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Autore: darkrin    25/09/2016    1 recensioni
Charlie, Silena e come sarebbero andate le cose se fossero andate diversamente.
(What if... | Charlie/Silena + Clarisse, Will, BlackJack | guest star: Clovis e le sue ciambelle) (Il terzo capitolo partecipa al COWT9 di Lande di Fandom)
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blackjack, Charles Beckendorf, Silena Beauregard
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ho iniziato questa storia tantissimo tempo fa, per una challenge di maridichallenge e non l'ho mai finita fino a questa mattina quando, mentre creavo bacheche su pinterest su Silena, ho realizzato che: ooops e ho deciso che era giunto il momento di mettere un punto a questa storia. Sono tre capitoli, breve, brevissimi e un'altra versione - ancora più breve - che forse pubblicherò su lj perché è completa a modo suo. 
La challenge per cui questa storia è stata iniziata richiedeva che si scrivesse una storia con una serie di temi, di cui uno era: Lima in Perù, poi il mare e qualcos'altro, da lì le cose hanno preso una strana piega e ne è uscita questa cosa. 
- Mama Quilla è una divinità della mitologia Inca  qui qualche info in inglese e in questa storia è il corrispettivo di Ebe.
nene vuol dire bambino o almeno così mi dicono le mie ricerche internet; non ho idea se l'ospedale di Lima sia davvero specializzato nelle ustioni, ma non credo.
- Ho deciso di seguire quella teoria che vuole che Silena sia in grado di cambiare il suo aspetto.
NO BETA quindi segnalatemi tutto quello che non va. 

 

Sciarada
 
 
 
sciarada s. f. [dal fr. charade, e questo dal prov. charrado «chiacchierata, conversazione», der. di charrá «chiacchierare» di origine onomatopeica come l’ital. ciarlare]. –
In enigmistica, gioco di parole in cui si chiede di indovinare una parola sulla base di definizioni generiche e allusive della parola stessa e dei due o più elementi semanticamente autonomi in cui essa può essere scomposta, segnalati con nomi convenzionali (rispettivam. intero o totale, primiero, secondo, ecc.) o con puntini o segni tipografici speciali (sciarade diagrammatiche), per es.: rosario (intero) si scompone in rosa (primiero) e rio (secondo)
 
 
 
Il mio primo è il mare,
il secondo è un nome.
il mio intero è –
 
 
 
In una terra lontana come la luna, Mama Quilla, che ti protegga e circondata da un mare di mostri, c'era una volta un eroe che si chiamava Nessuno, come te, gli racconta un'infermiera. La donna il volto segnato da rughe e gli occhi grigi e forse non è davvero un'infermiera. Alcuni dicono che non abbia l'abilitazione, altri che non abbia neanche la laurea e che non dovrebbe stare lì, ma poi la donna arriva e tutti improvvisamente dimenticano le loro rimostranze. È sempre stata lì, in quella stanza? Dove altro dovrebbe trovarsi quell'anziana donna che sorride sotto i baffi? E neanche li tocca i pazienti, si limita a sedere accanto a loro e raccontare. Perché mai dovrebbe andarsene?
Non è necessario avere un nome per salvare il mondo, continua a raccontare.
 
C'è una stanza bianca e c'è un'infermiera che racconta miti di altre terre come fossero suoi. La donna ha il volto segnato da rughe e gli occhi grigi, animati da una viva intelligenza e i capelli bianchi - e forse sono suoi.
C'è un letto e c'è un ragazzo che vi è disteso. Ha una benda su un occhio e un braccio fasciato; quando è arrivato nella stanza, aveva ustioni che gli ricoprivano gran parte del corpo ma sono lentamente sparite, ne rimangono solo cicatrici di pelle nuova e sottile.
I medici gli dicono che forse non recupererà più la mobilità che aveva un tempo, che forse le dita non si piegheranno più come devono e resteranno rigide come sottili bastoncini lavati dal mare e seccati dal sale. Bastoni che sembrano ossa bianche. Od ossa come bastoni. Il ragazzo annuisce: non ricorda come si muovano le dita, come sappiano piegare il metallo e plasmare l'acciaio, come siano in grado di creare armi e gioielli.
Non ricorda più neanche il suo nome. Ha perdite più grandi di cui preoccuparsi.
 
