in “natura” ciò che non aveva potuto pagare in danaro, aveva riservato i suoi servigi al capitano della nave, e a chi, tra i marinai, aveva pagato meglio. Il mercantile era diretto in Francia e lì era giunta e aveva vissuto in quegli anni, finché non aveva incontrato Rumbl. Il sodalizio con quell’uomo era diventato più forte nel momento in cui le aveva rivelato il suo intento di tornare da suo figlio e sua nuora per vendicarsi e riprendere il bambino avuto da Milha. Era l’occasione, per Tamara, di chiudere i conti una volta per tutte con la “Perfetta” Emma!
 
Rumbl, con un’ultima spinta, si accasciò, godendo, sulla sua schiena. Lei si liberò del suo peso e con una mano cercò, nel portasigari sul comodino, il sigaro che lui amava fumare sempre “dopo”. A Tamara “dopo” piaceva parlare. 

– Sono in attesa del tuo racconto Robert.
Avevano deciso insieme di continuare a chiamarsi reciprocamente con dei nomi fittizi.
– Marie Claire … sei una meraviglia come sempre … pronta a prevenire ogni mio desiderio … brava!
Prese dalle sue labbra il sigaro che lei aveva già provveduto ad accendergli.
– Mmm … la tua bocca sensuale …
Lei rise, sapeva che Rumbl aveva gradito la sua performance!
– Ora sono tutta orecchi! Cosa hai scoperto di interessante?
“Robert Smith” sorrise sarcastico, mentre buttava fuori una nuvola di fumo azzurrino. Tamara non sopportava quell’odore, ma fingeva il contrario.
– Ho scoperto che la mia bellissima nuora conduce una doppia vita …
 - Emma?! Non posso crederci …
 - Dovrai crederlo tesoro … l’ho vista con i miei occhi. Si è affacciata dal balcone della taverna di Angus O’Danag … quasi non la riconoscevo con quella parrucca nera … ma ti posso assicurare che era proprio lei!

Tamara era rimasta a bocca aperta, la “sua” Emma era cambiata parecchio!

– L’oste mi ha detto che quella era Lady Barbra Mc Canzie, la maggiore commerciante del posto … in pratica la maggior parte degli esercizi commerciali sull’isola sono i suoi. Non dubito ovviamente che possa essere vero! Mi chiedo come mai invece che palesarsi come Principessa Emma Swan, ovvia proprietaria, vista la sua ricchezza, si faccia passare per una commerciante …
- Sono veramente sorpresa, non riesco a capire perché conduca questa doppia vita … Forse il fatto che fin da ragazza era una  Principessa che teneva ben poco all’etichetta? Sarà il suo modo di mantenersi la “piccola ribelle” che era?
 – Era una “ribelle”?
 – Non fraintendermi … era educata e disciplinata, molto severa con se stessa, ingenua e … pura … se vogliamo … aveva alti ideali, mi ha dato la libertà … ero schiava ed ero stata venduta dal mio padrone a sua madre come regalo di compleanno. Per rendere più appetibile l’acquisto avevano detto che sapevo leggere, scrivere, giocare a dama e una serie di bugie. Emma è contro ogni forma di schiavitù, il suo primo pensiero fu di liberarmi e mi stipendiò come dama di compagnia, si affezionò a me come ad una sorella e quando vide che ero completamente analfabeta mi insegnò di persona a leggere, scrivere e a parlare in francese, cosa che mi è stata utilissima …
 - Con tutto quello che ha fatto per te non capisco il tuo odio nei suoi confronti …
 - Te l’ho detto a Parigi … sono una “cattiva ragazza” …
- Centra Neal per caso? Mi hai accennato a lui quando ci siamo … conosciuti …
- Si … in effetti il motivo è stato tuo figlio …

Rumbl scoppiò a ridere sbuffando altro fetido fumo del suo sigaro.

 – Cosa ci trovi di divertente?
– Scopro che la mia spietata “Venere nera” ha un cuore! Ti sei innamorata di quel rammollito di mio figlio!

Tamara si sentì ferita.

– Tuo figlio è un uomo simpatico, spiritoso … gentile e … e…

Rumbl rise di nuovo.

