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Autore: Ode To Joy    22/09/2016    7 recensioni
[Kageyama x Hinata]
"Le leggende narrano di una creatura oscura, solitaria. Dicono che le sue ali siano nere come quelle di un Corvo, che la sua bellezza sia pari a quella di un Cigno e che la sua forza possa essere superiore anche a quella di un'Aquila."
A poche settimane dal suo quindicesimo compleanno, Shouyou abbandona il nido di Corvi in cui è nato e cresciuto per rispondere al richiamo di una strana creatura che continua a vedere nei suoi sogni.
“A quindici anni è facile essere innamorati con la primavera che sboccia e l’euforia di essere finalmente adulti. Ciò che accade dopo, però, quando il fuoco dell’inizio viene domato… È lì che comincia il vero amore ma lo si può toccare solo dopo aver conosciuto l’oscurità dell’altro ed averla saputa accettare.
Tobio, però, non si rivela affatto essere quello che si aspettava di trovare sul suo cammino.
[Winged AU]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II
La storia delle anime gemelle
 

 
Shouyou venne svegliato dal rumore dell’acqua.
Non quello continuo e gentile di un fiume che scorre ma uno scroscio ben più potente, a cui non era abituato. Sollevò le palpebre lentamente ed impiegò ancor più tempo a prendere consapevolezza del luogo che lo circondava. Era un nido.
Non come quello in cui era nato e cresciuto, però.
Era un nido rudimentale fatto di un grande letto di muschio morbido ed una struttura di ramoscelli. Vi era un tetto fatto alla male e peggio di grandi rami legati insieme e coperti di foglie. Avrebbe retto ad un temporale estivo ma nessuno sarebbe potuto sopravvivere un intero inverno in un rifugio simile. Shouyou si sollevò sui gomiti tendendo bene le orecchie per captare qualsiasi rumore molesto potesse avvertirlo della presenza di un’altra creatura.
Voltò il viso e si guardò la schiena. Un sorriso spontaneo sbocciò sulle sue labbra nel vedere le piume corvine delle sue ali riflettere la poca luce che penetrava nel nido. Quei Cacciatori non gli avevano portato via nulla ma era una fortuna che doveva a qualcun altro.
Ripensò agli occhi blu a cui si era ritrovato incatenato un istante prima di perdere i sensi.
In quel momento di totale confusione, aveva pensato si trattasse di un’illusione, di un sogno ad occhi aperti dovuto alla tremenda paura che aveva preso il possesso di lui quando quei Cacciatore gli avevano messo le mani addosso. Ora, però, sapeva di non potersi essere sollevato dalla riva di quel fiume da solo.
Qualcuno doveva essere stato lì con lui. Qualcuno doveva averlo salvato e condotto fino al suo rifugio.
Si sollevò sulle ginocchia ed allungò il collo per guardare oltre il bordo del nido. Gli parve di vedere dell’acqua uscire a fiotti da una parete di roccia. Si mosse in avanti ma con cautela ed appoggiò le piccole mani sui ramoscelli intrecciati per poter vedere al di là. L’albero su cui si trovava era spaventosamente alto come ve ne erano pochi nella parte della Foresta in cui era nato. Lì, sembravano essere tutti così e pensò che doveva trovarsi nella parte più antica e remota della foresta, quella sulla cima delle montagne.
Una ventata di aria gelida lo spinse ad abbassare il viso per alcuni istanti, poi si sollevò di nuovo e si guardò intorno. Vi era una cascata di fronte a lui ma non era abbastanza vicina perché l’acqua potesse inumidire il nido. Non sembravano esserci pericoli nelle vicinanze.
Fu facile planare giù ed atterrare sul terreno ricoperto d’erba senza far rumore. C’erano solo tre alberi a separarlo dalla cascata a quel punto e se vi fosse arrivato sotto probabilmente avrebbe individuato un corso d’acqua che avrebbe potuto seguire per tornare a valle, verso casa.
L’aria gelida gli investì il viso ancora una volta e fece per voltarsi per evitarla ma i suoi sensi vennero avvolti da una sensazione estranea ma ipnotica. Era come l’odore della colazione di prima mattina dopo aver saltato la cena per essere tornato a casa troppo tardi ma non poteva definirlo semplicemente un odore. Poteva percepirlo con il suo naso, certo ma tutto il suo corpo sembrava voler rispondere.
Era la stessa identica sensazione che sfiorava quando si risvegliava da uno dei suoi sogni ma quella volta era viva, vera.
I passi di Shouyou si fecero più veloci, superò gli alberi fino a che l’aria non divenne sensibilmente umida ma non percepì davvero quella nuova sensazione sulla pelle e persino il rumore della cascata sembrò tacere mentre i suoi occhi si posavano sulle grandi ali nere della creatura che aveva di fronte.
Seppe che stava guardando il suo salvatore quando questi si voltò e gli occhi blu che avevano infestato i suoi sogni per un intero inverno ricambiarono il suo sguardo.
Shouyou sentì il fiato mancargli per un istante, poi strinse le labbra in ingoiò a vuoto. “Io… Io…”
Il corpo della creatura non era completamente coperto di piume nere come nelle sue visioni oniriche ma quegli occhi erano inconfondibili. Shouyou non ne aveva mai visti così e ricambiare il loro sguardo da sveglio non era neanche paragonabile a quello che aveva vissuto nel sonno.
Era immerso nell’acqua della cascata fino alla vita e lo guardava come se avesse osato fargli un torto.
Shouyou si umettò le labbra. “Ti ho disturbato?” Domandò timidamente. Non era difficile per lui fare amicizia con i suoi coetanei ed il ragazzo che aveva di fronte non poteva aver vissuto molte stagioni più di lui ma Shouyou non poteva fare a meno di sentirsi intimidito dall’aurea oscura che emetteva. Se non gli avesse salvato la vita, non avrebbe esitato ad andarsene un istante di più.
Il giovane dagli occhi blu indicò un punto a terra vicino ai piedi del piccolo Corvo. Shouyou abbassò lo sguardo e vide un paio di lucidi stivali neri con sopra piegati dei vestiti macchiati in più punti. “Oh…” Fece una smorfia, poi tornò a guardare il suo salvatore. “Vuoi che ti passi i vestiti?”
“Sono sporchi di sangue.”
Shouyou trasalì appena nell’udire la sua voce: era più umana di come l’aveva immaginata. Sbatté le palpebre un paio di volte. “Vuoi che li lavi?” L’avrebbe fatto senza vergogna se fosse servito a sdebitarsi.
“Il sangue non si riesce mai a lavare via del tutto,” disse il giovane con una chiara nota d’accusa.
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Mi stai…” Indicò i vestiti piegati a terra. “Mi stai dando la colpa di qualcosa?” Domandò.
Il ragazzo si passò una mano umida tra i capelli corvini tirandoli indietro. “Non sono io l’idiota che si è consegnato ad una banda di Cacciatori.”
Shouyou aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “Era da solo quando l’ho visto…”
“Un Cacciatore non è mai da solo,” replicò l’altro. “A meno che non sia moribondo e ricoperto del sangue dei suoi compagni. Nessun Cacciatore ti avvicina sapendo di essere da solo. Non ti hanno insegnato niente dal Villaggio dei Corvi?”
Shouyou s’imbronciò. “Non c’è bisogno di parlare con… Come fai a sapere che vengo dal Villaggio dei Corvi?”
“Sei proprio idiota, allora,” il giovane sbuffò. “Le tue ali…”
Shouyou si guardò la schiena. “Oh,” annuì. “Giusto…” Mormorò sentendosi uno stupido, poi tornò a guardare il suo salvatore osservando le ali corvine sulla sua schiena. Erano grandi, più grandi di quelle di Daichi e quel ragazzo sembrava troppo giovane per essere un Corvo adulto.
“Tu…” Mormorò esitante. “Tu che cosa sei, invece?”
Gli occhi blu si fecero ancor più gelidi nel fissarlo e Shouyou si pentì amaramente di aver posto quella domanda. “Va bene, perdonami!” Esclamò sollevando entrambe le mani di fronte a sé. “Non ho saputo riconoscere un Cacciatore, così…”
“Ho delle ali esattamente come te, non posso essere uno di loro, idiota!” Esclamò il giovane.
Shouyou si accigliò. “Ma perché sei così antipatico?”
L’espressione del ragazzo s’indurì. Si voltò completamente nella direzione del piccolo Corvo e Shouyou non si sentì rassicurato dal vedere che, adulto o meno, era dotato di un corpo decisamente più forte del suo. Se avesse deciso di nuocergli non avrebbe potuto fare davvero niente per difendersi.
Fece un passo indietro e ne fece un altro ancora mentre la creatura usciva dall’acqua senza togliergli gli occhi di dosso.
“Aspetta… Aspetta!” Esclamò Shouyou ritrovandosi con le spalle contro il tronco di un albero. Il giovane calpestò l’erba a piedi scalzi e non si preoccupò della sua nudità mentre gli si parava davanti. Da parte sua, Shouyou era tanto spaventato da non curarsene. Quegli occhi blu erano l’unica cosa che riusciva a guardare.
“Chi ti manda?” Domandò con fare minaccioso.
Shouyou trasalì, poi la sua espressione si fece confusa. “Cosa?”
“Il territorio dei Corvi non si estende fino alla parte alta del fiume dove ti ho trovato. Quindi, chi ti manda?”
“Nessuno. Ho risalito la montagna per una mia idea…”
“Che idea?”
“Cercare te,” quella verità gli sfuggì dalle labbra con la stessa naturalezza di un respiro. Shouyou non aveva pensato neanche per un istante che mentire fosse la cosa giusta da fare: primo, non sapeva dire bugie e, secondo, non gli piaceva affatto dirle, nemmeno per togliersi dai guai. Quello che era accaduto all’alba del giorno della sua partenza, quando aveva assicurato a Koushi che sarebbe tornato prima del buio, era stato un evento che aveva sorpreso anche lui.
Gli occhi blu del giovane vennero riscaldati un poco dalla luce di un sincero senso di smarrimento. “Cercare me?” Domandò come se si fosse preparato a qualsiasi risposta tranne quella. “Sei tu ad essere entrato nella mia testa.”
Shouyou reclinò la testa da un lato. “Ed in che modo lo avrei fatto, scusa?”