 
 
Il mio primo è il mare
 
 
 
Quando il ragazzo apre gli occhi, la luce lo acceca e - c'è un'esplosione - sente il terrore pervadergli il corpo e tenta di alzarsi, di scappare, ma non riesce a muoversi, non riesce ad alzarsi e sente dolore ovunque e -
- Calmati, nino. -
C'è una donna che lo guarda dall'alto con gli occhi grigi e una leggera cuffietta sul capo. Gli posa una mano sulla spalla e lo spinge con delicatezza verso il materasso, lo aiuta a distendersi in modo che le sue gambe non brucino, che la spalla non gli tiri come se volesse staccarsi.
- Ti hanno messo dei punti - gli spiega, quando lo sente esalare un gemito di dolore e voltare il capo verso l'arto traditore.
- Eri messo piuttosto male, quando ti hanno portato qui, nene. -
La voce della donna ha una cadenza che gli è estranea e che sembra scivolargli addosso come una carezza, come lo sciabordare del mare che culla i pescatori, rannicchiati in minuscole cabine.
- Il mare ti ha sputato fuori, una mattina. Non saresti dovuto finire qui - continua la donna, controllandogli le fasciature e rimboccandogli il lenzuolo. - Non è certo l'ospedale più vicino alla costa, ma questo era l'unico luogo in cui potessero fare qualcosa per una persona con le tue ustioni - continua.
- Qui dove? -
È una sorpresa, sentire quella voce così roca e aspra, e rendersi conto che è la sua. Che sa ancora parlare, anche se non ricorda le parole, se non ricorda di averlo fatto.
La donna sorride e gli accarezza, delicatamente, la mano coperta dal lenzuolo.
- Siamo a Lima, in Perù. -
E il ragazzo non ricorda, ma c'è qualcosa, nel suo stomaco, che gli dice che è lontanissimo da casa, che non dovrebbe essere lì. La donna sorride e gli posa una mano sulla guancia.
- Sei stato forte, nene, ma ora devi riposare. -
C'è qualcosa nel modo in cui lo dice e gli sorride, che gli fa pensare che la donna non si riferisca solo alle sue ferite, ma è un pensiero ridicolo ed è, improvvisamente, così stanco. Il ragazzo chiude gli occhi e –
 
 
 
Sogna il volto di una donna: ha i capelli biondi e gli occhi azzurri e gli sorride, sorpresa, quando lo vede e chiama un nome che lui non riconosce e non ricorda. Quando gli tende la mano, la donna ha lunghi boccoli scuri che le incorniciano il volto.
 
 
 