 – Come ti accalori mia Cara! Ancora ne sei innamorata …
 - No! Non più … mi ha ferita … ora lo odio! Comunque basta con questo discorso … che altro hai scoperto?
– Mentre ero alla taverna c’è stata una zuffa con una conseguente sfida a duello, per riscattare l’onore della figlia maggiore di O’Danag … un bel bocconcino di figliola … Bè in breve … lo sfidato è il figlio del gestore del maggior emporio di mia nuora. Ho offerto al ragazzo due Secondi in gamba per sbarazzarsi del rivale, in cambio mi deve portare notizie sulla padrona, sarà la mia talpa …
- E l’amico che dicevi di aver trovato?
 – Il mio peggior nemico in realtà, l’uomo che odio di più al mondo e che … più ammiro … per il coraggio e l’abilità … Captain Hook …
 - Il pirata che ti ha portato via la madre di tuo figlio?!
– Già … lo hai conosciuto quando è venuto da Cora …
 - In realtà … quando ho sentito il trambusto e le urla di Cora … sono fuggita … non ho visto né lui né i suoi uomini …
 - Si, sei proprio una “cattiva ragazza” hai abbandonato quell’”angioletto” di Cora … ancora non vi perdono per lo scherzetto che mi avete fatto con Belle …
 - Per quello … mi dispiace … Cora mi aveva detto che era quello che tu volevi fare della ragazza … non sapevo che avevi … intenzioni serie con lei …
- Siamo qui perché me la voglio riprendere e mi riprenderò il bambino … diventerà mia moglie … e saremo una famiglia!
– Che vuoi fare con Captain Hook?
– Oh! Lui domani alle 17.00 avrà una bella sorpresa! Sarà il secondo dello sfidante nel duello. Non ne uscirà vivo! Anche se combatte agile come una pantera e coraggioso come un leone … avrà troppi avversari! Manderò cinque dei migliori spadaccini di Barba Nera …
 - Se dovessero fallire?
– Non fare l’uccello del malaugurio Marie Claire … dovesse succedere … dovremmo lasciare la nave e trovare un'altra sistemazione, inizierebbero le indagini, Killian Jones non è il tipo che subisce senza reagire!
– Killian Jones?
– Si, quello è il vero nome di Hook …
- Era Tenente della Royal Navy anni fa?
 – Si, era addirittura il migliore del suo corso e con il fratello, il Capitano Liam Jones, avevano spesso incarichi diplomatici molto delicati …
 - Mi chiedo come è finito dalle stelle alle stalle!
– Sai … quando si ha ideali alti come i suoi … ha preferito combattere da eroe per vendicare suo fratello e aiutare la sua Patria …
- Si direbbe che lo ammiri veramente!
– Diciamo che ho nei suoi confronti un rapporto del tipo che tu hai con Emma! Lo odio perché rappresenta la luce che io non ho mai posseduto, lo odio perché Milha lo ha amato fino alla morte, pur avendo posseduto il suo corpo, il suo pensiero e il suo cuore sono sempre appartenuti a lui. Lo ammiro perché so riconoscere il valore del mio nemico, lo invidio e voglio distruggerlo. Sono io che ho creato Hook e ho insozzato la sua immagine … ora … voglio la sua vita …
 - Lo hai visto alla taverna dove hai trovato anche Emma?
– Si, ha dato manforte allo sfidante e ha risposto ad Emma quando si è affacciata …
“Emma … infine hai conosciuto il tuo amato Killian! Non sarà per lui che hai una doppia identità?”
– Sai Mister Smith? Ora ti racconterò io una storia sul Capitano Killian Jones …
 
***
Due giorni dopo, venerdì mattina …

Aveva bisogno di bere. Forse alla fine si sarebbe ubriacato. Una sbronza lo avrebbe stordito per bene e forse il lunedì sarebbe arrivato prima. Era così rammaricato Killian del suo comportamento con Emma! Dopo aver ricevuto i rimproveri di Jeff, aveva sentito anche quelli di Eddy che era andato da lui per salutarlo e dirgli che andava da Sebastian per la pesca del venerdì mattina. Il giovane l’aveva visto abbattuto, gli aveva chiesto cosa era successo e lui sentendosi più stupido di prima, a raccontare ad uno giovane e innamorato come Eddy cosa aveva combinato, si beccò il suo biasimo.

“Anche Eduard ora ne sa più di me! … Basta commiserarmi!”

Da Angus non c’era nessuno a quell’ora. Anche l’oste si accorse del suo stato d’animo, ma oltre che dargli il buon giorno non gli disse altro, neppure cosa volesse. Semplicemente prese una bottiglia di Rum ed un bicchierino di peltro e li pose sul banco davanti a lui. Solitamente ai suoi clienti, parco come era, dava un bicchierino alla volta e lo riempiva lui stesso. Al Capitano preferì lasciare l’intera bottiglia. Killian si rese conto che Angus aveva capito che voleva ubriacarsi. Con discrezione l’oste si era allontanato, con la scusa di andare in cucina da sua moglie e poi a preparare il carretto.
 