“Sei nei miei sogni,” rispose il giovane. “Quasi ogni notte, la tua faccia da stupido mi appare davanti agli occhi.”
L’espressione di Shouyou s’indurì. “Ehi!” Esclamò. “Non ho dormito per settimane per colpa tua! Infestavi i miei incubi e mi terrorizzavi! Quindi, per quel che mi riguarda, sei tu ad essere entrato nella mia testa!”
L’altro s’irritò immediatamente. “Mi stai dando la colpa di qualcosa, ora?”
“Come hai fatto tu fin dalla prima parola che mi hai rivolto,” replicò Shouyou staccando la schiena dal tronco dell’albero alle sue spalle. “Fino a prova contraria, io sono solo un Corvo e non ho ancora la minima idea di che cosa sia tu!”
Il ragazzo aprì la bocca, poi la richiuse e sibilò qualcosa tra i denti. Shouyou sorrise nel rendersi conto di aver vinto quella discussione, poi lo sguardo gli cadde in basso involontariamente ed arrossì di colpo voltandolo in tutt’altra direzione. “Puoi vestirti, per piacere?” Domandò
Anche il viso del giovane si colorò un poco per l’imbarazzo e si mosse di lato per recuperare i suoi vestiti da terra. Shouyou l’osservò con la coda dell’occhio. “Come ti chiami?” Domandò.
“Tobio,” fu la risposta veloce, distratta.
“Tobio,” ripeté il piccolo Corvo assicurandosi che la pronuncia fosse giusta. “Io sono Shouyou.”
“Uhm…”
Shouyou fece una smorfia di fronte a quella prova di disinteresse ma decise di lasciar perdere. “E così…” Si umettò le labbra. “Anche tu vedi me nei tuoi sogni?”
“Sì.” Un’altra risposta priva d’intonazione.
Shouyou sorrise sommessamente. “All’inizio avevo paura di te,” ammise. “Dopo, quando ti vedevo nei suoi sogni e mi svegliavo, avevo come la sensazione che tu mi stessi chiamando. Per questo sono salito sulla montagna a cercarti e…”
S’interruppe come la figura di Tobio ricomparve di fronte a lui. Con i vestiti addosso, la situazione era decisamente meno imbarazzante ma Shouyou non poteva dire che quelle macchie di sangue contribuissero in qualche modo a farlo sentire a suo agio.
“Io non ti ho chiamato,” disse Tobio con voce scocciata.
Shouyou sbatté le palpebre. “Ma io…”
“Io non ti ho chiamato,” insistette l’altro. “Ti vedo nei miei sogni per ragioni che non conosco. Niente di più.”
Il piccolo Corvo rimase in silenzio, poi abbassò lo sguardo e prese a mordicchiarsi le labbra nervosamente. “Ho lasciato la mia casa per cercarti,” disse e non fece che umiliarsi da solo.
“La tua stupidità non è una cosa per cui io posso essere biasimato,” disse Tobio. “Cosa c’è? Per caso sei salito fino a che qui convinto che io stessi cercando di attirare la tua attenzione per la stagione degli amori?” Domandò con sincero disgusto.
Shouyou scosse immediatamente la testa. “No, io…” Esitò. “Non m’interessano queste cose.”
“Bene…” Concluse Tobio superandolo.
Shouyou si voltò. “Sono venuto quassù perché il richiamo che percepivo era quello di una creatura disperatamente sola!” Esclamò sperando che questo potesse avere qualche senso. “Credevo che avessi bisogno di un amico…”
Tobio lo guardò ancora una volta. “Hai lasciato la tua casa per seguire un sogno e rispondere ad un richiamo di cui percepivi la natura ma di cui non conoscevi la fonte?”
Shouyou dischiuse le labbra ma non disse nulla. Quella volta, la vittoria spettava al giovane dagli occhi blu.
Tobio ritornò sui suoi passi e lo guardò. “Non riesco a capire se tu sia stupido o demente,” disse con evidente risentimento.
Il piccolo Corvo sentì un nodo stringergli la gola ma non sarebbe scoppiato a piangere di fronte a quell’individuo. “Io… Io pensavo…”
“Cosa?” Lo interruppe Tobio. “Di essere stato prescelto dal destino per vivere una grande avventura? Che lasciando il tuo nido per esplorare l’ignoto avresti reso la tua vita qualcosa di più di un tedioso ripetersi di stagioni tutti uguali? Cosa? Che cosa può spingere un Corvo non adulto e non in grado di difendere se stesso dai pericoli di questa Foresta a lasciare la sicurezza del suo nido per andare incontro a morte certa?” Domandò. “Le uniche possibilità a cui posso pensare sono demenza o stupidità.”
La bocca di Shouyou divenne una dura linea sottile e gli occhi d’ambra si riempirono di lacrime rabbiose ma non le lasciò andare. Sarebbe soffocato nei singhiozzi che stava trattenendo in gola prima di lasciarle andare.
Tobio non si aspettò di udire una risposta da lui, così si voltò ancora una volta e prese a camminare tra gli alti alberi della Foresta.
“Perché mi hai salvato?!” Gli urlò dietro Shouyou e solo allora una lacrima gli solcò la guancia.
Tobio arrestò di nuovo la sua marcia ma non perse tempo a guardarlo di nuovo. “Preferivi morire?”
“Questa è una domanda idiota!” Esclamò il piccolo Corvo. “Ma non ho chiamato il tuo nome perché mi venissi a salvare e, quindi, ora non hai alcun diritto di trattarmi come se fosse una scocciatura di cui avresti volentieri fatto a meno! Mi dispiace se ti sei sporcato le mani per me ma è stata una tua scelta, non mia. Potevi semplicemente passare oltre e…”
“No, non potevo passare oltre!” Tuonò Tobio riportando gli occhi blu sul viso del piccolo Corvo.
Shouyou si fece rigido ma si sforzò di non mostrare alcuna paura.
“Non ti ho visto compiere un’azione intelligente da quando i nostri cammini si sono incrociati!” Esclamò Tobio avvicinandosi all’altro ancora una volta. “Ma su una cosa hai perfettamente ragione: non sai chi sono, non sai cosa sono e, pertanto, non sei nella facoltà di giudicare le mie azioni o di consigliarmi su come agire!”
Shouyou resse il suo sguardo alla perfezione. “Puoi sempre dirmelo.”
Tobio ghignò. “Non so nemmeno chi sei.”
“Sono un Corvo che appare nei tuoi sogni,” replicò Shouyou. “Un Corvo che vede te nei suoi. Non so per quale ragione tu ti sia sentito costretto a salvarmi ma te ne sono grato, sì! Indipendentemente da questo, però, non puoi biasimarmi così aspramente per essere venuto a cercarti! Deve esserci una ragione se ci sta accadendo quello che sta accadendo, no?”
Tobio ridacchiò con fare sarcastico. “Stai cercando di suggerirmi che siamo legati?”
“Sì,” rispose Shouyou come se fosse una cosa ovvia. “Forse…” Ritrattò giudicandolo con lo sguardo.
“Cos’è quell’espressione?” Domandò Tobio.
“Quale espressione?”
“Come se fossi di fronte alla più grande delusione della tua vita.”
Shouyou lo squadrò da capo a piedi. In realtà, anche se non aveva il corpo completamente ricoperto di piume corvine, quel ragazzo non aveva niente che non andasse. Quegli occhi blu continuavano ad essere surreali anche fuori dai suoi sogni.
Se solo non fossero stati tanto gelidi…
Era tutto il resto ad essere decisamente sgradevole. “Mi ero fatto un’idea diversa di te…?”
“Me lo stai domandando?”
“Sto cercando di capire come mi sento, non mettermi fretta!” Esclamò il piccolo Corvo.
Tobio sbuffò. “Se ne hai per molto, risali fino al nido ed aspettami lì. Tornerò prima del tramonto.”
Shouyou sbatté le palpebre un paio di volte. “Non vuoi mandarmi via?”
“Sì, così che tu possa morire entro un miglio di distanza divorato da un Gatto selvatico o da un volatile più grande di te!”
“Ho incontrato un branco di gatti selvatici!” Esclamò Shouyou con orgoglio. “Mi hanno indicato la strada per la montagna!”
“Sì, quella in cui hai incontrato i Cacciatori che ti hanno quasi ucciso!”
Shouyou lo guardò con sincero smarrimento. “Non volevi cacciarmi fin dal principio?” Domandò confuso. Aveva senso salvare qualcuno e prendersi cura di lui ma fare entrambe le cose per poi trattarlo con astio era tutta un’altra faccenda.
Tobio non rispose, esaurì la distanza tra loro e Shouyou si fece rigido come un pezzo di legno mentre affondava il viso tra i suoi capelli ed inspirava a pieno polmoni. Il piccolo Corvo trattenne il fiato ma l’altro gli rimase addosso per tanto tempo che rischiò di soffocare. Fu costretto ad ingoiare aria ma lo fece lentamente, anche se questo gli fece bruciare i polmoni.
Fu il dolore di un istante, il profumo che emanava Tobio fu abbastanza da mettere a tacere ogni fastidio.
Shouyou era certo di non aver mai sentito odore più buono in vita sua.
Tobio si allontanò da lui e lo guardò dall’alto al basso. Il piccolo Corvo abbassò gli occhi d’ambra sull’erba per nascondere il colore che gli aveva acceso le guance.
“Già…” Tobio sospirò esasperato. “La tua puzza infetta la mia aria da quando hai prese la strada per arrivare al fiume.”
Shouyou inarcò le sopracciglia, poi sgranò gli occhi. Il suo viso era una maschera d’indignazione quando si sollevò. “Prego?!”
“Mi hai sentito,” disse Tobio con foce gelida. “Vedi di lavarla via ed anche in fretta!”
“E come dovrei fare?!” Shouyou si guardò intorno. “Siamo nel bel mezzo del nulla ed il tuo nido è ancor peggio di quello che ho costruito con i miei fratelli quando ero bambino!”
Tobio lo afferrò per la testa e lo costrinse a voltarsi in modo da guardare la cascata. Gli occhi del piccolo Corvo divennero ancora più grandi. “No! No! No!” Esclamò. “Siamo alla fine di marzo! Morirò congelato!”
Tobio sorrise diabolico. “Io sono ancora vivo…”
“Non m’interessa!” Sbottò Shouyou sollevando lo sguardo sul suo viso. “Per quel che ne so potresti essere un volatile predisposto a vivere tra le montagne, dove è continuamente freddo. Magari per te è già estate ma qui, per me…” Si strinse le braccia intorno al corpo. “Sembra più autunno che primavera.”
Tobio alzò gli occhi al cielo. “Non solo idiota,” commentò voltandosi. “Anche gracilino…”
Shouyou spalancò occhi e bocca. “Gracilino a chi?!”
“Non ti allontanare da qui. Vedi di levarti di dosso quella puzza e risali sul nido,” disse Tobio. “Penserò dopo a cosa fare di te…”
Shouyou sbuffò e fece due passi verso la cascata, poi si bloccò. “Che cosa vuol dire cosa fare di me?”
Tobio, però, era già sparito tra gli alberi della Foresta.
 
