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Autore: darkrin    07/10/2016    2 recensioni
Charlie, Silena e come sarebbero andate le cose se fossero andate diversamente.
(What if... | Charlie/Silena + Clarisse, Will, BlackJack | guest star: Clovis e le sue ciambelle) (Il terzo capitolo partecipa al COWT9 di Lande di Fandom)
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blackjack, Charles Beckendorf, Silena Beauregard
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: forse avrei dovuto spiegare all'inizio che questa più che una storia è un accenno, è poco più di un sogno con qualche spruzzo di trama qua e là. Spero che la rapidità con cui si svolgono gli eventi non sia troppo deludente, ma non sapevo come altro rendere tutto, rimanendo fedele alla voce che volevo avesse questa storia. 


Il secondo è un nome
 
 
 
- Per Charlie – mormora Silena, prima di chinare il capo e raccontare ogni cosa, ogni inganno, ogni bugia, ogni vuota promessa fattale da Crono.
Percy è tornato quella mattina: si è trascinato con passi incerti e stanchi sulla riva del Campo Mezzosangue e per un istante tutti hanno trattenuto il fiato in attesa che l’acqua salmastra sputasse fuori anche il corpo di Charlie Beckendorf. Ma Charlie non è riemerso e non c’era nessun corpo da sputare. Non c’è nessun resto da bruciare, nessuna mano priva di polso da stringere tra le dita mentre si porta il lutto.
Silena guarda il mare e non riesce neanche a piangere, non riesce a far altro che udire il gemito che le lascia le labbra come se fosse qualcun altro ad emetterlo. Qualcuno che non è colpevole, che ha il diritto di piangere Charlie, qualcuno che…
Corre via prima che uno dei suoi compagni possa tentare di consolarla e si nasconde tra le fronde degli alberi, dove la voce compassionevole delle ninfe la culla in un sonno agitato dagli incubi in cui rivede Charlie vivo e lo rivede morto e lo rivede morire e sente la voce di Luke e quella di Crono mischiarsi e avvolgerlesi intorno come le spire di un serpente. Quando riapre gli occhi, è già calata la notte e gli studenti si sono riuniti per mangiare. Silena avanza tra i tavoli con la testa alta e la schiena ritta di chi non teme più nulla, di chi non ha più nulla da perdere.
- Devo confessare una cosa – afferma, di fronte a Chirone, a Percy ad Annabeth. A Clarisse.
Un brivido sembra percorrere l’intera adunata di studenti a quelle parole. Il cozzare di forchette e coltelli sui piatti e il tenue brusio che animava i tavoli si acquieta.
- Per Charlie – aggiunge con un mormorio, chinando il capo sulle venature del legno della tavola.
Per Charlie, sospira.
- Andiamo nella Casa Grande – afferma Chirone, posandole una mano sulla spalla e guidandola nell’ombra del sentiero, seguito dai capo cabina.
Per Charlie racconta ogni cosa, ogni colpa, ogni errore, ogni parola che ha detto a Luke, nel cuore della notte e del campo, ogni segreto che gli ha svelato, ogni parola e indizio che il ragazzo le ha rivelato.
 
 
 