I medici entrano nella stanza con passo sicuro, hanno le spalle ampie e la schiena dritta e sono accompagnati da un'infermiera e un codazzo di studenti dai volti incerti, che si trascinano dietro le cartelle dei pazienti.
- Buongiorno - lo saluta uno. Capelli bianchi e occhiali tondi su un naso prominente. - Come si sente oggi? -
Il ragazzo ha metà del corpo fasciato, l'altra metà dolorante e quella mattina ha sentito un'infermiera loquace raccontare di come vengano trattati i pazienti ustionati, di come la pelle morte venga raschiata dal corpo.
- Sono stato meglio - afferma, infine.
Il medico sorride e spinge gli occhiali con la punta delle dita, mentre studia con occhio critico la sua cartella clinica, accompagnato dai versi di assenso e dissenso della sua schiera di seguaci.
- Vedo che non hai perso il tuo spirito. è un buon segno - afferma, mentre indica qualcosa ai colleghi, che annuiscono, convinti.
Il ragazzo ha la sensazione - perché non è un ricordo, è più sottile e volatile, di un ricordo, è come un leggero frullare d'ali nella pancia, come la carezza di quel mare che l'ha risputato fuori e l'ha trasformato in leggenda, racconterò di te, ai ragazzi che verranno dopo, gli parlerò del nuovo nessuno, gli ha promesso l'infermiera, asciungandogli la fronte sudata, dopo una notte particolarmente difficile - che le cose dovrebbero andare diversamente: che i medici dovrebbero essere più giovani e dovrebbero guardarlo negli occhi e sorridergli e dargli da bere qualcosa che sa di casa. Questi invece si limitano a studiare la sua cartella, redatta dai ragazzini che, al mattino, gli prendono la pressione, il sangue, il battito cardiaco e, tremanti, trascrivono ogni cosa, e a prescrivergli farmaci dai nomi complicati e dal sapore asettico. Si limitano a spiegargli che è frequente assistere a casi di amnesia, dopo un trauma come il suo e che non sanno - il cervello è ancora un territorio sconosciuto, gli dicono - se e quanto recupererà la memoria. Potrebbe essere domani, tra tre giorni o tra un mese. Potrebbe recuperarla per intero o avere solo lampi, solo scarne immagini in un mare di vuoto. Insistono che è un miracolo che sia vivo e che si sia ripreso a quel modo. Sottintendono che dovrebbe essere grato. Che ha tutta la vita davanti, che i suoi ricordi non erano poi così tanti.
Il ragazzo ha la sensazione che le cose dovrebbero essere diverse.
 
 
 
Quando chiude gli occhi, vede sempre la stessa donna. Ogni volta ha un volto diverso - questa volta ha i capelli blu e gli occhi verdi ed è quasi certo che sia sbagliato, che sia... -, ma lui sa che è sempre lei e se soltanto potesse ricordarne il nome.
 
 
 
Il fisioterapista insiste perché provi a piegare le dita intorno a una pallina rossa e morbida.
- Non ci riesco - gli dice.
Pensa a pezzi di legno bianco, lavati dal mare e dalla sabbia, e l'immagine si sovrappone a quella dell'asta di una freccia, intagliata da dita esperte.
L'uomo annuisce, comprensivo.
- Devi continuare a provare, se vuoi che i muscoli si riprendano. Un millimetro alla volta. –
 
 
 
Un millimetro alla volta. Continua ad insistere, ma non riesce a recuperare il nome della ragazza.
 
 
 
- Poco dopo il tuo arrivo, un enorme uragano ha attraversato gli Stati Uniti - gli racconta l'infermiera.
Ora che la storia di Nessuno è terminata e l'eroe è tornato a casa dalla moglie che lo attendeva, tessendo, e dal figlio cresciuto, è passata a narrargli di fatti più recenti. Gli ha raccontato degli Incas e del dio Sole, di come siano state ritrovate delle orrende poesie in tre versi, incise sulle mura di alcuni templi, e di come i peruviani abbiano accusato gli invasori stranieri. Sarebbe stato un motivo originale per far scoppiare una guerra, ha chiosato, con un ghigno sdentato, galeotti furono gli haiku. Neanche si chiamavano ancora così a quell’epoca, in quella parte di mondo, ma a lui non importava. Si è sempre divertito così.
- In molti hanno pensato che fosse l'Apocalisse, è il vento sollevato dagli zoccoli dei Quattro Cavalieri, ho sentito gridare per le strade - esala un grugnito di scherno, mentre continua a sbucciare con estrema attenzione una mela. - Altri pensavano che fosse la giusta punizione per i peccati degli Stati Uniti. -
La donna ha le labbra sottili piegate in una smorfia divertita ed è quasi certo che lei sappia esattamente cosa stesse accadendo.
 
 
 
Sogna il vento e il fuoco e c'è la ragazza, in piedi, in mezzo alle macerie. Ha il volto bruciato, come lo è metà del suo corpo e gli occhi rossi di pianto. Tende la mano, per consolarla ed abbracciarla, ma il vento lo trascina via, come fossero onde, e, nella lontananza, sente il rumore di zoccoli che si avvicinano.
 
 
 
 
   
 
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