 
***
 
 
C’era il rudere di una torre nel cuore della parte alta della Foresta.
In passato, era stato un punto di vedetta posto vicino alla cima della montagna per la sicurezza della Città Fortificata di Seijou. Per Tobio era sempre stato un luogo né troppo vicino né troppo lontano da casa in cui nascondersi quando sentiva la necessità di affermare la sua testardaggine ed il suo orgoglio sui suoi genitori. Ovviamente, aveva perso la sua efficacia dopo la prima volta che aveva fatto spaventare l’intero Nido delle Aquile ma questo non gli aveva impedito di continuare a considerarlo il suo rifugio.
Fino a che non aveva saputo dargli un altro tipo di utilità.
“Cugino?”
Tobio si bloccò e sollevò gli occhi dove il muro di pietra era crollato lasciando scoperta parte della scala a chiocciola della torre. Il giovane dai ribelli capelli neri gli concesse un breve sorriso, poi si alzò in piedi scendendo i gradini fino a sparire all’interno dell’edificio. Tobio aspettò fino a che non lo vide comparire sull’ingresso della torre. Aveva una sacca da viaggio appesa in spalla ed indossava l’espressione esasperata che Tobio aveva visto spesso sul viso del padre di lui mentre guardava sua madre.
“Takeru…” Salutò.
“Ancora guai?” Domandò il ragazzo indicando la tunica sporca di sangue con un cenno del capo.
“Stavano raggiungendo la parte alta del fiume,” rispose Tobio. “Erano pochi e sarebbero sicuramente morti prima di arrivare troppo vicino al Nido ma ciò non toglie che si stanno facendo più superbi ed il miglior modo per mettere a tacere la superbia è il terrore.”
Takeru sospirò. “Tuo padre sa che parli come lui?”
“Il Re sostiene che parlo come il suo Consorte.”
Il ragazzo ridacchiò. “Il mio, invece, sostiene che sei una fusione perfetta dei due e che questo ti rende la creatura più temibile che sia mai camminata sotto questi alberi, ali corvine o meno!”
Suo malgrado, Tobio si concesse un sorriso.
Takeru si tolse la sacca da viaggio dalla spalla e l’appoggiò a terra, poi si mise a sedere su quello che rimaneva di un muretto di pietra. “Ecco la nuova consegna.”
“Non ti ho chiesto nulla.”
“Oh, Tobio, tu non lo fai mai,” replicò Takeru. “Potremmo trovarti a terra mentre ti dissangui e tu ti alzeresti in piedi continuando a sostenere di stare bene e di non aver bisogno del nostro aiuto. Il tuo orgoglio supera quello dei tuoi reali genitori ed il loro era già leggenda prima che nascessimo noi.”
“Ti manda il Re?”
Takeru scosse la testa. “Dovresti sapere che tuo padre non manda ma si presenta e basta.”
“Hajime?”
Il ragazzo annuì. “Qualcuno deve pur prendere atto del fatto che sei uno stupido e lo sei ancor di più mentre fingi di non sapere che mi avresti trovato qui.”
Tobio alzò gli occhi al cielo e sospirò con espressione annoiata, poi lanciò un’occhiata alla sacca tra di loro. “Che cosa c’è dentro?”
“Un paio di armi e, perlopiù, abiti puliti,” Takeru lo guardò. “A giudicare dallo stato in cui versi, hai già distrutto quelli con cui sei partito.”
Tobio ignorò il commento. “C’è qualche coperta lì dentro?”
Takeru inarcò un sopracciglio. “In quindici anni che ti sto attaccato, non hai mai avuto freddo.”
“Non sono per me,” spiegò Tobio.
Il giovane inarcò un sopracciglio e lo guardò sinceramente confuso, poi sgranò gli occhi mentre un’intuizione prendeva forma nella sua testa. “Lo hai trovato?”
Tobio sbuffò. “Non l’ho esattamente trovato!” Esclamò come se parlare di quello che gli era capitato al fiume fosse seriamente fastidioso per lui. “Era finito nelle mani degli ultimi Cacciatori che ho ucciso. Ha perso i sensi senza nemmeno farsi un graffio, l’idiota!”
Takeru si alzò in piedi mosso da improvviso interesse. “Quindi, il piccolo Corvo dei tuoi sogni ha un nome ora.” Gli occhi blu lo guardarono storto ed allora sospirò annoiato. “Avanti, Tobio, non farti pregare…”
Tobio sbuffò guardando gli alberi intorno a loro solo per non dover guardare in faccia il cugino. “Shouyou…”
“Shouyou,” ripeté Takeru annuendo. “Ed è stata una cosa veloce o ci stai ancora lavorando?”
A quel punto, il cugino lo guardò come se avesse seriamente intenzione di metterlo a tacere in malo modo ed il ragazzo dai capelli ribelli alzò le mani in segno di resa. “Ho capito, ho capito… Quindi, vuoi che domani ti porti qualcosa per il Principe Consorte?”
“Non è il Principe Consorte!”
“Non ancora, certo,” Takeru annuì. “La primavera è appena iniziata e tu sei un idiota, quindi nessuno si aspetta una risoluzione veloce.”
Tobio emise un verso simile ad un ringhio.
“Quindi vuoi delle coperte e dei vestiti?” Domandò Takeru. “Servono i vestiti? Non dovresti averli tra i piedi per concludere qualcosa ma…”
“Takeru, quando fai così mi ricordo con chiarezza a chi dobbiamo la nostra parentela.”
L’altro rabbrividì. “Ti prego, mio Principe, abbi pietà con i paragoni… Ricapitolando: coperte e vestiti?”
“Sì,” Tobio annuì. “I vestiti più piccoli che trovi.”
Takeru inarcò un sopracciglio. “Ha l’età giusta per la stagione degli amori, almeno?”
“Credo di sì ma ha detto che non gli interessa.”
Takeru sospirò sconfortato. “Beh, forse è un buon segno…”
“Cosa?” Domandò Tobio.
“Che, almeno, non vi piacciono le stesse cose,” rispose suo cugino. “E che site stupidi allo stesso modo…”
Questo gli costò un colpo d’ala decisamente violento.
 