Quando i semidei si riuniscono alle radici dell’Empire State Building, Clarisse stringe una mano di ferro intorno alla spalla di Silena.
Da qualche parte, il cielo è solcato dai figli di Apollo sul loro carro.(Il nostro ringhia Clarisse ogni volta che qualcuno grida estasiato: Guardate il carro dei figli d’Apollo!)
In un altro momento, la disputa che era sorta al Campo su chi fosse il vero, degno proprietario della biga, avrebbe portato Clarisse a disertare il campo di battaglia come una novella Achille, ma l’ira che la donna cova nei confronti di Crono e Luke dopo quello che hanno fatto a Silena è superiore anche al suo orgoglio.
- Potete usarlo durante la battagliaaveva concluso con un ringhio dopo innumerevoli liti e trattative con i ragazzi della Cabina Sette, sbattendo i pugni sul tavolo e facendo sobbalzare metà dei presenti. - È meglio che siate voi a condurlo e a usarlo per colpire le armate di Crono dall’alto. Almeno avremo delle nullità in meno di cui preoccuparci sul Campo – aveva sputato con astio la donna.
Will aveva sopito ogni protesta da parte dei suoi compagni di casa con un leggero cenno del capo e un sorriso sulle labbra sottili.
- Li faremo a pezzi – le promette solennemente la figlia di Ares, stringendole la spalla.
Silena le lancia un sorriso timido da sopra la spalla.
Odia la battaglia: il sangue le imbratta le vesti e i semidei che le cadono intorno come fuscelli e che le ricordano Charlie - Charlie che è morto e disperso in mare per colpa sua -, odia il fatto di non cadere con loro. Sua madre sostiene che amore e guerra siano le due facce di una stessa medaglia; qualcuno dei suoi fratelli sostiene che il rito di passaggio nella casa di Afrodite sia stato istituito per ricordare ai figli della dea che l’amore è una battaglia, che possono esservi feriti e morti ed è naturale che sia così. È giusto che sia così, le sembra di sentire la voce di Drew sussurrarle nell’orecchio.
Silena guarda i volti dei suoi compagni, dei mostri che si scagliano loro addosso in ondate continue e non vede amore da nessuna parte. Non ne vede neanche una traccia, neanche un’ombra.
Quando l’enorme drago le si scaglia davanti, Silena ha solo un istante – solo il tempo di un battito di ciglia e di cuore – per sentire un brivido percorrerle la schiena, prima che il mostro le sia addosso e i suoi artigli le lacerino la carne.
Ci sono cose da cui neanche un buon amico che ti guarda le spalle può salvarti. Uno di questi è il dolore di tua propria fattura, l’altro è il veleno sputato da un drago che ti schiaccia al suolo.
Quando Clarisse riesce a staccarle la bestia di dosso e a scagliarla a qualche metro di distanza, il volto di Silena è già divorato dal veleno bruciante. Negli occhi sbarrati dell’amica, la figlia di Afrodite legge la sua morte, ma la voce di Will Solace che le si getta a fianco, trafficando con fiale e unguenti che estrae freneticamente fuori dalla bisaccia che porta sulla spalla, la distrae.
- Andrà tutto bene – le dice il ragazzo.
Lei e Will non sono mai stati vicini, ma a Clarisse piace, Clarisse si fida di lui e il figlio di Apollo emana una tale sicurezza, mentre la guarda dall’alto, con il sole che gli si riflette sui capelli biondi, che quando il ragazzo le stringe la mano tra le sue e ripete: andrà tutto bene, Silena si ritrova annuire con gli occhi bagnati di lacrime. Le bruciano le ferite e non sa più se stia piangendo per il dolore, per Charlie o per la guerra
 
 
La guerra finisce, i morti si piangono e gli alleati del Campo Mezzosangue e degli dei ripartono per le loro terre, lasciando i semidei a gestire, soli, i loro morti e i loro onori. E le eventuali punizioni per aver disobbedito ai dodici grandi del pantheon.
I primi a sparire, trasportati dalla brezza che è rimasta come unico ricordo della marcia di Tifone, sono i Pegasi.
Quando Annabeth domanda a Percy come mai siano ripartiti con tale velocità, come se qualcuno avesse dato loro fuoco alla coda, senza neanche chiedere una carota o una mela per il viaggio, il ragazzo scuote il capo.
- Blackjack ha detto che doveva rispondere a una chiamata di un’amica – afferma.
 