Agnes ed Angel, come tutti i venerdì partecipavano alla pesca con Sebastian. La giovanetta, vestita con il cappellaccio di paglia e la vecchia camicia di suo padre, sui pantaloni di tela, fece il suo ingresso alla locanda, portando quel “maledetto pesante cesto di pece fresco” che suo fratello, come al solito, si era rifiutato di portare insieme a lei. Il viso imbronciato di Agnes si illuminò quando vide il suo amico Killian di schiena al bancone. Voleva correre a salutarlo, ma si rese conto di non essere presentabile, una Damigella non poteva stare conciata in quel modo e puzzare di pesce! Killian non lo avrebbe apprezzato! Lui era uno che ci teneva alla pulizia! Si vedeva e si sentiva! Era sempre pulito ed elegante con i suoi panciotti ricamati e il pastrano in pelle nera e non puzzava come i marinai che di solito frequentavano il locale di suo padre!

Agnes cercò di non farsi notare e sgattaiolò in cucina per lasciare il pesce a sua madre, poi, di corsa, andò in camera sua per lavarsi e cambiarsi. Fece tutto in un lampo! Chissà che pensieri aveva il Capitano dagli occhi “meravigliosi”?! Era così assorto che non si era voltato nemmeno!
Sistemata per bene, da “Vera Damigella”, Agnes si sporse per guardare in viso Killian. Lui si accorse della faccetta buffa che era sbucata al suo fianco e la guardò con simpatia, sorridendole.

– Madamigella Agnes! Buongiorno!
– Buongiorno  Killian!

Da quando la “piccola” lo chiamava per nome? Non le disse nulla, non voleva fare il formale con lei come aveva fatto con Emma! Agnes era ingenua e spontanea, non voleva offenderla, già aveva fatto danno con Emma!
La ragazzina passò dall’altra parte del banco, poggiò le braccia conserte sul ripiano e rimase a fissarlo. Che aveva da guardarlo così?

– Vuoi dirmi qualcosa Agnes?
– Si!

La risposta della ragazzina fu pronta e lo lasciò sorpreso.

– Oggi Capitano non mi piacete per niente!

Killian rise del modo diretto de Agnes.

“Tutta suo padre … una vera irlandese!”

– Sai Agnes … oggi non mi piaccio per niente neanche io!
– I vostri occhi non sono belli come al solito, voi sorridete ma loro non sorridono! Non siete felice …

Killian era a bocca aperta, possibile che fosse così cristallino nei suoi sentimenti?
Agnes si accostò un po’ di più ed abbassò il tono della sua voce.

– Non avrete per caso litigato con la vostra fidanzata segreta?

Il Capitano ringraziò Dio di non star bevendo in quel momento o il Rum gli sarebbe andato per la trachea.

“Diavolo di una ragazzina! Ma quanti anni ha? Ne ha una quindicina ma la sa più lunga di un’ottantenne … intelligente e perspicace!”
 – No Agnes, non ti preoccupare, sono solo un po’ stanco e ho tanti pensieri per la testa!

La ragazzina storse la bocca, Killian si rese conto che non l’aveva convinta!
– Sicuro che la vostra fidanzata non vi ha lasciato?

Questa poi! Ma la domanda di Agnes lo fece riflettere e incupire maggiormente. Ora la ragazzina lo guardava con l’espressione di chi sa di essere vicino alla verità.

– Agnes? Stai importunando il Capitano Jones?

Angus era uscito dalla cucina e aveva salvato, in un certo senso, Killian dall’interrogatorio di sua figlia. Lei sgranò gli occhi, forse aveva esagerato e se il Capitano si era offeso?

– No Angus, Madamigella Agnes si stava solo preoccupando per me, non mi vede molto in forma oggi!
 – Bè considerando quello che è successo ieri sera! Avete rischiato la vita con Eduard e Jefferson … siete anche troppo in forma direi!

Agnes guardò con apprensione verso il Capitano.

 – Agnes! Io carico il carretto, tra poco porteremo il pesce alla Rocca, Betty oggi prepara la zuppa di pesce fresco, non voglio far tardi. Se sei pronta ti aspetto fuori.

Angus e Agnes stavano andando alla Rocca? Un’idea illuminò gli occhi di Killian. Si mise una mano in tasca. Aveva ancora il minuscolo biglietto che avrebbe dato ad Emma la mattina che era andato a riprendere Bardo.

– Agnes, faresti un lavoro da agente segreto per me?
Agnes sgranò gli occhioni castani.
– Segreto … segreto?
– Segretissimo, non dovrai farne parola con nessuno!
– Io sono brava a mantenere un segreto segretissimo!
– Vedrai la Principessa alla Rocca?
– Si, sicuramente, vado sempre a salutarla e a giocare un po’ con Henry quando vado il venerdì!
 - Devo far recapitare alla Principessa un minuscolo biglietto, riesci a metterlo nelle sue mani senza farti accorgere da nessuno?
– Fate parte anche voi della rete?
– Che sai della rete?!
– Sono la figlia di Angus! E ho le orecchie per sentire!
– Non dovresti parlarne così Agnes …
 - Con voi posso … siete amico di Lady Barbra, siete il suo corsaro no?