 
***
 
 
“Va bene…” Si disse Shouyou per farsi coraggio appoggiando i vestiti piegati sopra gli stivali. “Basta non pensarci…” Sì, ma era decisamente difficile quando sentiva già freddo da asciutto. Prese un respiro profondo ed allungò una gamba in avanti sfiorando la superficie dell’acqua con la punta delle dita del piede. Tanto bastò per fargli emettere un gridolino e farlo saltare all’indietro. “Non è possibile!” Piagnucolò. “Non ce la farò mai!”
Storse il naso, alzò un poco il braccio destro ed abbassò il viso per annusarsi: non puzzava affatto!
Non che prima ne avesse dubitato ma qualcosa di strano addosso doveva averlo per aver stimolato l’olfatto di Tobio da una distanza considerevole. Forse, era qualcosa che lui non era in grado di percepire. Doveva essere qualcosa di simile all’odore che percepiva quando entrava nel nido di qualcun altro. Shouyou avrebbe saputo descrivere quello di tutte le case dei suoi amici ma non avrebbe saputo cosa dire su quello della propria.
Probabilmente, Tobio sentiva uno strano odore su di lui perché non appartenevano alla stessa specie. Dopotutto, anche Shouyou non aveva mai sentito nitidamente l’odore di un altro corvo come accadeva per quello di quella strana, antipatica creatura dagli occhi blu. Per lui, tuttavia, quell’odore non era affatto sgradevole.
A pensarci bene, però, gli era saltato addosso un Gatto selvatico e ne aveva avuti molti intorno a lui per diversi minuti e non credeva di aver sentito un tale tratto distintivo. Lo stesso valeva per i Cacciatori.
No, doveva esserci qualcosa di strano tra lui e Tobio.
“Che cosa stai facendo?”
Il piccolo Corvo si voltò istintivamente ma gli occhi blu che ricambiarono l’occhiata si fecero grandi ed astiosi come incrociarono i suoi. “Ehi! Pensavo avessi freddo, stupido!”
Shouyou abbassò gli occhi su di sé ricordandosi solo allora della sua nudità. Lasciò andare un’esclamazione stridula avvolgendo le ali nere intorno a sé stesso per coprirsi. “Stavo cercando di lavarmi!” Esclamò da dentro il suo bozzolo. “Dato che il mio odore t’infastidisce tanto!” Aggiunse con voce irritata.
Tobio sbuffò. “Raccogli i tuoi vestiti e renditi presentabile,” disse. “Potrai restare sotto l’acqua di quella cascata fino all’alba di domani e quell’odore non verrà lavato via dal tuo corpo.”
Il piccolo viso di Shouyou riemerse dal suo bozzolo di piume corvine. “Ma tu hai detto…”
“Ho mentito,” lo interruppe Tobio.
Il piccolo Corvo inarcò un sopracciglio. “Perché?”
“Perché ero arrabbiato!” Sbottò Tobio spazientito e l’altro trasalì. “Ti aspetto lassù, sul nido,” aggiunse indicando il rifugio di ramoscelli e muschio posto sui rami più alti dell’antica quercia a pochi metri di distanza. “E non metterci troppo!”
Shouyou aspettò che si fosse allontanato di qualche metro, prima di uscire allo scoperto e recuperare i suoi vestiti velocemente. Un movimento d’aria lo informò che Tobio si era alzato in volo per salire sul nido.
Lo seguì appena un istante dopo.
“Hai costruito tu questo nido, vero?” Domandò Shouyou atterrando sul bordo.
Tobio annuì togliendosi gli stivali e lasciandoli lontani dal letto di muschio. Shouyou fece un passo all’interno del nudo, poi fece lo stesso osservando l’altro con la coda dell’occhio mentre si sedeva nel punto in cui lui si era risvegliato.
“Non hai freddo durante la notte?” Chiese Shouyou andandogli vicino.
“No,” rispose Tobio appoggiando la schiena al bordo fatto di ramoscelli intrecciati, mentre il piccolo Corvo s’inginocchiava sul nido di muschio. “Le mie ali mi bastano.”
Shouyou annuì torcendo l’orlo della sua tunica nervosamente. “Così…” Cominciò lanciando un’occhiata veloce alla sacca da viaggio che prima che non c’era. “Dove sei stato?”
Gli occhi blu di Tobio erano penetranti mentre lo guardavano. “Non ti riguarda.”
Shouyou s’imbronciò. “Non ce la fai a parlare con gentilezza?”
“Non so di cosa parli.”
“Oh… E lo stupido sarei io?”
Quegli occhi blu divennero taglienti e Shouyou si strinse nelle spalle. “Scusa,” mormorò. “Possiamo parlare civilmente, almeno?”
Dobbiamo parlare,” disse Tobio con fare solenne. “Hai detto di vedermi nei tuoi sogni da questo inverno, giusto?”
Il piccolo Corvo annuì arrossendo appena. “Credevo davvero che mi stessi chiamando, non me lo sono inventato.”
“Lo so.”
Gli occhi d’ambra si sollevarono. “Lo sai?”
Tobio scrollò le spalle. “Anche io sogno te da questo inverno,” ammise col tono neutro di chi non sta ammettendo nulla d’importante. “Anche io mi sono sentito come se mi chiamassi, sì.”
Shouyou si umettò le labbra. “Quindi quando hai detto che non potevi lasciarmi nelle mani di quei Cacciatori, intendevi che anche tu stavi cercando me?”
“Non proprio,” disse Tobio allontanando lo sguardo dal viso dell’altro per alcuni istanti. “A dire il vero, mi sono sistemato qui per cercare di nascondermi da te.”
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Avevi paura di me?”
“No, stupido!” Esclamò Tobio. “Non volevo che venissi a cercarmi sapendo quello che significava vederti nei miei sogni.”
“Perché?” Shouyou si fece più vicino, gli occhi d’ambra brillanti di aspettativa. “Tu sai cosa vuol dire? Insomma, noi non ci conosciamo… Non ci siamo mai visti prima di oggi e quindi è impossibile per noi sognarci a vicenda, no?”
Tobio fece una smorfia. “Ma non sai proprio niente?”
“In tutta onesta,” ammise Shouyou abbassando lo sguardo, “questa è la prima volta che mi allontano tanto da casa.”
Il giovane dagli occhi blu sospirò spazientito passandosi una mano tra i capelli. “Non ti hanno mai raccontato storie stupide sulle anime gemelle o sui compagni promessi dal destino o altre sciocchezze simili?”
Shouyou sorrise ed annuì. “Oh, sì! Koushi… Cioè, mia madre mi ha sempre raccontato che si è sentito un po’ così quando è venuto il momento di divenire il compagno di mio padre e…” Gli angoli della sua bocca si abbassarono immediatamente. “Raccontava di averlo visto nei suoi sogni tutte le notti prima del loro accoppiamento…”
Tobio annuì. “Già…” Disse come se il piccolo Corvo avesse appena decretato ad alta voce la loro condanna a morte.
Le labbra di Shouyou si piegarono in un sorriso nervoso. “Ma loro sono cresciuti insieme… Voglio dire, è normale che si sognassero se erano innamorati, no?”
Tobio decise d’ignorare completamente quel principio di crisi di panico. “Anche tu percepisci il mio odore chiaramente?”
Gli occhi d’ambra divennero enormi. “No…”
“Stai mentendo.”
“Non mi conosci abbastanza per poter affermare se sto mentendo o meno!”
“Non serve conoscerti, basta guardarti in faccia!” Esclamò Tobio, poi allungò una mano per tirare il piccolo naso e lo fece in modo che facesse male.
“Ahio!” Si lagnò Shouyou guardandolo storto e massaggiandosi la parte lesa. “Quindi hai mentito anche sul mio odore!” Esclamò. “Non è affatto sgradevole, anzi, ne sei…” Si bloccò e le sue guance divennero rosse.
“Sì,” Tobio voltò lo sguardo da un lato nel dire quelle parole. “Sì, è piacevole anche per me.”
Shouyou aprì e chiuse la bocca come un pesce fuor d’acqua per diversi istanti di attonito silenzio. “Quindi io e te… Io e te…”
“Siamo entrambi vittime di un maledetto scherzo della natura,” concluse Tobio con astio.
Il piccolo Corvo dovette tentare più volte prima di riuscire a parlare di nuovo. “Ma non ha senso,” disse. “I compagni si scelgono!”
“Non ha senso nemmeno che i bambini nascano morti,” replicò Tobio. “Non ha senso che faccia venire al mondo delle creature senza dare loro il necessario per sopravvivere. Il Grande Inverno non aveva senso. La Natura non ha senso…”
Shouyou prese a tremare per una ragione che non seppe comprendere del tutto. “Quindi, che cosa… Che cosa dobbiamo fare?”
Tobio si umettò le labbra. “Se ci allontaniamo, le cose peggioreranno… Il richiamo che dici di sentire al risveglio diverrà più forte ed ora che mi conosci accadrà più velocemente, probabilmente.”
Shouyou si sentì mancare il fiato. “Vuoi dire che questo richiamo ci spingerà a… Anche contro la nostra volontà?”
“No,” disse Tobio con una smorfia disgustata. “Abbiamo delle ali e viviamo sugli alberi ma non siamo degli animali come credono gli Umani.”
“E qual è la soluzione, allora?” Domandò Shouyou.
“Restiamo insieme,” disse Tobio. “Restiamo insieme e aspettiamo che questa stagione degli amori passi. L’istinto che ci lega in autunno dovrebbe scomparire come è arrivato.”
Shouyou annuì. “E non c’è rischio che capiti anche il prossimo anno?”
“Non lo so,” ammise Tobio con irritazione. “Pensiamo ad un problema alla volta, va bene?”
Il piccolo Corvo annuì ancora una volta. “Quindi, io…” Si guardò intorno. “Dovrei dormire qui? Con te?”
Tobio fece una smorfia. “Io in un angolo e tu in un altro. Durante il giorno, fai quello che ti dico senza storie e, se saremo fortunati, le settimane passeranno velocemente.”
“Perdonami ma io… Io non so chi sei…” Disse Shouyou sentendosi in difficoltà.
“Non lo sapevi nemmeno quando hai lasciato il tuo nido per cercarmi,” gli fece notare Tobio.
“Era diverso.” Era passato un solo giorno ed erano già successe tante cose. Non aveva idea di quello che sarebbe potuto accadere in settimane, stagioni lontano da casa. “Ho mentito per la prima volta ad uno dei miei genitori per venire qui. Non ho ragionato molto…”
Tobio inarcò le sopracciglia. “Volevi lasciare il tuo nido con tanta ansia?”
No, non aveva voluto rimanerci da solo. Non lo disse, però: sarebbe stato come aprire la parte più oscura del suo cuore ad un perfetto sconosciuto. “Se devo dormirti accanto, vorrei almeno che mi dicessi qualcosa di te.”
Tobio ghignò. “Potrei mentire…”
Shouyou lo guardò dritto negli occhi. “Mi hai salvato la vita,” disse, “il destino ci ha legati. Non ho altra scelta che fidarmi di te, delle tue parole.”
Tobio lo guardò sinceramente sorpreso. “Nessuno può dare una simile fiducia ad uno sconosciuto.”
Il piccolo Corvo scrollò le spalle. “Non ho altra scelta, te l’ho detto. Non posso nemmeno tornare a casa senza che tu mi dica la strada. A meno che non decida di volare sopra gli alberi…”
“Se voli allo scoperto, nanerottolo come sei, sarai morto prima di subito.”
Shouyou strinse le labbra e si fece coraggio. “Io vengo dal Villaggio dei Corvi.”
“Questo lo so già, stupido.”
“Sono nato alla fine del Grande Inverno, all’inizio dell’estate,” raccontò. “Ho due fratelli anche se non siamo realmente fratelli… Siamo nati e cresciuti nello stesso nido accuditi dagli stessi genitori.”
“Sei stato adottato?” Domandò Tobio per cercare di capirci qualcosa.
Shouyou annuì. “Di me dicono che è incredibile che faccia tanto rumore pur essendo così piccolo.”
“Non li biasimo, pochi istanti con te e ho già il mal di testa.”
Il piccolo Corvo lo guardò storto. “Dimmi di te, adesso,” passò il turno. “Ti chiami Tobio ed immagino tu sia abbastanza grande per la stagione degli amori.”
“Geniale, idiota…”
“Che cosa sei?” Domandò Shouyou con sincera curiosità.
Il viso di Tobio si oscurò immediatamente. “Non ti deve interessare.”
“Non sei una specie di predatore che mangia i piccoli Corvi, vero?”
“Ho detto che la Natura non ha senso, non che è completamente idiota… A differenza tua!”
Shouyou gonfiò le guance. “Tecnicamente un gruppo di Corvi può isolare ed uccidere un’Aquila, quindi la grande gerarchia del potere naturale è completamente relativa!”
Tobio lo guardò sinceramente annoiato. “Qui ci siamo io e te,” concluse. “Tu sei più piccolo e più debole, mentre io sono fisicamente più forte e all’interno del mio territorio che, per la cronaca, ti è ostile per temperatura ed altre cose.”
Il piccolo Corvo lo fissò senza replicare.
“Non guardarmi così,” aggiunse Tobio con un ghigno. “Sono solo fatti: io sono la parte più forte.”
“Motivo in più per cui mi servono delle sicurezze per dormire accanto a te!” Insistette Shouyou ed adocchiò ancora una volta la sacca da viaggio. “La tua casa è qui vicino?”
“Forse…” Rispose Tobio.
“Di sicuro non puoi essere qui da molto tempo,” disse il piccolo Corvo guardandosi intorno.
“Da cosa lo deduci?”
“Ho capito che sopporti il freddo meglio di me. Sei una creatura di montagna, dopotutto ma nessuno potrebbe sopravvivere per un intero inverno in un rifugio del genere. L’hai costruito appositamente per nasconderti da me ma non ti sei allontanato troppo da casa nel caso avessi bisogno di qualcosa,” disse Shouyou. “Quindi, penso che sia la prima volta anche per te fuori dal tuo nido, giusto?”
Tobio ignorò la domanda. “I tuoi genitori non sanno che sei qui, quindi.”
Shouyou scosse la testa. “Quando ho dormito?” Domandò. “Saranno preoccupati a morte e…”
“Hai dormito per un’intera notte quindi manchi da casa da più di un giorno. Immagino non sia normale pe le tue abitudini.”
Il piccolo Corvo annuì con aria malinconica. “Ne moriranno se resto qui fino al prossimo autunno. Mi crederanno morto e…”
“Probabilmente lo credono già…”
“Ehi!”
“Manderò qualcuno ad informarli,” disse Tobio. “Domani, però… Sta tramontando il sole.”
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Puoi mandare qualcuno fino al Villaggio dei Corvi solo per recapitare un messaggio?”
Tobio strinse le labbra e lasciò perdere la questione. “Dormi,” ordinò alzandosi in piedi e recuperando i suoi stivali. “Qui sei al sicuro.”
“Dove vai?” Domandò Shouyou perplesso.
“Ieri, quei Cacciatori si sono spinti troppo a nord,” disse. “E ho passato la scorsa notte ad assicurarmi che tu non morissi nel sonno,” aggiunse con tono scocciato, “devo perlustrare la zona e gli Umani non si muovono bene durante la notte. Il buio mi concede un vantaggio.”
Shouyou sorrise nervosamente. “Non è che non voglio credere al fatto che questo posto sia sicuro ma devi proprio andare?”
Tobio gli rivolse un ghignetto derisorio. “Hai paura…” Non era una domanda.
Gli occhi d’ambra si fecero enormi ed il piccolo Corvo scosse immediatamente la testa gonfiando il petto. “Sono il figlio maggiore del mio nido, posso cavarmela da solo!” Esclamò. “Lo dicevo per te… Perché non è sicuro andare in giro nella Foresta da soli e…”
Tobio saltò giù dal nido senza aspettare che finisse.
Shouyou sbuffò. “Mai conosciuto qualcuno di tanto insopportabile!”
 