 
***
 
 
Blackjack atterra con grazia davanti al portone dell’ospedale, facendo scattare l’allarme solo di quindici macchine e dell’ambulanza contro il cui tetto sbatte uno zoccolo nella discesa. Stupidi umani e il loro scandaloso modo di parcheggiare.
- Ciao, vecchio mio – lo saluta la donna.
È invecchiata dall’ultima volta che si sono visti – è una cosa che, ha notato, accade di frequente agli umani e ai semidei -: le rughe che le segnano il volto sono sempre più profonde e i capelli le ricadono in ciocche bianche intorno al viso ovale, ma gli occhi grigi sono vispi e divertiti come l’ultima volta che l’ha portata a volare lungo la costa del Sud America. All’epoca la donna non aveva ancora difficoltà a camminare o a salirgli in groppa e la sua risata estasiata si era mischiata al fischiare del vento contro le sue orecchie.
Un’altra cosa che ha notato accadere di frequente è che i semidei sono soliti non raggiungere la maggiore età o la maturità. Alcuni tra satiri e ninfe hanno passato secoli a fare studi statistici per confermare la loro tesi e dimostrare che è vero, i figli degli dei hanno il vizio di morire giovani, ma ci sono eccezioni a questa regola. Ci sono figli di divinità minori, così prive di potere o importanza, che persino i mostri considerano disonorevole combatterli e ucciderli.
Non si è mai vista una gorgone affermare di aver ucciso un figlio di Ebe senza venir sbeffeggiata dalle sorelle perché tanto valeva dare la caccia a un pesce rosso, no? Perché non iniziare ad uccidere anche i vermi, visto che ci sei?
Ci sono, dunque, figlie di Ebe sparse per il mondo. Le puoi trovare, con i loro volti giovanili, tra le corsie degli ospedali, mentre trattano le ferite dei malati, come la madre ha fatto millenni prima con quelle di Diomede, o mentre ne lavano le piaghe, alleviando il dolore come Ebe fece per suo fratello. Ci sono figli di Geras, seduti, silenziosi, sulle panchine dei parchi, intenti ad osservare il tempo che scorre e a criticare i coetanei.
A volte le figlie di Ebe (- Non si chiamava Ebe, quel giorno, BlackJack lo sai anche tu –) si ritrovano anche a giocare un ruolo nella grande storia del mondo. A volte, finiscono con il salvare gli eroi che i Fati scagliano sul loro cammino.
 
 
 
Il ragazzo vede cavalli volanti atterrare nel parcheggio dell’ospedale in cui si trova da settimane e crede che sia un sogno, come quelli della donna che cambia ogni notte volto e rimane sempre la stessa. E come quelli crede che non sia solo un sogno.
Chiude gli occhi e se li strofina con i palmi delle mani, quando li riapre non c’è più nessun animale mitologico a scorazzare tra le macchine. Tira un sospiro di sollievo e non capisce perché senta quella morsa gelata in fondo al petto, come se avesse perso un’occasione, come se…
La porta si apre e la sua infermiera entra, con un sorriso profondo come una delle rughe che le ricoprono il volto incartapecorito.
- Degli amici sono venuti a trovarti, nene – annuncia, con lo stesso tono con cui era solita iniziare uno dei suoi racconti.
È seduto sul letto, con le gambe distese. La rieducazione prosegue al meglio, dicono i medici, ma i progressi sono lenti a venire: certi giorni trova impossibile anche solo alzarsi in piedi, altre volte trova insopportabile il giacere disteso, chiuso in quella stanza che sembra essere diventata tutto il suo mondo. In cui non ha altro da fare oltre a chiedersi da cos’altro fosse composto il suo universo prima del suo arrivo in quell’ospedale, prima che i suoi ricordi sparissero nel bianco di quella stanza.  
Alle spalle della donna spunta il muso di uno dei cavalli alati che il ragazzo ha visto atterrare. L’animale avanza, al passo, verso il suo letto e il giovane rimane paralizzato dal terrore, dalla sorpresa, dal…
È impossibile.
 
 
Ogni volta che chiude gli occhi, vede il volto di una donna: certe volte lei sembra guardarlo e sorridergli, a volte è di profilo e guarda davanti a sé o è china ad annusare dei fiori o ad ammirare le decorazioni di una conchiglia, con le gote arrossate. Neanche una volta, Charlie ricorda il suo nome.
 
 
Il cavallo avanza e non parla, perché gli animali non parlano e non dovrebbero neanche volare e il ragazzo pensa che dovrebbe essere terrorizzato, che nulla di tutto ciò dovrebbe esistere e che sta impazzendo, che…
- È venuto a riportarti a casa – annuncia la donna.
È rimasta sulla soglia e lo guarda con quel sorriso che le piega le labbra ogni volta che, nei suoi racconti, giunge a narrare il colpo di scena. Quel sorriso che le piega le labbra quando sa che sta per accadere qualcosa che sconvolgerà ogni cosa e di cui solo lei è a conoscenza.
- È giunto il momento – conclude.
Il cavallo non parla, si limita a guardarlo e a scuotere il muso
Il ragazzo pensa che è una follia, che è impazzito, che…
   
 
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