Decisamente il corpo di quella quindicenne nascondeva una ottantenne!

– Sarò il vostro agente segreto Capitano, agli ordini!

Dopo aver preso il minuscolo bigliettino, Agnes lo guardò maliziosamente e a bassa voce gli disse:

- Sono sicura che la vostra fidanzata segreta non vi lascerà, sarebbe una sciocca. Ma se dovesse farlo … vi dispiacerebbe prendere in considerazione me come vostra fidanzata?

Killian stava per ridere di cuore, Agnes lo aveva rimesso di buon umore, si trattenne, doveva fare un discorsetto alla piccola!

“Emma … hai una rivale che potrebbe essere agguerrita!”
 – Ma non avevi un amore segreto Agnes?
– Lasciamo stare, per carità! Quell’idiota di Jason non vale un fico secco, ha cercato di fare del male a mia sorella, non lo vorrei per tutto l’oro del mondo!
 – Agnes … sono onorato della tua proposta, ma sono troppo vecchio per te, ho il doppio dei tuoi anni! Come hai visto per Jason … gli uomini possono essere pericolosi anche senza che una ragazza si proponga… Tu vivi in questa taverna, frequentata soprattutto da uomini, tuo padre e tua madre sai che ti mandano a letto presto per proteggerti da loro. Voglio proteggerti anche io, promettimi che non farai a nessuno la stessa proposta che hai fatto a me e che aspetterai di essere più grande per avere un fidanzato! Non puoi fidarti del primo che capita Agnes, stai attenta, ti capitasse qualcosa di male mi dispiacerebbe molto!
– Ma io mi fido solo di voi! Siete un uomo d’onore e non mi fareste mai del male!
– Io  non ti farei mai del male, non potrei! Un uomo che fa del male ad una bambina o ad una donna, non è un vero uomo è meno di un animale e non merita rispetto … Troverai il tuo “uomo d’onore” un giorno Agnes, lo riconoscerai perché ti vorrà bene come Eduard vuole bene ad Anny, ti rispetterà e soprattutto non sarà vecchio come me! Vai da tuo padre ora! Io sarò nei paraggi quando tornerete, mi dirai se sei riuscita nella tua missione di “agente segreto della rete”!
 
Agnes sorrise con sincero affetto a Killian. Non era vecchio il Capitano, non lo era affatto, ma quello che aveva detto era giusto e lei aveva capito chiaramente il messaggio. Un giorno avrebbe trovato il suo “Uomo d’onore”, si … lo avrebbe riconosciuto, perché sapeva come  un uomo d’onore agiva e ragionava, il suo amico Killian ne era l’esempio perfetto!
 
***
Ad Emma tremarono le mani ed ebbe un tuffo al cuore, quando Agnes, sfiorandola casualmente, le mise nel palmo quel minuscolo biglietto. La ragazzina finse completa indifferenza e continuò a scherzare con Henry.
“Lui” aveva fatto la prima mossa, ora non c’era bisogno di aspettare il lunedì, si sarebbero visti quella notte stessa.
***
 
Killian, nella penombra della sera, correva veloce con il cavallo preso da Angus, la missione di Agnes aveva avuto successo. Il cuore galoppava al ritmo dello stesso cavallo. Raggiunse la villa più presto del solito. Al primo piano, in quello che era il salone, si vedeva il bagliore di una lampada accesa. Scese da cavallo e salì le scale a quattro a quattro. Lei aveva lasciato l’uscio aperto per lui. Si richiuse la porta alle spalle e se la trovò davanti, con il mantello nero sulle spalle e la lunga gonna.  Si corsero incontro dicendo all’unisono:

-  Emma perdonami amore!
– Killian amore mio perdonami!

Avevano preso ambedue la “giusta decisione” avevano buttato via l’orgoglio per lasciar passare l’amore che li univa, ora avrebbero avuto tanto da dirsi, da spiegare.
Quanti baci si diedero? Uno … fu solo uno, perché le loro labbra non riuscirono a staccarsi  per un bel pezzo, avidi l’ uno dell’altra, bisognosi di respirarsi e nutrirsi di loro. C'erano altre “giuste decisioni” da prendere, lo avrebbero fatto insieme, dopo, ora la priorità era amarsi …
 
 
Angolo dell’autrice
Se siete giunti qui, avete deciso che gli argomenti trattati non vi avrebbero disturbato. Grazie a chi vorrà farmi sapere cosa ne pensa. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio i numerosi lettori che seguono silenziosamente ma appassionatamente e gli amici di penna con i quali ho scambi divertenti, interessanti, profondi e molto umani.
Una buona settimana a tutti e ogni bene.
La vostra Lara
   
 
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