 
La notte arrivò veloce e silenziosa portando con sé un freddo che Shouyou aveva conosciuto solo nelle notti di autunno. La parte alta della Foresta era molto diversa da quella che conosceva lui e non solo nell’aspetto. Tobio gli aveva detto che aveva passato nel suo nido la sua prima notte fuori casa in assoluto e Shouyou concluse che non sarebbe potuto durare un giorno senza il suo intervento, Cacciatori o non Cacciatori.
Una notte come quella senza un rifugio pressappoco stabile e si sarebbe sicuramente ammalato.
Non era abituato a volare d’inverno, nessuno giovane Corvo lo era.
Koushi si era sempre preoccupato di tenerli al caldo non appena le foglie degli alberi cominciavano a tingersi dei colori dell’autunno e quando Shouyou cercava di ribellarsi e di uscire comunque all’aria aperta, il Corvo lo prendeva tra le sue braccia e gli diceva gentilmente che era ancora troppo delicato per affrontare quel mondo sconfinato ma che sarebbe divenuto un rapace forte e robusto se avesse permesso a lui e Daichi di prendersi cura di lui nel migliore dei modi.
Gli anni erano passati, Shouyou non si era fatto affatto robusto ed un colpo di freddo improvviso poteva ancora fargli male. Era scappato di casa per dimostrare a sé stesso e alla sua famiglia che poteva essere un adulto con o senza un compagno. Era stato un errore.
Non era un adulto. Non era indipendente ed ora era anche legato a doppio filo ad una creatura che aveva desiderato poter incontrare per un’intera stagione e di cui ora si pentiva di aver attirato l’attenzione.
Shouyou si raggomitolò sul letto di muschio. Se chiudeva gli occhi, poteva sentire l’odore di Tobio tutto intorno a sé ma, per quanto fosse piacevole, non lo rassicurava. Non era l’odore di casa.
Si avvolse nelle ali cercando di combattere il freddo ma il suo corpo tremava già ed erano le lacrime che gli rigavano le guance da biasimare per questo.
 
 
***
 
 
Tobio si era spinto ancora più a nord, oltre la fonte del Grande Fiume, dove gli alberi si facevano radi e le rocce della montagna dominavano la scena. Non poteva volare senza essere visto in quella zona, nemmeno a bassa quota e, così, si muoveva a piedi, senza far rumore.
Sollevò gli occhi verso il cielo scuro e vide ancora la lingua di fumo che lo aveva spinto a spostarsi così in alto. Se si fosse affacciato dalle rocce che aveva di fronte, avrebbe trovato il campo da cui proveniva sotto di lui ed avrebbe avuto la libertà di attaccare come meglio credeva.
Doveva solo…
“Tobio.”
Il giovane si voltò fulmineamente ma il bel viso si rilassò come riconobbe quello del Cacciatore alle sue spalle. Il Generale degli uomini di suo padre.
“Hajime…” Disse a voce più bassa, per non farsi udire.
“È un mio campo.” Disse il Cacciatore.
“Cosa?”
Hajime indicò la lingua di fumo che si alzava nel cielo con un cenno del capo. “Ci sono Issei e Takahiro sotto quell’altura,” spiegò. “È un punto di guardia.”
Tobio lo guardò confuso. “Non lo è mai stato.”
“Hai detto a Takeru di aver visto dei Cacciatori spingersi fino alla parte alta del fiume.”
Tobio fece una smorfia. “Le voci corrono.”
“Se vuoi un confidente che resti in silenzio evita chiunque abbia un legame di sangue col Consorte reale,” lo avvertì Hajime con un sorriso divertito.
“Mio cugino è tuo figlio,” gli ricordò Tobio.
“E mio figlio è un Oikawa, esattamente come te,” disse il Cacciatore con un sorrisetto divertito. “Tu, almeno, hai ereditato tutti i difetti tranne quello di essere rumoroso… Fino a che non hai la luna storta.”
“Io non ho mai la luna storta,” replicò il giovane dagli blu con sguardo accigliato.
Hajime lo fissò a lungo. “Certo…” Disse a mezza bocca. “Almeno, quella faccia che ti ritrovi ha capacità di mostrare qualche sentimento.”
Tobio aggrottò la fronte ma non chiese chiarimenti a proposito di quel commento. “Ho una richiesta da farti,” disse.
Hajime appoggiò la schiena ad una delle rocce che sporgevano dal terreno. “Ti ascolto.”
Tobio lo scrutò per un istante. “Posso avere fiducia sulla tua discrezione se non in quella di mio cugino?”
“Parli del piccolo Corvo?” Domandò il Cacciatore divertito.
“Ecco…” Tobio sospirò esasperato. “Chi altri lo sa?”
“Non il Consorte reale, altrimenti lo avresti ritrovato ai piedi della cascata molto prima del calare del sole.”
“Assicurati che continui ad essere così,” si affrettò a dire Tobio. Non osava immaginare quanto si sarebbe complicata la situazione se il Consorte reale avesse deciso di mettere del suo in quella situazione già abbastanza sgradevole senza interferenze esterne.
“Non sono il Re della Foresta,” disse Hajime. “Non mi sento in dovere di essere gentile con i Cigni che non fanno altro che starnazzare come se fossero oche.”
Tobio riuscì a stento a trattenere un sorriso. “Dovresti andare al Villaggio dei Corvi per conto mio,” disse con tono più gentile. “Devi trovare la famiglia di un ragazzino chiamato Shouyou.”
Hajime inarcò un sopracciglio. “Shouyou?” Ripeté. “È questo il nome del nuovo Principe Consorte?”
Tobio alzò gli occhi al cielo. “Quell’idiota non è il nuovo Principe Consorte.”
Il Cacciatore rise.
“Che cosa c’è di così divertente?” Domandò Tobio indignato.
“Nulla,” rispose Hajime staccandosi dalla parete di roccia per appoggiargli una mano sulla spalla. “Mi è sembrato di sentire un’eco e mi sono sentito vecchio. Ridevo della mia pateticità.”
 Tobio non comprese ma decise di non chiedere. “Potresti andare domani?” Domandò. “Senza destare sospetti, s’intende.”
“Posso provare, sì,” rispose il Cacciatore. “Ma dovrai darmi più del nome del tuo piccolo Corvo per la mia ricerca.”
Il giovane evitò di ripetere che Shouyou non era suo sotto nessun punto di vista e mai lo sarebbe stato. “È il più grande di tre fratelli. Sono stati adottati ma non dovresti avere problemi a trovare la sua famiglia… Dice di essere scappato.”
“Come decine di fanciulli nella stagione degli amori,” replicò Hajime.
“Se ricordo bene, il nome di uno dei suoi genitori è Koushi,” aggiunse Tobio.
Il Cacciatore lo guardò in modo strano. “Ti ha per caso detto se suo padre si chiama Daichi?”
Il giovane scosse la testa. “Li conosci?”
“Conoscevo una giovane coppia di Corvi che non poteva avere dei piccoli loro a causa dell’operato degli Umani,” raccontò Hajime. “So che avevano adottato dei bambini durante il Grande Inverno ed il loro primogenito è venuto alla luce pochi mesi dopo di te.”
Tobio ascoltò ogni parola con attenzione, poi annuì. “Devono essere loro.”
“Oh, allora partirò subito domani all’alba!” Dichiarò Hajime. “Troverò un modo per ingannare tua madre. Posso ancora vantare poteri che il Re non possiede.”
Il giovane annuì ancora una volta. “Avvertili che il loro primogenito sta bene e…” Abbassò lo sguardo. “Spiega loro la situazione come puoi.”
Hajime inarcò un sopracciglio. “Vuoi che gli dica che il loro primogenito è destinato a divenire il nuovo Principe Consorte o…?”
“Spiega loro che è necessario per il bene comune che Shouyou rimanga sotto la mia protezione fino all’inizio dell’autunno. Lui può non rendersene conto ma il suo odore è forte e non attrarrà solo me nei prossimi mesi.”
“Devo dire a Koushi e Daichi che ti stai impegnando per preservare l’onore del loro pulcino?”
“Piantala…” Tobio sbuffò. “Per i Corvi non è normale emanare un simile odore, forse il suo popolo non se ne è neanche reso conto… Altrimenti lo avrebbero messo sotto chiave.”
“Sei sempre così estremo, Tobio…”
“Io non sono interessato a quel Corvo!” Esclamò il giovane. “Qualcun altro potrebbe esserlo, però e non riservargli la stessa gentilezza o disturbarsi a chiedergli il permesso!”
Hajime annuì. “Col tuo odore addosso e tutt’intorno a lui, nessun rapace oserà avvicinarsi.”
Tobio annuì. “E se accadesse avrei tutto il diritto di ucciderlo.”
Il Cacciatore sospirò. “Stai attento, Tobio.”
“A cosa?” Domandò il giovane confuso.
“Tuo padre è sempre stato un uomo intransigente e non ha mai temuto di usare la forza quando lo ha ritenuto necessario,” disse il Cacciatore. “Ma l’unica volta che l’ho sentito giurare di uccidere qualcuno è stato per tua madre.”
Tobio storse la bocca. “Torno da lui…” Mormorò superando il Cacciatore.
Hajime sorrise sommessamente. “Il tuo piccolo Corvo… Il tuo Shouyou…”
“Per l’ennesima volta, non è mio!”
“Sogna te esattamente come tu sogni lui?”
Tobio gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. “Perché t’interessa?”
“Il suo odore è particolare, potrebbe attrarre altri rapaci, certo, ma chi vede nei suoi sogni?”
Il giovane non rispose ed il Cacciatore sorrise. “Stai molto attento Tobio…”
“Lo hai già detto!”
“No, dico sul serio,” Hajime lo guardò come solevano fare i suoi genitori a volte: come se sapessero qualcosa che lo riguardava ma che non avevano alcuna intenzione di rivelargli. “In quindici anni che sei al mondo, è la prima volta che ammetti di essere attratto da qualcosa, mio Principe.”
 
 
***
 
 
Shouyou venne svegliato dal freddo dell’alba.
Era rimasto raggomitola su se stesso per tutta la notte ed aveva finito con l’addormentarsi, sebbene il suo sonno fosse stato frammentato e tormentato. Nei suoi brevi risvegli, tuttavia, non si era mai svegliato per controllare se Tobio fosse tornato. Non era certo che sarebbe riuscito a riaddormentarsi se avesse saputo che la strana creatura dei suoi sogni ora non era più un’immagine nella sua testa ma qualcosa di vero e vivo che dormiva accanto a lui.
“Buongiorno…”
Shouyou sollevò gli stanchi occhi d’ambra ed incontrò quelli blu del padrone del nido in cui era stato ospitato per la notte. Tobio era seduto sul bordo di ramoscelli intreccianti con una gamba stretta al petto ed una a penzoloni.
“Buongiorno,” rispose Shouyou sollevandosi sulle ginocchia. “Che cosa stai facendo?”
Tobio indicò il cielo con un cenno del capo. “Non è ovvio?”
Il piccolo Corvo si avvicinò a lui sporgendosi verso l’esterno. Il sole stava sorgendo oltre la parete rocciosa da cui fuoriusciva la cascata ed il cielo si era tinto degli splendidi colori dell’alba. Shouyou sgranò gli occhi e poi sorrise incantato. “È bellissimo…” Mormorò.
Tobio lo guardò a metà tra il confuso ed il sorpreso. “Non hai mai visto sorgere il sole?”
“No,” ammise il piccolo Corvo. “Cioè… Mi è capitato di uscire prima che fosse veramente giorno e sempre di nascosto ma al Villaggio dei Corvi non abbiamo albe del genere.”
“Già…” Tobio annuì. “Da quella parte della vallata il sole si mostra solo molto più tardi.”
“Abbiamo dei bellissimi tramonti, però!” Esclamò Shouyou. “Ogni sera, io ed i miei fratelli insieme ai nostri amici sedevamo sui rami più alti di un albero poco fuori dal Villaggio e restavano lì, fino a che il solo non scompariva dietro la linea dell’orizzonte.”
“Non lo fate da molto tempo?”
“No, l’ho fatto appena due giorni fa.”
Tobio inarcò le sopracciglia. “Allora perché ne parli come una cosa che non ti capiterà mai più?”
Il sorriso di Shouyou morì velocemente. “Ti sei cambiato,” notò per cambiare discorso.
Tobio abbassò gli occhi blu su se stesso. “Non credo faccia piacere a nessuno avere accanto qualcuno sporco di sangue.”
“Mi dispiace per i tuoi vestiti.”
“Me ne sono fatti portare altri,” disse Tobio alzandosi in piedi. “Vieni…”
“Dove?” Domandò il piccolo Corvo confuso.
“Ho fatto portare delle cose anche per te,” spiegò Tobio. “Non puzzi ancora ma accadrà se rimani in quei vestiti fino all’arrivo dell’autunno.”
Shouyou sospirò annoiato: era stato troppo strano scambiare con lui due parole in modo civile, dopotutto.
 
 
***
 
 
Tobio si rese conto di quanto fosse pericoloso lasciare quel piccolo Corvo da solo nel mondo esterno quando arrivarono ai piedi della torre e gli occhi d’ambra di Shouyou si fecero tanto grandi che ebbe quasi paura che sarebbe svenuto per l’emozione ai suoi piedi.
“È una torre,” disse scrollando le spalle. “In rovina…” Aggiunse per sottolineare che non vi era nulla di speciale in quello che vedeva.
Shouyou, però, continuò ad indossare quell’espressione affascinata mentre si avvicinavano. Tobio si sedette su alcune macerie, mentre il piccolo Corvo continuò a vagare nei dintorni studiando quella costruzione come se potesse contenere qualche grande segreto. “È degli Umani…” Concluse dopo aver fatto due giri intorno.
“Sì…” Rispose Tobio sorreggendosi il viso con una mano. “Gli umani costruiscono edifici in pietra. Anzi, costruiscono intere città in pietra.”
Shouyou fece una smorfia passando una mano sulla parete di mattoni scomposti. “Ma la pietra è così fredda,” commentò.
Tobio annuì. “È resistente al fuoco, però e agli Umani il fuoco piace per ragioni diverse dalle nostre.”
Shouyou lo guardò. “I miei genitori mi hanno detto che lo usano per distruggere i nidi, le tane… Tutte le case di quelli come noi. Lo fanno per rendersi indifesi, per costringerci ad uscire allo scoperto ed ucciderci meglio.”
“Non lo usano solo contro di noi. Spesso, lo usano anche contro loro stessi.”
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Gli esseri Umani si uccidono tra loro?”
“Di continuo…”
“E che senso ha?”
“Politica,” rispose Tobio ancor col tono di chi sta esponendo un’ovvietà.
Il piccolo Corvo lo sguardò smarrito e si torse le mani con imbarazzo. “Mi dispiace, non capisco molto di queste cose…”
Tobio si sforzò di non alzare gli occhi al cielo annoiato. Dopotutto, non era neanche colpa sua: i piccoli Corvi come lui, probabilmente, venivano educati solo a principi come la protezione del nido e dei piccoli ed altre cose del genere. Non che ci fosse nulla di male ma Tobio non aveva mai assaggiato una vita tanto semplice.
“Siediti, ti spiego.”
Shouyou gli arrivò davanti quasi saltellando e si accomodò sull’erba guardandolo con occhi grandi e brillanti di curiosità. Tobio non comprendeva come facesse ad essere così emozionato per qualunque cosa nuova gli venisse proposta a decise di tenersi i commenti sarcastici per sé ed afferrò un ramoscello secco accanto al suo stivale. “Questa è una città,” spiegò facendo un cerchio nel terreno. “E questa è un’altra città…” Ne disegnò un secondo. “Ognuna di loro ha delle tradizioni, dei modi di pensare e dei desideri diversi. Il loro modo di vivere è tanto differente che non sarebbe possibile ai due popoli convivere.”
Shouyou scrollò le spalle. “Hanno ognuno la loro città, non vedo il problema.”
“Le città sono vicine,” gli fece notare Tobio. “I territori che li circondano sono necessarie ad entrambe perché la popolazione che vi abita sopravviva.”
“Possono fare un po’ per uno,” la fece facile il piccolo Corvo.
“Sì,” Tobio annuì distrattamente. “Potrebbero ma per farlo dovrebbero essere stipulati degli accordi e da questi verrebbero create delle leggi comode ed inviolabili per entrambe le parti.”
Shouyou annuì deciso.
“Però…” Aggiunse Tobio. “Spesso subentra la superbia…”
“E che cos’è?”
“È quando hai tutto ma non ti basta e, allora, decidi di fare tuo anche quello che appartiene a qualcun altro.”
Shouyou lo guardò orripilato. “Ma questo è rubare!”
“Già… Ma in politica si chiama conquista e, quasi sempre, si verifica con una guerra.”
“Una guerra? Come la caccia?”
“No, molto peggio,” rispose Tobio. “I popoli di questa Foresta ne hanno affrontate molte. Stagioni fa, prima che vi fosse un unico Re, i popoli si scontravano tra loro per le cose più assurde.”
Shouyou lo guardò incredulo. “Non me lo hanno mai raccontato.”
“Non è una cosa di cui gli adulti parlano con piacere. Gli Umani approfittarono di una simile divisione e per molto tempo fecero strage di noi come meglio credevano. Alla fine, però, quel nemico comune ha reso la Foresta quella che è ora: un luogo sicuro per tutte le creature come noi con un Re a protezione di tutti. Nessuno viene derubato di nulla qui e siamo tutti uniti per proteggerci l’un l’altro. O, almeno, è questo che vorrebbero i miei…” Tobio si bloccò e si morse la lingua. “I nostri sovrani.”
Per sua fortuna, Shouyou era troppo occupato a fare sue quelle nuove informazioni per rendersi conto di un simile inciampo. “Il Re della Foresta, però, possiede un esercito di Umani!” Affermò, poi abbassò immediatamente la voce. “O, almeno, così raccontavano nel mio nido.”
“Sì, è vero,” confermò Tobio.
Shouyou sembrò rifletterci con se stesso per qualche istante. “Ma come è possibile?” Domandò. “Se gli umani ci vedono solo come prede d’abbattere e sono il nemico comune che ha permesso alla foresta di unirsi sotto la guida di un unico Re, com’è possibile che quello stesso Re sia il signore di un intero esercito di loro?”
“È cominciata come politica anche quella,” raccontò Tobio e voltò il viso verso nord per alcuni istanti. “Se viaggi in quella direzione per qualche giorno, ti ritroverai sotto le alte mura di pietra di un luogo che chiamano Città di Seijou. È quello che la Foresta è per noi, solo che lo è per un popolo di Umani.”
Shouyou passò gli occhi dal viso di Tobio alla direzione da lui indicata. “Quindi, è un luogo pericoloso,” concluse.
“No,” Tobio scosse la testa. “Non lo è più da diverse stagioni, ormai.”
Il piccolo Corvo si sentì sinceramente confuso. “E per quale ragione?”
“Te l’ho detto: politica. Il sovrano di quella città tentò un approccio pacifico con il popolo delle Aquila… Avvennero quindi degli accordi e da essi l’attuale Re in carica ottenne un esercito di Umani ed un Cigno bianco per consorte.”
“Raccontano anche questo,” Shouyou annuì. “Ma non ha senso che un Cigno fosse in una città con un sovrano Umano!”
Tobio sospirò. “È complicato…”
Il piccolo Corvo si sporse ancor di più verso di lui. “Tu sembri conoscere tutte le risposta.”
Gli occhi si fissarono in quelli d’ambra.
“Voglio dire, molte delle cose che dici come se fossero scontate non sono certe nemmeno per gli anziani della mia gente.”
Per un attimo, Tobio pensò di essersi tradito da solo ma si rese immediatamente conto che Shouyou non gli stava confidando un sospetto ma si stava limitando a chiedergli una spiegazione ed era abbastanza ingenuo da farsi andare bene qualunque cosa si fosse inventato. “Sono nato e cresciuto vicino a dove nascono queste storie,” rispose. “La versione che hanno raccontato a me è la stessa che la fonte in persona ha narrato.”
Shouyou parve soddisfatto di quella risposta e si fece di nuovo indietro fissando i due cerchi disegnati nel terreno come se stesse pensando ad un’altra domanda da fare. Non tardò molto. “Com’è finita?”
Tobio lo guardò confuso. “Cosa?”
“Mi hai detto che la storia del Re e del suo Cigno è cominciata come una cosa politica,” disse il piccolo Corvo. “Com’è finita?”
Tobio non rispose immediatamente. Resse lo sguardo dell’altro per qualche istante, poi lo portò sugli alberi che li circondavano. “Con una maledizione…” Concluse a bassa voce.
Shouyou non lo udì. “Eh?”
Non ebbe mai la sua risposta.
“Cugino?”
Shouyou drizzò la schiena e Tobio si alzò in piedi. “Takeru,” chiamò. “Siamo qui!”
Appena un istante dopo, il piccolo Corvo vide un giovane dai ribelli capelli neri. Indossava degli abiti simili a quelli di Tobio ed aveva una sacca da viaggio in spalla. Non vi erano ali sulla sua schiena, non vi erano strane orecchie sulla sua testa esattamente come…
Shouyou scattò in piedi con un’espressione terrorizzata e fece per scappare in volo ma Tobio lo afferrò per le spalle obbligandolo a ripiegarle. “Non devi aver paura, stupido!” Lo rimproverò.
“Ma è… Ma è…” Shouyou non riuscì a parlare, gli occhi si riempirono di lacrime per la paura.
“È mio cugino,” spiegò Tobio.
Takeru alzò entrambe le mani come a voler mostrare che non aveva male intenzioni. “Non sono un Cacciatore,” disse. “Cioè, lo sono ma…”
“Non è come i balordi che ti hanno aggredito,” lo interruppe Tobio fermamente. “Il Re ha un esercito di Umani, ricordi?”
Shouyou guardò quegli occhi blu e vi si aggrappò per gli istanti che gli furono necessari per registrare il significato di quelle parole. “Tuo… Tuo cugino?” Domandò calmandosi e sentì le mani dell’altro lasciarlo andare.
“Sì, mio cugino,” confermò Tobio.
“Le nostre madri sono sorelle,” specificò Takeru rilassando le braccia lungo i fianchi ed accennando un sorriso amichevole. “Tu sei Shouyou, vero?”
Il piccolo Corvo si allontanò di un passo da suo salvatore ed annuì con aria confusa.
“È stato lui a parlarmi di te,” chiarì il giovane Cacciatore indicando il secondo ragazzo dai capelli di corvini.
Shouyou lo scrutò ancora con diffidenza. “E così tu sei un Cacciatore che non fa del male a quelli come noi?”
“Sono cresciuto in mezzo alle Aquile, piccolo signore,” rispose Takeru gentilmente facendo un inchino.
Shouyou arrossi, poi sorrise imbarazzato. “No, non sono un signore di niente sono solo… Un Corvo.”
Il giovane Cacciatore sollevò la testa, poi fece l’occhiolino al cugino e Tobio sospirò. “Hai portato quello che ti ho chiesto?” Domandò.
“Sì,” disse Takeru passandogli la sacca da viaggio. “Qualche regalo per il piccolo Corvo,” disse. “Vestiti, coperte e del sapone… Devi sapere, Shouyou, che mio cugina ha ricevuto la più raffinata delle educazioni ma ha attecchito molto.”
Shouyou ridacchiò. “Sì, l’ho notato!” Disse con allegria.
Tobio lo guardò storto ed il piccolo Corvo rispose all’occhiata come a sfidarlo ad affermare il contrario.
“Ah, è mio compito informare entrambi che mio padre è partito per il Villaggio dei Corvi poche ore fa,” disse Takeru. “Tornerà entro il tramonto, massimo domani. Vediamoci qui alla stessa ora così che possa comunicare ad entrambi un’eventuale risposta.”
Tobio annuì.
Shouyou passò gli occhi da un fanciullo all’altro. “Hai già mandato un messaggero?” Domandò a Tobio con un broncio deluso.
“Non sei rientrato a casa per due notti,” gli ricordò il giovane dagli occhi blu, “era inutile farli stare in pena per altro tempo.”
Shouyou abbassò lo sguardo e poi annuì. “Posso chiedere chi è tuo padre?”
“Il Generale dell’esercito di Umani del Re,” spiegò Takeru. “Prima di partire, mi ha detto di aver avuto occasione di conoscere i tuoi genitori. È possibile?”
Shouyou annuì. “Koushi… Ehm, mia madre mi ha raccontato di aver avuto l’onore di conoscere il Consorte reale, quindi, sì, credo sia possibile.” Era lieto di apprendere che una figura amica si fosse recata dalla sua famiglia per spiegare la situazione. Non poteva immaginare quanto Koushi e Daichi fossero preoccupati.
“Torno al Nido,” disse Takeru.
Tobio annuì. “Ci vediamo domani.”
Un altro cenno d’assenso da parte del giovane Cacciatore. “Piacere di averti conosciuto, piccolo Corvo.”
Shouyou sorrise. “Piacere mio!”


 
 
“Com’è possibile che tu abbia per cugino un Umano?”
Tobio non aveva passato nemmeno due giorni in compagni di quel Corvo e già stava riflettendo su un modo efficace per farlo smettere di parlare.
“Non ce la fai a stare zitto per un minuto di seguito?” Domandò guardando quei ribelli capelli dal colore impossibile. Shouyou gli lanciò una breve occhiata da sopra la spalla e gli sorrise. “Lo dice sempre anche uno dei miei fratelli e lo fa con la tua stessa, identica espressione!”
“Se questo ti fa piacere…”
Il piccolo Corvo gli trotterellava davanti come se stesse per ricevere un regalo a lungo atteso e Tobio non poté fare a meno di notare che era un atteggiamento completamente opposto da quello del giorno prima. “Perché sei felice?”
Shouyou scrollò le piccole spalle. “Comincio a vedere il lato positivo…”
“Ci hai messo poco,” commentò Tobio.
Il piccolo Corvo prese un respiro profondo e cominciò a camminare all’indietro. “Ho desiderato camminare sotto questi alberi da quando ero bambino!” Disse con sincera allegria. “Passata la paura, è un po’ come se stessi realizzando un sogno!”
“Sei un moccioso semplice.”
“Non dire semplice come se volessi dire stupido!”
“Allora se un moccioso stupido.”
Shouyou sbuffò e tornò a guardare di fronte a sé. “Tuo cugino non è antipatico nemmeno la metà di te!” Commentò acidamente. “Sembra un ragazzo gentile, a dire il vero.”
“I suoi genitori sono persone gentili,” disse Tobio. “È normale che lo sia anche lui.”
“Sua madre è tua zia, ho capito bene?”
“Sì, la sorella maggiore di mia madre, mentre suo padre è suo amico da quando erano bambini. Sono cresciuti insieme.”
“Oh! Allora devi essere un nipotino molto amato!”
Negarlo sarebbe stato una blasfemia da parte di Tobio, così rimase in silenzio.
“Tua madre…” Mormorò Shouyou rallentando il passo per potersi affiancare a lui. “È un’Umana anche lei?”
Tobio sospirò e lo guardò di traverso. “Capisco che tu abbia bisogno di fidarti di me ma non mi stressare con le tue domande!”
“Hai risposto a tutte fino ad ora!” Replicò Shouyou con forza. “Anzi, rispondi a qualsiasi cosa ti chieda, quindi non è il parlare in sé che ti scoccia, non ti va di parlare di te!”
Tobio si bloccò. “Vuoi biasimarmi?” Domandò freddamente. “Immagino che tu mi abbia già detto tutto quello che c’è da sapere di te, allora!”
Shouyou strinse le labbra e seppe che la vittoria, quella volta, non sarebbe stata sua. Questo, però, non lo avrebbe convinto a restare zitto. Riprese a camminare a passo spedito per non essere alla portata dell’altro e decise di fare quello che faceva di solito quando i suoi fratelli lo ignoravano deliberatamente: pensò ad alta voce. “Le tue piume sono corvine, esattamente come le mie…” Cominciò.
Tobio sollevò di nuovo gli occhi blu sulla nuca del piccolo Corvo ma non gli fece domande su quello che stava cercando di fare, non voleva incoraggiarlo in alcun modo.
“Tuttavia, le tue ali sono diverse. Sono più grandi ma dalla forma più aggraziata.”
Suo malgrado, Tobio voltò il viso e le studiò come se le vedesse per la prima volta.
“Sembrano forti e, all’inizio, ho pensato a quelle di un’Aquila… Penso che per le dimensioni ci siamo…”
Tobio alzò gli occhi al cielo. Quel Corvo avrebbe avuto il coraggio anche di mettersi a fare discorsi filosofici sul tempo pur di spezzare il silenzio.
“No, un’Aquila non mi convince… Continuo a pensare che abbiano una forma troppo elegante e dicono che i volatili con le ali più belle siano i Cigni…” Shouyou si fermò e rimase a riflettere con se stesso per alcuni istanti, poi si voltò. “Sei un Cigno Nero?”
Tobio, però, non lo guardava e, probabilmente, nemmeno lo aveva udito. Gli occhi blu erano sollevati su qualcosa oltre di lui. “Tobio?” Lo chiamò il piccolo Corvo ma non ricevette alcuna risposta. Cercò di seguire la linea dello sguardo dell’alto e si rese conto che non erano più soli. A poca distanza, vi era un gruppetto d’individui dalle ali grigiastre.
Shouyou non ne era sicuro ma pensò che fossero dei Gufi.
Comparvero altri volatili tutt’intorno a loro e Shouyou fece un passo indietro ma non sentì Tobio venirgli incontro e decise di credere che non stesse succedendo nulla di pericoloso.
Studiò i visi di chiunque fosse abbastanza vicino. Erano tutti seri, rigidi ma nessuno sembrava essere pronto ad un’eventuale minaccia. Se ne stavano solo completamente immobili, con gli occhi rivoli in un’unica direzione. Non sapendo cos’altro fare, Shouyou decise di seguire l’esempio e fu allora che lo vide.
Si era fatto avanti senza far rumore, come se fosse un fantasma ma non notarlo sarebbe stato impossibile.
Shouyou seppe immediatamente che si trattava di un’Aquila per via delle grandi ali sulla sua schiena. Le piume erano per lo più di un marrone brillante, solo quelle alle estremità erano bianche. Pur non essendo aperte in tutta la loro estensione emanavano forza, quasi ispiravano paura. Il viso dell’Aquila era giovane, pur non essere affatto quello di un fanciullo. I lineamenti erano duri, marcati ed il suo sguardo era gelido, tagliente.
Camminò tra i volatili che si erano fermati al suo cospetto senza concedere la sua attenzione a nessuno di loro. Era come se fossero invisibili ai suoi occhi e Shouyou credette che non si sarebbe affatto accorto del suo sguardo affascinato. Fu un’ingenuità.
L’Aquila fermò i suoi passi proprio di fronte a lui e posò i freddi occhi sulla sua minuta figura.
Shouyou aveva sempre saputo di essere più piccolo della maggior parte dei suoi coetanei, eppure si sentì minuscolo al cospetto di quella creatura regale. Da principio, trattenne il fiato ma quando fu chiaro che l’Aquila non sarebbe passata oltre, né gli avrebbe fatto del male, accennò un timido sorriso.
Il viso dell’altro rimase completamente immobile e Shouyou sentì gli angoli della sua bocca abbassarsi da soli. Il rapace sollevò lo sguardo da lui per osservare qualcosa che doveva essere alle sue spalle. Non si trattenne oltre.
Un battito di ciglia più tardi, l’Aquila riprese il suo cammino e sparì tra gli alberi della Foresta senza fare rumore esattamente come vi era emerso.
Gli altri volatili ripresero a muoversi e, ben presto, scomparvero alla sua vista anche loro ma Shouyou non ci fece particolarmente caso. Gli occhi d’ambra erano ancora fissi sul punto in cui l’Aquila era scomparsa e solo il rumore di passi che si avvicinavano alle sue spalle lo indussero ad alzare il viso.
Gli occhi blu di Tobio lo fissavano con insolita pazienza.
“Si è fermato a guardarmi,” disse Shouyou.
“Sì,” rispose Tobio. “Lo so…”
“Perché non si muoveva nessuno?” Domandò. “Non hanno chinato la testa ma non osato dire o fare nulla mentre l’Aquila passava.”
“Perché tutti lo rispettano,” rispose Tobio. “Alcuni lo temono, persino.”
“Nessuno lo ama?” Domandò Shouyou.
Tobio esitò per un istante, poi annuì. “Sì, c’è anche qualcuno che lo ama…” Si voltò. “Andiamo, Shouyou.”
Il piccolo Corvo si trattenne ancora un istante ma non vide nulla muoversi tra gli alberi.
Era stato come un sogno ad occhi aperti.
 
 
 
***
Angolo dei deliri e delle inutili giustificazioni
Qualche informazione di ordine pratico.
Per ragioni di trama, la differenza di età tra Shouyou e Tobio è stata invertita e, di conseguenza, Kags è nato sei mesi prima del piccolo Corvo e non il contrario come nel canon. Per quanto riguarda Takeru, invece, qualcuno lo ricorderà come il nipotino di Oikawa. Qui è un coetaneo di Tobio e la sua descrizione è liberamente ispirata ad alcune fan art che lo ritraggono in età dal liceo.
Ringrazio di cuore chi ha recensito il primo capitolo di questa fic e mi auguro che il secondo capitolo sia stato a sua volta di vostro gradimento.
Alla prossima!

 
 
   
 
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